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Messaggi del 19/09/2017

È lo scirocco che scopre er gioco

Post n°4171 pubblicato il 19 Settembre 2017 da valerio.sampieri
 

È lo scirocco che scopre er gioco

Ma pe dimme che more, 'sta buciarda
de l'estate,
nun c'è bisogno che cambi faccia.

Ammalappena lo scirocco azzarda
le prime soffiate
più brusche, è lui che scopre er gioco,
pure se stenta a smòve la callaccia.

E io me n'accorgo da come se straccia
una nuvola, o pija foco
un tramonto; lo vedo ner gricciore
che sveja parate de fronne
stufe de sole, impietrate
nell' aria stagna,
sotto un celo senza colore.

E lo sento nell' eco che risponne
da distante, pe' la campagna
spopolata, a le schioppettate
d'un cacciatore.

C.A. Zanazzo
Da: Strenna dei Romanisti, 1955, pag. 200

 
 
 

Ritratto

Post n°4170 pubblicato il 19 Settembre 2017 da valerio.sampieri
 

Ritratto

Mi guardò, mi squadrò, mi voltò,
mi fece girare a destra, a sinistra;
pose il suo bianco faro in alto, ai miei piedi,
cercò le luci riflesse; per accecarmi stette.
Comunque e quantunque, volendo ritrarmi
truce, insolente, cattivo, aggressivo,
- o non so cosa altro gli avessero detto di me -
non gli riuscl che a ritrarmi buon uomo qual sono;
con l'espressione angelica (già nota ai miei amici)
che spesso appare nel rilievo romano del mio volto.

Luigi Bartolini
Da: Strenna dei Romanisti, 1955, pag. 192

 
 
 

Nicola Marchese

Sonetto

Quattro il sonno mio grande alabardieri
La prima notte veglieran silenti.
Oh, le alabarde dalle lancie ardenti!
Oh, la guardia spettral de' quattro ceri!

Per essi anche una volta, i sogni alteri
Fiammeggeranno agli occhi, agli occhi spenti,
Cui tutti ardean di soli i firmamenti
Come di ancor non conquistati imperi.

Ma la pallida fronte, inonorata
Di ramo dalle sempre verdi fronde,
Rimpiangerà l'inutile giornata.

E invan poi, perché tardo e perché muto,
Nascerà dalle ceneri infeconde
Il rimorso del mio giorno perduto».


La Barcaccia

Là, dove l'onda d'Agrippa ristagna
nella bonaccia di Piazza di Spagna,
immota sta nell'immota bonaccia,
vecchio Bernini, la vostra Barcaccia.

Poi che, sguernita di remi e d'antenne,
la tien la tiene un letargo perenne,
dorme al gran sole e non sogna burrasca,
dorme alle stelle nel sen della vasca.

Non forse, un maggio, alla Spagna dei Mori
essa approdava per caricar fiori?
Non di là venne di fiori sì carca,
che ancor ne sbarca ne sbarca ne sbarca?

Non essa, dunque, al ritorno del maggio,
muove il talento d'un altro viaggio?
Invano: irrompe da più di una falla
l'acqua, ed a pena sorreggesi a galla.

Né calafato al burchiel che periglia
di stoppa e pece rimpalma la chiglia;
né Propaganda, il cantier della fede,
guarda; o la barca dei fiori non vede.

Nel plenilunio, essa Cadice sogna
e l' ardor bianco de la Catalogna:
salgono, allora, per l'alta marea,
onde di fiori l'argentea scalea.


Piazza Navona

Chiuse il libro d'Orlando. E l'architetto,
Che scolpia da pittore e da poeta,
Balzò; diede di pugno al cavalletto,
Di calcagno alla creta,

Ed escì di bottega. Aria la piazza
Grande alitò, la notte, alla gran fronte;
Che, gli occhi accesi, madida di guazza,
Sognò grande una fonte.

Essa che veglia, quando par che dorma;
Essa che, quando par morta, procrea;
Essa, la Notte, gli ispirò la forma
Della fonte ariostea.

Date, date scalpelli alla sua mano
E marmi e travertini agli scalpelli;
E l'apra dell' artefice titano
L'obelisco suggelli.

E quattro fiumi, i massimi, versando
Il tributo re gal del!' onda opima,
Come da Garfagnana aspra, cantando
Vengan l'ottava rima.

Vide Innocenzo (aveva allor posato,
Rosso vestito, innanzi a Diego nero);
E, poi che alla colomba ebbe guardato
Con l'occhio di sparviero,

Sorrise, benedisse; e, regalia,
Ben dell'altro e di lui degna, il domani
Cinque il Pamphily al Cavalier largia
Mila scudi romani.


Fontana delle Naiadi

Ben detto: schiaffo al pudibondo esteta
che le bollò del marchio di baccanti,
faccia un tuo gesto la vendetta lieta,
o gente senza buffa e senza guanti.

Ben fatto: schiaffo allo scortese edile,
compì un tuo gesto !'attica vendetta.
Diruta gloria, o gloria del Pecìle,
ben tu risorgi per il nuovo eretta

portico dell' Esedra; e l'ora è greca
se propizia essa volge allo scultore;
se la gente non danna, ignara o bieca,
l'arte che denudò, casta, il pudore.

Eccole. O figlie di leggiadre fole,
onde il giovine e antico estro si piacque;
o forme che dall'isola del sole
l'onda sospinse alla città dell' acque;

o donne belle dalle fronti oneste;
belle a cui !'onda pettina la chioma,
e cui le nudità l'iride veste:
belle, se mai peccaste, assolve Roma.

Ben Paolo terzo, per virtù dell' arte
che di vénia al peccato anca è cortese,
l'eterna benedizione imparte
alla beltà di Giulia Farnese.

Nicola Marchese
15 febbraio 1901
Da: Strenna dei Romanisti, 1955, pag. 172-175

 
 
 
 
 

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Un blog di: valerio.sampieri
Data di creazione: 26/04/2008
 

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