Creato da RenatoDAndria il 18/04/2011
Situazione attuale nel mediterraneo tra guerre e lotte interne. Promuoviamo l'lunità e la pace tra i popoli.

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PAESI BRICS: SU LA TESTA!

Post n°38 pubblicato il 02 Novembre 2011 da RenatoDAndria
 

PAESI BRICS: SU LA TESTA!

I Paesi emergenti Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica, dopo le clamorose dimissioni di Strauss Kahn, oggi colgono l’occasione per avanzare la propria candidatura alla guida del Fondo Monetario Internazionale. Ed hanno ragione a scalpitare. Quella che subiscono è una politica non europea, ma americana, dove l’Europa funge solo da killer degli Usa ai danni dell’Africa. Vedi da ultimo l’attacco francese alla Libia, che nasconde interessi tutt’altro che democratici.



I Brics hanno invece ampie possibilità di governare l’economia mondiale in maniera più equa ed equilibrata. In questo contesto un ruolo guida potrebbe assumerlo la Russia, in partnership con quelle democrazie forti dell’Europa che non siano completamente asservite al sistema americano e al suo strapotere.

Fra l’altro, questo scenario aperto dalle economie emergenti del Paesi Brics potrà favorire la nascita di nuove realtà politiche, come gli Stati Uniti del Mediterraneo, il cui cardine e motore di sviluppo dovrà essere l’Italia, come andiamo dicendo da tempo.

 

(articolo preso da www.labarbarie.it di Renato d'Andria)

 
 
 

BEPPE GRILLO E LA GUERRA DEI DUE MONDI

Post n°37 pubblicato il 02 Novembre 2011 da RenatoDAndria
 

BEPPE GRILLO E LA GUERRA DEI DUE MONDI
Sempre efficace, in questi giorni Beppe Grillo descrive sul suo blog la realtà impressionante dell'informazione nel nostro Paese.

«In Italia - si legge - esistono due mondi. Due universi paralleli. Nel primo vivono le persone informate dalla televisione e dai giornali. Nel secondo coloro che si informano su Internet. I primi hanno certezze, i secondi dei dubbi, per questo verificano sempre più fonti. Gli abitanti dei due mondi convivono nella stessa realtà fisica, ma la percepiscono in modo diverso. Il mondo dei media tradizionali è in guerra aperta con il secondo. Al posto dei missili usa i silenzi, le omissioni, le falsità, i finanziamenti pubblici, le leggi, i soldi delle lobby. E' forte il primo mondo, sembra indistruttibile. E' un mondo trasversale, dalla Rai a Mediaset, dal gruppo l'Espresso a RCS e ha lo stesso obiettivo. Proteggere il Sistema, mantenere lo status quo, impedire che gli abitanti del primo mondo si trasferiscano nel secondo. I soldati del primo mondo, ma la parola giusta per loro è mercenari, fanno qualche incursione nel secondo, ma sono spernacchiati da centinaia di commenti e email e devono ritirarsi. Qualcuno non si riprende più da questa esperienza. I due mondi, anche se in apparenza impermeabili l'uno all'altro, non comunicanti, vedono sempre più abitanti del primo spostarsi nel secondo. Come granelli di sabbia di una clessidra. Lentamente, ma senza sosta. I tripodi del primo mondo reagiscono con insofferenza e in modo scomposto. Le loro menzogne sono più frequenti, irose, becere, ma anche più inverosimili. Tra il primo e il secondo mondo la distanza è sempre maggiore. I tripodi finiranno nel crepaccio che hanno costruito. Non si può, infatti, andare per molto contro la realtà. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). noi neppure».

Una ricostruzione ampiamente condivisibile. Io sono fra coloro che ammirano Beppe Grillo, al di là di tutte le polemiche sulle sue presunte ricchezze. Lo ammiro per il suo spirito combattivo e d’iniziativa. Arriva ad una gran massa di persone e le informa in maniera corretta, senza censure.
Possono criticarlo o cercare di demolire la sua straordinaria popolarità, ma il Grillo parlante dice cose giuste e dà molto fastidio alla gente che non sopporta la verità.


(articolo preso da www.labarbarie.it di Renato d'Andria)

 
 
 

IL DIALOGO FRA CATTOLICI ED EBREI - Un momento importante a Napoli

Post n°36 pubblicato il 02 Novembre 2011 da RenatoDAndria
 

 

Scritto da Redazione   
Martedì 11 Ottobre 2011 07:05

BlaboutNel segno del dialogo vero fra le religioni e nel comune intento di offrire una concreta speranza a chi lotta per sanare le piaghe sociali e le ingiustizie.

Si possono sintetizzare così i valori alla base dell'incontro fra il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe ed il rabbino capo rav Shalom Bahbout.

Animato da intese cordiali circa i propositi di dialogo e proficua collaborazione, l'incontro si è tenuto presso la Curiua di Napoli lo scorso 9 ottobre.

Uno sguardo comune sulla sofferta umanità partenopea, che proprio nelle ultime settimane ha visto l'escalation delle nuove faide di camorra: ecco il senso profondo di questo avvio di dialogo,

che si annuncia con rinnovato slancio dopo l'incontro fra i due massimi esponenti della Chiesa cattolica e della religione ebrea.

Ad aprire la strada per la comunione d'intenti fra queste due anime della religiosità di tutti i tempi fu - come è stato ricordato - Giovanni Paolo II, che incontrò a Roma

il rabbino Toaff e visitò la Sinagoga d'Israele ma, soprattutto, s'inginocchiò dinanzi al mondo e chiese perdono per le colpe commesse dalla Chiesa, promulgando la ""Dichiarazione Nostra Aetate".

Sulla scia di questo dialogo rinnovato, lo stesso rav Shalom Bahbout aveva partecipato, nei mesi scorsi, alla simbolica riapertura di Port'Alba, vicino Piazza Dante, voluta dall'arcivescovo Sepe

e che aveva visto la commossa presenza di rappresentanti di ben nove confessioni religiose del mondo.

 

Ma c'è stato un altro momento importante nella recente visita del rabbino Bahbout al cardinale Sepe. Al centro dei colloqui, infatti, anche la richiesta di restutuire alla fervida comunità ebraica locale un'antica Sinagoga.

L'edificio era stato trasformato dapprima nella Chiesa di Santa Caterina Spina Corona e poi, da lunghi anni, in un deposito abbandonato. A sollecitare la richiesta - peraltro già da tempo inoltrata alla Curia di Napoli - è stato lo studioso Mosé Ciro D'Avino.

A conclusione dell'incontro in Curia è stato sottoscritto un documento congiunto denominato "Napoli, città dell'accoglienza e del dialogo". Il rabbino ha tenuto a ricordare come  «a Napoli e nel Meridione d'Italia sia vissuta per secoli una comunità ebraica florida,

intenta a partecipare in perfetta sintonia alla vita del Paese. Il grave momento di rottura fu rappresentato dalla espulsione degli ebrei dal Regno delle Due Sicilie del 1492 ad opera di Isabella la cattolica».

Si è dovuta attendere la Dichiarazione di Papa Woytila perché quel dialogo, da allora, riprendesse a tessere le sue buone azioni per l'umanità.

Rosita Praga

 

(articolo preso da www.fondazionegaetanosalvemini.org )

 
 
 

La Fondazione Salvemini sostiene Save the Children

Post n°35 pubblicato il 02 Novembre 2011 da RenatoDAndria
 

 

Scritto da Redazione   
Martedì 18 Ottobre 2011 16:59

In seguito alla generosa segnalazione di Mario Sechi, direttore del Tempo, la Fondazione Gaetano Salvemini ha intrapreso un'opera di concreto sostegno in favore dell'associazione internazionale Save the Children.

Il presidente della Fondazione Salvemini, Renato d'Andria, annuncia che intende promuovere un ponte di solidarietà, particolarmente intenso nelle settimane attuali, che vedono impegnata Save the Children Italia nella Campagna raccolta di fondi che durerà fino al 6 novembre. Rilanciamo qui l'appello e i contenuti della Campagna.

 

Mortalità infantile: Save the Children, 350 milioni di bambini al mondo non vengono visitati da un operatore sanitario in tutta la loro vita. Ciad e Somalia i paesi in fondo alla classifica per numero e impatto dell’operato degli health workers

Al mondo 350 milioni di bambini non verranno mai visitati da un operatore sanitario(1), sia esso un dottore, un infermiere o un semplice operatore di comunità, nel corso di tutta la loro vita (2). Eppure la presenza e l’intervento di un operatore sanitario può fare la differenza fra la vita e la morte di un bambino: si stima infatti che dove ce ne sono troppo pochi, un bambino rischia cinque volte di più di perdere la vita prima di aver compiuto 5 anni. 

Gli operatori sanitari sono una risorsa cruciale nella battaglia contro la mortalità infantile. Cruciale ma al momento insufficiente(3): ci sarebbe bisogno infatti di 3.500.000 operatori sanitari in più, incluse 350.000 ostetriche. Ciad e Somalia i paesi maglia nera per numero di operatori sanitari e per il loro impatto nell’assistenza ai bambini, alla nascita e negli anni successivi. Un quarto del peso delle malattie mondiali grava sull’Africa, ma sul continente lavora solo il 3% dei dottori, delle infermiere e delle ostetriche del mondo. 

A sostenerlo è Save the Children nel rapporto "ACCESSO VIETATO - Perché la grave carenza degli operatori sanitari ostacola il diritto alla salute dei bambini", in occasione del rilancio - dal 4 ottobre in Italia - della Campagna Every One, per dire basta alla mortalità infantile. Cioè all’assurda morte, ogni anno nel mondo, di quasi otto milioni di bambini sotto i 5 anni, 1 ogni 4 secondi - di cui oltre il 70% avviene nel primo anno di vita e il 40% nel primo mese - che perdono la vita per cause banali: la maggior parte di queste morti è dovuta infatti a poche, prevenibili e curabili malattie. In particolare, complicazioni pre e post parto (21%), polmonite (18%), malaria (16%), diarrea (15%)(4).

(articolo preso da www.fondazionegaetanosalvemini.org )
 
 
 

L'ITALIA NELLA GABBIA DELL'EURO SE N'E' ACCORTO ANCHE BERLUSCONI

Post n°34 pubblicato il 02 Novembre 2011 da RenatoDAndria
 

Scritto da Renato d'Andria   
Sabato 29 Ottobre 2011 09:23

«L'attenzione sull'Italia deriva da un attacco all'euro, che non ha convinto nessuno perché non è di un solo Paese ma di più Paesi, ed è una moneta un po' strana, perché non c'è una banca di riferimento e non ha un governo unitario dell'economia. E' un fenomeno mai visto». E se «i titoli di Stato italiani pagano un conto salato sui mercati internazionali è anche colpa della moneta unica». Non ha usato mezzi termini il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di fronte a chi gli ricordava, poche ore fa, che gli interessi sui Btp sono schizzati oltre quota 6%. Salvo poi correggere il tiro: «Si cerca come al solito - ha detto - di alzare pretestuose polemiche su una mia frase interpretata in maniera maliziosa e distorta. L'euro è la nostra moneta, la nostra bandiera. E' proprio per difendere l'euro dall'attacco speculativo che l'Italia sta facendo pesanti sacrifici».

Oggi ci si straccia le vesti intorno alla pesante penalizzazione derivata alla economia italiana da sua maestà l'euro, introdotto con regole destinate già in partenza a danneggiare il nostro Paese. Ricordo che fin da aprile scorso, con la crisi libica alle porte e il ruolo egemmone che Francia e Germania si accingevano ad assumere, in maniera violenta, su uno Stato indipendente, avevo prospettato con forza la necessità che l'Italia avviasse un percorso per uscire dall’Unione Europea e diventare il perno degli Stati Uniti del Mediterraneo. «Con un contemporaneo abbandono anche dell’euro - scrivevo il 12 aprile sul sito www.labarbarie.it - la moneta che ha messo in ginocchio la nostra economia, ormai da oltre dieci anni, attraverso le sciagurate politiche dei cambi originari, finalizzati a favorire economie già più forti della nostra».
Aggiungo che il momento, per effettuare questa epocale transizione verso nuove alleanze statuali, è ancora oggi da cogliere, con le sollevazioni popolari lungo la costa nordafricana ed intere generazioni proiettate verso il Mare Nostrum alla ricerca di un riscatto da condizioni di vita non più tollerabili.
E' l'Europa a dover stare in guardia: o viene riconosciuto all’Italia il suo ruolo di centro strategico per gli scambi nel Mediterraneo, o noi possiamo chiamarci fuori dall’Unione senza subirne alcun danno. Al contrario: le opportunità non si farebbero attendere.

Promuovendo una Comunità economica del Mediterraneo, l’Italia potrebbe operare da leader dentro un ampio mercato dei consumi in cui esportare tecnologie, progresso, valori sociali, un’area che richiede con forza progresso e sviluppo, e possiede tutti i requisiti potenziali per diventare una nuova eccellenza mondiale, al pari di ciò che sta accadendo ad India e Brasile. Per rendersene conto basta allungare lo sguardo su terre come Tunisia, Libia, Marocco, ricchissime di energia e di risorse naturali tutte da sviluppare, dall’agricoltura alla pesca, che attendono solo la modernizzazione delle tecnologie prodotte da Paesi confinanti come il nostro.
«La tradizionale povertà economica e sociale del Maghreb - lo ribadisco oggi, dopo l'eccidio di Muammar Gheddafi, con una Libia allo sbaraglio e le potenze occidentali pronte a conquistarla - può e deve diventare un’immensa risorsa per tutti i popoli abitanti lungo le sponde del Mediterraneo. Ma per arrivare in breve tempo alla nuova configurazione di Stati, con il ruolo guida che spetta all’Italia, occorre rompere gli indugi e cogliere la congiuntura storica in atto, sottraendo alle potenze nordeuropee la tracotante leadership assunta nel decidere con la violenza i destini di un Paese che con l’Italia è confinante e tradizionalmente alleato».
L'Unione di Stati del Mediterraneo - alla quale da tempo lavboriamo sul piano culturale, anche attraverso la rivista multilingue "Genesi" (www.genesijournal.org) potrà rivestire in se stessa un ruolo pacificatore e sanare gli storici contrasti fra i due popoli. Per fare un solo esempio, smorzerebbe un detonatore di cui poco si parla, ma che rappresenta una fra le principali micce accese: lo squilibrio nel tasso di natalità, particolarmente elevato fra i palestinesi, al contrario di ciò che si registra tra i figli d’Israele. Se i due Paesi facessero parte di una confederazione di Stati con fini condivisi, o nel momento in cui operassero in un contesto analogo a quello degli Stati Uniti d’America, anche tali forme di rivalità non avrebbero più senso, o in ogni caso perderebbero il loro potenziale di deflagrazione.
Per l’Italia è insomma arrivato il momento di porre le basi concrete per un’alternativa vera rispetto alla permanenza dentro la gabbia di una Unione Europea che agisce nei nostri confronti con atteggiamenti intollerabili, usurpando il ruolo strategico e geografico che spetta da sempre al nostro Paese. Finalmente se ne è accorto anche Silvio Berlusconi.
Renato d’Andria

 
 
 
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