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Messaggi del 08/04/2015

Banchetto

Banchetto

Rumori de posate,
de piatti e de bicchieri:
via-vai de cammerieri,
incrocio de portate :
risotto, pesce, fritto....
Che pranzo! Che cuccagna!
Li tappi de sciampagna
ariveno ar soffitto :
chi parla, chi sta zitto,
chi ciancica, chi magna...

Guarda laggiù la tavola
d'onore! Quanta gente!
In mezzo c'è un Ministro
che nun capisce gnente;
eppoi, de qua e de là,
tutte notorietà,
nomi, più o meno cari,
d'illustri fregnacciari.

S'arza er Ministro e resta
in una certa posa,
come pe' di' una cosa
che già s'è messa in testa.
E, ner caccia' le solite
parole rimbombanti
che j'empieno la bocca,
aggriccia l'occhi e tocca
la robba che cià avanti,
pe' dà' più precisione
a quel'idee che espone,
pe' mette' più in cornice
le buggere che dice.
E parla der "riscatto"
coll'indice sur piatto ;
vò la "fierezza antica"
e impasta la mollica,
cercanno l'argomenti
fra tre stuzzicadenti.
- La Patria - dice - spera... -
e scansa la saliera.
- L'Italia - dice - aspetta... -
e agguanta la forchetta
come se sventolasse una bandiera.

Appena ch'ha finito
je fanno un'ovazzione :
- Bravo! - Benone! - Evviva!
Che bella affermazzione!
- Tutto 'sto movimento
- pensa er Ministro - prova
ch'er Popolo è contento...
- Se fanno tante scene,
- barbotta er Coco - è segno
ch'hanno pranzato bene...

Trilussa
(Da: Le finzioni de la vita)

 
 
 

Er corpo aritrovato

Le note al seguente sonetto del Belli sono tratte dal volumetto -di sole 38 pagine- "Alcune poesie in dialetto romanesco di G. G. Belli scelte ed illustrate dal P. Daniele Olckers o. s. b. ", Monaco, Tipografia accademica F. Straub, 1878.

7. Er corpo aritrovato.

E una sscèna, pebbio, (1) propio (2) una sscèna,
Ma ttutte ar tempo mio s'ha da vedelle! (3)
Pe cquattr' ossacce senza carn' e ppelle
S'ha da pijjà la ggente tanta pena!

E ttutti fanno sta cantasilena: (4)
E llui; nun è: ssò (5) cquelle; nun zò (5) cquelle
E Rraffaelle: nun è Rraffaelle . . .
E ttutt' er giorno la Ritonna è ppiena.

Certo, nun dubbità, ssò ccasi serj!
Come c'a Rroma sciamancassin' (6) ossa
Tramezz' a un venti o trenta scimiteri!

Trovi uno scherto' in de la terra smossa?
Ebbe, senza de fa ttanti misteri,
Aribbuttelo (7) drento (8) in de la fossa!

Giuseppe Gioachino Belli
(Sonetto 1010)

Note: Raffaello Sanzio morì ai 6 di aprile 1520 e secondo l'ultima sua disposizione fu sepolto nella chiesa di Santa Maria ad martyres (il famoso Panteon di M. Agrippa) detta la Rotonda (= Ritonna). Al lato dell' altare v' è l'iscrizione composta dal Cardinale Bembo col distico:
"Ille hic est Raphael timuit quo sospite vinci
Rerum magna parens et morienti mori"
tradotta da Giov. Bellori in volgare:
Questi è quel Raffael cui vivo vinta
Esser credea natura, e morto estinta.
La tomba di questo sommo pittore, ci racconta il marchese Melchiorri, non era stata visitata mai, finché nel 1833 (in cui il Belli scrisse questo sonetto) piacque alla congregazione dei virtuosi eretta nel Panteon sin dal 1543 sotto il titolo di S. Giuseppe di Terra Santa di ricercare quelle spoglie a fine di onorarne la tomba. Ottenutone il permesso diedero i membri di detta congregazione principio alle ricerche in presenza di varie deputazioni. Il giorno 14 Settembre le ossa del divino pittore dopo vari tentativi furono rinvenute intere e conservatissime. Osservate queste per otto giorni dal numeroso popolo quivi concorso furono quindi rinchiuse in un' apposita urna di marmo in cambio della cassa di legno quasi totalmente perita ed un' epigrafe nella vicina cappella ricorda questo avvenimento.
1. Per Dio. (a fine di non nominare il nome di Dio invano.) 2. proprio. 3. vederle. 4. cantilena. 5. sono. 6. ci mancassero. 7. scheletro. 8. ributtalo. 9. dentro.

 
 
 

Nino e Peppe a le logge

Le note al seguente sonetto del Belli sono tratte dal volumetto -di sole 38 pagine- "Alcune poesie in dialetto romanesco di G. G. Belli scelte ed illustrate dal P. Daniele Olckers o. s. b. ", Monaco, Tipografia accademica F. Straub, 1878.

6. Nino e Peppe a le logge.

Sicché, Ppeppe, ste logge tante (1) belle
Essenno (2) fatte cor colore fino,
Se pò ppuro (3) ggiurà ssenza vedelle (4)
Che l'ha ddipinte Raffael Durbino.

- De che ppaese sarà stato, eh Nino,
St'affamoso pittore Raffaelle?
- Pe mme, ho inteso chiamallo er Peruggino.
- Dunque era de Peruggia, bbagattelle!

- A rincontro er padrone de Venanzio,
Ch'è un pittore moderno, lo fa esse (5)
D'un paesetto che sse (6) chiama Sanzio.

- Vorrai di Ccalasanzio. (7) Ebbe, lo scropi (8)
Si è vvero o fFarzo, da le bbocche istesse
De quelli in porteria de li Scolopi.

Giuseppe Gioachino Belli
(Sonetto 1747)

Note: In questo sonetto due popolani parlando del celebre pittore Raffaello Sanzio fanno a gara in dire degli spropositi.
1. tanto. 2. essendo. 3. si può pure. 4. vederle. 5. essere. 6. si. 7. San Giuseppe Calasanzio nato in Ispagna morì in Roma nel 1648. Egli è fondatore della Congregazione dei Chierici regolari delle scuole pie volgarmente detti Scolopii. Il corpo di questo santo riposa sotto l'altare maggiore della chiesa di S. Pantaleo nel Rione Parione. Neil' annesso convento dei suddetti Scolopii si dava gratuitamente ai giovanetti l'istruzione elementare. 8. scoprilo.

 
 
 

L'orologgio cor cuccù

Post n°1456 pubblicato il 08 Aprile 2015 da valerio.sampieri
 

L'orologgio cor cuccù

È un orologgio de legno
fatto con un congegno
ch'ogni mezz'ora s'apre uno sportello
e s'affaccia un ucello a fa' cuccù.
Lo tengo da trent'anni a capo al letto
e m'aricordo che da regazzetto
me divertiva come un giocarello.
M'incantavo a guardallo e avrei voluto
che l'ucelletto che faceva er verso
fosse scappato fòra ogni minuto...
Povero tempo perso!
Ogni tanto trovavo la magnera
de faje fa' cuccù per conto mio,
perchè spesso ero io
che giravo la sfera,
e allora li cuccù
nun finiveno più.

Mó l'orologgio cammina come allora:
ma, quanno vede lo sportello aperto
co' l'ucelletto che me dice l'ora,
nun me diverto più, nun me diverto...
Anzi me scoccia, e pare che me dia
un'impressione de malinconia...
E puro lui, der resto,
nun cià più la medesima allegria:
lavora quasi a stento,
o sorte troppo tardi e troppo presto
o resta mezzo fòra e mezzo drento:
e quer cuccù che me pareva un canto
oggi ne fa l'effetto d'un lamento.
Pare che dica: - Ar monno tutto passa,
tutto se logra, tutto se sconquassa:
se suda, se fatica,
se pena tanto, eppoi...
Cuccù, salute a noi!

Trilussa

 
 
 

Li bbattesimi de l'anticajje

Le note al seguente sonetto del Belli sono tratte dal volumetto -di sole 38 pagine- "Alcune poesie in dialetto romanesco di G. G. Belli scelte ed illustrate dal P. Daniele Olckers o. s. b. ", Monaco, Tipografia accademica F. Straub, 1878.

5. Li bbattesimi (1) de l'anticajje. (2)

Su l'Anticajja a ppiazza Montanara (3)
Cianno (4) scritto Teatro de Marcello. (5)
Bbisoggna ave ppancotto (6) pe ccervello
Pe ddi una bbudellata (7) accusi rara.

Dove mai li teatri hanno er modello (8)
A uso d'una panza de callara? (9)
Dove tiengheno (10) mai quele filara (11)
De parchetti de fora (12) com' e cquello?

Passino un pò da Palacorda e Ppasce:
Arzino er nas' in zù, (13) bbestie da soma:
Studino llì, e sse faccino capasce. (14)
 
Quell' era un Culiseo, sori Cardei, (15)
Sti cosi tonni, (16) come cquesto, a Rroma
Se sò (17) sempre chiamati Culisei.

Giuseppe Gioachino Belli
(Sonetto 1315)

Note:

1. Le denominazioni. 2. dell' anticaglie, 3. piazza Montanara nel Rione di Campitelli, anticamente chiamata forum olitarium. 4. ci hanno. 5. il teatro di Marcello cominciato da Cesare, compito da Augusto, che lo dedicò a Marco Claudio Marcello suo nipote, poiché figlio di Ottavia sua sorella. 6. pappa. 7. sciocchezza. 8. forma, figura. 0. pancia di caldaia. 10. tengono. 11. quelle file. 12. di palchetti di fuori cioè le arcate esterne. 13. alzino il naso in su. 14. si facciano capaci cioè si persuadano. 15. Signori Caldei vuol dire uomini privi di senno, stolidi. 16. questi cosi tondi. 17. Si sono.

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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