Creato da: k.r.i.s.t.o il 16/08/2007
VIAGGIO NELLO SPAZIO DI UNA DIVERSITA'

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QUALE IDENTITA?

Post n°1 pubblicato il 16 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

La prima Galassia che esploreremo è quella della IDENTITA'  Gay nel 2000.

Quale è secondo Voi il modello più attuale , o meglio, quello più funzionale alla emancipazione della figura omosessuale dagli stereotipi che infestano il mondo intero?

Vale a dire il modello "Gay pride" serve ancora alla causa o forse è il momento di cambiare?

E' chiaro che parlare di "modelli" è di per se riduttivo e, forse, è un approccio non completamente adatto  per descrivere fenomeni che sono in continua evoluzione : Proviamoci allora per gioco, senza avere la presunzione di fare "una cosa seria",e discutiamone come se fossimo ai tavolini di un bar in una bella sera d'estate.

Personalmente ritengo che è ora di superare un tipo di atteggiamento provocatorio, che sicuramente ha aiutato moltissimo tutti ma che oggi non rende possibile l'affermarsi di un modello interlocutorio adatto ad una societa' (parlo ovviamente del mondo occidentale) più aperta, che è ormai a conoscenza della vastità del fenomeno e che potrebbe essere pronta a discuterne senza essere spaventata.

Occorre, a mio avviso, riporre le piume e i lustrini,coprire i seni e i muscoli, se serve mettersi la cravatte e provocare con un "quotidiano conformismo".

Forse occorre incominciare ad essere educati, a rispettare chi non la pensa come noi e cercare di convincerli non provocandoli . Essere un po' Ghandiani.....

Che ne dite???????????

*****************************************************************************************

 
l'approccio scientifico  

 Mentre proseguiamo il nostro viaggio nella Galassia Identita' , diamo un' occhiata al materiale scientifico che abbiamo portato con noi dalla Terra, frutto degli studi dei nostri migliori scienziati:

IDENTITA' OMOSESSUALE

 

Scritto da Fabrizio Quattrini   

http://www.iissweb.it/index.php?option=com_content&task=view&id=77&Itemid=0 

  

"L’identità definita come il senso proprio della propria esistenza continuo attraverso il tempo e distinto, come entità da tutte le altre, sottolinea l’importanza di una naturalità nel vivere se stessi a prescindere dalle influenze socio-culturali. Questo elemento si dovrebbe ripercorrere in qualsiasi vissuto identificatorio del proprio essere e definire se stessi, ma quando si tratta di identità sessuale, il riferimento del contesto sociale, nonché gli stereotipi e i pregiudizi annessi possono rivelarsi estremamente pericolosi.

Come evidenziano Barbagli e Colombo (2001) durante la formazione dell’identità sessuale vengono integrati tre elementi significativi. Il primo riguarda i sentimenti, che sottolineano, per mezzo del desiderio e dell’affettività, l’attrazione e l’amore provati per un’altra persona. Il secondo si caratterizza con il comportamento dell’attività erotica, mentre il terzo elemento riguarda più propriamente l’identità dell’individuo, ovvero l’insieme di significati che una persona attribuisce a quello che sente e che mette in atto.

Fra sentimenti, comportamenti e identità sembrerebbe non esserci una piena corrispondenza. L’unico elemento che può creare un filo conduttore risulta essere la definizione dell’orientamento sessuale, ovvero la direzione verso la quale un individuo volge la sua energia erotica: orientamento bisessuale (verso entrambi i sessi), orientamento omosessuale (verso lo stesso sesso) e orientamento eterosessuale (verso l’altro sesso).

Nella ricerca dell’identità sessuale è quindi auspicabile riconoscere l’orientamento come indicatore che, precocemente, nella vita di un individuo emerga in modo immutabile o per lo meno tendenzialmente stabile. È in linea con questa affermazione che sottolineo l’importanza del coming out, a prescindere dal tipo di orientamento sessuale, come riuscita unificatrice della tendenza di vivere i propri sentimenti, nonché i propri comportamenti, quindi nella definizione chiara della propria identità sessuale.

L’identità omosessuale, come quella etero o bisessuale necessita di un’autoaccettazione, ovvero di un autoriconoscimento. Risulta essere significativamente importante il riconoscimento personale, la cognizione di avere sentimenti omosessuali, ovvero “..la consapevolezza intesa come sviluppo psicologico privato che favorisce una crescente comprensione psicologica”in toto (Del Favero, Palomba, 1996), infine, ma non di minore importanza, rimane il confronto con il contesto sociale di riferimento. Questo passaggio risulta essere necessario per poter radicare e rendere sicura l’identità omosessuale raggiunta.

A tale riguardo sono indispensabili tutte quelle esperienze sociali dettate da quegli interventi culturali, ludici, comunque di aggregazione, che possono rinforzare e chiarificare il momento di passaggio all’accettazione di sé: un sé multifunzionale che evidenzia il sentirsi uomo o donna, gay o lesbica, in generale un individuo sociale.

Essere gay e lesbica oggi sottolinea uno spazio dettato da lotte e conquiste sviluppatesi nella storia dei tempi. Fino a trenta anni fa gli omosessuali non riuscivano a fare emergere a pieno la propria identità sessuale e questo, spesse volte risultava d’impedimento nella formazione dell’intera struttura dell’identità personale, provocando ripercussioni catastrofiche nella realizzazione di sé come uomini e donne.

Dal momento in cui un gay o una lesbica integrano l’identità personale con la piena consapevolezza di provare un’attrazione erotico-sentimentale verso il proprio sesso biologico, hanno l’obbligo di corrispondere liberamente le proprie emozioni all’interno di una esperienza relazionale “sicura”, o comunque socialmente accettata e condivisa.

Senza addentrarsi nei cunicoli dei riconoscimenti istituzionali della coppia gay e lesbica del panorama italiano, credo fermamente che sia necessario arrivare a costituire una valida soluzione all’unione civile delle coppie di fatto omosessuali, affinché il percorso dell’identità e nello specifico dell’identità sessuale omosessuale, segua il corso naturale degli eventi."

 

 
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" OPUS GAY "

Post n°2 pubblicato il 17 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

Continua il nostro viaggio nell' universo Gayo con lo scopo dichiarato di esplorarne le varie galassie.

La nostra ipertecnologica strumentazione di bordo ci segnala che ci avviciniamo alla Nebulosa Solidarieta!!!!

La solidarieta' è alla base di ogni rapporto o relazione ed è determinante per ogni essere umano,ma per un gay assume, forse, significati ancora maggiori: sono infatti le espressioni di solidarieta' che ci aiutano nel momento in cui prendiamo coscienza di essere "speciali", che ci stimolano nelle  difficolta' di affrontare il mondo , che ci rassicurano nei momenti in cui abbiamo il cuore ferito e che ci sosterranno quando per vivere basteranno i ricordi.

Ma esiste nell' universo Gayo una vera solidarieta'??????

 Vedo intorno a me tante belle manifestazioni di affetto e solidarieta' che però raramente escono fuori dal ristretto gruppetto di amici storici e quando accade  assumono sfumature opportunistiche .

Quanti di noi sono veramente aperti verso chi come noi è "speciale"????Quanti di noi sono disposti a tendere la mano senza secondi fini ma solo perchè consapevoli del comune destino????

Lancio una idea provocatoria!

Organizziamo l' "OPUS GAY". Sulla scorta della ben più famosa Opus...., creiamo una organizzazione massonica.....magari senza silicio ne' riti propiziatori ( basta la conoscenza della discografia completa di Madonna o della Carra'...) con lo scopo di eterna solidarietà tra gli aderenti, ovviamente gay:

In parole povere...... il manager gayo assume gay, l imprenditore  gayo da incarichi a professionisti gay, i professionisti lavorano di  preferenza con clientela gay,  i prof. aiutano gli allievi gay,e tutti i gay votano politici SERi gay , etc etc

Certo sarebbe un mondo ingiusto ma quello che ci circonda funziona esattamente così, basti pensare alle lobby cattoliche ed ebraichee economiche in generale.

Forse, così facendo , nel tempo acquisiremmo quel peso nella societa' che ci consentirebbe di vivere senza difenderci e giustificarci  sempre.

Pensate che sarebbe giusto e possibile fare una cosa del genere? Chi dovrebbe farsene carico?

In quali altri modi concreti potrebbero svilupparsi comportamenti solidali?

 
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NEWS DAL CYBERSPAZIO

Post n°3 pubblicato il 20 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

ECCOVI DI SEGUITO ELENCATI TUTTI I MESSAGGI CAPTATI NELLO SPAZIO, GIUNTI DALLE GALASSIE PIU' REMOTE, ORA A VOSTRA DISPOSIZIONE .

DATE IL VOSTRO CONTRIBUTO AGGIUNGENDO TUTTO QUELLO CHE RITENETE POSSA ESSERE UTILE ALLA RICERCA..............

DAL CORRIERE DELLA SERA IT
19 agosto 2007
La sessuologa: «Una rivoluzione, tra due o tre generazioni»
Veronesi: «L'umanità sarà bisessuale»
L'oncologo: «Si farà l'amore per affetto e non per riprodursi. È il prezzo positivo pagato dall'evoluzione naturale della specie»
MILANO — Il futuro? È bisessuale. Parola di Umberto Veronesi. Intervistato ieri dal Riformista, l'oncologo ex ministro della Salute immerso nella quiete estiva di Capalbio ha scosso l'atmosfera con una tesi che fa già discutere. La specie umana — dice Veronesi — si va evolvendo verso un «modello unico», le differenze tra uomo e donna si attenuano (l'uomo, non dovendo più lottare come una volta per la sopravvivenza, produce meno ormoni androgeni, la donna, anche lei messa di fronte a nuovi ruoli, meno estrogeni) e gli organi della riproduzione si atrofizzano. Questo, unito al fatto che, tra fecondazione artificiale e clonazione, il sesso non è più l'unica via per procreare, finirà col privare del tutto l'atto sessuale del suo fine riproduttivo. Il sesso resterà — avverte l'oncologo — ma solo come gesto d'affetto, dunque non sarà più così importante se sceglieremo di praticarlo con un partner del nostro stesso sesso.

Insomma, saremo tutti bisessuali? Raggiunto dal Corriere, il professore conferma la previsione: «È il prezzo che si paga — spiega — all'evoluzione naturale della specie. Ed è un prezzo positivo ». Davvero? «Sì, perché nasce dalla ricerca della parità dei sessi: negli ultimi vent'anni le donne hanno assunto ruoli sempre più attivi nella società e questo porta con sé un'attenuazione delle differenze sessuali». Avremo uomini meno virili (il processo è già in atto: dal dopoguerra in poi la «vitalità» degli spermatozoi è mediamente calata del 50%) e donne più mascoline. Parità uguale appiattimento? «Al contrario — spiega Chiara Simonelli, sessuologa, docente all'Università La Sapienza di Roma — ciò che prospetta Veronesi è una maggiore libertà, dagli stereotipi e dai pregiudizi. Il fenomeno è appena agli inizi: perché prenda consistenza dovremo aspettare almeno due o tre generazioni».

Una rivoluzione, dunque. Ma biologica o culturale? «Entrambe: i cambiamenti della mentalità e le evoluzioni genetiche sono fenomeni correlati, e si influenzano reciprocamente. Ma si tratta di processi molto lenti». Veronesi ha la vista lunga: la società bisex è ancora lontana. Ma per trovare una civiltà capace di mettere a regime l'amore per entrambi i sessi non serve guardare avanti: nella Grecia classica, radice dell'Occidente di oggi, gli uomini non facevano mistero della passione per i ragazzi. Corsi e ricorsi della storia? «La bisessualità antica — avverte Eva Cantarella, che all'argomento ha dedicato un libro edito da Rizzoli — era molto diversa da quella che intendiamo oggi. Non era la possibilità di scegliere con chi e come avere rapporti sessuali, ma un fenomeno soggetto a regole precise. Era concessa solo agli uomini: un uomo adulto poteva avere rapporti con uno più giovane ma solo mantenendo un ruolo attivo. Raggiunta la maggiore età, gli adolescenti abbandonavano il ruolo passivo». E le donne? «Mogli e madri. L'amore coniugale, che conviveva con quello per altri uomini, era cosa diversa: in greco aveva anche un altro nome, filia, di contro all'eros passionale».

Un amore finalizzato alla procreazione: «A quella dei corpi: quello per i fanciulli, scrive Platone, era più nobile perché volto alla procreazione delle anime». E qui torniamo a Veronesi e al sesso come gesto d'affetto e non mezzo per far progredire la specie. Un valore positivo che non mette tutti d'accordo: «La scissione della riproduzione dalla sessualità e dal nucleo familiare — dice Fiorenzo Facchini, antropologo dell'ateneo di Bologna — non può essere vista come un vantaggio per la specie umana. La riproduzione per l'uomo non è solo incontro tra gameti, implica rapporti tra due persone. È la naturale condizione umana a richiederlo. In un momento in cui la natura viene giustamente rimessa al centro dell'attenzione appare strana e del tutto stonata una prospettiva biotecnologica che ne usurpa le funzioni». Dunque nessun «prezzo da pagare» all'evoluzione naturale della specie? «Riguardo alla previsione di livellamento degli interessi dei due sessi e di attenuazione della sessualità nel suo significato antropologico — conclude Facchini — ritengo che l'orientamento sessuale sia definito sul piano biologico della specie e non possa essere messo da parte».
Giulia Ziino
Copyright 2007 © Rcs Quotidiani Spa
CHE NE PENSATE????????????????
 
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......... i dubbi di Gino ..........

Post n°4 pubblicato il 21 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 

******   Gino e l'alfetta  ******

di DANIELE SILVESTRI   www.danielesilvestri.it

http://www.youtube.com/watch?v=AIleYqoKhPs

Vado di fretta
vado di fretta                                             
non ho più tempo
datemi retta
Gino mi aspetta
dentro un'Alfetta

piena di muffa
Vado di corsa
vado a una festa
piena di gente              
molto entusiasta                       
ora non posso
vado di prescia
forse ritorno
ma non è una promessa
Vado di fretta
vado di corsa
quello che serve è tutto dentro alla borsa
e per adesso mi basta
Maria sei sempre mia
sei l'unica possibile
ma di Gino io mi fido un po' di più

lui mi conquista                                     
e mi rilassa
        
Gino ha i miei stessi punti di vista
e per adesso mi basta
Ehi ehi
sono gay sono gay
non sono gay, no non sono gay         
sono gay sono come vuoi
oggi sono lui
da domani poi se lo vuoi
sarò lei
sarò solo lei
mi dirai: come fai
come mai non lo sai cosa sei
sei diverso da noi
ma che vuoi, sono gay fatti miei
che disturbo ne hai
quale enorme disagio ne trai                     
sono gay sono gay
si sono gay
No non sono gay, ma vorrei
ma lo sai quanti geni ed eroi sono gay
non lo sai?
o non vuoi ricordare
preferisci pensare
che un gay sia una sorta di errore    
una cosa immorale
o nel caso migliore
un giullare, un fenomeno da baraccone

e lo tollererai solo in quanto eccezione
e lo tollererai solo in televisione
lo chiamano gay
e tu pensi ricchione
Maria sei sempre mia
sei l?unica possibile
ma di Gino io mi fido un po' di più
lui mi conquista
e mi rilassa
Gino ha i miei stessi punti di vista
e per adesso mi basta 

"Con Gino e l'Alfetta canto contro l'ipocrisia"

di Gino Castaldo

Di Daniele Silvestri l'inno ufficiale del corteo

ROMA - Alla faccia degli stereotipi maschio-sciovinisti, Daniele Silvestri sarà al Gay Pride, e con un ruolo non secondario. Sposato con l´attrice Simona Cavallari, padre di due figli, Silvestri ha scritto «Gino e l´Alfetta», che esce come nuovo singolo a seguire il trionfo della onnipresente «Paranza» e tratta con smascherante ironia il tema dell´omosessualità, ed è stata scelta come inno del corteo di domani.

Cosa farà esattamente?
«Non è chiarissimo, io del resto non volevo impormi, ma a quanto sembra gli organizzatori mi hanno trovato un´Alfetta per seguire il corteo, magari con l´altoparlante sopra tipo "arriva l´arrotino" per fare ascoltare la canzone».

E´ stato naturale schierarsi col Gay Pride?
«Oggi più che mai. Soprattutto per cercare di far capire che c´è qualcosa che non va non tanto nelle posizioni della Chiesa, che possono essere anche legittime, quanto nel modo in cui queste posizioni vengono accettate dal mondo politico italiano, quasi a 360 gradi. Non mi interessa il "messaggio", e infatti la canzone l´avevo scritta due anni fa, prima dei Dico e di tutto il resto, ma mi sembrava giusto cercare di smontare qualche ipocrisia sull´argomento».

Come artista si sente a disagio in questa politica?
«Non come musicista, come persona. Vorrei che fosse la politica ad avere l´autorevolezza per esprimere anche opinioni diverse ma in comune col sentire della gente. La mia canzone non è l´unico caso, stiamo più appesi a quello che dicono certi comici che i politici, è un contesto già falsato da un rapporto con la politica che è sempre più in crisi, sarà anche populismo però è vero. Del resto mi pare che oggi quando uno dice una verità gli si dà del populista. In questo caso me lo prendo volentieri».

Prima era diverso?
«Mah, questo disagio non è nuovo. L´ho sofferto da subito, in fondo sono figlio degli anni Ottanta. Sono cresciuto al Mamiani, una delle scuole più politicizzate di Roma, ma facevo parte di una generazione che era vista da quelli più grandi con un certo disprezzo. A me affascinava, mi mancava quello che mi arrivava dagli amici più grandi. Era qualcosa di potente e romantico. Ma stava già svanendo. Poi però ci si trova con tale esigenza di passione civile, che la gente va rintracciarla dove può. Magari anche nelle canzoni. Faccio un mestiere che ogni tanto mi fa stare su un pulpito, non mi piace approfittarne, ma non riesco a tirarmi indietro, ogni tanto bisogna dire qualcosa, anche rischiando in proprio».

Torniamo al Gay Pride. Pensa che riuscirà a smuovere qualcosa?
«Onestamente no, perché già immagino come verrà presentato dai canali informativi, ma allo stesso tempo trovo che sia un diritto sacrosanto, e non stiamo parlando di una categoria, ma di una grande fetta della nostra popolazione. Magari ci saranno eccessi, perché tutto si deve svolgere in un giorno, ma questo fa parte di una situazione in cui di solito si è costretti a nascondersi. Sarà come il carnevale: l´occasione per tirare fuori tutto, nella massima libertà».

 

 


 

 
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BEIRUT, LA SPERANZA DEI GAY IN FUGA DAL MONDO ARABO

Post n°5 pubblicato il 23 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

21-08-2007 - La Repubblica - FRANCESCA CAFERRI
(10)
Perseguitati in patria trovano in Libano un´oasi di tolleranza

Qui come nel resto del Medio Oriente l´omosessualità è reato: ma vige la regola del "vivi e lascia vivere"
Quattro anni fa è nata la prima associazione gay della regione. E poi discoteche, spiagge e ristoranti che attirano clienti da tutta l´area
Il caos politico aiuta gli omosessuali: "I politici sono troppo impegnati a sopravvivere per curarsi di noi"

DAL NOSTRO INVIATO
BEIRUT - Il sabato sera Acid è affollato come non mai. Venti dollari di ingresso garantiscono musica e open bar fino alle cinque della mattina, una rarità nei locali di Beirut, dove un solo drink può costare altrettanto. Ma i ragazzi in fila fuori dalla porta non sono qui solo per questo: Acid ha successo perché è una discoteca apertamente gay, un luogo raro in un mondo arabo dove l´omosessualità è un reato che può essere punito con la pena di morte.
Anche in Libano ufficialmente essere gay è contro la legge, ma qui la maggior parte delle volte la polizia chiude un occhio di fronte a locali e spiagge gay friendly. Non altrettanto accade in Iran, in Egitto o in Arabia Saudita: negli ultimi anni per i gay ci sono state retate, arresti, torture e condanne a morte. Per questo decine di omosessuali del mondo arabo ogni anno cercano rifugio in Libano. E per questo nei fine settimana in centinaia, dal Libano e dal resto della regione, si ritrovano in posti come Acid, dove si respira aria di libertà.
«Qui prevale la legge del "vivi e lascia vivere"», spiega George Dazzi. Capelli scuri e fisico asciutto, 28 anni, è il presidente di Helem - acronimo per Protezione libanese per lesbiche, gay, bisessuali e transgender, ma anche "sogno" in arabo - la prima associazione di omosessuali nel mondo arabo. Nata quattro anni fa a Beirut, Helem è stata la prima a parlare pubblicamente di diritti dei gay in questa parte del mondo: un modello a cui si stanno ispirando gruppi simili nei Territori palestinesi e in Marocco.
Nel week end molti dei suoi membri di ritrovano ad Acid: dentro la discoteca gay, lesbiche, qualche drag queen ma anche molti eterosessuali ballano al ritmo della musica tecno e dell´arab pop di Haifa e Alissa. Le coppie si sfiorano da vicino ma stanno ben attente a non toccarsi: l´articolo 534 del Codice penale libanese punisce chi compie reati "contro natura" e gli addetti alla sicurezza vigilano che nessuno si baci o si tocchi, atti che sarebbero perseguibili. Acid cammina su un sentiero stretto: nel marzo 2003 un raid della polizia portò all´arresto e all´incriminazione di 200 persone in base all´articolo 534. Nessuno finì in carcere per più di qualche ora ma il monito era chiaro: «Pochissime persone negli ultimi anni sono state condannate - racconta Dazzi - ma la norma è sempre lì e noi non ci sentiamo protetti: se ti succede qualcosa non puoi rivolgerti alla polizia perché potrebbero perseguirti. Se qualcuno vuole vendicarsi di te, ti denuncia e spera che ti incastrino».
Uno stato di insicurezza che Sooheil ha sperimentato sulla sua pelle: il fisico palestrato e la maglietta nera con gli strass rendono le sue preferenze sessuali piuttosto chiare. «Mi hanno tirato sassi e minacciato con un coltello - dice - certo, potrei vestirmi in modo meno vistoso: ma io sono quello che sono e non mi voglio nascondere. Le cose stanno lentamente migliorando, spero che continui». Il caos in cui il paese è precipitato dopo l´assassinio dell´ex primo ministro Rafiq Hariri nel 2005 ha aiutato la comunità gay. «I politici sono impegnati a sopravvivere e non si curano molto di noi», dice Dazzi.
Nessuno però sa se e quanto durerà. «Nella società araba ci si aspetta che gli uomini seguano l´idea comune di mascolinità. Qualunque cosa minacci questo modello è vista come una minaccia», racconta Brian Whithaker, autore di Unspeakable love, un libro sull´omosessualità in Medio Oriente. Whitakher racconta di gay e lesbiche cacciati di casa, sottoposti a cure anti-depressive e ad elettroshock per volere delle famiglie. «Un figlio gay nel mondo arabo getta disonore sull´intero clan. Se un fratello è omosessuale nessuno vorrà sposare le sorelle», spiega la psicologa Reina Sarkis.
Ramzi lo sa ma non vuole ammetterlo: «I miei amici e miei colleghi sanno che sono gay. Qualcuno si è allontanato, ma nel complesso sono stato fortunato», racconta al Bardò, un altro dei locali gay-friendly della scena notturna beirutina. E la famiglia? «Quella è un´altra cosa. Li sconvolgerebbe. Finchè la pressione per sposarsi non sarà troppo forte non ci parlerò, poi vedremo». I genitori di Sooheil invece sanno da quando aveva 18 anni. «Lo hanno accettato. L´unica volta che si sono davvero turbati è quando sono arrivato a casa con un ragazzo musulmano. Mia madre ha detto: "Fai sesso con chi vuoi, ma almeno che sia cristiano come te"». Pochi in Libano hanno il coraggio di Sooheil. «La maggior parte degli uomini sceglie di vivere una doppia vita - interviene ancora Sarkis - per le ragazze è più semplice: riescono a nascondersi meglio».
La condanna dei gay in Libano è una delle poche cose che mette d´accordo i leader delle diverse comunità religiose, cristiane o musulmane che siano: «Usano tutti le stesse parole - prosegue Dazzi - in sostanza ci danno dei pervertiti». Ma nel resto del mondo arabo il quadro è molto peggiore: in Egitto, dopo la retata del 2001 contro l´imbarcazione Queen Boat che ospitava una festa gay, decine di partecipanti sono stati incarcerati e torturati. In Iraq solo dopo molte insistenze l´ayatollah Al Sistani ha fatto togliere dal suo sito la fatwa con cui condannava a morte i gay. In Iran e in Arabia Saudita un incontro omosessuale può portare alla pena di morte.
Per questo nella regione le spiagge, gli hammam e i club gay friendly di Beirut sono considerati una sorta di paradiso: «A causa della crescita del fondamentalismo religioso e della situazione politica internazionale negli ultimi anni la situazione per i gay arabi è diventata più difficile», prosegue Whitakher. «Nella testa di molte persone la questione dei diritti sessuali è legata all´idea di Occidente. E quindi condannata», spiega.
Nello stesso tempo però Internet ha creato reti di solidarietà che prima non esistevano. La stessa Helem pubblica in Rete Barra, la prima rivista gay del mondo arabo: «Il fatto stesso che un´organizzazione così esista è importante: è come Al Jazeera negli anni ‘90: non diceva nulla di davvero nuovo, ma era la prima volta che certe cose erano dette in arabo e da un paese arabo», conclude Whitakher.
Sentirsi un´avanguardia dà ai membri di Helem la forza di continuare: pochi mesi fa il gruppo ha organizzato un dibattito sull´omofobia e per il prossimo anno prepara un evento internazionale. Forse allora la bandiera arcobaleno esposta negli uffici dell´associazione potrà essere spostata fuori dalla porta: «Non si può mai dire - conclude Dazzi - quattro anni fa la maggior parte dei giornali arabi ci davano dei pervertiti. Oggi già ci chiamano omosessuali. È un progresso, anche se quelli che dicono che dovremmo morire non mancano mai».


 
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...l'olocausto è ancora in corso...

Post n°7 pubblicato il 27 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

La donna iraniana Pegah Emambakhsh rischia la vita perché lesbica. Lo stabilisce - stando a quanto si è finora appreso - la Shari'a o legge islamica che viene applicata in Iran. Secondo alcune ricostruzioni della sua vicenda, la Emambakhsh è fuggita dall'Iran nel 2005 - passando prima in Turchia e poi andando in Gran Bretagna - dal momento che la sua compagna, nel loro Paese di origine, era stata torturata e condannata a morte per lapidazione. Ma non solo: anche il padre di Pegah sarebbe stato arrestato, interrogato e infine torturato dalle autorità per gli spostamenti della figlia. Che poteva rappresentare - evidentemente - una minaccia per la "immagine" del regime.

Adesso, c'è un pronunciamento del governo inglese da attendere. Per ora, si sa che l'asilo le è sempre stato negato, al punto che per martedì 28 agosto è già stato prenotato il volo per rimpatriarla (volo British Airways, numero BA6633). La partenza è stata fissata alle 21,35 ore britanniche. Per questo, lunedì organizzazioni gay e lesbiche italiane e alcuni gruppi - tra cui Verdi, i Radicali Italiani e i Ds - hanno organizzato un Sit-in di fronte all'ambasciate britannica, a Roma, affinché da Londra arrivi un ripensamento e alla Emambakhsh venga concesso asilo.

Ma se così non fosse, afferma il ministro della Giustizia Clemente Mastella, «la mia opinione e quella del mio governo è cioè di fare tutto perché Pegah Emambakhsh, nel rispetto delle leggi vigenti, abbidiritto di asilo». Aggiunge il viceministro degli Esteri italiano Patrizia Sentinelli: «Abbiamo attivato tutti i canali diplomatici per evitare che Londra la rimpatri in Iran dove rischia la vita. Ma se verrà espulsa siamo pronti ad accoglierla».

«È una battaglia di civilità, mobiliti tutte le coscienze», chiede Ivana Bartoletti, responsabile nazionale Diritti civili dei Ds, e poi annuncia la sua partecipazione alla manifestazione. Anche i Verdi aderiscono al sit-in di lunedì pomeriggio per Pegah: «Mobilitarsi per salvare la vita a una persona condannata a morte solo perché accusata di essere lesbica è un dovere civile», afferma il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio. «È necessario formalizzare la disponibilità ad accogliere in Italia Pegah avanzata anche dal ministro Barbara Pollastrini perché altrimenti le dichiarazioni non impediranno il rimpatrio. E il tempo sta per scadere», ha dichiarato l'europarlamentare dei radicali Marco Cappato. Ma c'è anche il sindaco di Venezia ,Massimo Cacciari, che a sua volta aderisce «con totale convinzione alla campagna per la salvezza di Pegah Emambakhsh» e offre ospitalità alla donna nella «tradizione di Venezia città-rifugio per i perseguitati, già onorata in un recente passato».

Pubblicato su “l’Unita’” il 25/08/2007

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La questione impone alcune riflessioni:

Le autorita' inglesi rifiutano la concessione del permesso di soggiorno in base alla difficolta' di dimostrare l'omosessualita' di Pegah: ma come si fa a provare, al di la' di ogni ragionevole dubbio, di essere gay? E se non lo puoi provare torni a casa dove , per aver detto pubblicamente di essere gay, comunque ti lapideranno!!!!!!!

Ben ti sta....sei bugiardo!!!!!!!!!!

L'unica è una prova testimoniale!   Basteranno 10/15 partners pronti a giurare di aver avuto rapporti completi? Solo uno o due non sarebbero sufficienti perchè in quel caso il comportamento omosessuale potrebbe essere stato solo frutto di un capriccio e non di un preciso orientamento..

Eh si', perchè se sei omosessuale tale devi rimanere per sempre! Mica è prevista la possibilita' che tu possa innamorarti di qualcuno di un sesso diverso!

Il pericolo che si possa mentire per non farsi rimpatriare esiste, ma non penso che solo per avere un permesso di lavoro si dichiari  pubblicamente di essere omosessuale, specie se di cultura islamica.

il problema è stabilire le prove ammissibili e su chi ricade l'onere della prova!

Strano è ,inoltre, che tutto questo accada in Inghilterra. Certo gli inglesi sono sempre stati puritani e conformisti ma avanti rispetto a molti altri paesi europei in tema di diritti umani. Sarà che sta crescendo la pianta del razzismo?

Ancora piu' paradossale è la disponibilita' italiana ad accogliere Pegah.....Persino mastella si è dichiarato favorevole......Forse la strategia è di far venire tutti i gay in italia per poi rieducarli con l'aiuto della Chiesa?

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I PAESI "DELLE MILLE NOTTI"

Post n°8 pubblicato il 29 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

 

 

 

 

 

 

 

 

LA DIFFICILE CONDIZIONE DEGLI OMOSESSUALI ARABI
martedì 21 agosto 2007 , di la Repubblica

 

 

 

 

 

 

 

 

Di.TAHAR.BEN.JELLOUN

Nel mondo arabo l´omosessualità è vissuta come un peccato, una colpa da nascondere, e non da esibire pubblicamente. L´Europa ha conosciuto condizioni identiche, anche se oggi la rivendicazione gay è ormai corrente, alla Tv, nella pubblicità così come in molti libri e testimonianze che affermano chiaramente quest´appartenenza sessuale. L´Islam, al pari delle altre due religioni monoteiste, vieta l´omosessualità con fermezza. Ma l´ipocrisia sociale è dovunque la stessa: fate come vi pare, purché non se ne sappia.nulla.

Qualche anno fa la polizia egiziana arrestò i passeggeri di una chiatta sul Nilo: tutti uomini, riuniti lì per una festa di compleanno. Denunciati da un vicino per devianza sessuale, furono perseguiti per offesa alla morale e turbativa dell´ordine pubblico, e subirono condanne severe; solo alcuni riuscirono a salvarsi grazie a una mobilitazione internazionale. In Marocco, nell´estate 2002 alcuni omosessuali furono arrestati per disturbo alla quiete notturna, ma rilasciati alcuni giorni dopo senza che la pubblica accusa avviasse un procedimento a loro carico. Il caso è stato interpretato da alcuni come un segno di tolleranza, da altri come un incoraggiamento a esibire in pubblico la propria differenza sessuale. Come già è avvenuto in Europa, sarà la letteratura ad affrontare questo tabù. Innanzitutto l´autobiografia di Mohamed Choukri, pubblicata in Francia col titolo «Le pain nu» (Il pane nudo), che ho tradotto nel 1981. Quest´opera ha avuto un successo mondiale, e ne è stato tratto un film. Non è un libro sull´omosessualità, ma il protagonista parla dei giovani poveri che si prostituiscono a clienti stranieri per non morire di fame.

All´inizio degli anni 1990, un giovane marocchino che si firma Rachid O. pubblica, per i tipi di Gallimard, una testimonianza diretta della propria vita di omosessuale. Poi, nel 2005 Abdellah Taïa, nato a Rabat nel 1973, dà alle stampe il racconto «Le Rouge Tarbouche», in cui parla della sua omosessualità senza giri di parole; e la rivendica a pieno titolo nel romanzo «L´armée du Salut» (L´esercito della salvezza) pubblicato un anno dopo da Edition du Seuil (Parigi). La stampa marocchina se ne occupa per giudicarlo in termini per lo più spregiativi, scrivendo ad esempio: «Si è prostituito per piacere all´Occidente»; oppure: «A parlare non è lui, ma il suo posteriore»; o ancora: «Lo pubblicano e ne parlano solo perché è omosessuale», ecc. Nel giugno 2007 il settimanale marocchino «Tel quel» ha dedicato la sua copertina e un dossier di sette pagine a questo scrittore, che ne ha approfittato per denunciare l´ipocrisia di chi tollera l´omosessualità, pur considerandola una malattia o una colpa. «In Marocco, ha detto, la trasgressione è pratica quotidiana, ma viene taciuta per salvare le apparenze».

Abdellah Taïa si è esiliato in Europa per timore di essere aggredito fisicamente da qualche fanatico. Sua madre aveva appreso con sgomento che il figlio non si sarebbe mai sposato, né mai le avrebbe dato dei nipotini; era affranta per la vergogna e il timore dei commenti di parenti e vicini. Ma Abdellah Taïa aveva scelto, come ha detto lui stesso, «la via della libertà» e doveva «percorrerla fino in fondo».

Gli omosessuali del mondo arabo hanno incominciato a organizzarsi nei paesi d´immigrazione. In Francia esistono ad esempio varie associazioni di omosessuali e di lesbiche di origine magrebina. Ma il fatto nuovo è l´evoluzione delle mentalità in Marocco, dove a poco a poco si incomincia a trovare il coraggio di parlare di questi «devianti sessuali». «Kif Kif» (espressione che significa «fa lo stesso») è un´associazione marocchina che non nasconde di difendere la differenza sessuale.

Il bestseller della letteratura araba di questi ultimi anni, Palazzo Yacoubian (Feltrinelli), racconta tra l´altro la vita e le vicissitudini di un intellettuale omosessuale e occidentalizzato, che finirà assassinato da un fanatico. Tutto il cinema dell´egiziano Youssef Chahine è una difesa di questa differenza, e benché la rappresenti a modo suo, è chiaro a tutti che si tratta dell´omosessualità; in un suo film compare anche un contadino tentato dalla zoofilia.

Tuttavia nel mondo arabo non si è ancora arrivati a organizzare dibattiti televisivi su questo problema. L´evoluzione delle mentalità è lenta.

Dal canto loro, gli islamisti marocchini conducono una campagna contro il «turismo sessuale», in particolare nei confronti degli europei che vengono in Marocco in cerca di ragazzi. A Marrakech vi sono stati episodi tragici di questo tipo, e alcuni omosessuali europei sono stati incriminati per pedofilia.

Il Marocco ufficiale sta invece portando avanti una politica di grande apertura verso il turismo, pur mantenendo la vigilanza per evitare che questo Paese diventi un «paradiso del vizio».

(Traduzione di Elisabetta Horvat)

 

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....NON DIMENTICHIAMO MAI CHE NOI SIAMO DEI PRIVILEGIATI A VIVERE IN EUROPA: la maggior parte degli omosessuali lotta nel mondo per restare in vita. OGNUNO DI NOI HA DELLE RESPONSABILITA', CON I PROPRI COMPORTAMENTI E LE PROPRIE IDEE, VERSO CHI GUARDA A NOI CON SPERANZA.

L'OLOCAUSTO GAY E' ANCORA IN CORSO

 

 
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Post N° 9

Post n°9 pubblicato il 29 Agosto 2007 da k.r.i.s.t.o
 
Foto di k.r.i.s.t.o

Riporto di seguito alcune righe da una presentazione fatta da FABIO BOZZATO al libro di PAOLO ZANOTTI “Il gay”, Fazi Editori:

 

Gay, gaio, allegro, come lo scelgono i movimenti di liberazione del Novecento, in contrapposizione al lugubre abbecedario normalmente usato.Le sue radici affondano nel settecentesco inglese “dissoluto”,che finisce declinato,un secolo dopo,in “invertito”.D’altronde, il contrario, “straight”, è diritto, ma anche franco,onesto, senza fronzoli, adatto “a riassumere tutte le caratteristiche della virilità ideale”.

Gay, dunque, prima che una parola è una mappa storica, un sedimento di segni dolorosi e di biografie ferite  e  allo stesso tempo un’utopia reale una folata di desideri di libertà iscritti sui corpi.

Paolo Canotti ci infila in questa storia “si racconta come è stata inventata l’identità omosessuale”.

 

Omosessuale. E’ il 1869:Karol Maria kertenby usa per primo questa parola, in una lettera al Ministro della Giustizia prussiano pronto a varare il famigerato Paragraph 175. Ma essendo meno rutilante dei suoi concorrenti ed un po’  inelegante nella sua mescolanza di greco e latino, omosessuale iniziò a diffondersi solo dagli anni novanta del secolo e consolidò la sua posizione grazie a Freud, che lo preferì in quanto più neutro.

 

E’ sempre il 1969. Karl Marx riceve un pampleth in difesa dell’omosessualità e lo gira al suo sodale Engels che gli risponde” i pederasti iniziano a contarsi  e stanno scoprendo di essere una potenza, tale da trasformare “la sozzura in una teoria”.

 

Prima di “omosessuale” è “sodomia”, l’eresia religiosa tale da meritare il rogo.Dopo “omosessuale” è l’amore che non osa dire il suo nome”, per O.Wilde.E prima di “gay” è il precipizio dellevite non degne di essere vissute”, per Himmler e i suoi specialisti.

 

La chiave, ci dice Canotti, sta nel passaggio storico dell’egemonia sociale della borghesia. Che, per imporsi, lavora i terreni simbolici con regole precise, contro il caos della suburbia e l’ambiguità dell’aristocrazia.

Un cambio di paradigma morale secondo codici che definiscono la divisione sessuale del lavoro, che plasmano la famiglia come l’attore vitale per l’ingranaggio sociale, che fissano le identità di genere riempiendo la cassetta degli attrezzi predatori in macchinari virili di potere maschile.

 

Per gli antichi, sottolinea Canotti, tutto ruota attorno alla duplicità attivo/passivo , che da senso ai corpi di donne e giovani , ai processi di conoscenza e saperi, ai poteri pubblici e privati.E’ solo molto dopo che la dicotomia si inclina nel genere uomo/donna, ognuno codificato da un potere maschile che rintocca i ritmi del possesso e del comando sociale.

 

D’altronde i verbali del processo ad O.Wilde scoperchiano come scandalo non tanto la sodomia in sé, quanto la scoperta di classe che Wilde stesso opera attraverso i corpi della “working class”. Allo stesso modo farà Forster nel primo Novecento, che fa incontrare il ricco Maurice e il guardiacaccia Scudder, per i quali osa immaginare anche un lietofine.

 

L’ossessione spregiudicata a categorizzare  si dipana lungo sponde scientifiche, inappellabili, dimostrabili empiricamente. Così, la medicina agita fantasmi di “inversioni” e “normalita’”, categorie e malattie:tutto viene messo al lavoro dalla fisiologia alla fisionomica, alla psichiatria.

L’omosessuale diventa un gruppo, mostruoso ed incontrollabile, da curare e da punire, da annichilire con l’elettrochoc, da rinchiudere in un manicomio, fino a precipitare nel fordismo dell’olocausto.

 

Che cos’è allora la cultura omosessuale se non il rintocco di questi passaggi?

Cos’è l’identità omosessuale se non il capovolgimento di una tossica invenzione borghese?Eccola: una straordinaria costruzione di vite, di stili, di immaginari ,di legami di profili, cataste biografiche o collettive, spinte a riconoscersi e a tessere relazioni sociali attraverso i propri corpi.

 

Oggi l’identità gay si è aggrappata a manipolare le regole sociali,chiedendo matrimoni e pacs , passando  - quasi solo negli Stati Uniti – in una storia di comunità, di gruppo etnico, come se San Francisco fosse Gerusalemme.

 

In realtà siamo di fronte ad identità di nuovo in transito, fuori e oltre l’invenzione borghese, che ora guardano alla loro frontiera “queer”,fluida, liquida, mutante, scivolosa, alla ricerca di una universalità fra i frantumi di diversità irriducibili, che attraversano singoli corpi e l’intero corpo sociale.”

 
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