ASCOLTA TUA MADRE

LE LACRIME DI UNA MADRE NON ASCOLTATA

 

FERMIAMO LA LEGGE CONTRO L'OMOFOBIA

 

TELEFONO VERDE "SOS VITA" 800813000

CHE COSA E' IL TELEFONO "SOS VITA"?
 
È un telefono “salva-vite”, che aspetta soltanto la tua chiamata. E' un telefono verde, come la speranza la telefonata non ti costa nulla,
Vuole salvare le mamme in difficoltà e, con loro, salvare la vita dei figli che ancora esse portano in grembo.
E quasi sempre ci riesce, perché con lui lavorano 250 Centri di aiuto alla vita.
 
Il Movimento per la vita lo ha pensato per te
 
Puoi parlare con questo telefono da qualsiasi luogo d’Italia: componi sempre lo stesso numero: 800813000.
 
Risponde un piccolo gruppo di persone di provata maturità e capacità, fortemente motivate e dotate di una consolidata esperienza di lavoro nei Centri di aiuto alla vita (Cav) e di una approfondita conoscenza delle strutture di sostegno a livello nazionale. La risposta, infatti, non è soltanto telefonica.
 
Questo telefono non ti dà soltanto ascolto, incoraggiamento, amicizia, ma attiva immediatamente un concreto sostegno di pronto intervento attraverso una rete di 250 Centri di aiuto alla vita e di oltre 260 Movimenti per la vita sparsi in tutta Italia.

 
DUE MINUTI PER LA VITA

Due minuti al giorno è il tempo che invitiamo ad offrire per aderire alla grande iniziativa di
preghiera per la vita nascente che si sta diffondendo in Italia dal 7 ottobre 2005 in
occasione della festa e sotto la protezione della Beata Vergine Maria, Regina del Santo Rosario.
Nella preghiera vengono ricordati ed affidati a Dio:
 i milioni di bambini uccisi nel mondo con l’aborto,
 le donne che hanno abortito e quelle che sono ancora in tempo per cambiare idea,
 i padri che hanno favorito o subito un aborto volontario o che attualmente si trovano accanto ad
una donna che sta pensando di abortire,
 i medici che praticano aborti ed il personale sanitario coinvolto, i farmacisti che vendono i
prodotti abortivi e tutti coloro che provocano la diffusione nella società della mentalità abortista,
 tutte le persone che, a qualsiasi livello, si spendono per la difesa della vita fin dal concepimento.
Le preghiere da recitarsi, secondo queste intenzioni, sono:
 Salve Regina,
 Preghiera finale della Lettera Enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II
 Angelo di Dio,
 Eterno riposo.
Il progetto è quello di trovare 150.000 persone, che ogni giorno recitino le preghiere. Il numero corrisponde a quello - leggermente approssimato per eccesso – degli aborti accertati che vengono compiuti ogni giorno nel mondo, senza poter conteggiare quelli clandestini e quelli avvenuti tramite pillola del giorno dopo. Per raggiungere tale obiettivo occorre l’aiuto generoso di tutti coloro che hanno a cuore la difesa della vita.

“Con iniziative straordinarie e nella preghiera abituale,
da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione,
da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente,
si elevi una supplica appassionata a Dio,
Creatore e amante della vita.”
(Giovanni Paolo II, Evangelium Vitae, n. 100)

Ulteriori informazioni su: www.dueminutiperlavita.info
 

PREGHIERA A MARIA PER LA VITA GIOVANNI PAOLO II

O Maria, aurora del mondo nuovo, Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere, di uomini e donne vittime di disumana violenza, di anziani e malati uccisi dall'indifferenza o da una presunta pietà.
Fà che quanti credono nel tuo Figlio sappiano annunciare con franchezza e amore agli uomini del nostro tempo il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà, la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.
Giovanni Paolo II


 

AREA PERSONALE

 

Messaggi di Giugno 2012

PADRI, PADRONI E PADRINI: SARA' BEATIFICATO PADRE PINO PUGLISI

Post n°7266 pubblicato il 29 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Sarà beato il parroco di Palermo martirizzato dai mafiosi. Padre Pino Puglisi è martire perché in lui è compiuta l’immagine della Paternità di Dio, quel Cristo che lo Spirito scolpisce nella pietra informe e indocile di ciascuno di noi.
 
Non è la morte, ma la causa della morte a fare il martire. Padre Pugli­si è stato ucciso il 15 settembre 1993, il giorno del suo compleanno, proprio per­ché i fratelli Graviano, capi mafiosi del quartiere Brancaccio, già complici dei Corleonesi negli attentati a Falcone e Bor­sellino, non tolleravano che Padre Pino facesse il prete: sottraeva consenso ai pa­drini della terra e lo indirizzava al Padre celeste. Palermo è una città in cui le pa­role purtroppo hanno spesso il massimo della loro estensione possibile: si pensi a parole come "famiglia", "onore", "padre".

Ogni parola importante, come ci ha in­segnato Dante, si estende dall’Inferno al Paradiso in un crescendo che va dall’or­rore del ribaltamento della parola stessa, al suo pieno compimento. Basti pensare alla parola 'padre', che nella Commedia troviamo nel dannato più dannato di tut­ti, per questo più in fondo di tutti: Ugoli­no, un padre che muore con i suoi figli, o meglio un padre che dà la morte ai suoi figli. Egli, causa della loro reclusione nel­la torre da parte del vescovo Ruggeri (al­tro padre che ha sovvertito il suo ruolo ed è condannato con Ugolino in un ban­chetto cannibalistico), invocato dai suoi figli che chiedono pane, tace: non ha pa­ne, né parole. I figli, sopraffatti dal dolo­re del padre, arriveranno a chiedergli di cibarsi dei loro corpi, dal momento che è lui ad avere donato la carne di cui sono fatti, quella carne gli ap­partiene. I figli vorrebbe­ro dare la vita al padre, invertendo l’ordine na­turale delle cose. Trage­dia della paternità è quella di Ugolino: un pa­dre che sovverte la sua paternità e finisce con il divorare – lasciando in­tatta l’ambiguità dell’ef­fettivo banchetto filiale – le carni dei suoi figli. È un padre che invece di dare la vita la toglie, è un pa­dre che invece di rende­re liberi, imprigiona; è un padre che invece di par­lare, tace; è un padre che invece di imbandire la tavola con il pane, banchetta con le carni dei figli. Non è un padre, ma un padrone carnefice, come i padrini.

All’altro polo – rispetto a quello infernale – della parola "padre", trovia­mo il Padre del cielo, passando per tutte le sfumature di paternità che Dante met­te in campo e che ne sono la manifesta­zione da Virgilio a Bernardo. Il Padre che Dante incontra faccia a faccia nell’ultimo del Paradiso è un Padre che dà la vita, che imbandisce il banchetto eterno dove il pane non finisce mai e non va guada­gnato dai figli, né deve essere da loro ri­chiesto, perché è donato, prima ancora di qualsiasi merito o richiesta, gratuita­mente e infinitamente. Questo Padre ren­de liberi e dà la vita: Dio è Creatore per­ché Padre. La vicenda di Padre Pino Puglisi, come la Commedia dantesca, contiene tutte le ac­cezioni della parola padre. Dal padre che è padrino e padrone, perché controlla e ha diritto di vita o di morte sul suo terri­torio, al padre che è pastore dello stesso quartiere dove il padrino detta legge. Ma padre Pino Puglisi, bonariamente chia­mato dai suoi amici 3P, è la vera formula della paternità. Questo tripudio di 'P' lo conferma. Un padre che dà la vita, ren­dendo liberi e dando pane.

Non è un ca­so che avesse deciso di chiamare "Padre Nostro" il centro di accoglienza per i ra­gazzi del quartiere, che al pomeriggio in­vitava a giocare, studiare, pregare (pane e parola) con l’ausilio dei liceali della mia scuola, dove insegnava religione. Era il modo di sottrarre i giovani di Brancaccio alla strada, ai soldi facili, ai lavoretti spor­chi che garantivano manovalanza sempre nuova ai capi mafiosi e l’inizio di una car­riera tra le fila dei picciotti, in un quartiere dove, alla morte di Falcone, alcuni ragaz­zi avevano esultato per strada come do­po una vittoria calcistica.

Quei giovani potevano intravedere un’altra possibilità e soprattutto sperimentavano quell’amicizia che solo la vera paternità sa offrire. Quella del padrino è basata sul controllo, è quella dell’animale addestrato, al contrario quella del Padre invece è un’amicizia basata sulla libertà. Quei ragazzi si sentivano amati e sperimentavano le parole del Vangelo: «Vi ho chiamati amici perché vi ho fatto conoscere le cose del Padre mio».

 Padre Pino è icona della paternità di Dio, come lo è stato Cristo, per questo è martire e per questo morì con il sorriso sulle labbra, come Cristo, perdonando e affidandosi al Padre: non è un’immaginetta devota o un santino dai colori fluorescenti. Sorrise davvero, come Cristo. E lo sappiamo proprio da chi gli ha sparato. Infatti Salvatore Grigoli, uno dei giovani killer, dopo aver confessato l’omicidio, raccontò: «Il padre si stava accingendo ad aprire il portoncino di casa. Aveva il borsello tra le mani. Fu una questione di pochi secondi: io ebbi il tempo di notare che lo Spatuzza si avvicinò, gli mise la mano per prendergli il borsello. E gli disse piano: "Padre, questa è una rapina". Lui si girò, lo guardò, sorrise – una cosa questa che non posso dimenticare, che non ci ho dormito la notte – e disse: "Me l’aspettavo". Non si era accorto di me, che ero alle sue spalle. Io allora gli sparai un colpo alla nuca».

Il killer lo chiama «il padre». Il killer mandato dai padrini esegue l’atto che il padrino ha decretato: togliere la vita. La vittima in un paradossale capovolgimento, nella sua inermità è padre, sorride, perché ha già la vita, aspettava solo il momento in cui l’avrebbe data, anzi l’aveva già donata, come Cristo nel Getsemani: non è un caso che Padre Pino avesse parlato in quelle ore di quella scena in cui Cristo suda sangue. Aveva affrontato già la paura della morte, nel suo orto degli ulivi interiore. E sul suo volto il sorriso del Padre si dipinge come un sorriso che non gli appartiene, il sorriso di chi la vita la dona. Non sono i padrini che gliela tolgono, ma è lui che la dona, perché è il Padre che la dona a lui, rendendolo padre persino dei suoi assassini, che non potranno neanche dormire la notte, al pensiero di quel sorriso. Non al pensiero dei loro delitti, ma al pensiero del vero sorriso del Padre, che ama a prescindere da chi siamo e cosa facciamo.

Padre Pino Puglisi è martire perché in lui è compiuta l’immagine della Paternità di Dio, quel Cristo che lo Spirito scolpisce nella pietra informe e indocile di ciascuno di noi. E il padrino, relegato in prigione, simile ad Ugolino, si sgretola e torna ad essere quello che è sempre stato: una ridicola maschera blasfema della paternità. Per questo padre Pino è morto in odio alla fede ed è martire: provò a sostituire la maschera vuota del padrino con il vero volto del Padre. E quel volto fu lui.

Alessandro D'Avenia - avvenire.it - donboscoland.it -

 
 
 

INDIA, QUEI MIRACOLI "IMPOSSIBILI"

Post n°7265 pubblicato il 29 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nella diocesi di Itangar accadono guarigioni inspiegabili. E i cattolici aumentano la loro presenza del 40 per cento

Strane cose accadono a Itangar, una diocesi dell’India, e le ha raccontate il vescovo, mons John Kattrukudiyl, mentre si trovava in Germania, di recente all’incontro periodico organizzato da “Aiuto alla Chiesa che soffre”, l’organizzazione internazionale che si occupa delle chiese e dei cristiani nei Paesi in cui la loro situazione è più difficile.

Secondo il presule le numerose guarigioni inspiegabili, precedute e causate dalle preghiere, sono la principale causa dell’aumento straordinario dei cattolici – il 40 per cento in 35 anni – in questo angolo remoto dell’India. Il vescovo riceve segnalazioni di questo genere con frequenza; e le storie “mi riempiono di sbalordimento. Ho un’impostazione di fondo teologica, ed è facile arrivare a essere scettici, in questo genere di cose. Però le persone interessate sono assolutamente convinte di ciò che è accaduto loro”.

Il presule ha riportato il caso di un uomo che ha smesso di perseguitare la Chiesa cattolica dopo che si è sposato con una ragazza cattolica. “Dopo essersi convertito al cattolicesimo, gli è stato chiesto di pregare su un uomo paralitico. Non voleva, ma lo fece egualmente; il giorno dopo l’uomo paralitico si alzò e camminò verso la chiesa”. Il neo convertito restò talmente sbalordito da questa esperienza miracolosa che cominciò a frequentare la chiesa, e ora “è un membro molto attivo della parrocchia”.

Mons. Kattrukudiyl è ben consapevole dello scetticismo con cui in genere vengono accolti questi miracoli; gli capita, quando racconta questi avvenimenti “in Europa e altrove, che le persone dicano: ‘Ehi, vescovo, ci stai raccontando delle favole’”. Ma a dispetto dell’incredulità “ci sono molte storie di guarigione che mi vengono riportate, e non le possiamo ignorare”.

Una possibile spiegazione storico-teologica si rifà alla relativa freschezza della chiesa locale. “E’ l’esperienza di una Chiesa molto giovane, che sperimenta la stessa grazia della Chiesa nei tempi degli apostoli”, quando le guarigioni miracolose erano frequenti, come narrano i libri sacri.

Secondo il presule i fedeli della sua diocesi sono stati testimoni di queste guarigioni miracolose avvenute dopo che si erano riuniti in casa di qualche malato per cui pregavano. “Persone che erano malate da molto tempo sono state curate. E’ realmente un’esperienza della Chiesa primitiva quella che hanno vissuto queste persone”. Nei tempi della prima Chiesa, “la cura, con l’orazione a Gesù, attrasse molte persone verso la Chiesa. E’ una specie di pace spirituale che ottengono dalla loro appartenenza alla Chiesa”. Il vescovo ha rivelato che il numero dei fedeli cattolici è cresciuto del 40 per cento negli ultimi 35 anni. La situazione della Chiesa adesso è molto migliore di una volta; non è solo tollerata, ma lodata per le sue attività filantropiche. “I politici non perdono occasione per elogiare la Chiesa per le sue opere umanitarie”.

Marco Tosatti - vaticaninsider.lastampa.it -

 
 
 

PAPA BENEDETTO XVI: PIETRO E PAOLO, SOLO LA SEQUELA DI GESU' CONDUCE ALLA NUOVA FRATERNITA'

Post n°7264 pubblicato il 29 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Benedetto XVI celebra la solennità dei santi Pietro e Paolo in "spirito ecumenico". Presenti la delegazione ortodossa del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e il coro (anglicano) dell'Abbazia di Westminster. Il dramma di Pietro (e del papato) per "la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane". Il "potere delle chiavi" e di "legare e sciogliere" è "potere di rimettere i peccati... che toglie energia alle forze del caos e del male". La "buona battaglia" di Paolo non è quella "di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso". Consegnato il pallio a 44 arcivescovi metropoliti, fra i quali alcuni asiatici.

"Solo la sequela di Gesù conduce alla nuova fraternità": così Benedetto XVI sintetizza il valore della solennità dei santi Pietro e Paolo, durante la celebrazione avvenuta stamane nella basilica di san Pietro. La sottolineatura sulla "fraternità" ha un'importanza attuale perché alla cerimonia è presente la delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e i 44 nuovi arcivescovi metropoliti ai quali il pontefice ha consegnato il pallio, segno della comunione con la sede di Pietro. A dare maggior "spirito ecumenico" , alla celebrazione è presente anche il coro (anglicano) dell'Abbazia di Westminster, che esegue i canti liturgici insieme a quello della Cappella sistina.

"La tradizione cristiana - ha spiegato il papa - da sempre considera san Pietro e san Paolo inseparabili: in effetti, insieme, essi rappresentano tutto il Vangelo di Cristo. A Roma, poi, il loro legame come fratelli nella fede ha acquistato un significato particolare", quasi un contraltare ai "mitici Romolo e Remo" i fratelli fondatori di Roma, ma anche ai fratelli biblici Caino ed Abele.

"Pietro e Paolo - continua -  benché assai differenti umanamente l'uno dall'altro e malgrado nel loro rapporto non siano mancati conflitti, hanno realizzato un modo nuovo di essere fratelli, vissuto secondo il Vangelo, un modo autentico reso possibile proprio dalla grazia del Vangelo di Cristo operante in loro".

"Solo la sequela di Gesù  - spiega il pontefice - conduce alla nuova fraternità: ecco il primo fondamentale messaggio che la solennità odierna consegna a ciascuno di noi, e la cui importanza si riflette anche sulla ricerca di quella piena comunione, cui anelano il Patriarca ecumenico e il Vescovo di Roma, come pure tutti i cristiani".

Il dialogo con gli ortodossi (e anche con gli anglicani) rimane bloccato sulla funzione del ministero del papa (pietrino).

Soffermandosi poi sul vangelo di oggi (Matteo 16, 13-19),  Benedetto XVI mette in luce il dramma di Pietro (e del papato) che "riconosce l'identità di Gesù", non "«dalla carne e dal sangue», cioè dalle sue capacità umane, ma da una particolare rivelazione di Dio Padre". Allo stesso tempo, "subito dopo, quando Gesù preannuncia la sua passione, morte e risurrezione, Simon Pietro reagisce proprio a partire da «carne e sangue»: egli «si mise a rimproverare il Signore: ... questo non ti accadrà mai» (16,22). E Gesù a sua volta replicò: «Va' dietro a me, Satana! Tu mi sei di scandalo...» (v. 23)".

"Appare qui evidente - egli spiega -  la tensione che esiste tra il dono che proviene dal Signore e le capacità umane; e in questa scena tra Gesù e Simon Pietro vediamo in qualche modo anticipato il dramma della storia dello stesso papato, caratterizzata proprio dalla compresenza di questi due elementi: da una parte, grazie alla luce e alla forza che vengono dall'alto, il papato costituisce il fondamento della Chiesa pellegrina nel tempo; dall'altra, lungo i secoli emerge anche la debolezza degli uomini, che solo l'apertura all'azione di Dio può trasformare".

Benedetto XVI spiega poi il "non prevalebunt" , il fatto che "le porte degli inferi non prevarranno". In passato l'interpretazione di questo passo è scivolata in retorica trionfalistica, tanto criticata da protestanti e ortodossi. Il papa spiega con umiltà: "la promessa che Gesù fa a Pietro è ancora più grande di quelle fatte agli antichi profeti: questi, infatti, erano minacciati solo dai nemici umani, mentre Pietro dovrà essere difeso dalle «porte degli inferi», dal potere distruttivo del male. Geremia riceve una promessa che riguarda lui come persona e il suo ministero profetico; Pietro viene rassicurato riguardo al futuro della Chiesa, della nuova comunità fondata da Gesù Cristo e che si estende a tutti i tempi, al di là dell'esistenza personale di Pietro stesso".

Viene poi la spiegazione del "potere delle chiavi", di "legare e sciogliere": "Le due immagini - quella delle chiavi e quella del legare e sciogliere - esprimono pertanto significati simili e si rafforzano a vicenda. L'espressione «legare e sciogliere» fa parte del linguaggio rabbinico e allude da un lato alle decisioni dottrinali, dall'altro al potere disciplinare, cioè alla facoltà di infliggere e di togliere la scomunica. Il parallelismo «sulla terra ... nei cieli» garantisce che le decisioni di Pietro nell'esercizio di questa sua funzione ecclesiale hanno valore anche davanti a Dio".

"Alla luce di questi parallelismi, appare chiaramente che l'autorità di sciogliere e di legare consiste nel potere di rimettere i peccati. E questa grazia, che toglie energia alle forze del caos e del male, è nel cuore del ministero della Chiesa. Essa non è una comunità di perfetti, ma di peccatori che si debbono riconoscere bisognosi dell'amore di Dio, bisognosi di essere purificati attraverso la Croce di Gesù Cristo. I detti di Gesù sull'autorità di Pietro e degli Apostoli lasciano trasparire proprio che il potere di Dio è l'amore, l'amore che irradia la sua luce dal Calvario. Così possiamo anche comprendere perché, nel racconto evangelico, alla confessione di fede di Pietro fa seguito immediatamente il primo annuncio della passione: in effetti, Gesù con la sua morte ha vinto le potenze degli inferi, nel suo sangue ha riversato sul mondo un fiume immenso di misericordia, che irriga con le sue acque risanatrici l'umanità intera".

Volgendosi poi alla figura dell'apostolo Paolo, Benedetto XVI ricorda che "la tradizione iconografica raffigura san Paolo con la spada, e noi sappiamo che questa rappresenta lo strumento con cui egli fu ucciso. Leggendo, però, gli scritti dell'Apostolo delle genti, scopriamo che l'immagine della spada si riferisce a tutta la sua missione di evangelizzatore. Egli, ad esempio, sentendo avvicinarsi la morte, scrive a Timoteo: «Ho combattuto la buona battaglia» (2 Tm 4,7). Non certo la battaglia di un condottiero, ma quella di un annunciatore della Parola di Dio, fedele a Cristo e alla sua Chiesa, a cui ha dato tutto se stesso. E proprio per questo il Signore gli ha donato la corona di gloria e lo ha posto, insieme con Pietro, quale colonna nell'edificio spirituale della Chiesa".

Il papa ha concluso la sua omelia con un appello alla comunione verso gli arcivescovi metropoliti, ma anche alla delegazione ortodossa: "Cari Metropoliti: il Pallio che vi ho conferito vi ricorderà sempre che siete stati costituiti nel e per il grande mistero di comunione che è la Chiesa, edificio spirituale costruito su Cristo pietra angolare e, nella sua dimensione terrena e storica, sulla roccia di Pietro. Animati da questa certezza, sentiamoci tutti insieme cooperatori della verità, la quale - sappiamo - è una e «sinfonica», e richiede da ciascuno di noi e dalle nostre comunità l'impegno costante della conversione all'unico Signore nella grazia dell'unico Spirito. Ci guidi e ci accompagni sempre nel cammino della fede e della carità la Santa Madre di Dio. Regina degli Apostoli, prega per noi!".

 - www.asianews.it -

 
 
 

DIO MANDA A NOI LA REGINA DELLA PACE

Post n°7263 pubblicato il 25 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

In questo tempo senza pace Dio manda a noi Maria come  “Regina della Pace”, per soccorrerci e aiutarci a ritrovare la via della salvezza.
Con i suoi premurosi insegnamenti,  Lei si rivela soprattutto Madre. Ci guarda, ci vede, ci segue dal cielo e ci soccorre.  La sua presenza non è inoperosa. Lei ci indica la via, ci ispira, ci comunica la forza, ci incoraggia e consola. Con le sue mille attenzioni non si fa mai vincere in amore dai suoi figli.  Se ci affidiamo a Lei  come veri figli,  non vivremo   da orfani.
Lei, la Madre di Dio, è anche la nostra Mamma e, come recita il catechismo, "con la sua molteplice inter­cessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna" (CCC 969).
Ci dona ogni grazia che attinge dal  suo Figlio Gesù il quale ce le ha meritate con il suo Preziosissimo Sangue.
In questo tempo difficile e senza pace  ci è stata data per insegnarci la via della Pace. Quando siamo senza pace Lei ci ricorda le parole di Gesù: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero». (Mt 11,29-30)

Chi più di Lei conosce il prezzo della Pace, e ne conosce la via? : la Via Crucis.
E’ attraverso questa via che ci rivela l’immenso amore che Gesù ha avuto e ha per noi e anche il suo amore che l’ha portata a condividere il prezzo della nostra salvezza in unione profonda con l’immensa sofferenza del Figlio.
Ci aiuta a incamminarci per questa via di salvezza, a riconoscerla nella vita di ogni giorno e a prendere anche noi la nostra croce e seguire Gesù.
Chi ci darà la forza?
Lei ci cerca ad uno ad uno, ci invita a fare un atto di fiducia: Pregate, pregate, pregate! 
 “Se pregate, Satana non può intralciarvi minimamente, perché voi siete figli di Dio e Lui tiene il suo sguardo su di voi. Pregate! La corona del Rosario sia sempre nelle vostre mani, come segno per Satana che appartenete a me”. ( Messaggio 25 febbraio 1988)
Pregate ! Pregate! Pregate! Quando siete stanchi e malati; malati fisicamente, malati spiritualmente, non sapete dare il senso alla vostra vita, non sapete prendere le giuste decisioni, non sapete fare un discernimento, non avete le forze per reagire alle difficoltà, non sapete resistere alle tentazioni, non siete più sicuri della vostra fede…Pregate!
Nella preghiera possiamo sperimentare l’amore e la tenerezza delle sue braccia che ci conducono all’incontro con il Figlio e trovare la gioia e la Pace.

O Gesù, Maestro divino,
ringrazio e benedico il tuo
Cuore Pietosissimo per averci donato
Maria Santissima come Madre, maestra e Regina.
Dalla croce tu ci hai posti tutti nelle sue mani;
le hai dato un gran cuore, una grande sapienza,
un grande potere.
Che l’umanità intera la conosca, l’ami, la preghi.
Che tutti si lascino da lei condurre a te.
Salvatore degli uomini io mi metto nelle sue mani,
come ti sei messo tu.
Con questa Madre, adesso, nell’ora della mia morte, nell’eternità.


- www.reginamundi.info/ss/reginadellapace -

 
 
 

MAURIZIO MORI (CONSULTA BIOETICA): "L'INFANTICIDIO? DA NON SCARTARE A PRIORI"

Post n°7262 pubblicato il 25 Giugno 2012 da diglilaverita
Foto di diglilaverita

Nelle scorse settimane le dichiarazioni pro-infaticidio dei ricercatori italiani Alberto Giubilini e Francesca Minerva pubblicate su “Journal of Medical Ethics” hanno letteralmente fatto il giro del mondo. La loro idea è contenuta in questa frase: «Se una persona potenziale, come un feto e un neonato, non diventa una persona reale, come voi e noi, allora non c’è qualcuno che può essere danneggiato, il che significa che non vi è nulla di male. Quindi, se si chiede se uno di noi avrebbe potuto essere danneggiato, se i nostri genitori avrebbero deciso di ucciderci quando eravamo feti o neonati, la nostra risposta è ‘no’».

I due ricercatori sono di chiara area laicista e abortista, responsabili della “Consulta di Bioetica Onlus”, cioè i promotori della ”bioetica laica”, tra i cui soci onorari vi sono Beppino Englaro e Carlo Flamigni (presidente onorario dell’UAAR, l’Associazione di Atei e Agnostici Razionalisti). Come abbiamo scritto in questo articolo, riteniamo le dichiarazioni dei due laici ricercatori farneticanti ma anche interessanti: hanno infatti contribuito a divulgare l’ovvietà che non vi è alcuna differenza tra un feto umano e un neonato. I due ricercatori però sono giunti a conclusioni opposte rispetto al mondo pro-life: anziché affermare che l’aborto dovrebbe essere vietato come lo è l’infanticidio, loro hanno preferito lasciare legale l’aborto e proporre la liberalizzazione dell’infaticidio.

Solo il nostro sito web, e successivamente Francesco Agnoli su “Il Foglio“, ha fatto notare il legame tra i due ricercatori e la “Consulta di Bioetica”. L’8 marzo scorso lo stesso presidente della “Consulta”, Maurizio Mori ha voluto difendere i due “suoi” ricercatori (l’unico che lo ha fatto nel mondo finora). Innanzitutto occorre sottolineare come lo stesso Mori sia membro dell’editorial Board della rivista che ha accolto l’articolo, ovvero il “Journal of Medical Ethics” . Nel comunicato ufficiale ha condannato le (presunte) minacce a livello internazionale che avrebbero ricevuto Giubilini e Minerva che ora, a detta di Mori, vivrebbero «da giorni sotto scorta», e ha attaccato chi vorrebbe limitare la ricerca scientifica e intellettuale, dimenticandosi però che anche la sola selezione dei temi da discutere presuppone una scelta di valore o ideologica (come infatti lui riconosce).

Ma Maurizio Mori va ben oltre e arriva ad avvallare la tesi di Minerva e Giubilini, entrambi membri del Consiglio Direttivo della “Consulta di Bioetica Onlus”: «non si può, tuttavia, dire», afferma Mori, «che la tesi sia di per sé tanto assurda e balzana da essere scartata a priori solo perché scuote sentimenti profondi o tocca corde molto sensibili». Ricordiamo che la tesi dei due ricercatori è questa: «uccidere un neonato dovrebbe essere permesso in tutti i casi in cui lo è l’aborto, inclusi quei casi in cui il neonato non è disabile». Dunque per Mori e la “Consulta di Bioetica” (laica) uccidere i neonati non sarebbe da scartare a priori, ma bisognerebbe discuterne. E il socio onorario Beppino Englaro, cosa dice di tutto questo?

Fonte: http://www.uccronline.it/2012/03/18/maurizio-mori-consulta-di-bioetica-linfanticidio-da-non-scartare-a-priori - libertaepersona.org -

 
 
 
 
 

INFO


Un blog di: diglilaverita
Data di creazione: 16/02/2008
 

 

LE LACRIME DI MARIA

 

MESSAGGIO PER L’ITALIA

 

Civitavecchia la Madonna piange lì dove il cristianesimo è fiorito: la nostra nazione, l'Italia!  Dov'è nato uno fra i più grandi mistici santi dell'era moderna? In Italia! Padre Pio!
E per chi si è immolato Padre Pio come vittima di espiazione? Per i peccatori, certamente. Ma c'è di più. In alcune sue epistole si legge che egli ha espressamente richiesto al proprio direttore spirituale l'autorizzazione ad espiare i peccati per la nostra povera nazione. Un caso anche questo? O tutto un disegno divino di provvidenza e amore? Un disegno che da Padre Pio agli eventi di Siracusa e Civitavecchia fino a Marja Pavlovic racchiude un messaggio preciso per noi italiani? Quale? L'Italia è a rischio? Quale rischio? Il rischio di aver smarrito, come nazione, la fede cristiana non è forse immensamente più grave di qualsiasi cosa? Aggrappiamoci alla preghiera, è l'unica arma che abbiamo per salvarci dal naufragio morale in cui è caduto il nostro Paese... da La Verità vi Farà Liberi

 

 

 
 

SAN GIUSEPPE PROTETTORE

  A TE, O BEATO GIUSEPPE

A te, o beato Giuseppe, stretti dalla tribolazione ricorriamo, e fiduciosi invochiamo il tuo patrocinio dopo quello della tua santissima Sposa.
Per quel sacro vincolo di carità, che ti strinse all’Immacolata Vergine Madre di Dio, e per l’amore paterno che portasti al fanciullo Gesù, riguarda, te ne preghiamo, con occhio benigno la cara eredità, che Gesù Cristo acquistò col suo sangue, e col tuo potere ed aiuto sovvieni ai nostri bisogni.
Proteggi, o provvido custode della divina Famiglia, l’eletta prole di Gesù Cristo: allontana da noi, o Padre amatissimo, gli errori e i vizi, che ammorbano il mondo; assistici propizio dal cielo in questa lotta col potere delle tenebre, o nostro fortissimo protettore; e come un tempo salvasti dalla morte la minacciata vita del pargoletto Gesù, così ora difendi la santa Chiesa di Dio dalle ostili insidie e da ogni avversità; e stendi ognora ciascuno di noi il tuo patrocinio, affinché a tuo esempio e mediante il tuo soccorso, possiamo virtuosamente vivere, piamente morire e conseguire l’eterna beatitudine in cielo.
Amen
San Giuseppe proteggi questo blog da ogni male errore e inganno.

 
 
Citazioni nei Blog Amici: 26
 

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