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ESSERE DONNA IN BANGLADESH

Post n°2 pubblicato il 05 Febbraio 2006 da cherylinn
Foto di cherylinn

Che il Bangladesh sia fra i paesi più poveri al mondo, è un dato di fatto. Da anni Ong ed istituzioni internazionali lottano contro la povertà estrema in cui versa il paese. Più recente invece è lo sforzo profuso da organizzazioni locali, come il Bnwla (associazione nazionale delle avvocate), per affermare il rispetto dei diritti delle donne. Nel 2002 sono state aggredite e torturate più di trecento donne.

Il Bangladesh è un paese prevalentemente musulmano dove le tradizioni vengono spesso radicalizzate. Una donna non può rifiutare le "avances" di un uomo senza che questo gesto venga interpretato come un insulto alla famiglia dell’uomo. Una donna deve avere una dote adeguata per il matrimonio anche se tuttavia può sposarsi ugualmente promettendo di saldare il "debito" successivamente. Se queste regole non vengono osservate, gli uomini possono usare contro le donne terribili strumenti di ritorsione come il vetriolo.
Nel 2002 ben 485 donne sono state sfigurate da acido di batteria o vetriolo. Il dolore provato da queste donne è indescrivibile quanto commentare le immagini che documentano questo tipo di aggressione.

Il fatto che il primo ministro del Bangladesh sia una donna e che organizzazioni internazionali cerchino di sradicare questa cultura, non sembra produrre risultati incoraggianti.
Nonostante aggredire donne, torturarle con il vetriolo, sia considerato illegale, raramente gli aggressori vengono denunciati. Anche nel caso di condanne, il risarcimento non supera mai il valore di una mucca. C’è anche da considerare che secondo Trasparency International, il Bangladesh risulta essere al quarto posto al mondo nella singolare classifica dei paesi più corrotti. La polizia è facilmente corruttibile soprattutto se si tratta di difendere un uomo.
Una donna che è stata sfregiata con l’acido è automaticamente esclusa dalla società. Non riuscirà mai a sposarsi, né ad avere figli ed in molti casi la stessa famiglia ripudia la figlia aggredita perché diventa un peso economico.
Per far fronte a queste situazioni di emergenza, Ong come Coopi, hanno investito risorse importanti per la costruzione di un centro di plastiche facciali. Il primo passo è quello di reinserire le donne vittime di aggressioni nella società.
L’iniziativa di Coopi, che ha inviato in Bangladesh psicologi, infermieri e chirurghi, ha permesso di intervenire su oltre cento casi. L’attività di cooperazione è stata anche incentrata sulla formazione dei medici locali per fronteggiare questo tipo di emergenze.
I progetti come quello di Coopi, sono soluzioni tampone, ma cosa si può fare per eliminare il problema alla radice?
Indubbiamente la povertà è un fattore rilevante. Ho già ricordato che il motivo principale delle aggressioni al vetriolo è il mancato pagamento della dote da parte della donna. Il Bangladesh ha 140 milioni di abitanti di cui 70 che vivono nella povertà più assoluta. Per una donna sposarsi rappresenta l’unico futuro a disposizione. Risultati incoraggianti nel combattere la povertà, provengono dai programmi di microcredito. Muhammad Yunus, economista nato proprio in Bangladesh, è stato il fondatore della Grameen Bank, un tipo di banca che opera in modo differente rispetto alle normali banche
L’idea di Yunus per combattere la povertà nel suo paese, si è basata sul dare fiducia a chi non ha niente. Le normali banche prima di concedere un credito fanno un’analisi di solvibilità del cliente. Yunus invece con la Grameen Bank ha sostenuto principalmente piccoli progetti imprenditoriali portati avanti proprio da donne che non potevano fornire alcuna garanzia. Ad alcune donne bastava avere la possibilità di acquisire materie prime o piccoli utensili per poter iniziare una propria attività, ad esempio di artigianato. La Grameen Bank predilige finanziare progetti nei quali partecipano proprio donne perché più affidabili e più responsabili degli uomini. Da indagini è risultato che le donne impiegano i primi guadagni nella casa, per la famiglia, gli uomini invece sono meno capaci di amministrare le risorse perché più individualisti.
L’iniziativa di Yunus è stata innovativa anche dal punto di vista sociale perché per delle donne ottenere credito, in una società fortemente maschilista come il Bangladesh, è praticamente impossibile. Va anche detto che il microcredito ha indubbiamente portato vantaggi a livello microeconomico ma non a livello macroeconomico. In definitiva rimangono progetti isolati seppur positivi. Ad ogni modo è importante valorizzare il ruolo della donna nella società del Bangladesh puntando sull’istruzione. Ancora oggi il tasso di alfabetizzazione delle donne è del 49% contro il 67% degli uomini. Gli iscritti all’università di Dhaka sono per il 76% uomini e 24% donne.
Ovviamente saper leggere e scrivere non cambierà il destino di molte donne però è importante avviare un processo coordinato di sviluppo sociale.
Il primo passo è un reale sviluppo economico che lambisca ogni strato della società. E’ stato stimato dalla Banca Mondiale che la corruzione erode ogni anno tre punti percentuali del Pil.
Agendo sullo sviluppo economico, sull’istruzione adeguata e libertà di informazione, sarebbe possibile avviare un lento cammino per affermare un ruolo diverso della donna in Bangladesh.
Resta da vedere quanto sia voluta dalle stesse donne una simile trasformazione considerando che nel parlamento, la componente femminile sostiene vivamente la legge islamica.

Federico Bastiani tratto da http://www.women.it/blogs/donnesenzaconfini/archives/ESSERE%20DONNA%20IN%20BANGLADESH

 
 
 
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Data di creazione: 04/02/2006
 

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