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Il ritratto (3)

Post n°458 pubblicato il 18 Marzo 2012 da xteneraladyx

 

Si svegliò al mattino con la stessa inquietudine di quando doveva sostenere un esame.

L’incontro del pomeriggio la preoccupava, perché non sapeva che tipo di persona avrebbe

incontrato, anche se la voce che aveva sentito al telefono, le aveva trasmesso tranquillità.

La voce di un uomo sicuro ma gentile.

La mattinata era  trascorsa tranquilla, si era presa un giorno di ferie e ne aveva approfittato per rimettere in ordine casa. Fare le faccende domestiche era un modo per scaricare la tensione e anche questa volta aveva funzionato….

Un’ora prima dell’appuntamento si mise in auto, non voleva presentarsi in ritardo e oltretutto non conosceva molto bene la strada e infatti ci mise un po’ ad imboccarla, perdendosi in un dedalo di sensi unici della città.

Seguì le istruzioni che aveva ricevuto e dopo poco scorse il grande portone di cui le aveva parlato.

Parcheggiò l’auto al lato della strada e suonò al campanello, attese un po’, alla fine una voce di donna rispose:”Sono Irene, ho un appuntamento con il sig. Tancredi”

“Prego venga, percorra tutto il vialetto alberato, al fondo troverà la villa, l’attendo all’ingresso”.

Entrò e guardandosi intorno notò un parco di fitti alberi, estremamente curato, quel genere di parco che tutti vorrebbero avere per fare delle rilassanti passeggiate. Man mano che si avvicinava alla villa gli alberi diradavano, per lasciar spazio ad un prato d’erba verdissimo punteggiato qua e la da cespugli fioriti.

La villa era una costruzione liberty, non grandissima, ma perfetta in quel contesto di verde, con i suoi colori chiari...un ampio terrazzo ospitava divanetti e poltroncine.

All’ingresso l’accolse una signora anziana, estremamente curata nel suo abito grigio, la fece accomodare in una delle poltroncine e le disse:” E’ una bella giornata, il Sig. Tancredi ha dato ordine di servire il the fuori, qualche minuto e la raggiungerà subito.”

Irene si guardava intorno, quel uomo viveva in un paradiso, un posto così l’aveva sempre sognato, ma non era e mai sarebbe stato alla portata delle sue tasche. Assorta nei suoi pensieri non lo vide arrivare.

“Buongiorno Irene” e lo disse come l’avesse conosciuta da sempre.

Irene sussultò al saluto ma si ricompose.

“Buongiorno sig. Tancredi, grazie per avermi ricevuta.”

“Ti prego Irene, niente formalismi chiamami Andrea e diamoci del tu” disse lui guardandola dritto negli occhi.

Irene non sapeva leggere quello sguardo, eppure doveva aver già notato la somiglianza, ma non dava segno di alcun cenno di sorpresa.

“Si, va bene Andrea, vengo al motivo della mia visita” disse Irene cercando di non far trapelare che quella confidenza richiesta, le sembrava un po’ fuori luogo.

“Avrai certamente notato la somiglianza tra me e la donna del ritratto, volevo chiederti come fosse possibile?”

“Io non la definirei somiglianza” disse lui ironicamente “ quella donna sei tu!”

Ad Irene andò di traverso il the, che stavo sorseggiando.

“Ah ecco” disse Irene cercando di ricomporsi “e come me lo spieghi? Io non ti conosco se non da oggi, non credo di averti mai incontrato. Come hai potuto ritrarmi in modo così perfetto?”

“Hai ragione Irene, oggi è la prima volta che ti vedo e non ti ho mai incontrata da nessuna parte.

Fino alla tua telefonata di ieri, ignoravo perfino la tua esistenza. Ma sapevo che un giorno, tu saresti arrivata da me.”

“Non ci capisco nulla. Hai doti da veggente?”
Iniziava un po’ a spazientirsi, soprattutto perché lui continuava a guardarla e a rivolgerle sorrisi pieni di ironia.

“Diciamo che mi sono fidato di un sogno. Un sogno che mi ha accompagnato per molti anni. In quel sogno, una donna come quella del ritratto entrava nella mia vita e mi rendeva felice.” disse lui senza staccarle gli occhi di dosso “La incontravo nei miei sogni così spesso, che ero in grado di descrivere quel viso in ogni particolare. I primi tempi non avevo dato peso alla cosa, ma con il passare degli anni quel sogno mi accompagnava. Ho deciso di fare il ritratto e di inserirlo in ogni esposizione delle mie opere in Italia e all’estero, ero sicuro che se quella donna era nel mio destino, il destino l’avrebbe portata da me. Confesso che stavo per arrendermi, in tanti anni nessuno aveva rivendicato una somiglianza con il mio ritratto. Fino ad oggi. Fino a te…”

Irene era senza parole. Anche perché non si era aspettata una spiegazione del genere.

“Sinceramente non immaginavo che la spiegazione, del perché il mio viso fosse sul quel dipinto, fosse riconducibile al sogno fatto dal suo esecutore” lo disse quasi facendo una riflessione ad alta voce.

“Ah no? E dimmi, cosa avevi immaginato?” disse lui non staccandole gli occhi di dosso.
”Sinceramente non avevo immaginato qualcosa di preciso, se sono qui è perché volevo capire” iniziava a sentirsi a disagio e non riusciva a sostenere quello sguardo che non l’abbandonava un minuto.

“Ora che hai la spiegazione, che cosa pensi di fare?”
”Suppongo di non dover fare nulla, se non accettare la tua spiegazione. Credo che non mi venderai il quadro vero?” lo fissò in attesa di quello che avrebbe potuto rispondere.

“Come ti ho detto quel quadro non è in vendita. Lo considero esclusivamente mio. Non me  ne separerei mai.” e il suo tono non ammetteva repliche.

“E continuerai ad esporlo? In fondo ora non hai  più la necessità di farlo vedere.”

“Ci devo pensare. Molto dipende da te.” Quel sorriso ironico le dava parecchio fastidio e la stava facendo irritare molto.

“Non capisco cosa vuoi dire. Che c’entro io?”

“Ho sempre pensato che quella donna sarebbe entrata nella mia vita per un motivo. Ora devo capire qual è. Mi auguro tu mi voglia aiutare.”

“Non vedo come. Si è fatto tardi e devo tornare a casa. Ho preso un impegno per stasera e non voglio arrivare in ritardo.” Si alzò e si avvicinò per stringergli la mano e salutarlo.

“Certo, scusami se ti ho trattenuta forse più del necessario. Una bella donna come te, deve avere di sicuro un sacco di corteggiatori.”

Irene si sentì avvampare. Considerato che aveva inventato la bugia lì per lì, per togliersi da una situazione che la metteva in serio disagio.

Finse di non cogliere il tono lievemente provocatorio dell’affermazione.

Si salutarono stringendosi la mano.
Irene iniziò a percorrere il vialetto per ritornare alla sua auto,
ma giunta a metà, la curiosità la fece voltare. Lui era ancora là, in piedi sulla veranda, lo sguardo fisso su di lei e uno strano sorriso sulle labbra.

 

 
 
 
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