Siria bambina curda cecchina contro ISIS

Altro capitolo grondante sangue e lacrime proveniente dalle lande disperate ormai da troppo tempo sotto il controllo dell’ISIS, in questo caso l’Iraq. L’edizione del quotidiano britannico The Independent racconta la sconvolgente storia di una bambina yazida di 9 anni, catturata qualche tempo fa dai miliziani agli ordini di Al Baghdadi e quindi reclusa in uno dei loro campi a Kirkuk, nel nord dell’Iraq.

Qui, la bimba è diventata una schiava del sesso, stuprata per un tempo indefinito, ripetutamente, da almeno dieci terroristi, che hanno finito per metterla incinta, oltre che devastarla per il resto della sua vita.

Vita che, purtroppo, potrebbe essere breve; secondo Yousif Daoud, uno degli operatori umanitari dell’ONG curda che ha salvato e trasportato in Germania la sfortunata bambina, gli abusi ripetuti non solo l’hanno traumatizzata dal punto di vista psicologico, ma anche da quello fisico. “E’ troppo giovane e potrebbe non reggere al parto, anche col taglio cesareo l’operazione sarebbe pericolosa“, ha raccontato l’uomo al Toronto Star.

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Gli autori dell’orribile crimine sono con ogni probabilità gli uomini designati dall’ISIS per essere i prossimi kamikaze, che prima del loro sacrificio vengono abitualmente ricompensati con delle ragazzine in ostaggio di cui abusare, senza alcuna distinzione di età e salute. Per dire, tra le prigioniere liberate a Kirkuk, c’era anche una madre disabile di sette figli.


Solo la settimana scorsa, l’ISIS ha rilasciato 216 ostaggi yazidi, tra cui una quarantina di bambini, che aveva tenuto in ostaggio per otto mesi, decisiva, si dice, la pressione dell’offensiva di terra lanciata in Iraq dai peshmerga curdi. La bambina farebbe parte di un gruppo catturato in precedenza, forse oltre un anno fa, e composto da qualche centinaia di ragazzine e donne yazide.

La cosa forse più raggelante è rendersi conto che una storia come quella della piccola yazida rappresenta solo la punta dell’iceberg di una tragedia di ben altre dimensioni. Si stima che la scorsa estate le milizie del Califfato abbiano rapito circa 40mila persone nel Kurdistan iracheno, ma i prigionieri liberati dall’avanzata dei peshmerga sono quasi tutti bambini, donne e anziani.


Nessuna traccia di uomini giovani e adulti, che si teme possano essere stati massacrati e seppelliti chissà dove in qualche fosse comune. E inizia a farsi largo l’idea terrificante del genocidio.