Creato da nina.monamour il 11/06/2010
 

Il Diavolo in Corpo

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Uno dei tanti innocenti, Julian Cadman..

Post n°8086 pubblicato il 20 Agosto 2017 da nina.monamour

 

 

Prima smettiamo di chiamare i jihadisti "pazzi o squilibrati" e prima riusciamo ad affrontare il tema, prima smettiamo di fare affare con chi sponsorizza i jihadisti, vedi Arabia Saudita e Qatar, prima riusciamo a sconfiggere il terrorismo islamico. A Barcellona si è replicato quanto successo a Nizza, a Londra e a Berlino. Veicoli lanciati a tutta velocità contro la folla per far il maggior numero di morti al minor costo possibile.

 Dopo 13 anni dall’attacco terroristico nella stazione di Atocha, a Madrid, la Spagna piomba di nuovo nel terrore e uesta volta, a farne le spese, è stata Barcellona. A poche ore dall’attentato che ha scosso Las Ramblas della città, il cuore pulsante della movida, del turismo e anche della stessa città di Barcellona, le domande si addensano e si attendono risposte, con un’unica grande certezza, il jihad è in Spagna. E scrivo "è", e non "è tornato", per il semplice motivo che lo jihadismo, dalla Spagna, non se n’è mai andato.

Come un vulcano dormiente, in attesa di esplodere per mietere nuove vittime, il terrorismo di matrice islamica vive in Spagna da anni, si alimenta di simbologie, di uomini, di reti criminali e di una cultura sotterranea che si è ormai radicata in tutto il territorio spagnolo. Per molto tempo, la politica spagnola e anche l’opinione pubblica che si alimenta di quanto affermato da politica e media, si sono trincerate dietro la colpa del coinvolgimento nella guerra in Iraq da parte di Aznar come motivo dell’attacco di Madrid.

In un modo o nell’altro, la Spagna si è autoconvinta di aver pagato il prezzo di quella guerra con quell’attentato e di aver chiuso così la parentesi jihadista contro il Paese.
In realtà, non era affatto così e se Barcellona è stata la manifestazione più clamorosa e orribile di questa minaccia, ci sono tutta una serie di elementi, di fattori e anche di notizie che, se analizzate nel complesso, mostrano un quadro assolutamente profondo e radicato di un islamismo molto più pericoloso e presente di quanto si credesse. Il fatto che non ci fossero stati morti, fino a ieri, in territorio spagnolo per mano del terrorismo non era un indice sul fatto che fosse una minaccia latente ma sostanzialmente innocua.



Innanzitutto, non va mai dimenticato un dato essenziale, e cioè che la Spagna è sempre stata al centro della propaganda jihadista sia di Al Qaeda sia dello Stato islamico. In ogni mappa del mondo secondo l’islamismo radicale, in ogni rivista, in ogni messaggio legato all’Europa, la Spagna è presente, ed è chiamata Al- Andalus, il nome che gli arabi diedero alla penisola iberica ai tempi delle prime razzie contro i regni visigoti. Islam e Spagna, o Al-Andalus, intrecciano da secoli la loro storia, e c’è una parte del fondamentalismo islamico che non ha mai dimenticato quello che per secoli è stato uno dei più grandi territori sotto dominio arabo.

La simbologia di Al-Andalus è stata ripresa da tutti, basti pensare, come esempio, che una delle più pericolose sigle dello jihadismo magrebino, Jamaat Nusrat Al Islam wa Al Muslimin, ha un suo mezzo di propaganda il cui nome è Al-Zallaqa, il nome che i soldati musulmani diedero al campo di battaglia e che significava "terreno scivoloso", per quanto sangue cristiano era stato versato.

 

 

La speranza nella tragedia di Barcellona aveva un nome e un volto dolcissimo. I capelli scuri e gli occhi del piccolo Julian Cadman, sette anni. Il bimbo australiano che tutti cercavano dal giorno dell’attacco che ha squarciato il cuore di Barcellona.

Le sue foto erano rimbalzate su tutti i siti, l’appello disperato del nonno e dei parenti per quel bimbo che nessuno riusciva a trovare e che nella città catalana era insieme alla madre, rimasta ferita ma non in pericolo di vita

Finita la ricerca del bimbo inizialmente sembrava essersi salvato, ma l’ufficio spagnolo per le persone scomparse ha poi confermato il decesso.

 
 
 
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