Creato da raffaella.nasto il 09/02/2011

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Matisse, il Simbolismo e altro

Post n°23 pubblicato il 11 Maggio 2013 da raffaella.nasto

Buongiorno a tutti! Oggi, dopo un pò di tempo di " silenzio " riprenderò coi miei " voli pindarici " nell'Arte e nei suoi protagonisti. Buona lettura!

Dove Matisse e compagni si distaccano dal Simbolismo è nei vari aspetti in cui viene chiamato in causa il simbolo, cioè un rimando evocativo ad un qualcosa di ulteriore e sfuggente: nella poetica simbolista il segno vuole evocare, cioè sintonizzarsi con " entità magiche " non presenti sulla tela.

Invece la generazione " Fauve- espressionista " riconverte l'idea: le immagini e le campiture cromatiche non sottendono più, ma rimandano solo a se stesse, esprimono un proprio dramma interamente presente, disperato e non certo alleviabile da sopccorsi esterni o dall'alto, ecco l'inversione di rotta, ecco il punto di distacco totale del Fauvismo dal Simbolismo. Del resto è evidente osservando un qualsiasi dipinto di questa poetica: l'artista fauve, oramai libero dalle accademiche regole della pittura ottocentesca, usa il pennello a mò di " maglio ": a colpi di maglio riduce la figura, ne semplifica i contorni naturali, senza però osare abrogarli. Il " maltrattamento " a cui sottopone la figura l'artista fauve esprime il livore verso un qualcosa da cui non riesce a liberarsi e queste sono le componenti espressioniste.

E anche il colore, ovvero le vaste campiture compatte, si caricano di una violenza inaspettata, come di chi debba rovesciare la propria furia tramite esso.

Tornando a Matisse, la sua figuratività ridotta all'osso dona un importante imput al recupero di una iconicità arcaica, popolare, anticipando l'art brut di Dubuffet e addirittura della Pop Art.

Prima di concludere questo mio " excursus " su Matisse ed i fauve, non posso astenermi dal commentare brevemente il dipinto considerato il suo capolavoro e cioè " La danza " ( 1910 ): un'opera semplice ma variegata allo stesso tempo, composta da 5 figure, due uomini e tre donne, intenti in una danza, sospesi fra terra e cielo col piede di uno di essi leggermente appoggiato su questa " terra " morbida come un cuscino, un'enorme sfera soffice di un azzurro turchino.

La danza di questi corpi si esplica con leggerezza ed i movimenti dei protagonisti sono lievi, eleganti, pacati, tutti intenti a farla svolgere sotto i nostri occhi con estrema cura ed armonìa.

E l'armonìa è il " leit motiv " di quest'opera: 5 corpi melodiosamente danzanti costruiti su forme morbide, curve in cui le figure umane sono semplificate e "accarezzate " dalla linea più scura che le delimita. E l'uso del colore nell'opera è la sostanza stessa della poetica matissiana: ampie zone piatte di colore e 3 colori soli per la costruzione di un dipinto magistrale come questo: il turchino della terra-pallone, il rosa degl'incarnati e il marrone dei capelli delle figure ( escludendo a priori il blu scuro del cielo che è una tonalità più scura, seppur diversa, del turchino ).

Comunque sia, Matisse rimase ancorato alla tematica di partenza, ovvero dei motivi simbolisti presenti nell'opera " Lusso, calma e voluttà ",  ma tali motivi, a cui più non crede, egli li sospende da tutto il loro potenziale evocativo, usandoli come puri pretesti per creare immagini, icone eleganti incorniciate da campiture cromatiche piatte nella continua ricerca di armonia e di eleganza, qualità che Matisse espresse mirabilmente in tutta la sua produzione artistica, tanto da rappresentare ancora al dì d'oggi, uno dei capisaldi della pittura moderna, predecessore di altri artisti come Balla, Mondrian e Klee che portarono avanti certamente una poetica diversa dal maestro fauve, ma al quale restano palesemente agganciati nella genesi della loro " carriera artistica "..... Ma di questi e di altri artisti parlerò prossimamente.

 
 
 

Matisse e la fascia Fauve-Espressionista

Post n°22 pubblicato il 06 Maggio 2012 da raffaella.nasto

Henry Matisse fu un artista, tutto sommato, alquanto tranquillo e " borghese ", dall'aspetto calmo e serio, circondato dalla famiglia, insomma agli antipodi con l'indole ribelle di Paul Gauguin e di tanti altri.

Visse a lungo,  morì nel 1954 a 84 anni ed è giustamente considerato uno dei padri del Modernismo del XX secolo.

Ma partiamo dalla genesi: il Fauvismo fu ufficialmente consacrato al Salon D'Automne del 1905, ove Matisse espose insieme a Roualt,  Vlaminck, Marquet e Derain.

Il Fauvismo si può definire come una poetica artistica che esalta esageratamente il colore nei suoi toni puri, ma è anche un atteggiamento che tende a liberare la pittura dal trattamento del soggetto: in altri termini l'artista lascia al colore il compito di dare il ritmo alle forme, spesso sottolineate con un tratto nero per accentuarne l'espressività.

La fortuna critica dei " Fauve " iniziò quando  il critico Vauxcelles al Salon d'Automne, scandalizzato dall'acceso cromatismo delle loro opere, battezzò Matisse e compagni col nome " Fauves ", ovvero " belve ".

L'influenza di Cezanne fra i giovani artisti fauve, non più soddisfatti dalla pittura " en plen air " degl'Impressionisti è innegabile.

Ma già in una delle sue prime opere: "  Uomo nudo " ( 1900 ), Matisse esprime la sua personale visione del colore e del ritmo che ne delinea le forme, contrariamente a Cezanne che, per converso, parla ai nostri sensi.

Ancora nel dipinto " La gitana " del  1906 è evidente un timbro " espressionista " nell'uso del colore, ampio, a larghe pennellate, ma anche qui si nota immediatamente il ritmo e la luminosità del colore, estraneo alle opere espressioniste, tese più all'aggressività e all'immediatezza del colore sulla tela che non alla ricerca del suo ritmo, della sinuosità.....

L'anno 1911 segna una svolta importante nella poetica formale di Matisse: con l'opera " La conversazione "  l'artista getta le basi al modo di dipingere che lo caratterizzerà in modo inequivocabile: ampie zone di colore piatto, figure appena abbozzate poste l'una seduta e l'altra in piedi di fronte con l'accenno di una finestra con vista su un giardino, il tutto reso sempre con ampie campiture cromatiche piatte ove le forme si perdono ritmicamente nel colore.

Celeberrima di questo stesso anno è " La danza ", opera magistrale in cui i corpi armonici svolazzano sospesi e intrecciati dalle sole mani: qui il corpo è il pretesto per dare libero sfogo al colore e all'armonia della composizione proprio come il ritmo di note musicali e i colori usati sono semplicemente 3.

" Per me, il soggetto di un quadro e il suo sfondo hanno lo stesso valore o, per dirlo più chiaramente, nessun punto prevale sull'altro, conta solo la composizione, il modello generale. Il quadro è fatto dalla combinazione di superfici variamente colorate " H. Matisse, maggio 1935..... Penso che tali parole si commentano da sole ed esprimono pienamente tutta la poetica matissiana.

L'invenzione di una grande pittura decorativa è uno dei grandi contributi di Matisse e l'arte giapponese segnò fortemente la pittura anche di Claude Monet e di Paul Gauguin, stile basato sui rapporti tra superfici piatte e ritmi lineari.

Durante gli anni della prima guerra mondiale il lavoro di Matisse mutò radicalmente: la geometria acquistò un'importanza fondamentale e la tavolozza divenne più cupa, con l'ingresso dei colori verde, viola, grigio e nero.

- fine prima parte -

 

 

 

 
 
 

Surrealismo e rapporto con Freud

Post n°21 pubblicato il 06 Maggio 2012 da raffaella.nasto

E' d'obbligo fare un breve excursus storico sulla psicanalisi per meglio comprendere tutta la portata dell'influenza del suo fondatore: Sigmud Freud.

Del resto, il rapporto fra la Storia dell'Arte e la storia stessa è strettissimo in quanto ogni corrente artistica è legata indissolubilmente ad un preciso periodo storico-culturale: il Rinascimento è un tutt'uno col periodo storico in cui nacque e si sviluppò, il Manierismo fu la conseguenza artistica del periodo della Controriforma cattolica e così via.

Gli artisti del Surrealismo risentono certamente degli studi di Freud e di altre menti dell'epoca; S. Freud nacque a Freiberg ( Moravia ) nel 1856 e visse a Vienna fino al 1938 ove scappò, in quanto ebreo,  a causa dell'occupazione nazista.

Si laureò in medicina con la specializzazione in neurologia.

Cominciò a praticare l'ipnosi per la cura delle malattie mentali e uno dei suoi primi pazienti fu un'isterico e scoprì che gl'isterici oppongono delle difese contro la guarigione e contro il medico e tale reazione Freud chiamerà " transfert ".

Freud praticò simultaneamente la sua " auto-analisi " e concepì la tecnica usata per la guarigione dalle nevrosi, da ui stesso denominata " tecnica psicoanalitica "; essa era strutturata in 4-5 sedute settimanali di un'ora ciascuna, svolte più o meno allo stesso modo: il paziente era steso sul divano e il medico seduto dietro di lui lo lasciava parlare senza mai contraddirlo, stabilendo così un rapporto benevolo e comprensivo.

Tutte queste scoperte in campo della psicanalisi hannno certamente influenzato, come già detto, la poetica surrealista: l'artista dipingeva sulla tela le proprie visioni, le proprie paure, il proprio inconscio.

Salvador Dalì fu uno dei più originali esponenti del Surrealismo e l'opera " Venere a cassetti " ( 1936 ) altro non è che una trasfigurazione del mondo interiore di questa donna, il cui corpo è interrotto da vari cassetti posizionati all'altezza dei seni, dello stomaco, del ventre e del ginocchio sinistro ed essa sembra proprio sottoporsi a tale indagine introspettiva.

Anche lo stesso Renè Magritte non sembrò insensibile al gioco, all'uso della pittura come illusione, memore forse della lezione di Escher, maestro impagabile nell'uso dell'illusione prospettica, della sovrapposizione di linee, piani e volumi in un armonico e gradevolissimo gioco di immagini che si ripetono e si rincorrono, tenendo l'occhio del fruitore praticamente " ipnotizzato " e ansioso di scoprirne il fine, il termine del discorso estetico, il punto d'arrivo delle immagini.

Con questo non affermo affatto che Magritte fu discepolo di Escher, ma certamente l'uso di immagini volutamente ambigue, volutamente sospese e alla ricerca di un significato recondito, ben si prestano a quest'accostamento.

Magritte, a parer mio, fu uno dei pittori più " coerenti " alla poetica surrealista in quanto non ha mai cercato la spettacolarità delle immagini, contrariamente a Dalì, ma ha sempre proposto le proprie opere in maniera discreta, quasi silenziosa e quei paesaggi, quelle figure umane col cappello, coi loro giochi illusori e allusivi, lasciano aperte strade interpretative ampie e variegate, non certo banali.

La domanda mi sorge spontanea: è possibile tradurre in immagini il proprio inconscio senza scadere nella banalità o nel gioco pretestuoso o in un certo virtuosismo pittorico che non lascia spazio a contenuti interiori, ma è solo un pretesto per dimostrare abilità pittorica?

Chi può assurgersi a giudice infallibile ed affermare che il Surrealismo sia stato solo un abile  gioco pittorico di menti eccentriche che, col pretesto della psicanalisi hanno semplicemente usato a proprio uso e consumo un fatto culturale di valenza astronomica?

Ovviamente questa è una mia provocazione che, in quanto tale, lascia aperta la strada ad ogni tipo di interpretazione; dunque aspetto le vostre riflessioni ed opinioni a riguardo.

E vi lascio proprio con tali quesiti irrisolti e con la constatazione che il Surrealismo, comunque sia, piaccia o non piaccia, è stato un movimento artistico assolutamente fascinoso ed originale..... a voi " l'ardua sentenza!"

Buona serata dalla vostra RaffArt.

 
 
 

Surrealismo e surrealisti

Post n°20 pubblicato il 05 Gennaio 2012 da raffaella.nasto

Buon Anno a tutti, cari amici del blog.... dopo un pò di riposo " forzato " eccomi di nuovo a parlare di Arte e artisti, sempre nel variopinto panorama del Novecento.

Il Surrealismo, rispetto alla poetica Dada, si presenta con la proposta di una soluzione che garantisca all'uomo una libertà realizzabile positivamente: al rifiuto totale e primitivo del Dadaismo, il Surrealismo sostituisce la ricerca di una fusione fra realtà e mondo onirico.

Il Surrealismo come movimento artistico e culturale si sviluppò soprattutto in Francia  tra il 1919 ed il 1939, definendosi ufficialmente col manifesto del Surrealismo del 192 ad opera di Andrè Breton.

Nell'ambito di tale movimento si sono affermati poeti e scrittori come Eluard, Artaud e lo stesso Breton e fra gli artisti citiamo: Max Ernst,  Hans Arp,  Man Ray, Marcel Duchamp, Yves Tanguy, Salvador Dalì, Renè Magritte.

Gli artisti surrealisti si proponevano di indagare esperienze psicologiche inconsce e tracciare una linea d'unione fra la realtà e il mondo onirico; difatti il " fil rouge " che lega ciascun artista di questo movimento è il partire da un dato reale, oggettivo, quindi figurativo ( e non astratto ), come un paesaggio, un interno, un animale e  " trasformarlo " come se fosse il risultato di un percorso onirico, di un sogno.

Ecco allora come un paesaggio visto alla finestra si inscriva improvvisamente in un cavalletto, generando una singolare illusione ottica ove non esiste più un confine fra l'inizio della tela immaginaria e la finestra e il cavalletto stesso ( La condizione umana - R. Magritte, 1933 ).

E ancora: un elefante che occupa tutto lo spazio possibile della tela sotto i nostri occhi, assomigliando ad un uomo obeso fino all'inverosimile, mentre dal lato anteriore posto in alto della strana figura, campeggia una sorta di " proboscide " munita di una specie di gorgiera: il gioco dell'ambiguità delle forme è evidente in quest'opera di Max Ernst ( " L'elefante Cèlèbes - 1921 ).

 

 
 
 

Mirņ: surrealista e magico

Post n°19 pubblicato il 25 Giugno 2011 da raffaella.nasto

Buon week end a tutti e ciao! Dopo un pò di assenza, eccomi di nuovo a scrivere e completare la storia affascinante di Joan Mirò, originale artista spagnolo del ventesimo secolo.

" Sento il bisogno di raggiungere il massimo di intensità col minimo dei mezzi. E' questo che mi ha portato a dare alla mia pittura un carattere di nudità ancora maggiore " ( J. Mirò ).

Egli stesso scrive di voler esprimere coi mezzi che l'arte gli porge e con la massima intensità, il suo mondo interiore, fatto di strani personaggi, di creature fantastiche dai colori vividi e cangianti, contornate spesso da una linea nera cxhe ne delimita e ne sottolinea le forme.

Di Mirò la critica ha giustamente scritto che usò il " Disegno automatico ", una forma di disegno che utilizza la possibilità di esprimere il subconscio. In parole semplici: la mano comincia a muoversi sulla tela, sul foglio o su qualunque altro supporto, in modo casuale, lasciando al caso la creazione dell'opera d'arte.

Tale modalità non vuol dire certamente che l'artista dipinge in stato di " Trance ", ma semplicemente lascia andare la sua mano sulla tela,  liberando la propria creatività senza schemi, nè disegni preparatori, nè bozzetti, tipici dell'arte classica: ora vi è solo l'artista che crea dando libero sfogo al proprio mondo interiore che non necessariamente si espime sulla tela in forme aderenti alla realtà.

Per Mirò il disegno automatico era anche un modo per svincolarsi dalle forme convenzionali a cui era evidentemente allergico.

Queste sono le basi dell'Arte Astratta, Arte basata su forme lontane dalla realtà ma che esprimono un'altra realtà, quella interiore e soggettiva dell'artista, assolutamente valida e reale e, dunque, percettibile in quanto oggettiva, in quanto partorita da una persona reale su un supporto materico, reale, anche se su tale supporto vi sono forme non corrispondenti alla realtà, ma ( come nel caso di Mirò ) possiamo imbatterci in forme fantasiose che brulicano sulla tela come un variopinto mosaico pieno di personaggi strani e colorati che sembrano quasi prendere vita sotto ai nostri occhi!

L'arte di Mirò è sì Arte astratta, surreale, libera da ogni schema ( così come libero da ogni corrente artistica Mirò volle tenersi ), ma egli creò anche una poetica unica, originale, usando in modo giocoso anche simboli sessuali e un tipo di disegno che si rifà volutamente a quello infantile, così come si può ammirare ne " La Ballerina ", " Personaggi ", " Personnage Oiseaux " e tanti altri dipinti che si caratterizzano per questo stile surreale, anticonformista e riluttante della realtà e del disegno classico.

Il bello, per Mirò, non è creare un disegno classico aderente alla realtà, tipo il ritratto di Napoleone a cavallo di Francesco Hayez ma è esprimere il proprio mondo interiore, quel subconscio che la psicanalisi stava iniziando a scandagliare e a decifrare, prima con Freud, poi con Adler e tanti altri.

Una delle sue opere più importanti e significative fu realizzata negli Stati Uniti, è un Murales in vetro " Personnage Oiseaux ", fatto per il Museo d'Arte dell'Università Wichita State in Kansas: è composto da un milione di pezzi di marmo e vetro veneziano montati su un legno particolare e l'opera fu annessa al muro di cemento del Museo.

Mirò iniziò l'opera a 79 anni e fu impegnato da essa fino ad 85 anni, ormai malato di cuore e affetto da vari malanni. Morì il giorno di Natale e fu sepolto nella sua Barcellona.

Mirò fu l'artista come non pochi che attinse al suo universo fantastico di segni e simboli, dando vita ad un mondo magico popolato da strani e frizzanti personaggi, animali e creature originali e poliedriche.

Joan Mirò: un'artista fantastico, una monografia da comprare e da non perdere.... non ve ne pentirete!

Carissimi amici,  per oggi ho terminato e vi invito a leggere la prossima vita d'artista... chi sarà?

Presto vi svelerò l'arcano..... Un abbraccio dalla vostra RaffArt.

 
 
 
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