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Vinti dalla paura

Post n°507 pubblicato il 01 Settembre 2017 da lab79

(Da una conversazione privata)

[...] Si prendevano in giro (dandosi reciprocamente dei "puzzoni") seduti allo stesso dondolo, mentre io li spingevo...[...]

[...]Sono compagni d'asilo. Magari saranno compagni anche a scuola, chi lo sa. Mi chiedevo se un giorno si ritroveranno un po' come noi, con tanti anni di amicizia alle spalle.

Li guardi e ti chiedi: "A cosa sto assistendo?" Sarà un'amicizia, sarà un momento fugace...[...]

[...]Li guardo cercarsi, giocare insieme. Istintivamente penso "come posso proteggerli?", poi mi guardo in giro e vedo genitori ansiosi di chiuderli in casa, davanti alla tv. E realizzo che non è mio dovere proteggerli, ma insegnare loro a non avere paura.[...]

...

Ci siete ancora, là fuori?

Siete tornati a manovrare i vostri arnesi, al vostro lavoro? Vi è sparita già l’indignazione, il veleno, l’odio?

Ricordate ancora Barcellona?

E Parigi, e Londra, e Parigi ancora e Bruxelles, e magari Madrid? Ricordate ancora Madrid? Lo sapete di cosa sto parlando?

Oh, si. Ho aspettato di vedere defluire le parole, come alla fine di un alluvione aspetti che defluisca dolcenera, e cammini lungo le strade per vedere quello che è rimasto tra il fango, e magari recuperare qualcosa. Ma ho trovato così poco, quasi niente. Solo chi mi circonda con il fango fino alle ginocchia, che impreca a bassa voce ad ogni passo che affonda. Cosa provate, ora che sono passate settimane? Ora che l’indignazione ha lasciato il posto al disinganno?

Se vi siete ritrovati diversi, cambiati dal terrore, allora è proprio come sospettavo. Hanno vinto. Come hanno vinto coloro che rifiutano la ragione, e chiusi in un nuovo oscurantismo rinnegano quanto abbiamo raggiunto con la ragione, e il dolore di passarci attraverso. Hanno vinto, e a nulla vale spiegare che vaccinare i propri figli può salvare loro la vita, che la terra non è mica piatta, che la tv alla quale dedicano tanto del loro tempo funziona e vive di quelle missioni nello spazio che ora rinnegano. Hanno vinto, e non importa che sia una vittoria di Pirro: perché alla fine alla realtà non importa delle nostre opinioni, e al momento debito ci tocca sbatterci il muso, se ci ostiniamo a ignorarla.

Hanno vinto se vi siete schierati, perché il terrore a nulla serve se non a cambiare la prospettiva di chi lo subisce. Al terrore non importa di abbattere persone, monumenti. Al terrore non importa di sacrificare adepti. Non gli è mai importato. E di tutto il sangue che è stato versato e dolorosamente lavato, a lui non importa. Quello che importa è quello che è venuto dopo: al terrore non importa di arruolare adepti, il suo obiettivo è crearsi nemici. Perché il suo scopo è quello di aprire una falla, di provocare un conflitto. Tra tutte le tattiche di guerra, il terrorismo è una delle più subdole. Condivide con la guerriglia l’uso del sabotaggio, solo che invece di colpire le infrastrutture, colpisce la mente dell’avversario. Riduce al minimo le proprie armi, usa quel che trova e quel che trova sono oggetti di uso quotidiano, che così cambiano di senso. Oggetti che fino a poco prima erano rassicuranti nella loro banalità, ora diventano minacciosi. Furgoni, camion, auto, bombole a gas. Tutti oggetti su cui applichiamo scarsi controlli, ora sono mine vaganti nel nostro acquario.

E tra gli oggetti ci sono anche gli uomini che attraversano il mare a forza, spinti da trafficanti le cui ricchezze hanno per destinazione il conflitto in corso in medioriente. Uomini che attraversano il mare, e poco importa che siano rifugiati o migranti economici, disperati o criminali, persone che cercano un futuro o terroristi. Portano con sé il fardello del proprio colore, della propria origine. Il proprio essere stranieri diventa polvere da sparo gettata in un fuoco antico in Europa, sopito ma mai spento, e che ha attraversato i secoli sotto traccia, emergendo di tanto in tanto, e sul quale soffiano ora troppe bocche. Poco importa che gli atti di terrore commessi vengano da residenti in Europa, apparentemente assimilati ma in realtà economicamente ghettizzati, e spinti a ricercare qualcosa che li faccia sentire di un qualche valore, si ritrovano tra le mani di venditori di bugie, incantatori di serpenti che li illudono di ridare linfa alle loro radici, e che invece non fanno altro che potarne i rami fino a farli combaciare con la forma delle armi. L’apparente emergenza ed incapacità degli stati di governare un fenomeno antico quanto il mondo fanno gridare all’invasione, alla guerra imminente, alla fine del mondo. Come se non avessimo mai vissuto sulla soglia della guerra, che è lo stato naturale tra le nazioni. La pace, pur se tesa e fragile, è una costruzione umana che va mantenuta in piedi, riparata di tanto in tanto e tenuta sotto stretto controllo, perché non cada.

E allora cosa fare? Cedere alla paura, come qualcuno suggerisce? Diventare dei ragionevoli impauriti, oppure diventare dei coraggiosi imbecilli? La verità è che non abbiamo una tale possibilità di scelta. Possiamo vivere le nostre vite come le abbiamo sempre vissute, sapendo che tra le possibilità nascoste nell’imponderabile si nasconde anche la nostra morte. Ma anche consapevoli che il nostro mondo ha vissuto e superato il terrore. Che la storia ha digerito i cambiamenti e li ha fatto propri, e che l’unico strumento che davvero possa fare la differenza fra colui che rinuncia a vivere, preda della paura, e colui che affronta la vita pur se spaventato dal mondo, è la ragione.

 

 

https://www.statista.com/chart/4093/people-killed-by-terrorist-attacks-in-western-europe-since-1970/

https://www.pressreader.com/italy/libero/20170821/281483571499585

 
 
 
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