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Messaggi del 16/08/2016

 

Il Marittimo

Post n°71 pubblicato il 16 Agosto 2016 da robertocass
 
Foto di robertocass

5° Puntata

 

 

 

Avevamo caricato banane e noci di cocco, un mare di cartoni che avevamo dovuto imbragare con funi e rete per non avere problemi.

Era stato difficile, tutto era stato caricato a mano e tanto per cambiare avevano messo l'allievo a controllare.

Erano come sempre tanti e avevano fatto una gran casino ma senza rubarsi nulla, avevano solo fatto colazione e ci poteva stare.

Il carico durò tre giorni.

Tre giorni di vacanza a Porto Rico un posto molto bello, molto americano, con tanti bianchi in giro e pochi neri, con tanti grattacieli e alberghi lussuosi.

Nei tempi liberi non avevo nulla da fare e cominciai a girare, avevo preso una macchina a noleggio e giravo per l'isola.

Cominciai piano piano a scorprire dove viveva la maggioranza della popolazione nera di origine africana, i discendenti degli schiavi che lavoravano nelle piantagioni.

Grandi bidonville situate ai margini della città dei grandi alberghi, delle spiagge rinomate, del lusso ostentato in ogni modo.

Strade in terra battuta e le classiche scene di bambini scalzi che piangono e di gente seduta fuori, all'ombra sotto un sole cocente.

Ti guardano passare, non si muovono, sono abituati ai turisti che talvolta passano di là e fanno finta di essersi persi.

La sera tanti locali, tanti posti equivoci dove è molto facile prendersi un bambino o una bambina, o quello che si vuole senza il minimo controllo.

Tanti casinò pieni di gente che spende in una sera quello che basterebbe a mantenere quella povera gente per tutta la vità.

Differenze enormi che stridono violentemente con le spiagge e il lusso che si vede nei quartieri dei bianchi.

Rimasi a guardare e a pensarci e quella prima volta mi è rimasta impressa, ma poi ci fai il callo, in tanti anni di mare e di porti si vivono continuamente situazioni di degrado a cui poi purtroppo non fai più caso.

E ti abitui a tutto, non ti scandilizza più di niente e trovi quasi normale le bambine che si prostituiscono per la strada e i bambini neri che camminano vicino a uomini grandi e grossi stranamente molto affettuosi.

Cammini fra le strade adiacenti al porto di una qualsiai città, di quello che noi occidentali chiamiamo terzo mondo, e vediamo sempre paesi tutti uguali, con i grattacieli e le baracche, con le sopralevate a tre corsie e le fogne a cielo aperto.

Paesi dove devi vaccinarti contro tutto, dove non puoi entrare nei locali perchè rischieresti qualche malattia, dove non puoi mangiare se non dentro i soliti alberghi lussuosi.

Paesi con i mercati pieni di gente con la carne che si vende sui tavolini al sole, con le mosche che a centinaia ci banchettano.

Paesi dove si vive con poco e dove un nostro normale stipendio permetterebbe una vita da nababbo.

E così se ne parla e tutti diciamo che quando andremo in pensione verremo a vivere in questi posti, avremo l'INPS che ci spedisce tutto in banca e faremo la vita da signori.

Non ho mai conosciuto nessuno che l'abbia fatto, ma mi dicono che invece è molto più normale di quello che si pensa.

Ma allora ero allievo e da allora sono passati tanti anni, sono passato terzo, poi secondo, primo ed oggi comandante.

In tanti anni è cambiato il modo di navigare ed è completamente scomparso quell'alone di avventura che nasceva dalle lunghe soste in porto.

Oggi si carica e si scarica in poche ore con l'armatore in continuo contatto telefonico che vuole sempre ridurre i tempi di fermata.

Il lavoro è cambiato ed ora ho la responsabilità di una nave, di un equipaggio quasi sempre di filippini, marocchini, rumeni che non parlano italiano e che capiscono a malapena qualcosa d'inglese, con gli ufficiali quasi sempre italiani con i quali parlo poco e quel poco sempre in inglese.

Il nostro è un lavoro strano, si lavora sempre a turni e i rapporti sono molto formali e non si usa dare o avere confidenza.

La sera gli ufficiali devono stare attenti, i marinai bevono molto e spesso nascono risse talvolta anche violente.

E' brava gente ma quando bevono diventano selvaggi e noi siamo costretti a girare armati.

Ma poi passa tutto e ti chiedono anche scusa.

Il nostro è un lavoro strano, è un lavoro per solitari, per gente particolare.

L'ho sempre pensato ed anch'io mi ritengo perlomeno strano, dico sempre che lo faccio per soldi, ma non è vero.

Quando sono a terra mi manca il mare, l'odore della salsedine, il silenzio, le albe e tramonti, i delfini che giocano con la nave che avanza, incrociandosi davanti alla prua.

Mi manca il cielo stellato.

Di notte nel silenzio rotto solo dal rumore dei motori che si confonde con quello dell'acqua che scivola lungo le fiancate, vedi tutta la volta celeste, vedi tutte le stelle, tutte le costellazioni.

Un cielo che conosco bene, riconosco le stelle una per una, ci parlo e rivedo tutti gli amici scomparsi, i miei nonni, mio padre, mia madre, li sento parlare e mi commuovo ogni volta davanti a tutto questo.

Rimango ogni volta a pensare che sono solo un puntino piccolissimo su un pianeta altrettanto piccolo che si confonde nell'immensità del firmamento, fra milioni di pianeti che girano a loro volta attorno al loro sole, dove c'è un altro essere che forse con forme diverse guarda il cielo come me.

Non siamo certo soli, è impossibile che il miracolo della vita sia esclusivo della Terra, è impossibile che non ci stato negli altri pianeti lo stesso caos primordiale e lo stesso combinarsi di elementi che causalmente o per mano di qualcuno o di qualcosa, hanno dato origine a tutti gli esseri viventi, a tutte le piante, a tutti i microrganismi, a tutto.

E questo qualcosa è  Dio?

Sì penso di sì, le combinazioni sono miliardi e la nostra è stata scelta per diventare quello che siamo adesso, per creare quest'uomo che per ringraziamento ha distrutto l'ambiente in cui vive, ha ucciso milioni di animali e distrutto milioni di piante, quest'uomo sempre in guerra che uccide i suoi simili.

Quest'uomo capace però di fare anche cose meravigliose, quest'uomo che ha inventato l'arte, la musica, che ha studiato per arrivare fino ai limiti del sistema solare.

Quest'uomo che non è riuscito a vincere il male, perchè il male è dentro di noi, siamo una miscellanea di bontà e di cattiveria, che talvolta arriva al massimo, e nascono i santi o gli assassini.

Mi manca la nave, mi manca il mare, mi manca il silenzio.

I marittimi la chiamano la malattia del ferro, quella voglia che ti prende ogni qualvolta che stai a terra e che ti obbliga a chiamare la compagnia sempre prima della fine del periodo che ti spetta di riposo.

Sempre in viaggio e sempre soli.

Siamo tutti separati o come è capitato a me, non ci siamo mai sposati.

Ho sempre pensato che è meglio star soli e senza figli, ho sempre pensato che da solo posso rientrare in Italia o restare dove sbarco, senza che nessuno me lo possa impedire.

E così ho fatto per tanti anni, sono sempre rientrato ma dopo la morte di mia madre non l'ho fatto più e sono rimasto in giro dove capitava, prendevo un appartamento in affitto e ci restavo qualche mese e poi lo lasciavo

Ho lasciato sempre però la residenza a casa, dove però non vado quasi mai, quelle stanze vuote mi danno fastidio.

Ho lasciato tutto com'era, senza fare cambiamenti.

Le sue cose sono tutte dov'erano, in cucina come in camera, sul letto, come nell'armadio.

Mi rendo conto di aver fatto una specie di santuario, ma non posso farci nulla, la casa deve restare così, tutto uguale come lei fosse ancora lì, tutto uguale come se il tempo si fosse fermato, tutto uguale e non voglio che nessuno tocchi nulla.

Ho bisogno di quella casa, ho bisogno di quella sicurezza, ho bisogno di sapere che c'è, non ci vado quasi mai ma mi serve sapere che quando voglio posso andarci.

L'ultima volta è stato qualche mese fà, sono entrato, la casa era silenziosa e buia con le persiane chiuse, sono entrato.

Mamma sono a casa.

Mi sembrava normale chiamarla, l'ho vista in cucina e fare la pasta, l'ho vista affacciata alla finestra.

La vedevo ovunque, per me c'era, le parlavo e mi rispondeva.

Sono uscito e da allora non ci sono più tornato.

Ho dato le chiavi ad una vicina che tutte le settimane la pulisce e la mantiene sempre così, sempre uguale.

Non la chiamo mai, ma tutti i mesi le spedisco lo stipendio.

Non la chiamo mai e non vado mai a controllare se pulisce bene o no, non mi serve saperlo, mi basta avere la certezza che la mia casa è a posto.

La mia casa è quella, ed in tanti anni non ne ho mai comprato un'altra, potrei farlo, ho le possibilità economiche, ma non lo faccio, e mi sembra tutto molto normale.

 

 
 
 
 
 

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