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 TREMONTI DA' I NUMERI; LA SCUOLA, I GIUDIZI

Post n°83 pubblicato il 08 Dicembre 2008 da doc_doc2007
 
Tag: I

L’on. Gelmini va su you tube e si dice disponibile a confronto e critiche (?), il 12 dicembre la scuola va in piazza e gliene dice tante (vedi qui, qui, qui, qui, qui). Bisogna vedere se anche la scuola pubblica è un “diritto inalienabile” (?). Vivalascuola propone un appello sulla valutazione, un articolo di Daniela Bertocchi sulla storia della valutazione nella scuola italiana, confronti e segnalazioni.

Alcune considerazioni sulla valutazione degli apprendimenti nella storia della nostra scuola
di Daniela Bertocchi

Correva l’anno 1993 quando le molte sperimentazioni (già in corso dalla fine degli Anni Settanta, a partire dalla Legge 517/77, per sostituire la “pagella con voti” con uno strumento capace non solo e non tanto di “quantificare” i risultati finali quanto di descrivere processi e risultati nella loro evoluzione) trovarono una ufficializzazione e codificazione nella cosiddetta “scheda di valutazione” impiegata dal 1993-94 in tutte le scuole elementari e medie.

La scheda adottata da quell’anno era costituita di quattro parti o Quadri: Q1 per la definizione della situazione di partenza; Q2 per la descrizione di percorsi individualizzati; Q3 per la valutazione degli apprendimenti nelle varie discipline o ambiti disciplinari; Q4 per il giudizio cosiddetto “globale”.

Al suo apparire la scheda suscitò inizialmente dubbi e perplessità: era indubbiamente abbastanza complessa, certamente più “lunga” da compilare rispetto alla tradizionale pagella, talvolta risultava di difficile comprensione per studenti e genitori (e infatti non doveva essere considerata un documento da “mandare a casa e far firmare”, ma uno strumento da illustrare con chiarezza e trasparenza tanto agli allievi quanto ai genitori). Con tutti i suoi limiti, l’adozione della scheda di valutazione, negli anni, ha comunque avuto una serie di ricadute positive sulle diverse componenti della scuola.

• Intanto, ha dato una nuova centralità al tema della valutazione, portando in primo piano il fatto che non si può parlare di valutazione degli apprendimenti se non in relazione alla programmazione, o progettazione, degli insegnamenti e dei curricoli e che la valutazione non è solo quella finale, di quadrimestre o annuale, ma si basa su una “rilevazione” continua di dati e di processi, insomma un monitoraggio costante.

• Ha messo in luce la genericità e l’assoluta non trasparenza del voto (ad esempio, per un insegnante “7” in italiano, in prima media, poteva voler dire che lo studente leggeva con buona fluenza, scriveva senza errori di ortografia e conosceva le parti del discorso; per un altro poteva voler dire che lo studente, pur avendo ancora alcuni problemi nella formulazione di testi scritti, grazie al positivo e costante impegno aveva raggiunto buoni risultati nella lettura e nella comprensione).

• La scheda ha fatto emergere, e in molti casi anche diventare vera e propria “buona pratica”, la necessità di un processo collegiale, del Consiglio di Classe, tanto nel programmare quanto nel valutare. Poiché non è possibile confrontarsi sulla valutazione se prima non si chiarisce a se stessi e agli altri a che cosa si dà importanza, quali sono le priorità del proprio insegnamento, la valutazione ha costituito in molti casi la porta d’accesso anche a una programmazione collegiale.

• Passando ad aspetti pratici, la necessità di verificare e valutare non in astratto, ma su processi e obiettivi specifici ha portato molti insegnanti all’utilizzo, in classe, non dei generici registri, utili solo a fini fiscali, ma di strumenti differenziati (registri strutturati per “obiettivi”, schede di osservazione finalizzate, griglie di correzione delle prove aperte, “dossier personali” del singolo studente, fino al famoso, o famigerato, portfolio, rivelatosi utile soprattutto nella sua versione per le lingue).

In tempi più recenti si è previsto, anche sulla base di criteri e raccomandazioni europee (vedi qui e qui) di affiancare ai “normali” strumenti di valutazione anche uno strumento finale per il primo ciclo di istruzione e per il biennio dell’obbligo della scuola secondaria di 2° grado che certifichi le competenze acquisite dallo studente: quindi non solo le conoscenze e le abilità, ma proprio le competenze, intese come “un saper fare intenzionale ed efficace raggiunto dall’allievo che viene descritto in relazione al contesto d’uso in cui [la competenza] è espressa” : così ci si esprime nel sito del MIUR dedicato alla certificazione delle competenze al termine della scuola del primo ciclo (vedi qui).

Del resto, anche nelle Linee guida (2/11/2007) per l’innalzamento dell’obbligo di istruzione si afferma che il percorso didattico del biennio dell’obbligo prevede “un ripensamento profondo sia delle strategie didattiche sia della valutazione” e “un costante lavoro collegiale dei docenti per individuare e sperimentare modelli di valutazione coerenti con un impianto culturale e pedagogico centrato sugli assi e sulle competenze.” Di questi modelli di certificazione, sia pure ancora sperimentali, esistono diversi esempi molto interessanti: si veda, uno per tutti, quello elaborato per la fine del 1° ciclo dalla Scuola Secondaria di 1° grado “Dante Alighieri” di Cavezzo, Medolla, San Prospero (vedi qui).

Quello che è importante rilevare è che la certificazione delle competenze non consiste nell’indicare “quantitativamente” il possesso di una competenza, ma nello stilare un profilo finale composito che descriva che cosa sa fare realmente e autonomamente lo studente in una determinata situazione. Ad esempio, secondo il modello di certificazione indicato sopra, in lingua inglese lo studente ha una competenza eccellente se: ”in contesti che gli sono familiari, comunica con uno più interlocutori, si confronta per iscritto nel racconto di avvenimenti ed esperienze personali e familiari, espone opinioni e ne spiega le ragioni mantenendo la coerenza del discorso. Comprende i punti essenziali di semplici messaggi in lingua standard. Nella conversazione espone le proprie idee in modo semplice e chiaro” e in matematica se: “conosce, riporta e rielabora caratteristiche, proprietà,definizioni, leggi, usando in modo appropriato e autonomo la simbologia e il linguaggio specifico. Individua ed applica con sicurezza regole, relazioni, procedimenti logici e modalità operative anche in contesti diversi. Matematizza situazioni complesse e le risolve”.

Solo una domanda: un profilo di competenza di questo tipo come potrebbe essere descritto con un voto? Dire che lo studente ha 10 in inglese e 10 in matematica dà un’idea altrettanto chiara e precisa di che cosa lo studente sa fare?

E un’ultima domanda: l’insegnante abituato a “concentrare” nel voto una serie di fattori diversi ed eterogenei, come potrà autoformarsi a quella descrizione esaustiva e trasparente delle competenze che l’Europa ci propone e ci chiede?

* * *

Per una valutazione degli apprendimenti
Un appello di docenti e formatori nel campo dell’educazione linguistica

I recenti provvedimenti sulla valutazione degli apprendimenti destano forti preoccupazioni. La sensazione è che, ancora una volta, in tema di progettazione e valutazione educativa, si parta dalla coda anziché dalla testa dei problemi. Discutere di giudizi e di voti, o peggio di come effettuare il passaggio dal giudizio al voto, è un falso problema e scelte di questo tipo, tutte sbilanciate sulla valutazione sommativa, distolgono dal considerare la questione della valutazione nella sua complessità e portano a dare un’attenzione smisurata al solo esito conclusivo, ignorando invece tutto quello che di ben più significativo e importante sta sotto e prima, ovvero quanto avviene mentre gli alunni imparano, che richiede la lettura attiva dei processi da parte dell’insegnante.

Riteniamo infatti che, anziché adottare soluzioni inadeguate, che potrebbero favorire il ritorno a pratiche didattiche e valutative anacronistiche e controproducenti, sarebbe utile avviare una elaborazione seria e competente su tutte le modalità di valutazione, sia continua che finale. Nel contempo riteniamo decisivo che nelle scuole si continuino a esercitare e a consolidare le pratiche di valutazione qualitativa e descrittiva, che avvengono contestualmente ai processi di insegnamento/ apprendimento e si basano sull’osservazione sistematica e sulla documentazione.

In tal senso, anche sulla base delle esperienze didattiche e delle ricerche più accreditate, riteniamo indispensabile in questo frangente ribadire la necessità di difendere e rinforzare una valutazione descrittiva, attenta ai ritmi di crescita e alla complessità dei processi di apprendimento, non invasiva, rispettosa delle diversità e delle differenze, progressivamente coerente con il livello di sviluppo raggiunto.

La valutazione a cui pensiamo…
• si propone e consente di valutare gli apprendimenti, intesi come acquisizione e applicazione di conoscenze, abilità e atteggiamenti e quindi come sviluppo di competenze personali, anziché di valutare le persone, sulle quali formulare giudizi o alle quali attribuire voti;

• è inevitabilmente relativa, dinamica, diacronica; tiene conto dei livelli di partenza, delle situazioni contestuali;

• è autentica, si basa sull’osservazione continua e sulla raccolta di indicatori molteplici, che forniscono informazioni sul progressivo sviluppo di competenze degli allievi, coinvolti in apprendimenti significativi e impegnati in prestazioni e azioni riconoscibili e coerenti con la vita reale;

• porta a sintesi l’osservazione e la rilevazione dei processi e la verifica e la misurazione anche quantitativa di singole prestazioni o compiti, che va comunque accompagnata da elementi descrittivi che la legittimino e spieghino;

• è formativa, ha funzione di feed-back, favorisce il dialogo e la valutazione fra pari, stimola e guida le riflessioni e le autovalutazioni da parte dell’allievo sui propri processi di apprendimento favorendo il controllo delle procedure, la riflessione metacognitiva, l’intenzionalità responsabile;

• è coerente con una didattica laboratoriale, costruttivista, cooperativa, che impegna e stimola il protagonismo attivo dei discenti, all’interno di un ambiente funzionale all’apprendimento;

• concentra l’attenzione e l’investimento educativo sull’evoluzione dell’apprendimento e non solo sul risultato ed è coerente con un’idea e una pratica di scuola in cui è più importante imparare che dimostrare di aver imparato;

• si affida a criteri trasparenti e condivisi, che favoriscono un orientamento alla progressiva padronanza delle competenze personali piuttosto che alle sole prestazioni messe a confronto con quelle degli altri in senso strettamente individualistico e spesso competitivo;

• richiede un profondo rinnovamento delle pratiche valutative, tale da sostenere sia il rilevamento e la documentazione che la restituzione dei dati raccolti;

• produce e promuove atteggiamenti di ricerca-azione e di sperimentazione sui processi di insegnamento/apprendimento e quindi in buona misura coincide con la riflessione e la crescita professionale dei docenti;

• dà luogo a descrizioni esaurienti degli esiti dei processi di apprendimento, nelle quali gli allievi e le famiglie possano individuare quanto e che cosa è stato effettivamente valutato, che cosa e come ciascun allievo può impegnarsi a migliorare;

• è compatibile con le procedure di valutazione e certificazione delle competenze in uso in contesti diversi, inevitabilmente qualitative e descrittive, anche quando vengono corredate da indicazioni di livello (per esempio nel Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue: Apprendimento, Insegnamento, Valutazione);

• si esprime anche in formulazioni sintetiche, trasparenti e comparabili - ma non per questo necessariamente numeriche - degli esiti raggiunti e delle competenze acquisite alla fine dei lunghi cicli di istruzione, che devono avere una dimensione più generale, sistemica, una elevata comunicabilità e validità sociale, non solo nazionale;

• è coerente con le raccomandazioni e gli indicatori valutativi elaborati nell’ambito dell’Unione Europea, che costituiscono un riferimento condiviso per il sistema di istruzione italiano e che da tempo dovrebbero orientare anche la scuola superiore verso modalità descrittive di valutazione e certificazione delle competenze;

• è potenzialmente inclusiva ed emancipatoria poiché coinvolge e accompagna il soggetto nei processi di apprendimento, responsabilizzandolo, aumentandone le capacità di riflessione critica su di sé, il senso di autostima e quindi l’autonomia individuale.

Per tutti questi motivi riteniamo che una valutazione descrittiva sia da preferirsi alla sola misurazione di conoscenze o di prestazioni e alla sanzione quantitativa che ne consegue (indipendentemente dalle modalità con cui viene espressa) e invitiamo le scuole a non recedere da modalità di valutazione finalizzata all’apprendimento, anzi a intensificarne la sperimentazione e l’uso, dichiarando fin d’ora la piena disponibilità a sostenerne l’operato e la riflessione professionale.

Sarà a tal fine di estrema importanza favorire la raccolta e lo scambio fra scuole e singoli insegnanti di documentazione, materiali, strumenti operativi a sostegno di una valutazione funzionale a una scuola inclusiva, riflessiva e solidale.

Si ribadisce per altro che la normativa recentemente approvata interviene esclusivamente sulla valutazione «periodica e finale», né potrebbe altrimenti: le scelte relative alla valutazione in itinere sono e restano prerogativa e responsabilità dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e della libertà e responsabilità professionale dei docenti.

D’altro canto è tuttora vigente un ricco apparato normativo che orienta a una valutazione rispettosa dei criteri qui esposti, di cui sollecitiamo il rispetto e che non può essere cancellato da illusorie e pericolose semplificazioni riduttive.
26 Novembre 2008

Primi firmatari dell’appello: Mario Ambel, Daniela Bertocchi, Umberto Capra, Valter Deon, Martin Dodman, Annarosa Guerriero, Cristina Lavinio, Edoardo Lugarini, Luciano Mariani, Graziella Pozzo, Franca Quartapelle.

Seguono le firme di coloro che condividono e sottoscrivono il documento (anche interi collegi o enti). Chi voglia aderire al documento scriva una mail a valutazionedoc@gmail.com, oggetto: adesione. Indicare: Sottoscrivo il documento Per una valutazione degli apprendimenti, Nome e Cognome, mansione, ordine di scuola o ente, città, indirizzo e-mail; oppure Collegio docenti del… denominazione, indirizzo postale, indirizzo e-mail; allegare delibera o adesioni individuali.

 
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