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Messaggi di Luglio 2016

L'occhiaticcio

L'occhiaticcio (1)

«Cuanto sta bbene er Papa! cuant’è bbello!
che appitito che ttiè nner rifettorio!
Ma cche ssalute ha sto Papa Grigorio!
Cuesto campa una bbotte e un sgummarello!». (2)

Piano, piano: e cch’edè?! (3) Spara Castello?! (4m)
C’è er funtanon de San Pietro Montorio?! (4)
Voréssivo (5) godé st’antro (6) mortorio?
Voréssivo vedé sto mortiscello?
             
Basta, Lesandro mio: bbasta, Mazzocchio:
nun ne dite de ppiú, fijji mii cari,
perché ccor tanto dí, ppoi viè lo scrocchio. (7)
             
Ggià, sti Papi de Ddio, sti su’ vicarj
dovrebbeno portà ccontro er mal occhio
er pel der Tasso come li somari. (8)

Note:
1 Il mal occhio: il fascino; il mal augurio. Si sa che senza dubbio accade disgrazia a quelle persone o cose che sieno troppo lodate!
2 Campa molto e un altro po’ più. Lo sgommarello {da sgommerà, sgomberare: " ramaiolo" [Morandi]} è un utensile di ferro o di rame, con lungo manico per attingere liquidi da un vaso che ne contenga.
3 Che è? {tutto questo chiasso? [Morandi]}
4m {Spara forse il cannone di Castel Sant'Angelo? [Morandi]}
4 Celebre fontana sul Gianicolo, la cui acqua cadendo nel bacino fa molto fracasso.
5 Vorreste.
6 Altro.
7 Lo scoppio di qualche disastro.
8 Ai cavalli, per lo più da carretti, ed agli asini favoriti, si adorna il capo di pelo di tasso onde preservarli dal mal occhio de’ malevoli.

Giuseppe Gioachino Belli
Roma, 22 gennaio 1833
(Sonetto 812; M2-386)



Pe’ gguarì’ da la fattura che sse chiama occhiaticcio

Pe’ gguarì’ da ’sta fattura che sse chiama occhiaticcio, oppuramente invidia, ecco u’ rimedio sicuro sicuro.
Pijate dodici ranocchie vive, mettetele drento una marmitta de ferro sbattuto, co’ drento ttre sgummarelli d’acqua de pozzo, e ffatele allessà’.
Allessate che sso’, pijate quell’acqua, passatela in der setaccio, e quanno ve s’è arifreddata fatece li bbagnoli a ll’occhi.
Se chiama l’acqua de zzompi de ranocchie.
Bisogna sta’ bbene attenta però che la marmitta sii de ferro sbattuto e cche l’acqua sii de pozzo si nnó e’ rimedio nun fa gnisun affètto.

Note:
Occhiaticcio: Il malocchio, il fascino, il malaugurio. Si crede che alle persone troppo lodate debba accadere disgrazia.
Affètto: effetto

Zanazzo
Da: Usi, costumi e pregiudizi del popolo di Roma, parte I Medicina popolare, 5

 
 
 

Pianto antico

Post n°3006 pubblicato il 31 Luglio 2016 da valerio.sampieri
 

Pianto Antico

L’albero a cui tendevi
La pargoletta mano,
Il verde melograno
Da’ bei vermigli fior,

Nel muto orto solingo
Rinverdì tutto or ora
E giugno lo ristora
Di luce e di calor.

Tu fior de la mia pianta
Percossa e inaridita,
Tu de l’inutil vita
Estremo unico fior,

Sei ne la terra fredda,
Sei ne la terra negra;
Né il sol piú ti rallegra
Né ti risveglia amor.

Giosuè Carducci
giugno 1871
Da: Rime nuove (1887)

 
 
 

L'Iradiddio

Post n°3005 pubblicato il 30 Luglio 2016 da valerio.sampieri
 

L'Iradiddio

"Tra li giudii le cose vanno male",
Disse er Signore; "l'ommini so' tristi,
Le femmine nun tanto pe' la quale;
Bisogna arimmedià', nun ce so' Cristi.

Un giorno o l'antro co' 'n'acciaccapisti
Ne spedisco 'na mucchia a l'ospedale...
Anzi no; pe' fa' tutto un repulisti,
Je manno giù un diluvio universale".

Chiamò Noè: "Sèntime, patriarca,
Si te la vòi scampà' da l'alluvione,
Tiè' 'sti quatrini e comprete 'na barca;

Móntece su co' tutta la famija,
E appena che comincia lo sgrullone,
Scioji le vele, e pija el largo, pija".

Antonio Muñoz
L'Arca de Noè - Poemetto romanesco
Staderini Editore - Roma 1940
Sonetto I, pag. 11

Note [VS]:
Acciaccapisto. Trambusto, Confusione. Calca di gente [Chiappini]. Trambusto, Confusione, Parapiglia, Ressa di persone, Pigia pigia. Voce nata dalla fusione dei verbi "acciaccà" e "pistà".
Arimmedià. Rimediare. [Ravaro] riporta "arimedià" con una sola r, il che mi sembra più corretto.
Giudii - Giudei "Gli Ebrei a Roma parlano un linguaggio che si allontana dal dialetto romanesco propriamente detto. Usano vocaboli ionadattici derivati dalla lingua ebraica, coi quali s'intendono fra loro senza essere intesi dai cristiani; fanno precedere dall'articolo 'lo' i nomi maschili comincianti da consonante, finiscono in 'i' i nomi feminili al numero plurale, e tutto dicono con una cantilena noiosa che si rassomiglia ad una nenia. - Cavallo giudio, modo pleb., cavallo restio - Carciofoli a la giudia, specie di cucinatura dei carciofi - Robba da dasse o da tirasse in faccia a un giudio. Roba di pessima qualità - Giudolò, dim. di Giudeo" [Chiappini]. Giudio - Giudeo, vocabolo usato con valore dispregiativo per: ebreo, e per estensione: avaro, spilorcio, usuraio. Dal lat. judaeus (dall'ebraico jehudi). [Ravaro]
'Na mucchia. Una gran quantità. "Quantità imprecisata, ma rilevante, di persone o cose strettamnte ammassate, accatastate l'una sull'altra" [Ravaro].
Nun ce so' Cristi. Non c'è nulla da discutere. "Non ci sono vie d'uscita; non ci sono altre soluzioni; è così e non altrimenti. || Belli - Nun ce fu Cristo né Santa Maria" [Ravaro].
Ommini. Uomini.
Pija el largo, pija. Prendi il largo. In romanesco si una ripetere il verbo in fine di frase, per porre maggior enfasi sul concetto espresso. Si noti che davanti ad "l", l'articolo "er" si trasforma in "el". A volte si trova scritto "e' llargo", raddoppiando l'iniziale del sostantivo.
Scioji. Sciogli.
Sgrullone. Acquazzone. Piovasco violento, ma di breve durata [Ravaro].
Si te la vòi scampà'. Se vuoi salvarti.
Tanto pe' la quale. In questo contesto l'espressione significa qualcosa di simile a "non stanno molto meglio, non sono migliori".
[Zanazzo]: nun sentisse troppo pe’ la quale vale: non troppo bene in salute.

 
 
 

San Martino

Post n°3004 pubblicato il 30 Luglio 2016 da valerio.sampieri
 

San Martino

La nebbia a gl'irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de' tini
va l'aspro odor dei vini
l'anime a rallegrar.

Gira su' ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando
sta il cacciator fischiando
su l'uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d'uccelli neri,
com'esuli pensieri,
nel vespero migrar.

Giosuè Carducci
8 dicembre 1883
Da Rime nuove

 
 
 

La passione de lei

La passione de lei

Domenica la vedova de Tito
Agnède co' 'n' amica ar Camposanto
A visità' la tomba der marito.
Se messe in ginocchione proprio accanto

Ar posto indove l'hanno sippillito,
E llì, fijo de Cristo, sbottò 'n pianto
Ch' un sercio se sarebbe intenerito!
Sarebbe stata llì, chi la sà quanto,

Si ll' antra che cce stava in compagnia
Nun se la fusse presa sott' ar braccio
P' aristoralla drent' un' osteria.

E quella co' le lacrime 'ndell' occhi
Se lavorò ddiverso ggallinaccio
U' llitro, 'na pagnotta, e ddu' finocchi!

Adolfo Giaquinto
Aprile 1892
Da: La Satira popolare Romanesca, ecc., E. Perino Editore, 1894, Dispensa 7, pag. 110 (sonetto 107)

 
 
 

Audace fortuna...

Audace fortuna ggiubba tibbidosque de pelle (1)

Che sserve, è ll'asso! (2) Guardeje in ner busto
si cche ggrazzia de ddio sce tiè anniscosta.
Sangue d'un dua com'ha da êsse tosta!
Quanto ha da spiggne! ah bbenemio, che ggusto!

Si cce potessi intrufolà (3) sto fusto,
me vorrebbe ggiucà ppropio una costa
che cce faria de risbarzo e dde posta
diesci volate l'ora ggiusto ggiusto.

Tre nnotte sciò portato er zor Badasco (4)
a ffà 'na schitarrata co li fiocchi,
perché vviènghi a ccapì che mme ne casco. (4a)

Mó vvojjo bbatte, (5) e bbuggiarà li ssciocchi.
E cche mmale sarà? de facce (6) fiasco?
'Na provatura costa du' bbajocchi.

Note:
1 «Audaces fortuna iuvat, timidosque repellit».
2 Esser l'asso, vale «essere il primo in checchessia».
3 Ficcar dentro.
4 Badaschi: cognome di un piccolo uomo colle gambe torte, il quale suona bene la chitarra.
4a Muoio d'amore.
5 Battere: far la dichiarazione.
6 Farci.

Giuseppe Gioachino Belli
11 ottobre 1830 - De Peppe er tosto
(Sonetto 86)

 
 
 

Er pavone

Post n°3001 pubblicato il 29 Luglio 2016 da valerio.sampieri
 

Er pavone

Sur più bello che un'Aquila romana
tornava vittoriosa da 'na guerra,
je venne sete e s'accostò a la terra
pe' rinfrescasse er becco a 'na fontana.
Appena scese, un Gatto,
che faceva er fotografo, je chiese
se voleva posà per un ritratto:
e, manc'a dillo, l'Aquila accettò.
Saputo er fatto, er solito Pavone
disse fra sé: - Potrei,
giacché me se presenta l'occasione,
famme fotografà vicino a lei.
Così, se me chiedessero una prova
che so' stato pur'io fra la mitraja
sur campo de battaja,
è sempre un documento che me giova:
chissà che nun ce scappi la medaja... -
E, risoluto, je se fece avanti
a testa dritta e a coda spalancata,
gonfio, impettito, come tanti e tanti...
- No! - disse allora l'Aquila - Un momento!
Io nun ciò nessunissima arbaggia (1),
ma nun permetto che la gloria mia
vada a finì dedietro a un paravento.

Note:
1 Albagia.

Trilussa

Dalle note di Claudio Costa:
Prima edizione in volume in "Favole romanesche", 1908.

 
 
 

A ppedagna

Post n°3000 pubblicato il 28 Luglio 2016 da valerio.sampieri
 

A ppedagna

Partì quela matina llì a ppedagna;
da Roma a Bbari è propio 'n bel viaggetto
e appena ch'arivò quer tizzio ha detto:
"Bbongiorno e bbonasera ... nun se magna?".

Vedemo de capì er significato
de la storiella che tt'ho ddetta mò.
Si d'attenzione ce ne metti 'n po',
nun ce vô mmórto a ddì ch'hai indovinato!

Quanno che nnaschi, n'hai da fà de strada
e nun te pôi aspettà só rose e ffiori
o cche a la fine trovi chi te bbada.

Allora? Adesso è ttutto 'n po' più cchiaro?
L'unica cosa certa è che tu mmôri,
stà a tte renne er cammino meno amaro.

Valerio Sampieri
27 luglio 2016

 
 
 

Mandritta

Post n°2999 pubblicato il 28 Luglio 2016 da valerio.sampieri
 

Mandritta

Spiegheme tu cche d'è mmai 'sta mandritta.
Mica me vorai dì che l'artra è storta?!
E adesso nu' mme fà que l'aria assorta,
vedi d'annà a risponne o statte zzitta!

Nimmanco devi famme l'aria affritta
-e nnun esaggerà! mmò falla corta!-
e mmanco fà l'offesa e oprì la porta,
p'escì perché tte senti 'na sconfitta.

Bbbigna accettà che nnun sapemo tutto:
ce stà 'n fottìo de robba sconosciuta
e dd'imparà nun deve sembrà bbrutto!

Ce stà chi 'n zacco de sentenze sputa,
fà tanto er bravo e 'nvece è 'n farabbutto:
sur cranio je darebbe 'na bbattuta!

Valerio Sampieri
24-26 luglio 2016

 
 
 

Gli smagnosi

Gli smagnosi

Nun scommétteno un sordo, ma a sentilli
Chiamà li giocatori e fà cagnara
E accompagnà li falli co' li strilli
Te pare che se giochino mijara.

Se smoveno, nun sanno stà tranquilli
u' momento, e, a vedelli, fanno a gara
a chi strilla più forte: - Vola, Silli!
Vola! Che oggi, tu, vinchi magara.

Vola Mazzoni! Via, vola Moggetto!
Vola Frullani! vola! vola! vola!
Vola Banchini! Là, vola Silletto!

Insomma a sentì' 'st'anime addannate,
loro, non vonno che 'na cosa sola:
ogni battuta ... quinnici volate!

Brega (Nino Ilari?)
Da "Li fanatichi p' er gioco der pallone", originariamente pubblicato su Orazio Còccola: fojo romanesco, Roma, Tip. editrice industriale, 1894

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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