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Messaggi del 18/10/2014

In dispari...

Post n°2215 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da gratiasalavida

Qualunque sia la pubblicità che campeggia sul post,

sappiate che non la consivido!

Oh!

 
 
 

Al fondo

Post n°2214 pubblicato il 18 Ottobre 2014 da gratiasalavida

Lo pensò.

Non lo disse perché era solo.

Solo in un buco buio e maleodorante.

Non lo disse, ma l'eco delle parole che gli gravitavano nella testa sembrava così rumoroso

da attraversare il silenzio.

Non disse che gli sembrava di essere morto, ma lo pensò.

Gli occhi erano aperti.

Un morto non può vedere. Si disse.

Nenache lui riusciva a vedere alcunché, tuttavia, in quel budello privo di luce.

Vanamente cercava di sforzare la vista, per abituarla al buio.

Il buio pareva impenetrabile.

Non ricordava.

Per quanti sforzi facesse, non riusciva a ricordare come ci fosse finito in quel buco di

fogna.

Ricordava distintamente il proprio nome, il nome dei propri familiari, il proprio indirizzo, il

numero di telefono, il codice alfanumerico per accedere alla propria casella di posta

elettronica.

Ricordava nitidamente tutto ciò che era necessario ricordare per definire esattamente chi

fosse e chi fosse stato.

Tutto.

Tranne un particolare essenziale: come fosse finito lì.

Lì dove si era forse risvegliato da un lungo sonno.

Forse risvegliato da un breve sonno.

Chi avrebbe potuto dirlo?

Qualcosa.

All'improvviso.

Avvertì una presenza.

Qualcosa di indefinibile e di minuto condivideva con lui il poco spazio che sentiva di avere

a disposizione.

Sapeva, pur non godendo della vista, che lo spazio era ridotto, poiché aveva tentato di

distendere le gambe, evidentemente rattrappite da una postura innaturale protrattasi

presumibilmente a lungo, senza riuscirci.

Aveva toccato, ripetutamente toccato, le pareti del budello, per capire se nascondessero

un'apertura.

Al tatto le pareti gli si erano rivelate ruvide e piene di asperità, come quelle, rocciose, di

un anfratto naturale.

Nessuna fessurazione, tuttavia, aveva prodotto in lui il sollievo di poter sperare di

forzare la inviolabilità di quel budello che lo racchiudeva come un grembo.

Un enclave ristretto, concluso in se stesso come l'interno di un uovo non ancora

dischiuso.

Avvertì ancora una volta, distintamente, di non essere solo.

Un altro essere, un essere minuto e rapido nei movimenti, condivideva con lui il volume

ristretto di quella cavità.

Lo sentì compiere dei rapidi spostamenti intorno al suo corpo rannicchiato.

Fru fru fru fru fru fru fru...

Il rumore prodotto dall'essere minuto di cui avvertiva la presenza gli sembrava

stranamente familiare.

Fru fru fru fru fru fru...

Solo quando l'essere decise di salirgli sulla mano destra posata a terra, comprese perché

quel rumore gli era parso tanto familiare.

Di colpo ritrasse la mano.

E si rannicchiò, per quanto gli era possibile, sul fondo della parete cui era appoggiato con

la schiena , per evitare ogni altro contatto con quella ripugnante presenza.

Ne aveva riconosciuto immediatamente la natura, nel momento in cui otto zampette

pelose gli avevano solleticato il dorso della mano.

Mai, in vita sua, aveva sopportato i ragni.

All'idea di essere prigioniero in quel buco da cui non sapeva come uscire, con l'unica

compagnia di  un ragno di grandi dimensioni, si sentiva morire.

Dallo spavento.

Dallo schifo.

Temeva che quella ripugnante creatura, in grado di compiere con agilità i movimenti

che a lui erano negati, gli risalisse sulla mano. 

E dalla mano al braccio.

E dal braccio al petto.

E dal petto al volto.

Gli si sarebbe potuto infilare tra i vestiti.

Avrebbe potuto cercare spazio tra gli orifizi del suo corpo.

All'interno della cavità delle orecchie.

Nelle narici.

Avrebbe potuto divorargli gli occhi.

O avvolgerlo nei filamenti setosi delle sue secrezioni.

Si sentì rivoltare lo stomaco.

Avrebbe urlato di terrore, se non avesse temuto di ritrovarsi quel mostruoso essere in

bocca, a strisciare con le sue zampe pelose sulle pareti del palato duro, e di quello molle,

fino a trascinarsi nella gola, per farsi strada nel tubo digerente.

La visione costruita dalla sua mente era così nitida e ributtante, da strappargli un urlo di

vero e proprio terrore.

NO!

Le zampette, dopo qualche istante di assoluta immobilità, ripresero a compiere

movimenti, secondo una traiettoria impossibile da definire con precisione.

Fru fru fru fru fru...

Dio.

Dio, aiutami...

Fu l'unica elaborazione che la sua mente provata riuscì a produrre in quel momento.

Una supplica accorata a Dio, perché lo aiutasse a venir fuori da quella situazione in

apparenza priva di uscita.

Dio. Dio, aiutami. Per carità.

- Perché dovrei?

Si riscosse fulmineamente dallo stato di terrore.

Uno stupore indicibile si fece largo nel groviglio intricato dei sentimenti accesi nel suo

stato d'animo dalla condizione in cui era caduto, fino a dominare il campo, sgombrandolo

da ogni altro contenuto emozionale.

- Chi... chi parla? Chi sei? Dove sei?

- Sono qui. Vicino a te.

- Vicino a me? Dove?

- Proprio accanto al tuo piede destro.

Con il palmo della mano cominciò a tastare il poco spazio libero che si trovava alla sua

destra, afferrando il vuoto.

- Dove? Non riesco a toccarti!

- Sono qui. Per terra. E poco fa, quando ho cercato di catturare la tua attenzione, ti sei

ritratto contro la parete...

- Poco fa? Poco fa...?! No. Non può essere. Sto diventando pazzo! E' così. Sto diventando

pazzo! Dio, aiutami!

- Perché dovrei?

- Perché dovresti... cosa?!

- Perché dovrei aiutarti?

- Che diavolo...? Lungi da me il chiedere il tuo aiuto, essere ripugnante! Ho chiesto l'aiuto

di Dio!

- Tu chiedi aiuto a Dio. E Dio ti chiede, a sua volta, di fornirgli una ragione plausibile per

scomodarsi ad aiutarti.

- Dio... ma chi sei? Cosa diavolo sei tu?

- No! Non scomodare il diavolo... qui ci siamo solo io e te. Tu sei tu. E io sono Dio.

L'ansia covata negli ultimi istanti esplose in lui in una sonora risata.

- Ah ah ah! Ma fammi il piacere! Tu sei solo un piccolo lurido insetto venuto a

importunarmi in questo buco sporco e maleodorante in cui per ragioni sconosciute mi

trovo prigioniero! Ma fammi il piacere...

- E se ti dicessi che quel lurido buco maleodorante sei tu?

- Mi prendi in giro per caso? Potrei schiacciarti da un momento all'altro, e se non lo faccio è solo perché ho bisogno di qualcuno con cui parlare per dare ordine ai miei pensieri e trovare una soluzione a quello che sto vivendo. Ma se ti ostinerai a prendermi per il culo, non lo sopporterò a lungo... no no!

- Per quanto mi riguarda, posso stare anche zitto e farmi da parte... purché tu la smetta di interpellarmi per chiedermi aiuto... senza contare, poi, che nessuno può aiutarti a liberarti da te stesso...

- Allora hai proprio deciso di farmi incazzare con questa storia che tu sei Dio! Ti ho già detto di smetterla!

- D'accordo. La smetto.

E rimase in silenzio.

E cessò di produrre ulteriori fruscii, segno della sua presenza.

L'uomo, dapprima, parve sollevato.

Tirò un sospiro di sollievo.

Qualche minuto dopo, tuttavia, il buio e il silenzio cominciarono a gravare, in quello

spazio ristretto, come macigni giganteschi, producendo in lui un fastidioso senso di

soffocamento. Era un tipo orgoglioso, lui, troppo orgoglioso per ricredersi e cercare

nuovamente la compagnia del piccolo essere dalle zampe pelose.

Così attese.

Minuto dopo minuto, attese che lui rompesse nuovamente il silenzio.

Attese invano. Per ore.

Allo stremo delle forze, si convinse che non era il caso di lasciarsi guidare ancora dall'orgoglio.

- Ehi, piccoletto? Ci sei?

- Ci sono. Ci sono.

- E perché non mi parlavi?

- Perché tu stesso, qualche ora fa, mi hai chiesto di rimanere in silenzio.

- Che era poi quella baggianata che mi hai raccontato su Dio?

- Baggianata? Non dico mai baggianate.

- Vorresti farmi credere che sei Dio?

-Certamente lo sono. Cosa ti indurrebbe a credere il contrario?

- Beh... Dio è forte... è potente... è grande... è bello! Tu, invece, sei piccolo, ripugnante, fragilissimo. Con un colpo di scarpa potrei porre fine alla tua vita, se solo lo volessi. Non puoi essere Dio... diamine... raccontane un'altra, diamine!

- Sarò anche fragilissimo, ma quando hai avvertito la mia presenza, hai urlato di terrore, allora come vedi, non sono poi così fragile, dal momento che ti incuto tanta paura... benché, a dire il vero, non è mia intenzione incutere paura a chicchessia. Il fatto è che se ne raccontano tante sul mio conto... quasi tutte chiacchiere prive di fondamento...

-Chiacchiere prive di fondamento? Sentiamo, allora, quali sarebbero le chiacchiere?

- Quelle che stavi raccontando tu un istante fa, per esempio.

- E perché dovrei crederti?

- Perché non dovresti?

- Beh... allora, se sei veramente Dio, fammi uscire di qui. Subito!

- Te l'ho detto. Impossibile.

- Impossibile? Perché?!

-Perché sei un essere dotato di libero arbitrio. E non è in mia volontà farti uscire da una

condizione in cui tu stesso hai scelto di stare. Comprendi?

- Io non ho mai scelto di stare in questa condizione. Liberami, dunque.

- No. Sei tu che devi farlo. Al posto mio. Sei tu che hai più ripetutamente espresso il bisogno di liberarti della presenza dei tuoi simili. Sei tu che hai fatto il possibile per realizzare il tuo bisogno. Sei tu che hai usato violenza, hai ucciso, hai ferito, stuprato, guastato, storpiato tutto ciò che ti circondava... e per di più l'hai fatto in nome mio, quando io mai e poi mai avrei avuto in mente di compiere tutte quelle nefandezze.

- In nome tuo? Ma che dici?

- Dico. Dico. Voi uomini, quando vi accingete a compiere i crimini più turpi a danno dei vostri simili e degli altri esseri cui io ho voluto donare la vita, non avete neanche il coraggio di farvi carico delle vostre responsabilità, e vi nascondete dietro il nome mio. Il nome di Dio, per l'appunto.

- Per l'appunto? Ma che dici? 

- Non è forse vero che hai fatto il possibile per recare danno a te e a qualsiasi altro essere vivente girasse nei tuoi paraggi?

- Beh... in effetti... ne ho ammazzati più di uno. Ho inquinato qualche falda acquifera, ho stuprato qualche donna, ho lasciato morire di fame più di una persona... ma l'ho fatto a fin di bene, questo devi riconoscerlo.

-Quello che tu ritieni essere il bene, è totalmente discosto da quello che Dio ritiene essere il Bene. Quello che tu ritieni essere il bene è solo la soddisfazione divenuta atto del tuo smisurato delirio di onnipotenza. E nel tuo smisurato delirio di onnipotenza hai creduto che la vita fosse una tua proprietà e tuo bene esclusivo e ne hai fatto ciò che ritenevi giusto per i tuoi comodi, agendo, per di più, in nome mio. Ora vieni a supplicarmi di aiutarti, ma sei tu che hai deciso di alienare la vita che c'era in te e intorno a te. Dio non può fare per te niente più di quello che sta facendo...

- E che stai facendo, dimmi?

-Ti sto facendo compagnia. Perché sei solo. Solo. Solo.

-Allora ti faccio pena.

- Non pena. Compassione. Ti conosco così a fondo, dal momento che ti ho creato, da non poter non provare compassione per la dolorosa evidenza del vuoto che tu stesso hai creato in te e attorno a te. 

- Allora liberami!

- Dal momento che il vuoto persiste, dal momento che, indotto a compassione, ti ho parlato e non mi hai ascoltato, so con certezza, e lo sapevo anche prima di parlarti, che la mia presenza accanto a te è totalmente inutile. Non hai compreso. Non hai compreso di essere ciò che sei diventato per tua scelta. 

- Non ho scelto di essere chiuso in un buco maleodorante!

- Meglio che vada.

-Aspetta!

-Vorrei dirti "Addio", ma dubito ci incontreremo nuovamente.

-Aspetta! Aspetta! Aspetta!

Il fruscio delle zampe fu l'ultimo suono che lui riuscì a percepire, nel fondo di quel buco maleodorante da cui non avrebbe mai trovato la strada per uscire.

Perché così aveva deciso.

E neanche ne era consapevole.

 

 

 

 

 

 
 
 

NOTA DELL'AUTRICE DEL BLOG

Tutti i testi qui pubblicati

sono esclusivo frutto della mia creatività. Cinzia M.

Tutti i diritti sono riservati.

Ho scorto su You Tube un canale intitolato Rubra Domus.

Non ha a che fare con me, che sono unicamente l'autrice

di questo blog e dei testi che vi sono quotidianamente

inseriti.

Cinzia M.

 

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