Creato da chico_ax il 04/09/2006

SUSEYA

Non contare sul silenzio delle valli, perché gli dei sono al di sopra delle montagne.

 

http://climberandia.blogspot.com/

Post n°77 pubblicato il 25 Aprile 2011 da chico_ax

http://climberandia.blogspot.com/

 
 
 

The portage philosophy

Post n°76 pubblicato il 15 Maggio 2009 da chico_ax

We are here because there is no refuge
finally from ourselves
until a person confronts himself in the eyes and hearts of others
he is running
until he suffers them to share his secrets he has no safety from them
afraid to be known he will know neither himself nor any other
he will be alone
wherelse but on this common ground can we find such a mirror
here at last a person can appear clearly to himself
not as the giant of his dreams nor the dwarf of his fears
but as a man, part of a whole with his share in its purpose
on this common ground we can each take root and grow
not alone anymore as in death
but alive to ourselves and to the others

We are not alone
we are not alone...

 
 
 

...................

Post n°75 pubblicato il 15 Aprile 2009 da chico_ax

"Sulla montagna sentiamo la gioia di vivere, la commozione di sentirsi buoni e il sollievo di dimenticare le miserie terrene. Tutto questo perché siamo più vicini al cielo."

EMILIO COMICI

 
 
 

?

Post n°74 pubblicato il 10 Aprile 2009 da chico_ax

?

 
 
 

Post N° 73

Post n°73 pubblicato il 24 Novembre 2008 da chico_ax

Viaggio "on the road" verso l'Alaska nel bel film di Sean Penn
sul valore della solitudine che fu presentato alla Festa di Roma
"Into the wild", il mito americano
nell'incontro tra uomo e natura selvaggia

di ROBERTO NEPOTI




B


CI sono storie dove i personaggi restano uguali a se stessi dall'inizio
alla fine; altre, nel corso delle quali evolvono e, insieme, evolve
l'opinione che ci facciamo di loro. Ricade nel secondo caso Into the wild,
il "film di formazione" diretto da Sean Penn che ci sorprese e ci
emozionò alla Festa del Cinema di Roma. A partire da una vicenda
autentica, trascritta nelle pagine del libro "Nelle terre estreme" di
Jon Krakauer, Penn si confronta direttamente col mito originario
americano: l'incontro tra l'uomo e la natura selvaggia.





Crea, a sua volta, un mito contemporaneo nel protagonista, giovane uomo
dalla personalità al confine tra eroismo e fragilità, nevrosi e ricerca
della purezza; un "picaro" dell'anima nipote elettivo dei cavalieri
erranti della Beat Generation. Fa di più: osa realizzare un film sul
valore della solitudine in un tempo che avverte la solitudine come il
massimo pericolo, tanto da esorcizzarla di continuo con i telefonini, o
con la "rete".





All'inizio degli anni 90, il neolaureato Christopher McCandless dà quel
che ha in beneficenza e parte per un lungo viaggio, autentica
performance dell'anima per la quale assume un nome d'arte: Alexander
Supertramp, il Supervagabondo. Oltreché dalle pulsioni di libertà e
anarchismo, è spinto a partire dal rifiuto della famiglia d'origine:
cellula di giudizio e controllo sociale, di odio latente, di perfetta
infelicità; tanto più spaventosa perché accettata come norma e
condizione naturale.





Tra Nuovo Messico, Arizona, Sud Dakota, su su fino alle nevose
solitudini dell'Alaska, l'itinerario marca una serie d'incontri con
l'altro, occasioni di conoscenza e comprensione anche reciproca. Alex
s'accompagna a una coppia di hippies, la cui vita non è tutta rose e
fiori; lavora in un'azienda agricola, diventando amico di un tale
ricercato dalla polizia; flirta con una giovanissima cantante folk;
incontra un vecchio eremita, che vuole adottarlo. Già di per sé,
intraprendere una tale pista equivale a confrontarsi con la mitologia
fondativa della cultura americana, dai pionieri che affrontarono per
primi le terre incognite a Thoreau, da London a Kerouac.











Tappa dopo tappa, però, il viaggiatore s'immerge sempre più nella
solitudine, fino a sfidare le stesse possibilità di sopravvivenza: la
wilderness è libertà e verità, ma rappresenta anche il rischio e la
minaccia ultima. In una scena ai limiti del sublime Alex, ormai
stremato dalle privazioni, si trova di fronte un gigantesco orso bruno:
forse affamato quanto lui, eppure non minaccioso. Qui Penn dà forma
definitiva al mito dell'incontro tra due creature libere nel Paradiso
Perduto, nostalgia lacerante di un'intera cultura tuttora in lutto per
la perdita dell'innocenza e che, promotrice della "civiltà", ad essa
annette un irredimibile senso di peccato.





Sereno e dolente, stoico e consapevole insieme, refrattario al
"nostalgismo" come al manierismo, lo sguardo della macchina da presa
annette di diritto Penn - accanto a Clint Eastwood, Paul Haggis e pochi
altri - alla pattuglia transgenerazionale di cineasti capaci di
raccogliere la grande eredità del cinema classico americano.
Appropriate le canzoni di Eddie Vedder dei Pearl Jam.






INTO THE WILD



Regia di SEAN PENN


Con E. HIRSCHT, WILLIAM HURT, M. GAY HARDEN

 
 
 
Successivi »
 

AREA PERSONALE

 

ARCHIVIO MESSAGGI

 
 << Aprile 2024 >> 
 
LuMaMeGiVeSaDo
 
1 2 3 4 5 6 7
8 9 10 11 12 13 14
15 16 17 18 19 20 21
22 23 24 25 26 27 28
29 30          
 
 

FACEBOOK

 
 

I MIEI LINK PREFERITI

CERCA IN QUESTO BLOG

  Trova
 

ULTIME VISITE AL BLOG

igiornidelcieloakneven799nany275gioia731buscnippochico_axcassetta2fernandez1983maxliodasherin2012carlodivillasimiuslefiabedimpt2003gugolet
 

CHI PUÒ SCRIVERE SUL BLOG

Solo l'autore può pubblicare messaggi in questo Blog e tutti gli utenti registrati possono pubblicare commenti.
 
RSS (Really simple syndication) Feed Atom
 
 
 
 

© Italiaonline S.p.A. 2024Direzione e coordinamento di Libero Acquisition S.á r.l.P. IVA 03970540963