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Messaggi di Novembre 2016

Uno pe' Sera (30)

Post n°3355 pubblicato il 30 Novembre 2016 da valerio.sampieri
 

Uno pe' sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961.

Pag. 30

Pe' 'na ragazza, a scivolà sur prato,
è peggio assai che a sbatte sur serciato!

La donna, ne l'amore è come er gatto:
te fa le fusa si j'allisci er pelo;
ma, si te sbaji a faje er contropelo,
te sarta all'occhi, e quer ch'hai fatto, hai fatto!



Chi chiude un occhio su le corna sue,
pe' l'antri li spalanca tutt'e due!

Quann'uno è nato porco,
ha voja a fasse er bagno: è sempre sporco!

Giulietta Picconieri
Da: Uno pe' sera, Editrice artistica romana, 1961, pag. 30.

 
 
 

Nozze e bbattesimo

Nozze e bbattesimo

Sò cquattro mesi sette giorni e un'ora,
si (1) tt'aricordi, che pijjassi (2) mojje;
e già a cquesta je viengheno le dojje
e un mammoccetto vò pissciallo fora?!

Cancheri che ppanzetta fijjatora!
Si ssempre de sto passo je se ssciojje,
te sfica tanti fijji quante fojje
ponno bbuttà le scerque (3) a Ssantafiora. (4)

Beato te cche vedi a sti paesi
certi accidenti novi de natura
che nun ponno vedé mmanco l'Ingresi!

Uà: (5) cch'è stato?! Nun avé ppaura.
Un'ora sette ggiorni e cquattro mesi
sò passati, e vviè fora la cratura.

Note:
1 Se.
2 Pigliasti.
3 Querce.
4 Tenimento.
5 Il grido de' bambini.

Giuseppe Gioachino Belli
A Strettura, la sera de' 29 settembre 1831 De Peppe er tosto
(Sonetto 135)

 
 
 

La libbertà der gatto

La libbertà der gatto

- Uscite, uscite, o Sorci! - disse un Micio
che da un pezzetto stava a denti asciutti -
A costo de qualunque sacrificio
combatteremo pe' la libbertà!
Cacio e lavoro! Libbertà pe' tutti!
E in quanto ar resto... Dio provederà!
- Giacché è sonata l'ora der riscatto,
- pensò un Sorcetto - quasi quasi sórto... -
Defatti sortì subbito; ma er Gatto
je disse: - Tutti libberi!... Però
voi ciavete er codino troppo corto:
questo nu' lo permetto! - E l'ammazzò.

Trilussa
(da Favole Moderne, 69)

 
 
 

Commentando il Petrarca

Commentando il Petrarca
1868-1872

Messer Francesco, a voi per pace io vegno
E a la vostra gentile amica bionda:
Teger vo' l'alma irosa e 'l torvo ingegno
A la dolce di Sorga e lucid'onda.

Ecco: un elce mi porge ombra e sostegno,
E seggo, e chiamo, a la romita sponda;
E voi, venite, e un salutevol segno
Mi fa il coro gentil che vi circonda.

De le canzoni vostre è il dolce coro,
Cui da un cerchio di rose a pena doma
Va pe' bei fianchi la cesarie d'oro

In riposo ondeggiante. Ahi che la chioma
Scuote e 'l placido labbro una di loro
Apre al grido ribelle: Italia e Roma.

Giosuè Carducci
Da: Antologia della lirica moderna italiana, scelta annotata e corredata di notizie metriche da Severino Ferrari, Bologna, Ditta Nicola Zanichelli (Cesare e Giacomo Zanichelli), 1891

Note:
Il sonetto fu iniziato nell'aprile del '68 e finito nel novembre del '72.
v.2. Amica: Laura
v.4. Sorga [francese: Sorgues]: fiume di Francia, formato dalla Fontana di Valchiusa. E' il fiume cantato dal Petrarca nel Canzoniere.
v.7. Salutevol segno: un segno di saluto. Cfr. Dante, Inf., IV, 98: "Volsersi a me con salutevol segno".
v.10. Cui da un cerchio ecc.: alle quali canzoni [personificate come fanciulle] la bella chioma [cesarie] leggermente frenate [a pena dome] di una ghirlanda di rose scende fino ai fianchi. Cesarie è termine introdotto nella lingua dall'Adimari nella traduzione di Pindaro.
v. 12. Ahi che la chioma ecc.: il poeta che sperava di trovare la pace nella poesia del Petrarca, si sente di nuovo eccitato alla guerra per i suoi ideali politici dalle canzoni civili del suo poeta.

 
 
 

Er cornuto

Er cornuto

Ch'edè, sor testicciola de crapetto?
Da sí cche (1) vvostra mojje annò a Ssan Rocco, (2)
avete arzato un'aria de sscirocco
e un muso duro da serciate (3) in petto!

Parlo co vvoi, eh sor cacazibbetto: (4)
volet'êsse chiamato cor batocco?
Co ttutto che (5) ssapemo de lo stocco
che ttienete agguattato in ner corpetto.

Sor pioviccica (6) mia, qui nun ce piove:
potressivo cavavve la frittella: (7)
tanto avete la testa in Dio sa ddove.

Ma lo sapemo che ttienete quella
drento a la torre de Capo-de-bbove
coll'antra de Sciscilia Minestrella. (8)

Note:
1 Da quando.
2 Ospedale per le donne che vogliono partorire segretamente.
3 Selciate.
4 Presso i Romaneschi significa uomicciattolo di niun conto, o ragazzaccio.
5 Benché.
6 Nome di scherno.
7 La berretta.
8 Il sepolcro di Cecilla Metella sulla via Appia è chiamato Capo-di-bove per motivo de' crani bovini che vi sono scolpiti d'attorno.

Giuseppe Gioachino Belli
A Strettura la sera de' 29 settembre 1831 De Peppe er tosto
(Sonetto 134)

 
 
 

Io m’aggio posto in core

Io m’aggio posto in core a Dio servire

Io m’ag[g]io posto in core a Dio servire,
com’io potesse gire in paradiso,
al santo loco ch’ag[g]io audito dire,
u’ si manten sollazzo, gioco e riso.

Sanza mia donna non vi vorria gire,
quella c’ha blonda testa e claro viso,
ché sanza lei non poteria gaudere,
estando da la mia donna diviso.

Ma non lo dico a tale intendimento,
perch’io pec[c]ato ci volesse fare;
se non veder lo suo bel portamento

e lo bel viso e ’l morbido sguardare:
ché lo mi teria in gran consolamento,
veg[g]endo la mia donna in ghiora stare.

Jacopo da Lentino



Note (tratte dal sito http://balbruno.altervista.org/index-532.html):
v.3,4. Io m’ag[g]io ... riso: Io mi sono (ag[g]io, letteralmente ho) proposto di servire Dio, affinchè  potessi andare (com’io potesse gire) in paradiso, al luogo santo di cui ho sentito parlare, dove si perpetuano divertimento, gioco e riso.
v.8. Sanza mia donna ... diviso: Non vorrei andarvi senza la mia donna, quella dai capelli biondi (blonda testa) ed il viso chiaro e lucente, perché, stando diviso da lei, non potrei provare gioia.
v.9-12. Ma non lo dico  ... sguardare: Ma non lo dico con il fine (a tale intendimento) di voler peccare con lei, bensì per vedere (se non veder) il suo bel modo di condursi (portamento, nel senso di comportamento soprattutto morale) ed il bel viso ed il dolce sguardo.
v.13-14. ché lo mi teria ... in ghiora stare: perché, giacché, considererei (lo mi teria) una grande consolazione vedere la mia donna essere in gloria nel Paradiso.

Traduzione (sempre dal sito sopra indicato):

Mi sono posto in cuore il pensiero di servire Dio, / in modo da poter andare in Paradiso, / in quel luogo beato di cui ho sentito parlare, / dove eternamente durano  il gioco, il riso e il piacere.
Non vorrei andarci senza la mia donna, / dalla testa bionda e dal viso luminoso, / dal momento che senza di lei non potrei provar piacere / stando dalla mia donna lontano.
E non lo dico con l' idea / di  commettere peccato; / bensì solo per vedere il comportamento morale
e guardare il suo viso tenero e bello: / sarebbe per me una gran consolazione, / vedere la mia donna stare  in paradiso.

Jacopo da Lentini (o Lentino, ?-1250) è spesso considerato come l'inventore del sonetto.

 
 
 

Un capolavoro

Un capolavoro

Mentre un Pittore dipigneva un bosco,
dove nessuno c'era entrato mai,
un Ranguttano (1) je strillò: - Che fai?
Dimme: che bestia sei? Nun te conosco...
- Ma io so' un omo, mica so' una bestia!
- spiegò er Pittore - e per de più cristiano.
- Ne sei convinto? - chiese er Ranguttano -
oppuro me lo dichi per modestia? -
Poi guardò la pittura. - Nun c'è male:
ma che robb'è 'sta fetta de polenta?
- No, - dice - quello è er sole e rappresenta
er vero stato d'animo locale.
C'è er sapore dell'ummido, però,
co' l'odore dell'arberi servaggi...
Embè? te piace? - Aspetta che l'assaggi... -
rispose er Ranguttano. E lo leccò.


Da 'sta leccata venne una fusione
de luce e d'aria tanto mai d'effetto
che, jeri, un vecchio critico m'ha detto
ch'è er più ber quadro de l'Esposizzione.

Nota:
1 Orang-utan.

Trilussa
(da Favole Moderne, 68)

 
 
 

Uno pe' sera (29)

Post n°3348 pubblicato il 27 Novembre 2016 da valerio.sampieri
 

Uno pe' sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961.

Pag. 29

Er cavallo nun sposa la cavalla:
tanto ce stà lo stesso ne la stalla! ...

Le donne, tali e quali a le cipole,
vanno toccate solo co' le molle;
sinnò, sai quanto piagni
prima che te le magni?



Quanno er marito te vo' troppo bene,
vordì che, a conti fatti, je conviene! ...

Chi nun vo' perde tempo cor marito
e je dà sempre er brodo cor bollito,
nun se lamenti, poi, se a l'osteria,
lui va a magnasse quarche porcheria! ...

Giulietta Picconieri
Da: Uno pe' sera, Editrice artistica romana, 1961, pag. 29.

 
 
 

L'Arca de Noè 20-21

A la pantera

Pe fatte concepì 'sto paragone
te vojo da' 'n esempio su la storia:
vedi l'ômo. Tiè que l'incrinazione
de dimostrasse sempre co' la boria.

Lui po' campà' in un nido de bardoria
eppure per un nome o p'ambizzione
se mette a guereggià co' le persone
p'esse' onorato doppo la vittoria.

Dunque tu pure, te dovrai lottà
co l'antre bestie, ma co' differenza
che si le vinci, a scopo de magnà.

Mentre lui no; lo fa perchè è n'infame
prima se sbatte, e quanno se dispenza
... Tu ciai la panza piena ... e lui? la fame.

 
 
Ar cagnolino

 
Siccome che la donna è capricciosa
specie si cià li sordi da sciupasse,
le va cercanno tutte pe' spassasse ...
e spesso je viè a mente quarche cosa.

Questo succede a la zitella o sposa,
fa' conto che ner giorno s'annoiasse,
te porta assieme a lei pe' divagasse
e assieme a te farà la scivolosa ...

Vedrai come te bacia su la bocca!
T'alliscia, t'accarezza, te vo' bene
e guai, a chi s'accosta, a chi te tocca! ...

Pe' te, ce butta sordi a sprofusione
ma si un poraccio carico de pene
je chiede un sordo, nun cià compassione.



Ar castoro

Uh ... Guarda che paura che s'è messa?!
P'un furmine? ma su ... pora bestiola!
Che dichi? ciài paura che nun cessa?
nun lo ripete più 'na vorta sola?!

Iddio quanno ch'à dato 'na parola
mica se la rimagna, s'interessa,
mica fa come l'omo la ciriola ...
doppo che t'à giurato 'na promessa.

Nun dubbità' che cessa senza dillo,
e in riva a un fiume te farai la casa
dove vivrai pacifico e tranquillo.

Lo sai tu ar monno che nun cesserà?
Chi magna, beve e gode sempre a spasa
sfruttanno er sangue de l'umanità.



A' riccio

Dice: - Ma annamo! Vedi da piantalla!
e che se fa così p'un fio che mòre?
Nun vedi? Ciài 'na faccia gialla gialla
che pari un'omo pallido d'amore!

Viè qua ... cammina; sorti da la stalla
lassa quer pianto, lassa quer dolore ...
ormai la cosa è vecchia e poi scordalla
so' dieci giorni che te strazzi er core ...

- Ma e riccio appena intese dì accusì
s'arivortò a Noè, se guardò intorno,
come pe' dije 'ste parole qui:

Mica so' l'omo che si cià famia
e je se môre un fijo, doppo un giorno
lo vedi annà' a giocà' ne l'osteria ...

Mario Centi
L'Arca de Noè. A tutti l'animali raggionevoli, Stab. d'Arti Grafiche G. Nunzi, Via dei Volsci 77-a, Roma A.IX (1931), pag. 20, 21.

 
 
 

Uno pe' Sera (28)

Post n°3346 pubblicato il 26 Novembre 2016 da valerio.sampieri
 

Uno pe' sera, di Giulietta Picconieri, Editrice artistica romana, 1961.

Pag. 28

Er matrimonio è 'na gran bella cosa,
quanno so' sordomuti sposo e sposa!

Chi vo' scoprì er tesoro
ha da conosce l'oro!



Quanno la donna dice che in amore
j'abbasta solo 'na capanna e un core,
sta' pur sicuro che già s'è informata
si la villetta te la sei comprata.

La donna senza fede,
finisce cor pregà sur marciapiede.

Giulietta Picconieri
Da: Uno pe' sera, Editrice artistica romana, 1961, pag. 28.

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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