ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi del 03/05/2012

UN TRALCIO DI NOME MARIA

Post n°7093 pubblicato il 03 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

“Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri secondo il precetto che ci ha dato. Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato” (1Gv 3,18-24).

“In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso, se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli” (Gv 15,1-8).

Il messaggio fondamentale di questa V Domenica di Pasqua lo possiamo riconoscere e contemplare nella persona della Beata Vergine Maria.

In Lei si realizzano pienamente sia le parole di Giovanni:“Chi osserva i suoi comandamenti rimane in Dio e Dio in lui. In questo conosciamo che egli rimane in noi: dallo Spirito che ci ha dato” (1Gv 3,24), sia quelle di Gesù: “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5).

Sappiamo che l’espressione biblica “rimanere-dimorare in”, indica una relazione viva e profonda di comunione di fede e amore con Dio, un’intimità spirituale che consente ed alimenta il dialogo con Lui e l’ascolto obbediente della sua Parola.

Il modello perfetto di tale profonda e feconda amicizia, rivelato nel Vangelo dell’Annunciazione, è la Vergine Maria (Lc 1,26-38).

Ecco, al riguardo, l’insegnamento del beato Giovanni Paolo II:

“L’evento di Nazaret è una perfetta immagine – possiamo dire il “modello” – della relazione Dio-uomo. Dio vuole che questa relazione si fondi in ogni uomo sul dono dello Spirito Santo, ma anche su una personale maturità. Alla soglia della Nuova Alleanza, lo Spirito Santo fa a Maria un dono di immensa grandezza spirituale e ottiene da Lei un atto di adesione e ubbidienza nell’amore, che è esemplare per tutti quelli che sono chiamati alla fede e alla sequela di Cristo, ora che “il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi”. Dopo la missione terrena di Gesù e la Pentecoste, in tutta la Chiesa del futuro si ripeterà per ogni uomo la chiamata, il “dono di Sé” da parte di Dio, l’azione dello Spirito Santo, che prolungano l’evento di Nazaret, il mistero dell’Incarnazione. E sempre bisognerà che la risposta dell’uomo alla vocazione e al dono di Dio si attui con quella maturità personale, che s’illumina al “fiat” della Vergine durante l’Annunciazione.” (Udienza generale, 18 aprile 1990).

Questo testo stupendo si presta assai bene a commentare le Letture di oggi, le quali, mentre illuminano il mistero della libertà e della dignità di ogni uomo, possono essere anzitutto riferite alla Madre di Dio.

“Rimanete in me e io in voi” (Gv 15,4): il principio fondamentale della vita cristiana è l’immanenza reciproca tra il Signore e il credente.

Se il battezzato non tradisce l’intima amicizia con Gesù e si preoccupa di alimentarla giorno per giorno mediante la Parola e la preghiera(“Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto” – Gv 15,7), allora il fatto di essere dimora dello Spirito Santo viene realmente sperimentato quale fonte di fede, di amore, di gioia e di forza, di luce e certezza nel discernimento e nel giudizio della coscienza.

La drastica affermazione di Gesù “senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5), può sembrare mortificante per la libertà umana, ma in realtà la realizza e la esalta, poiché esprime quella “dignità della causalità” che Giovanni Paolo II (commentando Lc 1,26-38) riferisce esemplarmente a Maria e al suo “fiat”:

“E’ una risposta data dalla grazia e nella grazia, che viene dallo Spirito Santo. Ma non per questo cessa di essere l’autentica espressione della sua libertà di creatura umana, un consapevole atto di libera volontà. L’interiore azione dello Spirito Santo mira a far sì che la risposta di Maria – e di ogni essere umano chiamato da Dio – sia proprio quella che deve essere, ed esprima nel modo più completo possibile la maturità personale di una coscienza illuminata e pia che sa donarsi senza riserva. Questa è la maturità dell’amore. Lo Spirito Santo, donandosi alla volontà umana come Amore (increato), fa sì che nel soggetto nasca e si sviluppi l’amore creato, che, come espressione della volontà umana, costituisce nello stesso tempo la pienezza spirituale della persona” (G. P. II, id.).

Traduco questo profondo insegnamento con un esempio che riguarda la fisiologia comune del corpo umano.

Sappiamo che la vera libertà personale di ognuno si trova nella volontà di fare ciò che egli riconosce come Bene comune, vale a dire la volontà di Dio. Tale libertà, però, rimarrebbe inattiva e ‘prigioniera’ senza le nostre risorse mentali (memoria, lucidità, ragionamento, linguaggio, sintesi, ecc.), le quali poi dipendono dalla sana fisiologia del cervello. In effetti, ad esempio, se solo il livello della glicemia scende al di sotto di una certa soglia, è compromessa la possibilità di parlare, di ragionare e di agire.

Ecco, similmente opera la Grazia nella persona umana. Essa perfeziona la natura consentendole l’esercizio dei doni inscritti in essa dal Creatore, tra cui quello fondamentale della libertà e della volontà. La Grazia divina è Amore che attira al Bene senza costringere, e, mentre attira, lascia libero il cuore di aderire o meno a tale movimento.

La vite dice al tralcio (Gesù dice ad ognuno di noi): “tu sei parte di Me e non puoi essere ciò che sei senza di Me. Rimani dunque in Me, e Mi darai la possibilità di rimanere in te, e potrai portare molto frutto in Me, e così sarai ciò che sei, con Me e grazie a Me”.

Maria è il tralcio perfetto che ha detto sempre Sì alla Parola e alla volontà di Dio, una risposta data ogni volta “dalla Grazia e nella Grazia”, cioè per mezzo di quello Spirito che l’ha coperta con la sua ombra e che è stato dato anche a noi (Rm 5,5), perché rimanessimo liberi davvero: “dove c’è lo Spirito del Signore, c’è libertà” (2 Cor 3,17).

Di Padre Angelo del Favero (cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E' diventato carmelitano nel 1987. E' stato ordinato sacerdote nel 1991 .Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.) - ZENIT
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SAN GIUSEPPE "IL TESORO NASCOSTO"

Post n°7092 pubblicato il 03 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Spunti di meditazione e preghiere in onore di S. Giuseppe

“Il Regno dei Cieli è simile a un tesoro nascosto”, insegna Gesù nel Vangelo di San Matteo (13,44), e continua spiegando che chi lo scopre, “per la gioia che ne ha, va, vende tutto ciò che ha e compra quel campo”.
Quindi una scoperta, un ritrovamento inaspettato, e una scoperta che suscita gioia. Tanta gioia che, per poterla conservare, lo scopritore subito vende tutto quanto possiede per poter acquistare quel tesoro. Ma, nel successivo versetto 52 del capitolo evangelico citato, il Signore spiega ulteriormente che “ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. Quindi quel tesoro offre non solo cose conosciute o “antiche”, ma anche cose “nuove”, è uno scrigno dal quale perennemente si possono (si devono) estrarre cose preziose evidenti, ed anche cose preziose sconosciute, che man mano emergono.
Entrambe queste parabole sono applicabili a San Giuseppe, ed anzi la loro combinazione si addice perfettamente e in modo del tutto singolare al sommo Patriarca. Infatti la devozione al Custode del Redentore è considerata e sviluppata nei secoli dalla Chiesa, che non solo gli attribuisce il culto più alto dovuto a una creatura dopo quello dovuto alla Madre di Dio, ma gli ha anche conferito, “unico tra i Santi”, ben quattro patrocini: dei morenti, delle famiglie, dei lavoratori, della Chiesa Universale.

Sono centinaia le opere e le Congregazioni che hanno San Giuseppe come Patrono o Compatrono, e anche nell’antichità la tradizione monastica si rifaceva a lui come modello di silenzio e di umiltà.
Ma l’insegnamento dei Dottori della Chiesa, dei Sommi Pontefici, e il “sensus fidei” dei fedeli, continuano a scoprire ed a riscoprire antiche e nuove grandezze in questo tesoro celato dalla propria umiltà.
Santa Teresa d’Avila lo presenta come maestro di preghiera e patrono e protettore in tutte le circostanze della vita. Altri santi e pontefici ne hanno parlato in termini spirituali commoventi.
Papa Giovanni XXIII, nel Discorso di chiusura del primo periodo del Concilio Ecumenico Vaticano II, l’8 dicembre 1962, disse: “… Giuseppe, patrono del Concilio Ecumenico, il cui nome da oggi splende nel Canone della Messa, ci accompagni nel viaggio, come ha accompagnato la Sacra Famiglia col suo sostegno, voluto da Dio”.
Papa Paolo VI, nel Discorso di apertura del secondo periodo del Concilio, il 29 settembre 1963 riaffermò detto patrocinio di San Giuseppe.
Papa Giovanni Paolo II proclama “una rinnovata attualità” (di San Giuseppe) per la Chiesa del nostro tempo, in relazione al nuovo millennio cristiano; ed esorta a rivolgersi a Lui come a un “padre amantissimo”, che, superando i singoli stati di vita, si propone all’intera umanità come modello, esempio, protettore (cf. R.C. nn.31-32).

E’ tempo di riscoprire questo Santo, tanto insigne e potente quanto umile, che nei secoli sembra essersi sempre più nascosto nel “tesoro” evangelico, per fare posto ad altri “tesori” antichi e nuovi, anche se non altrettanto preziosi. Ma è lui ad un tempo nuovo e antico, in quanto da sempre conosciuto e venerato, sebbene la sua devozione sia andata affievolendosi, fino quasi a essere dimenticata negli ultimi decenni.
Ora deve tornare a brillare di molta luce, il cui splendore perfetto è stato appannato dall’oblio. Sta a noi, richiamarlo all’evidenza e onorarlo, per ottenergli impareggiabili patrocini e grazie. Per il bene della Chiesa, per il bene nostro.
Se il terzo millennio è auspicato in particolare come il millennio della Terza Persona della Trinità Celeste, lo Spirito Santo, può essere di aiuto l’invocare maggiormente anche la terza persona della “trinità terrena” costituita dalla Sacra Famiglia: San Giuseppe. E lo Spirito Santo che ci sta conducendo “alla verità tutta intera” (Gv 16,13), anche per quanto concerne il nostro Giuseppe, non mancherà di indicarcene ancor più l’esemplarità evangelica tutta speciale.


 IL MOVIMENTO DI PREGHIERA GIOSEFINO © Movimento Giosefino - 2005 - [Innamorati di Maria]

 
 
 

MARCIA PER LA VITA: IL PATROCINIO DI ROMA CAPITALE E LA PARTECIPAZIONE DI MEDICI E FARMACISTI CATTOLICI

Post n°7091 pubblicato il 03 Maggio 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Continua a crescere giorno dopo giorno il numero delle adesioni alla seconda Marcia Nazionale della Vita del 13 maggio prossimo a Roma. Tra le ultime novità, in campo ecclesiale va segnalato il messaggio di approvazione e incoraggiamento per l’iniziativa dell’arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola. Degne di nota sono anche le adesioni di gruppi come l’Unitalsi, l’Associazione Medici Cattolici Italiani e l’Unione Cattolica Farmacisti Italiani. L’Unitalsi porterà a Roma i propri malati, testimoniando così, contro ogni tentativo di introdurre nel nostro sistema giuridico l’eutanasia, che la vita va difesa sempre, anche nei momenti più difficili, quando il dolore prostra fisicamente la persona.

Molti medici e farmacisti cattolici, invece, sfileranno dal Colosseo a Castel Sant’Angelo in camice bianco, mettendo in risalto che la medicina è fatta per guarire e non per uccidere. Di fronte alla diffusione di pillole abortive di ogni genere, la presenza del mondo della sanità contribuirà a ribadire che la vita è un bene indisponibile e che ogni medico, osservando il sempre valido giuramento di Ippocrate, ha il dovere di salvare la vita umana e non di procurare la morte, né tantomeno di somministrare sostanze chimiche che possano provocare l’aborto.

Sul versante istituzionale, il Comitato organizzatore della Marcia per la Vita ha ottenuto per l’evento il patrocinio di Roma Capitale. Lo stesso sindaco di Roma, Gianni Alemanno, ha assicurato la sua partecipazione. Significativa è stata inoltre l’adesione dei deputati e senatori aderenti all’“Associazione Intergruppo parlamentare per il valore della vita”, promossa dal senatore Stefano De Lillo.

La Marcia si preannuncia quindi una manifestazione della massima importanza, che probabilmente sarà decisiva per il mondo pro-life italiano e segnerà il punto di non ritorno dopo decenni fatti di compromessi e di timori. Anche l’Italia avrà la sua grande mobilitazione di piazza contro la legislazione abortista, segno di un popolo che non si arrende e non si rassegna all’iniqua legge 194 e che vuole testimoniare di fronte a Dio e alla storia che quella norma non lo rappresenta, essendo frutto di una distorta concezione della democrazia.

Di una democrazia che, avendo perso ogni riferimento a qualsiasi valore e alla legge naturale, è diventata «un totalitarismo aperto o subdolo», come ebbe a dire il beato papa Giovanni Paolo II. Proprio per opporsi a quella che l’allora cardinale Ratzinger definì «dittatura del relativismo» e per riaffermare la centralità di quei valori che papa Benedetto XVI chiama «non negoziabili» ‒ tra i quali la difesa della vita dal concepimento alla morte naturale ‒ la Marcia del 13 maggio, pur essendo di iniziativa laica, trarrà forza dalla preghiera.

Tra le celebrazioni religiose legate all’evento, va segnalata l’adorazione eucaristica in riparazione del crimine dell’aborto, che si svolgerà dalle 21 alle 22,30 del 12 maggio presso la Basilica di Santa Maria Maggiore e verrà presieduta dal cardinale Raymond Leo Burke, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.

Domenica 13 maggio, invece, al termine della Marcia, nella Basilica di San Pietro il cardinale Angelo Comastri, Vicario del Papa per la Città del Vaticano, celebrerà una Santa Messa per i partecipanti che desidereranno prendervi parte. Inoltre, nello stesso giorno, padre Alessandro Apollonio, dei Francescani dell’Immacolata, celebrerà una Messa in rito antico nella Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, alle ore 7,45, mentre padre Serafino Lanzetta, del medesimo ordine religioso, celebrerà, sempre more antiquo, nella chiesa di Santa Maria Annunziata in Borgo, verso le ore 12,30. (Federico Catani)

  (di Federico Catani) -  [Innamorati di Maria]

 
 
 

DI DOMENICA NON LO FACCIO

Post n°7090 pubblicato il 03 Maggio 2012 da diglilaverita
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In Emilia Romagna è in atto uno «sciopero della spesa di domenica». A colpi di borse della spesa

Il «no» al consumismo domenicale lo pronunciano e diffondono l’Azione cattolica (Ac) di Reggio Emilia-Guastalla e di Faenza-Modigliana, con l’iniziativa «Di Domenica non faccio la spesa», avviata «per dare un segno tangibile di contrasto all’apertura dei centri commerciali nel giorno per eccellenza», spiega il presidente di Ac Reggio Emilia-Guastalla Alberto Saccani, «e per esercitare un sano dissenso nei confronti di un recente provvedimento governativo (quello sulla liberalizzazione degli orari di apertura di negozi e ipermercati, nda) che suscita non poche perplessità».

Per invitare a vivere la domenica in modo cristiano, con la partecipazione alla s. Messa, la cura delle relazioni familiari e amicali, il riposo, la lettura, il sano ozio, le due Ac hanno «realizzato delle borse “shopper” (ovvero: della spesa) con il logo-scritta “Di domenica non faccio la spesa”», puntando così a «testimoniare e sensibilizzare anche le altre persone che incontriamo durante le nostre compere sul fatto che non è necessario né probabilmente efficace commercializzare anche la domenica per far ripartire l’economia».

E non è tutto. All’interno di ciascuna borsa è stato anche inserito un foglietto con il seguente messaggio: «La Domenica… questa borsina resta a casa. Siamo cristiani e per noi la Domenica non è solo il giorno nel quale si dorme un po’ di più, un tempo vuoto da riempire. Per noi la Domenica è prima di tutto il Giorno del Signore, un giorno in cui celebriamo l’amore assoluto di un Dio che ha dato la vita per noi, un giorno che vogliamo vivere insieme, come comunità».

Ecco che, prosegue il messaggio, «per questo abbiamo pensato ad un piccolo gesto: uno “sciopero” della spesa domenicale. Non vuole essere un gesto-spot, ma una proposta di uno stile di vita che considera la Domenica un valore da vivere ogni settimana. Perché spesso è proprio quando si ha tutto, che si perde di vista l’essenziale. E pensiamo che questo sia un rischio nella nostra ricca e sazia società: l’opportunità di poter fare spese ad ogni ora di ogni giorno può farci perdere il senso di un giorno di vera festa per tutti».

Con questa iniziativa si vuole dunque «dedicare interamente la Domenica a fare festa, a fare comunità, a stare in famiglia e a quell’“ozio creativo” che ha generato tante utili idee per la società, cercando di non farci coinvolgere nella corsa sfrenata a consumare sempre e sempre di più. Non ce l’abbiamo con chi – precisa il testo - per dovere o per necessità, la Domenica è costretto a lavorare (anzi ringraziamo chi assicura servizi essenziali alla comunità e quindi anche a noi). Ma non vogliamo che altri, per le nostre spese, siano costretti a passare una domenica lontana dai propri cari e da quello che consideriamo un valore. Insomma – conclude - È domenica: lasciateci far festa!».

di Domenico Agasso Jr. - Tratto da Vatican Insider

 
 
 

LA NEGAZIONE DELL'EVIDENZA E' UN PECCATO CONTRO LO SPIRITO SANTO

Post n°7089 pubblicato il 03 Maggio 2012 da diglilaverita
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Il Catechismo di S.Pio X pone tra i “peccati contro lo Spirito Santo” l’“impugnazione della verità conosciuta”. Perché “peccato contro lo Spirito Santo”? Perché è lo “Spirito della Verità”. Perché peccato? Perché il peccato comporta la cattiva volontà ovvero il volere (=“deliberato consenso”) un falso bene sapendo che è un falso bene, la cosiddetta “avvertenza”. Ora la nostra mente, fatta per la verità, ha il dovere di riconoscerla e di amarla, per cui se la verità è evidente e la mente le si oppone, l’uomo commette un peccato.

Negare o impugnare volontariamente e coscientemente la verità in quanto bene dell’uomo, vuol dire dunque non fare il vero bene, il che è come dire peccare, giacchè l’atto contrario al peccato, ossia la giustizia, è il volere e desiderare il vero bene dell’uomo, ossia la verità.

Il peccato contro la verità è il principio di tutti i peccati, giacchè l’atto buono si basa sulla retta conoscenza del bene. Da una falsa conoscenza del bene non può che sorgere un atto cattivo, ossia il peccato. Conoscere la verità e negarla: ecco il peccato contro la verità, ecco il peccato contro lo Spirito Santo. Sapere qual è la verità e rifiutarla volontariamente, sapendo di essere nell’errore: ecco quella che in morale si chiama “piena avvertenza”, come elemento costitutivo del peccato volontario, ossia del peccato in senso pieno, quello che altrimenti vien detto “colpa”, materia propria, secondo la morale cattolica, del sacramento della penitenza.

Per questo noi non dobbiamo confessarci di un qualunque atto cattivo, se questo è stato involontario o se non sapevamo che era peccato, ma solo delle colpe: ossia di quegli atti che oltre ad essere in sé cattivi, sapevamo che erano cattivi e li abbiamo compiuti ugualmente con atto volontario, il quale con ciò stesso diventa peccato in senso pieno ovvero colpa. Solo delle colpe ci si deve confessare.

E’ curioso come spesso i penitenti, abituati male da certi confessori negligenti, non tengono conto di questa distinzione tra il male volontario e il male involontario. Quando confesso, ho modo di accorgermi di questa grave confusione, che può rendere invalida la confessione, quando il penitente mi dice di non essere andato alla Messa domenicale. Chiedo: per quale motivo? Capita che il motivo sia stato o perché il soggetto era malato o perché non ha trovato una chiesa o perché era occupato in un lavoro al quale non ha potuto sottrarsi o perchè era in viaggio o in un paese straniero: tutti motivi che rendono involontario l’atto e quindi non colpevole e quindi estraneo alla materia della confessione. Sarebbe come se io mi accusassi del fatto che, camminando per strada, mi è caduto sulla testa dello sterco di un uccello di passaggio: certo un fatto spiacevole, ma io non ne ho alcuna colpa.

Il buonismo oggi largamente diffuso porta a rendere inconcepibile l’esistenza della cattiva intenzione o della mala fede o della cattiva volontà, quindi praticamente si nega l’esistenza del peccato. Tutti si ritengono buoni e se fanno il male, lo fanno “senza volere” o “senza saperlo”. Caso mai il male lo subiscono dagli altri e di questo si mettono a parlare in confessionale.

Non si riesce a pensare che noi possiamo fare il male volontariamente o liberamente. Certo nessuno vuole il male per il male, giacchè ontologicamente la volontà deve avere un oggetto e se non appetisse qualche bene, sarebbe senza oggetto, cioè non potrebbe esercitarsi. Ora il male appartiene alla categoria del non-essere e precisamente della privazione, il male è assenza del bene dovuto (privatio boni debiti), per cui in questo senso, ossia da un punto di vista ontologico, è impossibile “volere il male”. Eppure si deve dire, da un punto di vista morale, che è possibile volere il male, altrimenti il peccato non esisterebbe, per cui Cristo, venuto per ottenerci la remissione dei peccati, sarebbe venuto per nulla. Il male, da un punto di vista morale, è allora come ho detto un bene che si trova al di fuori dell’ordine morale. E’ un atto in sé cattivo, ma che noi arbitrariamente e senza motivo ragionevole giudichiamo buono.

Tuttavia la malizia umana è quasi sempre causata da debolezza oltre che da cattiva volontà. Una pura malizia della volontà è molto rara, essa si avvicina alla malizia diabolica, ed è più propria dei peccati spirituali (superbia, odio, invidia, ipocrisia, presunzione, falsità, empietà, eresia, orgoglio, ecc.). Spesso gli uomini si abbassano al livello delle bestie, più che innalzarsi per superbia contro Dio alla maniera del demonio.

Si deve dire allora che il male morale, ossia il peccato è la ricerca o l’attuazione di un bene, ma solo di un bene o che si trova fuori della giusta misura – un bene troppo scarso o eccessivo -, oppure un bene solo apparente o illusorio, per esempio fantastico o utopistico, ma in realtà falso, oppure un bene sproporzionato o disordinato rispetto ad altri beni.

Dobbiamo confessare con sincerità che certi peccati ci piacciono. E’ per questo che noi pecchiamo. E’ impossibile far quello che non attira. Se dunque facciamo il male è perché ci piace. E ognuno di noi sin dalla nascita, come conseguenza del peccato originale, si sente attirato chi da un vizio chi da un altro, chi dall’avarizia, chi dall’ira, chi dalla lussuria, chi dall’invidia, chi dalla superbia, e così via.

Abbiamo certamente delle inclinazioni innate buone, sulle quali poi deve costruire tutta l’opera educativa; ma purtroppo abbiamo anche cattive inclinazioni, che possono peggiorare se non vengon corrette e ad esse se ne possono aggiungere anche altre, come per esempio il vizio del fumo, del bere, delle pratiche anticoncezionali o l’imbrogliare negli affari o l’arte dell’ingannare gli altri.

E’ relativamente facile, quando facciamo l’esame di coscienza, sapere se un peccato l’abbiamo fatto volontariamente o involontariamente, sapendo o non sapendo che era peccato. Più difficile è giudicare l’operato degli altri: quello sa che mi dovrebbe salutare: perché non mi saluta? Sa che la Chiesa insegna la divinità di Cristo: perché non la riconosce? Conosce il dovere della mitezza o della giustizia o della gratitudine o dell’obbedienza o del culto divino: perché non lo pratica? Sa che non deve odiare: perché odia? O forse non lo sa?

In certi casi è molto difficile credere alla buona fede o all’ignoranza invincibile, e allora in questo caso la cattiveria è evidente. Chi si oppone volontariamente al bene evidente è evidentemente un malvagio. Non ha scuse e potrebbe o dovrebbe essere punito. Allora però dobbiamo stare attenti a non far degenerare in rabbia o rancore o sete di vendetta quello che può essere un giusto sdegno o dispiacere dettato da un sano senso della giustizia.

Dobbiamo anche esser pronti a perdonare se il peccatore si pente. Sbagliano invece coloro che perdonano il peccatore non pentito. E’ questo un grave equivoco del buonismo che conduce praticamente il perdonatore ad essere connivente col peccato che crede di “perdonare”.

In altri casi invece non è difficile scusare, essere indulgenti o notare colpa leggera o nessuna colpa, perché ci accorgiamo che il soggetto, con tutta la buona volontà, magari o per ignoranza o per precedenti debolezze, non è convinto di far male oppure non riesce a compiere il bene: ciò si verifica soprattutto nei soggetti minori non educati, nei peccati passionali, peccati di sesso, di impulsività, di timidezza, di opportunismo. I peccati di Giamburrasca, di Don Abbondio o di Maria Maddalena.

Restare calmi quando si è aggrediti o insultati, resistere alla tentazione quando l’attrattiva è forte ed allettante, saper aggredire coraggiosamente e tempestivamente il nemico quando questo è temibile, esser pazienti nelle grandi prove, mantenersi umili nei grandi successi, restar lucidi quando ci prende il panico, esser pronti a perdonare quando si riceve una grave offesa, mantenersi nella verità quando si è sotto l’influsso di un sofista o di un impostore, non è facile per nessuno. Se in questi casi si cade, è doveroso scusare, comprendere, essere clementi. Qui emergono solo gli eroi o i santi.

Nei peccati di debolezza la colpa cala, per esempio da “mortale” a”veniale”, ma non sparisce del tutto, almeno finchè l’atto è compiuto in stato di veglia da parte di un soggetto psichicamente normale. E’ evidente che i malati di mente o il dormiente o il distratto o chi perde la testa per debolezza può essere scusato del tutto.

Caso del tutto speciale, anche perché molto raro, è quello dell’indemoniato. Ma qui il soggetto perde la coscienza e quindi, anche se commette peccati oggettivamente gravi, come per esempio di violenza o di empietà, mancando l’avvertenza o la volontà, la colpa non esiste.

Ma quando la verità brilla ed è evidente, quando i fatti sono chiari, quando la dottrina è dimostrata, quando l’oratore è persuasivo, quando il miracolo è strepitoso, quando l’esempio è trascinatore, quando la testimonianza è credibile, quando il confutatore mette alle corde, come si fa a non arrendersi, perché ostinarsi e non cedere, a che pro? Si potrà mai in questi casi essere in buona fede, forse che non ci sarà l’“impugnazione della verità” conosciuta? Forse che non si pecca contro lo Spirito Santo?

Certo una cosa può essere evidente per me e non per te. Pertanto occorre sempre mettersi nei panni degli altri per dare un giudizio appropriato. Ma a volte, ripeto, la verità è così chiara, oggettiva, universale, fondamentale, incontrovertibile ed indiscutibile, che il suddetto sano relativismo non ha più ragion d’essere e se si continuasse da invocarlo, avremmo il relativismo nel senso peggiore della parola, come vero e proprio peccato o di connivenza o di debolezza o di complicità o di contravvenzione al proprio dovere, specie se si è educatori, superiori o guide della Chiesa e della società.

Scusare in questi casi è stoltezza, è connivenza col peccatore, è dar prova di relativismo morale o di debolezza pastorale imperdonabile, è un insopportabile buonismo che dà l’apparenza della misericordia, ma che in realtà è approvazione del male.

In questo settore del giudicare e dell’educare non si finisce mai di imparare, anche perché le persone cambiano, profondo è il mistero della persona, imprevedibili sono le azioni della libertà, ed ogni caso e ogni persona sono un caso a sé. E’ tutto un paziente esercizio di carità, prudenza e giustizia da portare avanti con perseveranza, fiducia e valendosi di buoni criteri di valutazione. E’ molto importante affidarsi alla preghiera e chiedere luce allo Spirito della Verità.

- Padre Giovanni Cavalcoli - libertaepersona.org -

 
 
 
 
 

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Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
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