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Noir di Natale

Post n°2366 pubblicato il 25 Dicembre 2017 da gratiasalavida

In quella cittadina adagiata in una valle coronata da maestose catene montuose erano tutti buoni. 
Sempre sorridenti, si davano un gran daffare per collaborare l'uno con l'altro e aiutare, al momento del bisogno, quanti si trovavano in difficoltà.
Si davano da fare, ad esempio, per aiutare le vecchie signore ad attraversare la strada.
Si offrivano anche di portare loro la sporta della spesa.
Già, perché erano buoni, e ci tenevano a dimostrarlo.
Ovviamente, le vecchie signore cui era stato offerto un aiuto totalmente disinteressato, ricambiavano ricoprendo di lodi coloro che si erano gentilmente offerti di aiutarle.
Qualche volta li invitavano a casa a prendere il tè con la torta di mele appena sfornata.
Anche le vecchie signore ci tenevano a mostrare quanto erano buone e con quale prontezza sapevano ricambiare il bene ricevuto con altro bene.
In quella ridente cittadina, dove tutti erano buoni, gli abitanti si sforzavano in ogni istante di fare il possibile per essere ancora più buoni, semmai ce ne fosse il bisogno, e anche quando il bisogno non c'era, perché non volevano che una distrazione, un gesto fuori posto, una piccola scorrettezza, qualche sbavatura di poco conto, guastasse la meritata fama che da decenni dava lustro al piccolo centro adagiato tra le montagne.
Ognuno, poi, si adoperava come poteva perché tutto fosse lustro e pulito in ogni angolo della città, all'esterno come all'interno delle abitazioni, perché nulla, nel piccolo centro adagiato su una valle coronata da maestose catene montuose, doveva apparire fuori posto. I graziosi balconcini delle casette di legno e pietra erano perennemente adornati di vasi di fiori che anche nel gelo invernale mostravano inalterato il loro rigoglio (e questo era uno dei tanti misteri della cittadina in cui tutti erano buoni).
Le vie principali, esattamente come quelle secondarie, erano linde e pulite, sgombre di cartacce o rifiuti di sorta, perché anche i bambini venivano educati fin dalla più tenera età ad osservare l'imperativo categorico di attenersi, nel comportamento, nei modi e nei moti dell'animo, alla ben meritata fama della graziosa cittadina adagiata in una valle coronata da maestose catene montuose.
A Natale, poi, ogni piazza del centro abitato era ulteriormente abbellita dall'allestimento di un ricco presepe. In città ce n'erano di ogni foggia, di ogni stile, di ogni impostazione. Si andava dal classico presepe con le montagne di carta da pacchi dipinta e la stalla costruita con rametti di legno e paglia per la tettoia, a quello futuristico con i magi in arrivo sulle navicelle spaziali e il piccolo Gesù bambino, nella mangiatoia, che assomigliava vagamente ad E.T., al presepe vivente, cui partecipavano, a turno, tutti gli abitanti della città, in modo che l'allestimento potesse durare almeno per due settimane, senza comportare sacrifici eccessivi per quanti vi offrivano il loro contributo accettando di impersonare una parte della sacra rappresentazione.
Il ricco assortimento di presepi che faceva bella mostra di sé in ogni angolo disponibile era un ulteriore motivo di vanto per gli abitanti della piccola città, nel periodo natalizio visitata da frotte di turisti che dilagavano per le vie cittadine come orde di barbari.
I turisti erano un bel problema per la popolazione del tranquillo centro abitato.
Erano un problema perché sporcavano, gettando continuamente cartacce e cicche di sigarette in terra. Inoltre erano chiassosi e molesti oltre ogni misura, invadenti a un punto tale da usare molto spesso i preziosi allestimenti natalizi come piattaforme sulle quali arrampicarsi per mettersi in posa davanti all'obiettivo degli immancabili cellulari usati nella funzione foto o videocamera.
Erano un vero e proprio fastidio, i turisti, per gli abitanti del paese, ma erano una fonte di reddito prezioso, perché arrivavano e consumavano, spendendo a piene mani per mangiare le specialità locali e riempirsi gli zaini di souvenir acquistati a caro prezzo nelle botteghe artigianali della città.
Erano un vero e proprio fastidio, però li si tollerava volentieri, perché costituivano una importante fonte di ricchezza per la popolazione locale, che, d'altra parte, non avrebbe voluto per nessuna ragione al mondo guastarsi una fama ormai consolidata con il lasciarsi andare a piccoli gesti di scortesia o di scarsa ospitalità nei confronti dei visitatori. 
Il problema era stato risolto aumentando, in occasione delle festività natalizie, il personale addetto alla pulizia delle strade, cui si affiancava, come ausiliario, anche un vero e proprio piccolo esercito di zelanti volontari, che, forniti di ramazze, spazzavano in men che non si dica anche il più minuto rifiuto disseminato qua e là per le vie del centro abitato.
Una meraviglia.
L'unico problema che la cittadinanza non era riuscita a risolvere era quello dei mendicanti.
Arrivavano in tanti, soprattutto nel periodo natalizio, e si rannicchiavano in ogni angolo che offrisse loro un minimo di riparo, stendendo la mano.
Sul sagrato della chiesa, poi, ce n'erano a decine.
Sporchi, laceri, affamati.
Uomini, donne. Di ogni età. Di ogni nazionalità.
Gli abitanti del paese proprio non riuscivano a tollerarne la presenza, che strideva con il nitore e il lustro della graziosa città come una nota dissonante in  un coro di voci angeliche.
Il problema  più grande era che sollecitavano nella popolazione del paese quegli istinti brutali che sembravano essere definitivamente morti e sepolti in un paese di buoni, che ci tenevano a mostrarsi in tutta la loro bontà priva di pecche.
Ad esempio, le candide vecchiette che un istante prima si erano sperticate in lodi interminabili nei confronti dei loro disinteressati aiutanti, quando passavano accanto a un angolo in cui si riparava alla meglio dal freddo invernale un barbone di età indefinibile, a fatica riuscivano a resistere alla tentazione di usare il bastone cui si appoggiavano come arma impropria con la quale aggredire il miserabile di turno.
Molti abitanti del luogo, più di una volta, invece di cedere il passo a un mendicante che stava attraversando la strada, avevano dovuto ricacciare indietro la tentazione di investirlo, spingendo con forza il pedale del freno, subito dopo aver spinto con forza quello dell'acceleratore.
Un vero attentato alla bontà dei paesani, che decisero, allora, in una concitata assemblea tenutasi, in prossimità delle festività natalizie, nella parrocchia del paese, di porre rimedio a quella sgradita situazione.
Non potevano tollerare quella massa di gente sporca, lacera, puzzolente e, soprattutto, povera.
E non potevano tollerare di perdere il controllo e di lasciarsi andare a quei comportamenti che ognuno di loro, in cuor suo, avrebbe voluto spingere fino all'estremo, ponendo fine in questo modo, e per sempre, alla propria autostima e alla illustre fama della città.
In assemblea si discussero, vanamente, tutte le soluzioni proposte, senza riuscire tuttavia a trovarne una soddisfacente.
Fu infine la signora Bonomi, una candida settantenne, maestra elementare in pensione, perennemente vestita di rosa antico, così esile e minuta che sembrava una bambolina di porcellana, che con il suo fare pacato e la sua vocina sottile, arrivò in capo alla questione.
-Cari concittadini- esordì - noi siamo buoni e nella nostra fama di buoni risiede anche la nostra ricchezza materiale. Se tanti ci vengono a visitare, soprattutto a Natale, è perché qui, proprio qui, lo spirito del Natale trova la sua più compiuta manifestazione. Noi che siamo buoni, pertanto, a Natale abbiamo il dovere di essere ancora più buoni! E se qualcuno attenta alle fondamenta della nostra bontà, fornendoci il pretesto di comportarci da cattivi, noi abbiamo il diritto, ma, aggiungo, anche il dovere, di difenderci, eliminando chi ci fornisce questo pretesto!
Al parroco cominciarono a farsi le gambe molli, mentre un silenzio stupefatto aveva posto fine all'accesa discussione che aveva preceduto l'intervento della signorina Bonomi.
-Eliminarli? Che intende dire? - chiese qualcuno da un angolo della sala.
-Li eliminiamo. Semplice. Offriamo loro una bella cena riccamente allestita con ogni sorta di leccornia e li facciamo fuori con il veleno!
- Lei è pazza!- disse il parroco, ormai sul punto di svenire.
-Pazza? Io? Neanche per sogno. Se questi barboni ci impediscono di essere buoni, operano, con la loro presenza, un vero attentato alla nostra radicata fama di bontà. Siamo pertanto in diritto di eliminarli, e di mettere così fine all'unico ostacolo che si frapponga alla piena manifestazione di quella bonomia di cui andiamo fieri.
Un coro esultante e un interminabile applauso accolsero la fine del discorso della signorina Bonomi, dando prova del pieno gradimento del suo elementare contenuto.
-Ma... - tentò di ribattere il parroco - ma non si può...
Nel frattempo la mozione della signorina Bonomi fu posta ai voti e ottenne un'adesione quasi totale, eccezione fatta per il parroco, che nel frattempo era svenuto e non poté alzare la mano quando furono chiamati al voto i contrari e gli astenuti.
Alla cena offerta dalla cittadinanza ai barboni arrivati in città per Natale parteciparono circa duecentocinquanta persone.
Maschi, femmine, adulti, vecchi e bambini.
Morirono tutti, in virtù della generosa dose di cianuro che aveva condito, all'insaputa dei commensali, ogni singola portata di quella cena di beneficenza.
Gli abitanti della città lavorarono per una notte intera al fine di seppellire i corpi in ben quattro fosse comuni che avevano già allestito lungo la valle, a svariati chilometri di distanza dal centro abitato.
Nessuno denunciò mai la scomparsa di quelle povere creature che erano scomparse già prima di scomparire.
Il giorno dopo la strage, gli abitanti della città tornarono a comportarsi come sempre, forse meglio di sempre.
Un sorriso radioso emanava dai volti dei più, a tradire uno stato di grazia che a lungo rimase impresso nella memoria dei visitatori, quelli ricchi, che avevano deciso di trascorrere le vacanze nella ridente cittadina adagiata tra i monti.
Uno stato di grazia contagioso, al punto che i turisti, dopo aver trascorso anche solo poche ore in quel posto, se ne tornavano a casa più contenti.
In pace con loro stessi e con il mondo.
L'unico abitante del paese che non partecipava di quell'atmosfera radiosa non poté, con la sua presenza, rovinare l'alone quasi sacrale di una città che sembrava incarnare alla perfezione lo spirito natalizio.
Il parroco era stato colto da un ictus nel corso di quell'assemblea di cui si era persa la memoria nel paese, ormai tornato a essere popolato solo da buoni, che più buoni di così non potevano essere.
Riuscì a sopravvivere, ma trascorse il resto della sua vita in un letto, su cui giaceva in stato di paralisi.
Ogni tanto riusciva a muovere le labbra e a farfugliare qualche frase sconnessa, ma nessuno gli prestava ascolto.
Il nuovo parroco, appena arrivato in città in sostituzione del vecchio, si disse, in cuor suo, che mai e poi mai gli era toccato di guidare una comunità di anime così univocamente votate alla bontà.
Pensò così di indire un'assemblea in parrocchia per convincere quelle anime caritatevoli ad ospitare presso le loro abitazioni, almeno nel periodo natalizio, i loro fratelli meno fortunati che mendicavano nella grande città da cui il parroco proveniva, in condizioni di perenne disagio, perché guardati male e spesso maltrattati dagli abitanti del luogo, ben poco caritatevoli.
Senz'altro quelle anime sfortunate troveranno qui, anche se per un tempo limitato, pace e accoglienza.
Si disse. 
E si fregò le mani per la soddisfazione.

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Commenti al Post:
aliasnove
aliasnove il 06/01/18 alle 18:42 via WEB
La banalità del male è un'insidia da non sottovalutare lo vediamo anche ai giorni nostri. Bel racconto Cinzia brava
 
 
gratiasalavida
gratiasalavida il 25/01/18 alle 19:33 via WEB
Grazie!
 
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Tutti i diritti sono riservati.

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