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Messaggi di Dicembre 2015

La duttrinella 56-60

Post n°2421 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877

Maestro. - Dichiarate il terzo.
Discepolo. - Comanda il terzo l'osservanza delle feste, la quale consiste in astenersi dalle opere servili, per aver tempo di occuparsi in considerare i benefizi divini, visitare le Chiese, fare orazione, leggere libri spirituali, udire gli uffici divini, e fare altre simili opere spirituali e sante.

LVI.

D. G. Sicuro... cioè nno... ma annam' avanti.
Che ddice 'r terzo?
Peppe. Dice c'ogni mese
Sem ' obbrigati propio tutti quanti,
Quanno ch' è ffesta, a vvisità le cchiese,

A ffà orazzione, a annà a ssentì li canti
De li preti, e ggiranno p' er paese
Legge l'uffizzio e ll'artri libbri santi;
Me pareno però ccerte protese

Buffe!... si ll'artri ggiorni nun ci aresta
Un' ora pe' ppijacce un po' de svario
E nun ciàvemo artro che la festa,

Propio nu mme vo' entrà ne la capoccia
Che ss'abbi a spregà 'r tempo a ddì er rosario
Invece de passallo a ffà bbisboccia.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 62



Maestro, - Dichiarate il quarto.
Discepolo. - Il quarto ordina che si onori il Padre e la Madre, non solo con riverenza di parole, o di cavarsi la berretta, ma ancora con aiutarli e sovvenirli nei loro bisogni: e quello che si dice del padre e della madre, si deve ancora osservare con gli altri prossimi, sebbene non ci è tanto obbligo, quanto con il Padre e la Madre, i quali ci hanno dato l' essere, e ci hanno allevati con molta loro fatica.

LVII.

D. G. Si sseguiti te metto in penitenza.
Peppe. Er quarto dice che ss'à da dà rretta
A ttata e a mmamma, e cch' è n' impertinenza
A nun dà a'lloro quello che j'aspetta.

E nun abbasta a ffaje riverenza
A cchiacchiere o ccavasse la baretta,
Ma ddaje ajuto e avecce un po' pacenza
E cco' ttata, e cco' mmamma, poveretta!

Tutto quest' è ppe lloro; e ddice poi
Quer ch' è pp' er padre e ppe la madre tua
S' intenne cqui dell' artri come nnoi,

Casòchemmai ciàvessi da commatte;
Sibbè dde meno che ccoll' artri dua
Che cciànno mess'ar monno e ddat'el latte.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 63



Maestro. - Dichiarate il quinto.
Discepolo. - Nel quinto ci comanda, che non ammazziamo alcuno ingiustamente, né gli facciamo altro male alla persona: e dico ingiustamente, perchè li giudici, i quali condannano i malfattori a morte, ed i ministri di giustizia che li fanno morire, come ancora i soldati nella guerra giusta, non peccano, mentre feriscono o ammazzano.

LVIII.

D. G. Zitt' un po', fijo; sento che vviè ggente.
Famme vedè: ssi ssapessi che nnoja
A fa er curato!... Annamo co 'sta joja...
Sbrighete, er quinto, di', lo sai a mmente?

Peppe. Se dice cqui che nun ce piji voja
De fa mmale a cquarcuno ingiustamente,
cquarchevvorta ammazzallo pe ggnente,
Come succede... ammeno fussi er boja,

Che li cristiani lui li po' ffà in dua
Appena che sso' stati condannati;
Che nun se sa cche cquella è ll'arte sua?

E nun peccano poi manco p' er c...
Li sordati a ammazzà ll'artri sordati,
Che ttanto quella è ccarne da strapazzo.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 64



Maestro. - Dichiarate il sesto.
Discepolo, - Comanda il sesto, che non si faccia adulterio, cioè peccato con la donna d'altri, e s'intende ancora, che non si faccia fornicazione, né altro peccato carnale.

LIX.

Peppe. Sete contento, via?
D. G. Nun dico questo:
E ppoi, fijo, dai troppa protenzione;
Ma ssi cce presti un po'ppiù d'attenzione
Sarà mmejo pe tte. Dichiara er sesto.

Peppe. Eh! 'sto commannamento è un po' indiggesto,
Ggià vve l'ò ddetto in un'artra lezzione:
Ma cche ss' intenne pe ffornicazzione?
D. G. Lassa 'ste cose, vattene, fa'llesto

Ch' è bbello tardi.
Peppe. Ma cche cc'entra er forno?
D. G. C' entra perchè cce cape, fijo mio.
Vatten' a ccasa.
Peppe. Eppoi, quann'aritorno?

D. G. Torna domani.
Peppe. Be', mma ddico io,....
A cc' ora vengo?
D. G. Verso mezzogiorno.
Peppe. Va bbe'.
D. G. Ssi' bbono.
Peppe. Ce vedemo.
D. G. Addio.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 65



V. la pagina precedente.

LX.

D.G. E Ppippo?
Peppe. Ecchelo cqua, ppadre curato.
D. G. Be', avanti.
Peppe. Avanti? statem' a ssentì:
Nu mme volete spiegà sto peccato
De jeri si cchedè?
B.G. Chett'ò da dì?

So' ccose serie...
Peppe. Ma ssi cc' è stampato
Vojo sapello. .
D. G. Nun se po'.
Peppe. Ma ssi.
D. G. Ma, ffijo mio, quanno te l'ò spiegato
Tu, cce scummetto, nu lo poi capì.

Peppe. Ma a un dipresso?
D. G. ... So ccerti peccatucci...
Cat. Sor padrone, se po'?
D. G. Vatt' a fifa f... [fotte]
Che vvôi?
Cat. Ggnente: ce so' sti regazzaccL

Peppe. A pproposito, va', ne la duttrina
Nun ce dice...?
D. G. De che?
Peppe. De le mig... [mignotte]
D. G. E cche cc' entreno cqui cco Ccaterina?!

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 66

 
 
 

Si ccampo

Post n°2420 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Si ccampo

Si ccampo 'n antro po', sai che tte faccio?
Vojo recuperà 'r tempo perduto,
facenno quer che ffà avebbe vorzuto
e 'ggni penziero bbrutto via lo scaccio.

Mica nu' rifarebbe quer ch'ho ffatto,
la vita mia la rifarebbe tutta,
lascianno solo 'n po' de robba bbrutta,
tanto pe' ddì che nun só ttutto matto.

Io ggirerebbe Roma in ttutti i pizzi,
vedenno de sapé 'r come e pperché
Roma d'incanto e dde bbellezza sprizzi.

"E li quadrini no? Ma che, ssei micco?"
Te lascerò stranito! Sai che cc'è?
Ne l'anima io vojo esse più rricco.

Note:
Verso 3. Facendo quel che avrei voluto fare.
Verso 9. Io girerei Roma in ogni dove.
Verso 12. Micco, termine che non compare nel Vocabolario degli Accademici della Crusca, secondo il Dizionario etimologico di Ottorino Pianigiani (online su: http://www.etimo.it/?pag=hom) "forse è connesso alla radice del gr. MIK-KOS piccolo (v. Mica 1). Piccolo animale del genere delle scimie; e siccome questo animale è assai libidinoso, dicesi fig. ad un Uomo che sia molto dedito alla lussuria. Vale anche Uomo di brutto aspetto".
Il vocabolario Treccani online riporta invece: "micco s. m. [dallo spagn. mico, di origine caribica] (pl. -chi). -
1. Nome dato anticam. ad alcune specie di scimmie dei generi cebo e apale.
2. In senso fig., region., sciocco, stupido: guarda che non sono m., io!; anche, bellimbusto, zerbinotto: Uno dei soliti Micchi eleganti (Giusti); o, meno com., uomo lascivo."

Valerio Sampieri
31 dicembre 2015

 
 
 

Storia nostra 131-135

Post n°2419 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Storia Nostra
Cesare Pascarella (1858 - 1940)

CXXXI

E quanno che Targhini fu portato
Sur parco (che morí e nun vorse cede’),
Montanari lo tennero inchiodato
Davanti ar parco, fermo, lí da piede.

Perché fra loro aveveno pensato:
Noi, sai che nova c’è?, fameje véde’
Er compagno che more giustiziato,
Poi, quanno che l’ha visto, Iddio provede!

Ma lui, gnente. Montò su li scalini,
Dove che c’era ancora la pianara
Der sangue de la testa de Targhini;

Cacciò li preti, messe giú la testa
Sotto la morsa; scense la mannara,
E je rotolò giú drento la cesta.

CXXXII

E la notte che venne, pe’ paura
Che quarchiduno se ne fosse accorto,
Li corpi i buttorno drento a un orto
De dietro ar Pincio, qui, sotto le Mura.

Gnisuno ce badò. Ma la congiura
Nun solo seppe l’ora der trasporto,
Ma ne la notte stessa a Muro Torto
Scoperse er posto de la sepportura.

E je l’empirno tutto de corone,
E quanno che l’agnedero a riccoje,
Ce ritrovorno sotto un’iscrizione

Che diceva cosí: L’arbero perde
Du’ fronne; ma ci ha tante e tante foje
Che nun casca, nun more e è sempre verde.

CXXXIII

E nun solo era verde e nun cascava,
Ma se slargava in su sopra la terra
Co’ li rami, e ’gni giorno s’affonnava
Co’ le radiche, giú sotto la terra.

E intanto, qua se combatteva in guerra,
Lí se scriveva, qui se cospirava,
Lí s’agiva, e ’gni giorno che passava
Se cambiava la faccia de la Terra.

E hai voja a mette’ editti e a cresce’ triboli,
Hai voja a aprí’ galere e arrestà’ gente,
Hai voja a piantà’ forche e arzà’ patiboli,

Che quelli, daje sopra e daje sotto,
Venne er giorno che arfine, finarmente,
’Na matina te schioppa er Quarantotto.

CXXXIV

E fino adesso, amichi, s’è parlato
De storia, e s’è discorso d’un soggetto
Che, insomma, tutto quanto quer ch’ho detto
Nu’ l’ho visto perch’io nun ce so’ stato.

Ma quer che dico adesso cambia aspetto,
Perché mica me l’hanno riccontato,
Mica l’ho inteso di’, mica l’ho letto...
Ner Quarantotto me ce so’ trovato!

Che giornate! Che roba! Che momenti!
Roma, l’Italia, er monno se vedeva
Che traballava su li fonnamenti,

E la vita, la vita ch’era morta
Rinasceva da capo, e te pareva
Che rinascesse er monno un’antra vorta.

CXXXV

Nun solo; ma dovunque, le persone
Che prima se sarebbero sbranate
Le rincontravi tutte abbraccicate,
Tutte quante pensanno un’intenzione.

E er fume de li spari der cannone,
Fra le bandiere e l’arme sfoderate,
Se mischiava a le gran messe cantate
Fra l’incensieri de le processione.

E, dapertutto, fino a li confini,
Fin dove lo poteveno sentillo,
Òmini, donne, vecchi, regazzini,

Tutti quanti pensaveno un pensiero,
Tutti quanti strillaveno ‘no strillo:
Viva l'Italia!, e fora lo straniero!

Cesare Pascarella
Storia Nostra

 
 
 

Inviti a cena

Post n°2418 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da valerio.sampieri

Inviti a cena

Uh, chi se vede! Hai rotto la clausura?
'A dì la verità nun esco mai...
Perche? ?Ma co' 'sto traffico in do' vai?
'A uscì da casa c'è d'avè paura.

Capisco...Sai, sarà l'etè matura...
Ma dentro casa... scuseme, che fai?
Che fò ? fò l'abbonato de la RAI...
e incretinisco dentro a quattro mura...

Vedemese 'na sera!? ?Come no!
Se famo du' spaghetti ,Volentieri...
Ciao! Ma telefonamese però.

E mentre se saluteno già sanno,
che tutt'e due, pe' l'ansie e li pensieri,
domani manco se ricorderanno.

Aldo Fabrizi

 
 
 

Maria, la serva stufa

Post n°2417 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Maria, la serva stufa (1)

Ho da strazziamme l'animaccia mia?
Ma prima de sta' sotto a 'sti scontenti (2)
vado a fa' (3) la cicoria co' li denti:
io fa' la serva a quelli? Passa via!

Qualunque cosa nun so' mai contenti:
io rubbo, io fo la cresta (4), io fo la spia,
e io nun so stirà la biancheria,
e io nun so pulì li pavimenti...

Se er fijo parla male... eh, se capisce:
- So' parole che sente da la donna (5). -
Fa er vassallo (6)? - È Maria che l'imbirbisce. -

Già, è corpa mia se gioveddì matina
pijò l'interoclismo de la nonna
pe' fa' er bar utomatico in cucina!

Note:
1 Infastidita.
2 Persone burbere, incontentabili.
3 Cogliere.
4 Rubo sulla spesa.
5 Dalla serva.
6 La birba.

Trilussa

 
 
 

Li propositi ...

Post n°2416 pubblicato il 30 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Li propositi pe' l'anno nôvo

Chissà che pporterà l'anno che vviè?
Sarà puzzone come quelo annato,
sarà mmijore, oppure  peggiorato?
Quale ch'è lla risposta 'n pôi sapé.

Certo che dde domanne ppiù ffrescone
era 'ndificile pe' mme le tròva,
me paro propio er Sor Cocimelôva
che ffà l'intilliggente, ma è ccojone.

Er fatto sta cche ppiù che ppassi l'anni,
più ttanto te se fracica er morale,
ortre che pe' l'età, pe' li malanni.

Che cc'è de bbello che tte pôi aspettà?
C'è 'n solo modo pe' 'n sentì più mmale:
quelo d'annasse a ccòrca e dde schiattà.

Valerio Sampieri
30 dicembre 2015

 
 
 

La duttrinella 51-55

Post n°2415 pubblicato il 30 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877

Maestro, - Chi ha dato questi Comandamenti?
Discepolo. - L'istesso Dio nella Legge vecchia, e poi Cristo nostro Signore gli ha confermati nella nuova.

LI.

D. G. Badamo dunque a stacce bben' attenti
A 'sta duttrina, e vvedrai si tte ggiova,
Che cquanno je se mostreno li denti
Er demonio co' nnoi manco ce prova.

E ddi' un po', chi l' à ddati?
Peppe. Chi? Accidenti!
L'à ddati propio Ddio, ma ppoi se trova
Scritto che Ccristo 'sti commannamenti
L' à cconfermati ne la legge nova.

Me parerebbe ggià 'na bbuggiarata
Che Ggesù Cristo ch' er' un bon cristiano
Nu je piacesse cquer c'annava a Ttata.

Voi che ne dite?
D.G. Eh, vvia!
Peppe. Fursi c'ò ttorto?
D. G. No, mma 'ste cose è mmejo annacce piano:
Per oggi abbasta, che sso' stracco morto.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 57



Maestro. - Che contengono in somma questi Comandamenti?
Discepolo. - Tutto quello che si ha da fare per amare Iddio ed il prossimo; perchè i primi tre Comandamenti c'insegnano come ci abbiamo da portare verso Dio, col cuore, con la bocca, e con le opere.

LII.

Peppe. Bon giorno, don Ghetano.
D. G. Ecchece cquà:
Peppe, di' un po', tte li ricordi a mmente?
Peppe. Ve l'ò da dì?
D. G. Nun serve, lass' annà;
Però sso' ccose d'affonnacce er dente;

Pe cquesto dimm' un po', ssi cche cce sta
Drento a 'sti cosi.
Peppe. Eh! n' affare de ggnente!
Lì cce sta scritto quer che ss'à da fà
P'annà a ggenio ar Signore e all' artra ggente.

Ve pare poco?
D. G. ...Nè ppoco, nè ttroppo;
Ma llass'annà de fa er predicatore
E ddimm' invece quer ch' è scritto doppo.

Peppe. Ne li tre pprimi c' è cquer che cce tocca
A ffà vverso de Ddio nostro signore
Cor core, co li fatti e eco la bbocca.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 58



Discepolo. - Gii altri sette ci ammaestrano di far bene al prossimo, e di non gli nuocere nella persona, nell'onore, nella roba, nè con opere, nè con parole, nè con l'animo. E così il fine di tutti i comandamenti è il Comandamento della Carità, che comanda amare Dio sopra ogni cosa ed il prossimo come noi medesimi.

LIII.

Peppe. Questi li primi tre; dar quart' in poi
Se po' ddì che sso' ttutti d' un colore.
In queli llà sse tratta der Signore
In questi cqui dell' artri come nnoi.

Perchè 'r prossimo tuo tu nu je pôi
Fa mmale ne la robba e nne l'onore
Nè a cchiacchiere, nè a ffatti, nè ccor core...
E cquesto lo capite puro voi.

D. G. Ggià: mma ccho ddice doppo?
Peppe. Eh! ddice cquì
Che ss' ariduce tutto a ccarità,
E Ddio volessi che ffussi accusi!

Er sugo poi sapete si cchedè?
Prima er Signore, e ddoppo, si tte va,
Ama er prossimo tuo come che tte.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 59



Maestro. - Dichiarate il primo Comandamento.
Discepolo. - Nel principio ci avvertisce Dio che esso è il nostro vero e supremo padrone, e però siamo obbligati ad obbedirlo con ogni diligenza: appresso ci comanda che non dobbiamo riconoscere alcun altro per Iddio: nel che peccano gl'infedeli, i quali adorano le Creature in cambio del Creatore; ed anche gli stregoni e fattucchieri, che tengono il Demonio per loro Dio.

LIV.

D. G. Dichiar' er primo, e sta' ccon attenzione.
Peppe. Qui cciàvvertisce Ddio come che esso
E 'r nostro vero e ssupremo padrone
E ll'artri nun so' bboni manc' allesso,
 
E nun valen' un c... e in concrusione
Dice c' avemo da ubbidillo, e appresso
Lui dice che cce vo' ppropio un co....
Pe ffa er contrario.... armeno per adesso.

E bbisogn' esse nato llà in Turchia
P' ave ccorata de cammià er su' Ddio
Co' n' artro Ddio che nun se sa cchi ssia.

E cc' è de peggio, ma... de peggi' assai:
Che li stregoni e ppoi... ma, ppadre mio,
Questi chi sso'? cch'io nu l'ò vvisti mai.

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 60



Maestro. - Dichiarate il secondo Comandamento.
Discepolo. - Il secondo Comandamento proibisce le bestemmie, che sono peccali gravissimi, i giuramenti falsi, o non necessarj; il non adempire i voti, ed ogni altro disonore che si faccia a Dio con parole.

LV.

D. G. Tu mi l' ài visti? E ffigurete io!
Peppe. Ma ddunque, dico io, padre curato
Dite, che sso'?
D. Q. Ma, ccorpo d' un giudio!
Ce vo' ppoco a ccapì cche mm' ài seccato.

Via, che ddice 'r siconno?
Peppe. Eh! un buggerìo
De cose bbuffe; dice ch' è peccato
A ddì ccòrpo de Ddio, mmannaggia Ddio,
Pe' Ccristaccio, perdio, perdio sagrato...

E nun se tratta de queste cqui ssole,
C'a Ccristo da la ggente de sto monno
Nu je s' anno da dì mmale parole.

E cquarche vvorta, padre, ne sentite
Certe curiose.... e ppuro in fonn' infonno
Danno forza ar discurso, eh? che ne dite?

Luigi Ferretti
La duttrinella. Cento sonetti in vernacolo romanesco. Roma, Tipografia Barbèra, 1877, pagina 61

 
 
 

L'ambizzione

L'ambizzione

Dice che cchi vvô ttroppo perde tutto.
Ccapace che ssia propio puro vero,
ma nnun ce credo troppo, só ssincero,
scùseme tanto si tte pare bbrutto.

Io vedo che chi araffa vive bbene,
a la facciaccia der moriggerato,
che, ggira ggira, va moriammazzato
e nne la vita sua nun cià che ppéne.

Nun ciavrai ggnente, senza l'ambizzione
de poté avé de ppiù de quer che spetta:
sfruttà ssapé bbisogna l'occasione.

Magara chi vvô ttroppo nulla strigne,
ma chi ttirà vvô ssolo la caretta
se deve rassegnà de stalla a spigne.

Valerio Sampieri
29 dicembre 2015

Chi troppo vô, nulla strigne. Chi troppo vuole, nulla stringe.
Proverbi correlati, citati da Zanazzo (Proverbi romaneschi raccolti da Giggi Zanazzo -Noi Romani, l'aria der me ne frego l'avemo Imparata a Nostro Signore... Cap. V, pag. 9-. Roma, Agenzia Giornalistica-Libraria Ditta Perino di Cerroni e Solaro, 1886).
Ambizzione, pag. 29:
Chi arta la pija bbassa la finisce.
Dua so' li potenti: Chi ccià ttanto e cchi ccià gnente.
L'onore è ccome l'ombra indove vai te viè appresso.
Si Dio nun vô', li santi nun ponno.
La nobbirtà nun empie la panza.
Contentarsi della propria sorte, pag. 52:
Chi ttutto vô, ttutto perde.
Mejo accusì cche ppeggio.
Coscienza. - Gastigo de' falli, pag. 54:
Chi mmagna er dorce caca l'amaro.
Chi ride de vennardì piagne de domenica.
Cento a tte una a mme.
Chi ccià la camicia smerdata je s'appiccica ar culo.
Costanza. - Fermezza. Perseveranza, pag. 59:
Intigna sempre e nu' scommette mai.
Paura. - Pochezza d'animo. Coraggio. - Ardire, pag. 133:
Chi nun risica nu' rosica.
Chi ppecora se fa e llupo se lo magna (humilis animus fit contumeliae oportunus).
Povertà. - Ricchezza, pag. 135:
Chi ccià è; chi nun cià nun è.
Chi nun prova nun crede.
Temperanza, pag. 160:
Chi ttutto vô, ttutto perde.
Varie, pag. 179:
Chi sse contenta gode (e sse gratta er culo si je rode).
Chi vvo' l'acqua chiara, vadi a la funtana.
Chi ppiù vvo', mmeno ottiè'.

 
 
 

Spaghetti ar primo sole

Post n°2413 pubblicato il 30 Dicembre 2015 da valerio.sampieri
 

Spaghetti ar primo sole (Io e mi moje)

Doppo 'na festa caciarona e sciarba,
Fatta de zompi, battimani e fischi,
Sostanno a le fontane e a l'obbelischi,
Un po' allegrotti ricasamo all'arba.

Dico: "Però 'sti cotijò che barba...
Quant'era mejo qui cor magnadischi..
A proposito... Forse... È stato er vischi...
Volemo fa 'na cosa che ci aggarba?"

"Sarebbe?" "Du' avvorgibbili... A la lesta!"
"La pasta a 'st'ora? Pe' l'amore de Dio!
L'ho sempre detto che sei scemo in testa!"

"Vabbè sò scemo... E tu... Si quanno è fatta...
Nun la gradisci..."; "Eh, no tesoro mio;
Si tu sei scemo io mica sò matta!"

Aldo Fabrizi

 
 
 

Contento e cojonato

Contento e cojonato
(Parlanno cor pizardone)

Hum, lei se sbajerà: de qua?... dee qua?!...
Teta hai buttato giù gnente monnezza?
lo no. - Sente? e poi dico, da st'artezza
cosa diavolo mai ce va' buttà?

Se sbaja: facci tanta gentilezza,
bussi a quest'artra porta e vederà
che lì ce trova er tordo da pelà:
ciàbita... me capite? è gente avvezza.

Scusà? e de che? ma via gradischi un goccio...
Gnente. -Teta, apri un po' la porta a 'st'omo.
Arivedella... Ohè, fregamo er boccio

Teta, intanto che scegne pe' le scale
tu butta la monnezza: un po' per omo:
io da la loggia voto l'urinale.

Giggi Zanazzo
7 marzo 1880

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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