Creato da: arcangeli71 il 06/06/2012
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Credo...

Post n°1 pubblicato il 06 Giugno 2012 da arcangeli71

Credo che esistano il Bene ed il male.

Credo che esistano non come soggettiva interpretazione della realtà ma come oggettive presenze che influenzano ciò che ci circonda, interagiscono con noi e da noi sono influenzate.

So che sono in lotta e credo che la lotta sia ad un punto di svolta.

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Credo.

Post n°2 pubblicato il 07 Giugno 2012 da arcangeli71

In quell'età compresa tra gli 11 ed i 14 anni mi trovavo, come molti, in una situazione di transizione molto poco definita. Il mio sviluppo è stato tardivo quindi in quegli anni le mie passioni erano quelle di un bambino ma nel frattempo vivevo parte delle mie giornate in mezzo a semi-uomini che parlavano di masturbazione ed ostentavano la loro peluria pubica (ed altro) in ogni occasione possibile invitando, senza successo, anche me a fare lo stesso.

L'altra metà del mio tempo la passavo nel cortile del condominio o per strada sotto casa a coltivare, insieme ai miei amici più piccoli, la mia sconfinata passione per le macchinine, la bici, i pattini etc etc...

La zona di Bande Nere, a Milano, era anch'essa uno spazio per certi versi poco definito. D'estate, sia di giorno che di sera, si stava a giocare tranquilli per strada guardati dai pensionati che, con le sedie davanti ai portoni dei condomini facevano capannello per chiacchierare e giocare a carte, ma bastava prendere la bici e girare un pò per rischiare di incontrare bande di ragazzini poco più grandi (adesso le chiamano "baby gang") che ti pestavano solo per il gusto di portarti via la bici o altro se non eri abbastanza veloce per scappare.

In questo strano ambiente io tutto sommato non vivevo male, avevo imparato a scappare veloce o, grazie ad una prematura inclinazione per la dialettica, a rimbambire di chiacchiere i "teppistelli" esasperandoli a volte così tanto da spingerli a lasciami andare via incolume.

Ma la cosa più importante di quel periodo era il fatto che vivevo inconsapevolmente una situazione (che ora considero) privilegiata rispetto ai miei coetanei e non solo.

Era ateo e non battezzato.

Grazie a questa situazione la mia mente era cresciuta libera da condizionamenti, i miei genitori mi dissero, raggiunta l'età della comprensione, che non avevano nulla in contrario a che decidessi di seguire una qualsiasi religione ma invitandomi ad informarmi e ad attendere il momento che avrei cosiderato giusto per operare la mia scelta. Così, ora di religione si, catechismo no.

La eclatante ipocrisia del sentire ragazzini dirmi che avrebbero fatto la comunione o la cresima perchè papà gli avrebbe regalato l'orologio o le scarpe nuove continuò a tenermi (per mia fortuna oserei dire) a debita distanza dal cattolicesimo.

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Credo...

Post n°3 pubblicato il 07 Giugno 2012 da arcangeli71

Credo che nessun uomo o donna possa vivere un'esistenza felice se privato della propria spiritualità.

Credo che molte delle attuali religioni rubino la spiritualità agli uomini mentre dicono di arricchirla.

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Credo

Post n°4 pubblicato il 07 Giugno 2012 da arcangeli71

In quegli anni avevo anche un'altra fortuna. La possibilità di passare, tutti gli anni nel mese di giugno, un paio di settimane in uno dei posti più belli del mondo: la località di Karezza, a 1700 mt. di quota, in uno degli angoli  più incantevoli ed emozionanti delle Dolomiti.

Erano due settimane di assoluta pace e tranquillità, pochissimi ospiti nella struttura e molto tempo da passare godendo del silenzio e della palpabile maestosità di quel luogo. Maestose le montagne di roccia del Rosengarten, maestoso il bosco ai loro piedi, maestosa la percezione della natura al suo stato più puro, selvaggio eppure così rassicurante ed ospitale. Ma nell'aria, rarefatta per la quota, non si percepiva solo la pace. Nell'aria potevi sentire una energia di sottofondo così potente da essere definibile quasi "nutrimento".

L'attività principale (l'unica in realtà) era quella delle passeggiate lungo i bellissimi sentieri tracciati nei boschi. A volte si partiva in gruppetti formati dai quei pochi (fortunati) che passavano lì quelle due settimane all'anno ma spesso amavo uscire di casa subito dopo colazione ed avviarmi da solo lungo qualcuno di quei sentieri.

In una di queste passeggiate il ragazzino 11enne ateo, non battezzato e che con gran fortuna delle pratiche legate alla religione se ne poteva fregare altamente, incontra per la prima volta la Spiritualità, il trascendente.

Stavo passeggiando come al solito lungo il sentiero che portava al laghetto superiore quando di colpo... o forse no, lentamente ma con un crescendo di cui non colsi l'inizio mi sentii proiettato al di fuori del tempo. Le sensazioni di quel bosco quasi incantato come quelli delle favole mi avevano saturato i sensi; il profumo del sottobosco, l'aria fresca sulla pelle, il cinguettare degli uccellini, il rumore degli alberi mossi dal vento, il fruscio di mille animaletti che si muovevano intorno a me e i colori cosi vividi e tersi si erano fatti così intensi da staccarmi da quella che io percepivo come realtà e trasportarmi ad un livello più profondo ed intenso.

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Credo.

Post n°5 pubblicato il 07 Giugno 2012 da arcangeli71

Senza quasi accorgermene mi ero allontanato di qualche metro dal sentiero battuto e mi ero inoltrato un pochino nel folto del bosco. Era stato come superare una barriera, un limite virtuale. Quel bosco che già da alcuni anni osservavo dall'esterno passandogli accanto nelle mie passeggiate ora mi accoglieva nel suo grembo, con il fresco profumo degli alberi e del muschio, con la morbidezza del suo terreno sotto i piedi. Superare quella barriera era stato come entrare in una realtà parallela, una realtà più "vera" un luogo che fino a quel momento era stato visibile ma non "vivibile" e dove tutto era incredibilmente più intenso ed inebriante. Un luogo dove a dominare era l'energia.

Mi sedetti per terra a gambe incrociate, d'istinto chiusi gli occhi e allargai le braccia per accogliere tutte le sensazioni. Potevo percepire le ondate di energia entrare dolcemente dentro di me e poi ritirarsi come onde del mare. Tutte le sensazioni che avevano colpito i miei sensi fino a quel momento si erano sintetizzate in un unica "super-sensazione" fatta di pura energia positiva. Per la prima volta da che mi ricordassi mi sentii perfettamente al mio posto, proprio dove e quando avrei dovuto essere, piccolissimo ma allo stesso tempo indispensabile atomo di un grande organismo vivente pieno di energia, pulsazione, ritmo.

Come a casa nell'universo.

Non ero in trance, per tutto il tempo ero stato in grado di elaborare serenamente ogni informazione, ogni sensazione, ed ero perfettamente coscio del sentiero a pochi metri da me dal quale mi ero allontanato. Solo che, con gli occhi della mente lo visualizzavo come filtrato da una sorta di distorsione, come se appartenesse appunto ad una realtà concomitante, capace di occupare lo stesso spazio e lo stesso tempo ma lievemente fuori sincronia rispetto al luogo in cui ero finito.

Riaperti gli occhi ero di nuovo nella solita realtà, vedevo il sentiero senza alcun filtro e tutto era tornato in sincronia. Ma l'energia seppur ancora presente ormai era così debole da essere appena percepibile.

Forse proprio grazie alla mia educazione senza forzature religiose certe cose mi colpiscono ma non mi impressionano. Mi beai della sensazione di "totale ricarica energetica" che quell'esperienza mi aveva regalato e, senza farmene un problema, non ne parlai per anni con nessuno.

Non ho mai, negli anni a seguire, dovuto richiamare il ricordo di quella sensazione, mi ha sempre accompagnato ed ancora mi accompagna come una consapevolezza sempre presente nel tempo della mia vita.

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Credo...

Post n°6 pubblicato il 07 Giugno 2012 da arcangeli71

Credo che dalla lotta in atto tra il bene ed il male si genererà un' epoca nuova e, se ne avremo la forza, un'evoluzione della nostra specie.

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Credo.

Post n°7 pubblicato il 08 Giugno 2012 da arcangeli71

La testa mi ronzava in modo insopportabile, ma per fortuna stavo ancora dormendo al 70% e così non ci facevo caso.

Avevo già esibito con mia madre per ben due volte negli ultimi 15 minuti la mia abilità a fingermi sveglio.

Scattavo come una molla su dal letto non appena sentivo la porta della mia stanza aprirsi e con gli occhi spalancati come in effetti non li avrei mai nella mia vita reale le enunciavo ad alta voce e con tono quasi marziale: "SONO SVEGLIO MAMMA!!! ARRIVO SUBITO A FAR COLAZIONE!"

Il tremendo dispendio di energie generato da questa mia reazione meccanica, che peraltro avveniva in piena fase REM, mi faceva ri-collassare nel mio letto nell'immediato secondo in cui mia madre, ancora collerica ma soddisfatta, si richiudeva la porta della mia stanza alle spalle dirigendosi verso la cucina.

Come in tutte le mattine della mia vita mi sentivo il corpo e la mente così pesanti e intorpiditi da pensare di essere già morto.

Quel mattino però sarebbe stato diverso. Quel mattino affrontavo il professore di filosofia Massimo Recalcati nell'interrogazione scolastica che più avevo sognato e desiderato in tutta la mia vita.

WU-WEI

Quella mattina nei miei 17 anni esponevo la mia relazione sul Taoismo Zen.

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Credo.

Post n°8 pubblicato il 09 Giugno 2012 da arcangeli71

Non ricordo assolutamente il titolo del libro ma ricordo che l'autore era un occidentale, un tedesco forse che dopo aver passato alcuni anni con i monaci Taoisti aveva scritto e pubblicato questo libro per cercare di spiegare agli occidentali la filosofia del Taoismo Zen.

Era la prima volta che comprendevo cosa, quel simbolo composto da due gocce, una  bianca ed una nera con due puntini in contrasto significasse veramente. Il bene ed il male. In ogni bene c'è un pò di male. In ogni male c'è un pò di bene. Ma più ancora la reciproca necessità degli opposti, la presenza nell'uno di una parte dell'altro...

Il punto di vista dell'autore, descritto nella prefazione, era che per quanto desiderasse sforzarsi di descrivere nel libro ciò che aveva esperito negli anni con i monaci, in realtà sapeva in partenza che non sarebbe mai riuscito a comunicare al 100% la sua esperienza.

Dopo la prefazione, la prima frase dello scritto solitaria al centro di una pagina altrimenti bianca, recitava così: "Il Tao non si può ne spiegare ne comprendere. Il Tao si può solo vivere.".

Dopo due intense settimane di studio, lettura e rilettura e appunti su appunti avevo ormai deciso che l'unico senso nel sostenere una interrogazione su quello scritto sarebbe stato semplicemente quello di ripetere quella frase trovata all'inizio, al centro di quel foglio bianco... e poi avere fiducia nell'apertura mentale ed intelligenza di quell'insegnante e tornare, semplicemente, a sedere al mio banco.

L'insegnante forse avrebbe anche apprezzato e premiato il mio intuito ed il mio coraggio, ma la mia media del 4 in tutte le materie finì per avere la meglio e così affrontai l'interrogazione in modo più "occidentale" ottenendo comunque uno dei migliori voti nei miei 6 (si proprio 6) anni di Liceo.

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Credo...

Post n°9 pubblicato il 09 Giugno 2012 da arcangeli71

Credo che, dopo anni che sopporto che tutti quelli con cui parlo apertamente delle mie idee mi prendono per il culo dandomi del "complottista", ora sono prossimo a farmi una gran risata io.

Credo che sarà la più amara risata della mia vita.

Credo che dobbiamo tutti iniziare a prenderci le nostre responsabilità individuali per ciò che sta accadendo in questo mondo.

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Credo.

Post n°10 pubblicato il 15 Giugno 2012 da arcangeli71

Il termine Wu-Wei, concetto fondamentale di tutta la filosofia, nel libro veniva spiegato come un "seguire la corrente". Dove per corrente non si intendeva di certo quella sociale, religiosa o filosofica di "maggioranza" ma la propria corrente interiore. Si potrebbe utilizzare il termine vocazione per spiegarla ma in realtà la vocazione, l'ispirazione sono termini di solito legati ad un particolare aspetto della propria vita mentre il Wu-Wei è un concetto che comprende tutti gli aspetti. Una sorta di archetipo da cui vocazione ed ispirazione traggono il loro senso.

La definizione migliore che ho trovato a mio avviso è "la strada".

Qui si apre una interessante possibile risposta alla domanda se sia la nostra esistenza predestinata o sia invece il risultato delle nostre scelte. La strada che sto percorrendo e percorrerò è già stata tracciata, scritta, oppure ho la forza per tracciarla io stesso?

La risposta che ho trovato, interpretando quella lettura, è una sorta di via di mezzo, e cioè che ci sia un percorso "naturale" prestabilito per ognuno di noi, come se ognuno di noi esistesse al fine di perseguire uno scopo in particolare ma che in realtà seguire questo percorso non è per niente facile e, proprio grazie alla nostra libertà di scelta (peraltro sacra e preziosissima), molti di noi abbandonano questo percorso non arrivando così mai alla realizzazione.

Immaginiamoci (cercando di dimenticare la geometria che suggerirebbe una linea retta) che per andare da A a B esista un percorso ideale. O meglio una strada "Giusta" ed in qualche modo predeterminata. Questo percorso non è lineare ed è segnato da parecchi bivi ai quali corrispondono ovviamente delle scelte che possono portarci fuori dalla strada "Giusta" e farci percorrere, a volte anche solo per un tempo limitato la strada "Sbagliata". Ora, se ci fosse dato di sapere qual'è il punto d'arrivo (e non intendo diventare dottore o astronauta o perseguire certi risultati materiali, intendo un punto d'arrivo spirituale, di coscenza) sarebbe relativamente semplice affrontare i bivi sapendo già quale direzione scegliere.

Se per esempio sapessimo che il nostro destino è accumulare un sacco di soldi da lasciare ai nostri figli perchè uno di loro utilizzerà quei fondi per inventare una fonte di energia che rivoluzionerà l'umanità, sarebbe ovviamente piuttosto facile ad ogni bivio prendere la strada che ci avvicina di più a quel risultato.

In realtà però non ci è dato di sapere quale sarà il nostro punto di arrivo (che poi corrisponderà non ad un'arrivo ma ad un passaggio, transizione) ideale. Anzi, molto spesso facciamo fatica a capire persino dove siamo nel presente, in realtà in effetti la maggior parte di noi brancola nel buio ed affida le proprie decisioni al caso, all'influenza degli altri o alla convenienza prettamente materiale molto più spesso di quanto non ammettiamo. Così, ad esempio, abbiamo pessimi avvocati o dentisti che sarebbero stati eccellenti muratori, e pessimi contadini o idraulici che sarebbero potuti diventare (a discapito della loro origine) ottimi architetti o medici.

Mi sto spostando dallo spirituale al materiale sia perchè è utile come esempio sia perchè, se riusciro a venire a capo di questo lunghissimo discorso, vorrei dimostrare come questi due ambienti che convivono in ogni essere umano sono ambedue importanti, collegati ed interdipendenti, sono yin e yang in ognuno di noi.

Torniamo alla strada ed ai bivi... prendendo per buono che non conosciamo il nostro punto d'arrivo e che le nostre scelte ai bivi sono spesso influenzate da elementi esterni possiamo solo dedurre che, a meno che non riusciamo a liberarci dai condizionamenti, siamo tutti destinati ad infilare la strada sbagliata percorrendola forse anche fino alla fine con il risultato che, esalando il nostro ultimo respiro sul letto di morte l'ultimo pensiero che passerà per il nostro cervello sarà: " ma nooooo... ma che cazzo ho combinato nella vita!?!?!?!".

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Post n°11 pubblicato il 15 Giugno 2012 da arcangeli71

Credo che la coscenza collettiva, che sta crescendo, sia legata all'energia universale e che potrà diventare tanto forte da cambiare la realtà solo desiderandolo.

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Post n°12 pubblicato il 15 Giugno 2012 da arcangeli71

Quindi l'unico modo per riuscire a decidere per il meglio davanti ad un bivio è liberarsi di tutte le pastoie sociali, morali e date dal proprio retaggio e cercare, vivendo il presente, di "sentire" qual'è la scelta migliore per se. Il percorso per ottenere questo risultato passa fondamentalmente per due concetti: Individualità e autocoscienza.

Il termine individualità è purtroppo spesso mal interpretato. Viene confuso con il concetto di egoismo, di egocentrismo o di asocialità e scarsa inclinazione a prender parte a gruppi umani, mentre a mio avviso l'individualità è l'unica strada percorribile per riuscire a raggiungere una comunione, una vera condivisione con il nostro prossimo.

Per spiegare meglio ciò che intendo faccio un esempio tratto dal mondo della musica: In un coro, per ottenere il risultato che tutto, alla fine, sia armonico, corretto e gradevole per chi ascolta ogni singola voce deve conoscere perfettamente la propria parte. Le note, le pause i crescendo etc... Naturalmente chi fa parte di un coro (o di un gruppo musicale) deve se non conoscere perlomeno ascoltare, apprezzare e rispettare ciò che gli altri fanno per riuscire, partendo dalla sua partitura, ad inserirsi nel suono, nell'armonia del coro stesso. Questo per me è il senso del termine individualità, sapere molto molto bene chi siamo e come la pensiamo per poterci confrontare ed armonizzare con il prossimo nel modo più onesto possibile.

La spinta verso l'autocoscienza porta allo sviluppo dell'individuo e quindi alla parziale emancipazione dalle influenze esterne rendendoci così possibile attuare le giuste scelte quando posti di fronte ai bivi sul nostro cammino.

La peggior strada invece, ed anche uno dei più biechi metodi di dominazione di massa, è quella indicata da quasi tutte le religioni del mondo che si basa sul concetto del "tu non pensare che penso io per te e ti dico qual'è il giusto cammino da seguire".

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Post n°13 pubblicato il 15 Giugno 2012 da arcangeli71

In questa ottica di autodeterminazione ed individuale e indipendente ricerca della spiritualità sembrerebbe pensabile che ognuno possa essere in grado di costruirsi la propria religione personale. Ma questo è riduttivo.

In realtà, come ho scritto nell'esempio del coro, la determinazione della propria individualità è funzionale al raggiungimento della comunione con tutto ciò che ci circonda.

Nel bosco sulle dolomiti la realtà energetica che ho vissuto mi ha indicato che esiste effettivamente, fisicamente, qualcosa che ci unisce con tutto il resto. con gli altri esseri umani, con gli animali, le piante, le pietre, l'acqua le stelle e le radiazioni e tutto quello che possiamo immaginare che esista sia sul nostro piano che sugli altri piani della realtà.

Perchè tutto è energia, tutto è vibrazione.

Le scelte davanti ai bivi sul nostro cammino influenzano la vibrazione energetica che ci lega tutti e quindi l'interdipendenza tra autocoscenza e coscienza della realta si fà più forte, più delineata ogni volta che operiamo la giusta scelta. Si fà più debole ogni volta che operiamo la scelta sbagliata.

Visto attraverso il filtro della psicologia questo è il motivo per cui alcune persone provano per tutta la loro esistenza un enorme vuoto che cercano di colmare attraverso palliativi materiali che sedano il malessere solo per poco tempo e poi lo rendono peggiore, mentre invece alcuni non sentano quel "vuoto" pur accontentandosi di molto meno.

Non sono un asceta, amo molto alcune delle cose materiali che il mondo in cui viviamo ci offre ma ritengo solo che se queste prendono il posto delle necessità spirituali diventano una droga molto pericolosa.

Sull'altro versante possiamo ben vedere tutti come religioni che predicano lo spirito prima della materia siano guidate da individui ricchi come Creso. E a scendere, se uno approfondisce scopre che anche gli adepti, quelli davvero convinti, seppur ai livelli più bassi smaniano per il possesso e per il "materiale" tanto quanto le loro guide e abbracciano così apertamente ed ingenuamente questa ipocrisia da non rendersene nanche più minimamente conto.

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Post n°14 pubblicato il 15 Giugno 2012 da arcangeli71

Credo che se tutti facessimo nostro il concetto caro a tutte le tribù degli Indiani d'America: "la terra non appartiene a me, sono io ad appartenere ad essa", forse inizieremmo a rispettare davvero il nostro pianeta nel giusto modo.

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Post n°15 pubblicato il 15 Giugno 2012 da arcangeli71

Naturalmente lo sforzo verso questo obiettivo è tutt'altro che leggero o semplice. La prima difficoltà è rappresentata dal fatto che per aumentare la propria coscienza di se è necessario mettersi continuamente in discussione e sopratutto farlo senza cadere nell'autocommiserazione. Se mettersi in discussione per capire se si è scelto correttamente degenera nel senso di colpa o nella vergogna per una scelta sbagliata e che magari ha generato delle conseguenze negative, chi lo fà si troverà bloccato, inchiodato in uno stato psicologico che gli impedirà di compiere nuove scelte o lo guiderà certamente in direzioni sbagliate.

E' giusto pentirsi, soffrire se si ha operato una scelta sbagliata ma è opportuno capire che solo attraverso la rielaborazione dell'errore e della sofferenza (a volte purtroppo anche quella che causiamo agli altri) si può evolvere ad un livello decisionale più elevato e magari, col tempo essere in grado di rimediare anche agli errori commessi.

Ci dobbiamo poi ricordare che l'interdipendenza tra le coscienze porta a concludere che tra chi ferisce e chi è ferito esiste un concorso di colpa. Non sto dicendo che dobbiamo iniziare ad andare in giro a fare del male al prossimo perchè tanto è per metà colpa sua ma dico solo che quando succede, se è accaduto in buona fede tutte e due le parti devono essere in grado di riconoscere la propria parte di responsabilità. In questo modo tutti e due saranno in grado di progredire, di accrescere la loro coscienza di se e da un episodio negativo si genererà un risultato positivo.

Un altra difficoltà e data dal fatto che l'accrescimento della propria autocoscenza che di conseguenza fa evolvere anche la coscienza del tutto, aumenta la nostra sensibilità e la nostra empatia. E questo può causare a chi non è in grado di rasserenarsi da solo sofferenze molto profonde e difficili da capire sopratutto per chi le sta provando.

Noi siamo collegati a tutto il resto e potenzialmente possiamo percepire la sofferenza di individui o di tutto ciò che è vivente a km di distanza. Solo che molti di noi schermano questa capacità perchè non in grado di sopportarne le sensazioni che ci provoca. E il non sopportarle e dovuto dalla nostra incapacità di capirne le origini ed il senso.

L'unica strada per riuscire a rimanere aperti, ricettivi alle vibrazioni dell'energia anche quando queste ci causano sofferenza, oltre a capirne e accettarne l'origine è trovare qualcosa in grado di rasserenarci. Per me sono la musica e la mia recente passione per l'Aikido.

Nel caso della musica però c'è da fare una piccola parentesi. Come per la pittura e per tutte le forme d'arte il coltivarle sortisce un doppio effetto. Da un lato rasserena e rassicura dall'altro aumenta notevolmente (in alcuni più che in altri) il livello di sensibilità ed empatia e così a volte finisce per essere più devastante che lenitiva.

Inoltre  la pratica dell'arte genera una sorta di consapevolezza superiore, di collegamento con il tutto, difficile da controllare che sfocia spesso in un conflitto tra il senso di appartenenza alla materia ed il disgusto ed il rifiuto per questa drammatizzando ancor di più il disagio percepito... quindi, bisogna far attenzione e cercare di far crescere certe capacità di pari passo con le tecniche che ci possono aiutare a tenerle sotto controllo

In ogni caso ognuno dovrebbe cercare dentro di sè la via migliore per progredire senza autodistruggersi.

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