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Post n°73 pubblicato il 14 Agosto 2011 da lab79
Nella migliore delle ipotesi, semplicemente incapaci di tenere la barra. Nella peggiore, ciechi e sordi al rombo del mare, alle sue onde, agli scogli. Per anni abbiamo navigato allegri e festanti nei mari agitati dei nostri tempi, sfiorando e ogni volta scampando i mostri della nostra vita economica, iceberg silenziosi e cupi chiamati disoccupazione e debito pubblico. Abbiamo fatto baldoria e svuotato la cambusa, ci siamo lasciati incantare dall'orchestrina che suonava motivetti insulsi e accomodanti, convinti che il transatlantico sarebbe arrivato alla destinazione dei nostri sogni, novello paese dei balocchi dove non avremo avuto più doveri né responsabilità, nella convinzione che la nave non sarebbe mai affondata. Ma il nostro non è un imponente e glorioso Titanic, è un Pequod che ha visto tempi migliori, e ora il Pequod affonda sotto i colpi della balena, e mentre affondiamo non riesco a fare a meno di ridacchiare istericamente, perché non c'è niente di glorioso nel nostro naufragio; non c'è il mieloso sentimentalismo di "Nearer, my God to Thee" a suonare per un'ultima volta sul ponte, nemmeno il cupo romanticismo di un Achab che sacrifica la nave e il suo equipaggio, accecato dalla vendetta contro la Balena Bianca. Niente. C'è un buffo ometto che rideva, vestito alla marinaretta, e che sarebbe il capitano. Ora non ride più: si straccia le vesti sul petto, e ci mostra il suo cuore grondante sangue, tanto gli duole il nostro sacrificio. Vorrei vedere un fuoco fatuo cui rivolgere una preghiera, una dolente preghiera per dare un tono al nostro destino, ma intorno vedo solo i mercati che parlano di denaro, denaro ovunque, ma nemmeno una moneta da tenere, tra le mani, per domani. Mi vengono in mente i versi di Coleridge, di Capossela e alla fine concludo che forse sono quelli di Waits a descrivere meglio quello che vedo: Fishes make wishes on you. Mi tengo stretta la tavola su cui galleggio, e nel buio sento ridacchiare la gente mentre nuota verso il mare aperto, ripetendo più a se stessi che agli altri "tanto non avevo pagato il biglietto". Altri urlano lontani :"Quelli della terza classe ci rubano il posto sulla scialuppa!!", mentre in sottofondo l'orchestrina ancora suona, e qualcuno deve essersi messo al sicuro, tanto da avere libere le mani, e batterle a tempo canticchiando un motivetto insulso che spero, intanto che nuoto verso le rive dell'America, di dimenticare. |
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Tutto questo mentre i vecchi capitani e marinai smantellano e si vendono pezzi di nave per costruire le proprie scialuppe