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Post n°8 pubblicato il 25 Febbraio 2014 da trevrizent
Sono state pubblicate alcune raccolte di lettere di René Guénon a A.K. Coomaraswamy, N.M D. Boulet, V. Lovinescu, a D. Roman. Esse sono state pubblicate da un edizione creata al momento, ma quello che è eclatante, è che per tali raccolte di lettere, non è stata chiesta l'autorizzazione ai diretti discendenti, quindi sono edizioni pirata. Purtroppo tale modo di procedere, non è l'unico e ci chiediamo quando questo potrà avere fine. Dal lato giuridico, chi riceve le lettere ne diventa in quel momento il legittimo possessore, quindi gli eredi della Sig.ra Boulet, hanno autorizzato la diffusione, ma le innumerevoli altre? |
Post n°6 pubblicato il 21 Aprile 2008 da trevrizent
Il Dalai Lama[1]
Da qualche tempo[2], informazioni di fonte inglese, e quindi evidentemente interessate, ci rappresentano il Tibet come invaso da un esercito cinese, e il Dalai Lama in fuga davanti a questa invasione, pronto a chiedere aiuto al governo delle Indie per restaurare la propria autorità minacciata. È perfettamente comprensibile che gli Inglesi pretendano di aggregare il Tibet all’india, dalla quale tuttavia lo separano ostacoli naturali difficilmente superabili, e che essi cerchino un pretesto per penetrare nell’Asia centrale, dove nessuno pensa a invocare il loro intervento. La verità è che il Tibet è una provincia cinese, che da secoli dipende amministrativamente dalla Cina e che di conseguenza quest’ultima non deve affatto conquistarlo. Quanto al Dalai Lama, non è e non è mai stato un sovrano temporale, e la sua potenza spirituale è fuori dalla portata di mano degli invasori, chiunque essi siano, che potrebbero introdursi nella regione tibetana. Le notizie allarmanti che attualmente si cerca di diffondere sono dunque prive di ogni fondamento; in realtà, vi sono semplicemente stati alcuni atti di saccheggio commessi da una banda di rapinatori, ma, come abbastanza spesso avviene in questa regione, non c’è nessuno che se ne preoccupi seriamente. Approfitteremo di questa occasione per rispondere a certe domande che ci sono state poste circa il Dalai Lama; ma, perché non ci si possa accusare di fare delle affermazioni dubbie e non basate su alcuna autorità, ci limitiamo a riprodurre i passi più importanti di una Correspondance d’Extrême-Orient pubblicata su “La Voie” (nn. 8 e 9). Questa corrispondenza apparve nel 1904, nel momento in cui una spedizione inglese comandata dal colonnello Younghusband tornava da Lhassa con un preteso trattato, in calce al quale non figurava nessuna firma tibetana. “Gli inglesi riportavano dall’altopiano tibetano un trattato che era stato firmato soltanto dal loro capo e non era dunque per i tibetani né un impegno né un obbligo. L’intrusione inglese a Lhassa non poteva avere nessuna influenza sul governo tibetano e meno ancora su quella parte della religione tibetana che bisogna considerare come l’antenata di tutti i dogmi; ancor meno sul simbolo vivente della Tradizione”. Ecco alcuni particolari sul palazzo del Dalai Lama, dove nessuno straniero è mai penetrato. “Questo palazzo non si trova nella città di Lhassa, ma sulla cima di una collina isolata nel mezzo della pianura e situata a circa un quarto d’ora a nord della città. Esso è quasi circondato e rinchiuso da un gran numero di templi costruiti come dinh (pagode confuciane), dove abitano i Lama che sono al servizio del Dalai Lama; i pellegrini non varcano mai l’ingresso di questi dinh. Lo spazio che si trova al centro di questi templi disposti in cerchio l’uno accanto all’altro è un gran cortile quasi sempre deserto, in mezzo al quale si trovano quattro templi di forma diversa, ma disposti in maniera da formare un quadrato. Al centro di questo quadrato c’è la dimora personale del Dalai Lama. I quattro templi sono di grandi dimensioni, ma non sono molto elevati, e sono costruiti press’a poco secondo il modello delle abitazioni dei viceré o dei governatori delle grandi provincie dell’Impero cinese; sono occupati dai dodici lama chiamati Lama Namshan, che costituiscono il consiglio circolare del Dalai Lama. Gli appartamenti sono riccamente decorati, ma vi si vedono solo i colori lamaisti, il giallo e il rosso; sono suddivisi in più stanze, le più grandi delle quali sono le “sale della preghiera” . ma, salvo rare eccezioni, i dodici Lama Namshan non possono ricevere nessuno nei loro appartamenti interni; i loro stessi servi rimangono negli appartamenti esterni, così chiamati perché di li non è possibile vedere il palazzo centrale. Quest’ultimo occupa il centro del secondo quadrato ed è da ogni parte isolato dagli appartamenti dei dodici Lama Namshan; è necessario un invito speciale e personale del Dalai Lama per oltrepassare questo spazio interno. Il palazzo del Dalai Lama si rivela agli occhi degli abitanti degli appartamenti interni solo attraverso un grande peristilio che lo circonda tutto, come in tutti gli edifici dell’Asia meridionale; questo peristilio è costituito da quattro ranghi di colonne che sono, dall’alto al basso, ricoperte d’oro. Nessuno abita al pianterreno del palazzo, che si compone unicamente di vestiboli, di sale di preghiera, di scalinate gigantesche. Il palazzo consta di tre piani: il primo è del colore della pietra, il secondo è rosso, e il terzo è giallo. Sopra al terzo piano, a guisa di tetto, si innalza una cupola perfettamente rotonda e ricoperta di lamine d’oro; questa cupola la si vede da Lhassa, e da un punto assai lontano nella valle, ma i templi interni ed esterni nascondono la vista dei piani. Solo i dodici Lama Namshan conoscono la distribuzione dei piani nel palazzo centrale e sanno che cosa vi avviene; è al piano rosso e al centro, che si tengono le riunioni del consiglio circolare. L’insieme di queste costruzioni è grandioso e maestoso, coloro che hanno l’autorizzazione di circolarvi sono tenuti a conservare il silenzio”. (Nguyen Van Chang, Le Palais du Dalai Lama, La Voie n.8 novembre 1904). Ecco adesso quello che concerne il Dalai Lama stesso: “Quanto alla persona del Dalai Lama, che si credeva di vedere (al momento dell’intrusione inglese) coercita e profanata da sguardi stranieri, bisogna dire che tale timore è ingenuo e che, né ora né mai, esso potrebbe essere giustificato. La persona del Dalai Lama si manifesta solo al piano rosso del grande palazzo sacro, quando i dodici Lama Namshan vi si trovano riuniti in certe condizioni e per ordine di colui che li governa. Sarebbe sufficiente la presenza di un altro uomo, di chicchessia, e il Dalai Lama non apparirebbe; e vi è più di una impossibilità materiale che impedisce che la sua presenza venga profanata; egli non può trovarsi là dove si trovano i suoi nemici o anche semplicemente degli estranei. Il Papa dell’Oriente, come lo chiamano (assai impropriamente) i fedeli del Papa d’Occidente, non è uno di quegli esseri che vengono sottoposti a spoliazione o a costrizione, perché non è soggetto a potere umano, egli è sempre il medesimo, oggi come nel giorno remoto in cui si rivelò a quel Lama profetico che i Tibetani chiamano Issa e che i cristiani chiamano Gesù”. (Nguyen Van Chang, Le Palais du Dalai Lama, La Voie n. 9, 15 novembre 1904). Tutto ciò dimostra a sufficienza che il Dalai Lama non può trovarsi in fuga, né adesso né al momento in cui venivano scritte le righe riportate più sopra, e che non si può pensare né destituirlo né ad eleggergli un successore; da tutto ciò si vede parimenti quanto valgono le affermazioni di certi viaggiatori che, avendo più o meno esplorato il Tibet, pretendono di aver visto il Dalai Lama; non è il caso di attribuire la minima importanza a tali resoconti. Noi non aggiungeremo nulla alle parole che abbiamo riferite, parole che provengono da una fonte assai autorevole, si comprenderà d’altronde che una tale questione non è una di quelle che possono essere trattate pubblicamente senza riserve, tuttavia abbiamo ritenuto che non fosse né inutile né inopportuno dirne qualcosa in questa sede. T. Palingenius [1] Da: “LA GNOSE” n.5 marzo 1910. Con questo titolo veniva pubblicato un interessantissimo articolo che, malgrado siano passati molti anni, non perde niente della sua attualità in quanto espressione non di tempi che cambiano, ma di una civiltà tradizionale di cui tutto veniva regolato secondo ritmi e leggi oggi completamente desuete. [2] Il Il testo in questione ebbe una traduzione italiana in Orion, agosto 1988, ed è da questa che la riproduciamo integralmente. |
Post n°4 pubblicato il 25 Febbraio 2008 da trevrizent
Quello che ci accingiamo a pubblicare in questo blog, sono solo alcune informazioni sull'opera impersonale di René Guénon tanto più doveroso oggi che ci troviamo in quella fine del ciclo - umano cosmico - annunciata da tutte le dottrine tradizionali e in cui la ruota cessa di girare quel tanto che basta per permettere il passaggio da un ciclo ad un altro! |
Post n°2 pubblicato il 04 Settembre 2007 da trevrizent
Le opere di René Guénon pubblicate in rete e in carta stampata che non sono autorizzate dai legittimi eredi, sono assolutamente illegittime e qualificano la speciale mentalità di chi si fa promotore di simili iniziative. Ripetiamo in maniera assoluta ed inequivocabile: solo ed esclusivamente i componenti della famiglia di René Guénon e i legittimi mandatari di essa, hanno facoltà di autorizzare ogni e qualsiasi uso, dell'insieme della sua opera! |
Post n°1 pubblicato il 04 Settembre 2007 da trevrizent
Queste sono le opere fino ad adesso pubblicate del grande metafisico. La versione originale francese riporta solo la prima edizione, mentre numerose sono le successive ristampe anche con altri Editori. La versione in italiano riporta l’ultima edizione. Dobbiamo dire che le stampe di edizioni non autorizzate, quando sono sempre in vita gli eredi diretti di René Guénon, sono ad esclusiva responsabilità degli editori e curatori. Sappiamo anche che sono state immesse in rete molte delle opere, ed anche questo senza chiedere l’autorizzazione agli eredi! Nell’elenco delle opere abbiamo inserito anche la dizione settembre 2007 questo perché ci sono ancora altri articoli sparsi che aspettano una ristampa. OPERE DI René Guénon (Settembre 2007) 1921 1923 1924 1925 1925 1927 1927 1929 1929 Publiroc, Marseille, 1929 1931 1932 1939 1945 1946 1946 1946 Pubblicazioni postume 1952 1954 1962 1965 1970 1970 1973 1973 1976 2002 2003 2003 2007 Il Demiurgo e altri saggi Adelphi, Milano 2007
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