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A scienza certa

Post n°384 pubblicato il 27 Giugno 2015 da lab79

Guardando tra le pagine di internet, leggo spesso post scritti o dedicati alle mamme ("Solo le mamme possono capire!" "Se siete mamme, condividete!". Onestamente, quelli dedicati o scritti dai papà sono sempre di meno. Ma ci sono, non credete). E certe volte li guardo con gli stessi occhi con cui li guardavo io stesso, un paio di anni fa, quando ancora non ero papà. E vi giuro, mi chiedo in quale parte della strada mi sono perso, in quale punto sulla via di Damasco c'era l'uscita per l'Illuminazione e come ho fatto a non vedere il cartello. Perché questi genitori sembrano aver capito tutto di come va il mondo, sembrano essersi riempiti improvvisamente della saggezza dei propri padri, averla arricchita con la propria personale pedagogia e con le proprie affinatissime conoscenze psicologiche, ed ora allevano pupetti che sono la quintessenza della bambitudine, sani e puri e lìmpidi e lucenti, pronti a posare per la prima pagina di Bimbi Sani e Belli.

Ecco, no.

Io me ne resto seduto sul tappetto, a guardare il mio di piccolo demonio che divora la sua fetta di pizza intanto che ciondola la testa al ritmo della musica, mentre in tv Marty McFly scopre l'inquietudine di dare appuntamento alla propria madre adolescente nel 1955. E' cresciuto, lo vedo con i miei occhi e me l'ha detto il pediatra, ma la verità è che non so come. La mattina gli diamo il buongiorno e un po' di latte, facciamo colazione insieme, almeno questo momento è tutto nostro, e poi via di corsa, ad ognuno i propri doveri, ad ognuno i propri impegni. Arriva poi l'ora della pappa, e il suo piatto si riempie e qualche volta si svuota, qualche volta no. E il sonno lo prende quando si fa pomeriggio, e poi una sgambettata al parco, sempre se si può e se il tempo lo permette. Poi arriva Venerdì sera, e allora che pizza sia, e un pezzo di Ritorno al Futuro, che con lui seduto a un metro da noi adesso ha tutto un altro significato. Ma non so quale, so solo che è diverso.

Lui intanto cresce.

Non so come possa accadere, e credo che non lo sappia nemmeno lui. Ma a nessuno importa. Tentiamo di addormentarlo, di nutrirlo, di insegnargli sempre cose nuove, insomma, di farlo crescere; ma la metà delle volte non sappiamo cosa stiamo facendo, e l'altra metà non sappiamo se lo stiamo facendo nel modo giusto. E a coloro che hanno avuto la pazienza di leggermi fino a qui, vi svelo un segreto: Nessuno lo sa.

Ci rendiamo a malapena conto di stare al mondo, corriamo incontro al futuro e raccontiamo agli altri di riuscire a vederlo, e che è radioso perché la nostra strada è certa, la nostra strada è giusta. Ma non è vero. La vita la viviamo camminando all'indietro, lo sguardo al passato e le spalle cieche al futuro, e se evitiamo di cadere nei burroni è soltanto perché i nostri piedi ci avvisano un momento prima che siamo sul bordo del baratro. E altro che saggezza: è con l'incoscienza dell'essere vivi che ci mettiamo un altro essere umano sulle spalle, e gli raccontiamo quello che crediamo di aver capito del mondo.

Mio figlio intanto dorme e sogna, ed io me ne resto qui, nel buio della terra, a fantasticare di essere il capitano del Kontiki che attraversa il mare, senza sapere a scienza certa se basti seguire le stelle per poterlo fare.

 

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Commenti al Post:
fran6319
fran6319 il 27/06/15 alle 02:36 via WEB
Eterna presenza Non importa che non ti abbia, non importa che non ti veda. Prima ti abbracciavo, prima ti guardavo, ti cercavo tutta, ti desideravo intera. Oggi non chiedo più né alle mani, né agli occhi, le ultime prove. Di starmi accanto ti chiedevo prima, sì, vicino a me, sì, sì, però lì fuori. E mi accontentavo di sentire che le tue mani mi davano le tue mani, che ai miei occhi assicuravano presenza. Quello che ti chiedo adesso è di più, molto di più, che bacio o sguardo: è che tu stia più vicina a me, dentro. Come il vento è invisibile, pur dando la sua vita alla candela. Come la luce è quieta, fissa, immobile, fungendo da centro che non vacilla mai al tremulo corpo di fiamma che trema. Come è la stella, presente e sicura, senza voce e senza tatto, nel cuore aperto, sereno, del lago. Quello che ti chiedo è solo che tu sia anima della mia anima, sangue del mio sangue dentro le vene. Che tu stia in me come il cuore mio che mai vedrò, toccherò e i cui battiti non si stancano mai di darmi la mia vita fino a quando morirò. Come lo scheletro, il segreto profondo del mio essere, che solo mi vedrà la terra, però che in vita è quello che si incarica di sostenere il mio peso, di carne e di sogno, di gioia e di dolore misteriosamente senza che ci siano occhi che mai lo vedano. Quello che ti chiedo è che la corporea passeggera assenza, non sia per noi dimenticanza, né fuga, né mancanza: ma che sia per me possessione totale dell'anima lontana, eterna presenza. Pedro Salinas Ecco quello che vorro' sentire di essere nei confronti dei miei figli: una presenza determinante per dare le famose radici per restare ancorati, ma anche donare le ali per inseguire i loro sogni.Progetto ambizioso. Quel che nn so è se mai riusciro' a constatare la loro consapevolezza di questo mio progetto su di loro o svaniro' nell etere prima. Non crescono da soli.
 
 
lab79
lab79 il 01/07/15 alle 04:23 via WEB
Alla fine li si accompagna per mano, credo, per un po' lungo la strada. Niente di più. Chissà se basterà.
 
manuelazen
manuelazen il 27/06/15 alle 09:32 via WEB
Ciao Lab, ho letto il tuo post e l'ho trovato comico. Ho letto il commento di Fran e mi ha fatto tenerezza. Non ho figli e quindi non posso davvero sapere quali siano gli stati d'animo di un genitore; ma presumo che desiderio e incertezza di saper fare il meglio per i propri figli siano quelli dominanti e che i figli appaiano davvero dei piccoli demoni in quanto incomprensibilmente originali e dotati di una precisa individualità. Mi metto allora nei panni dei figli. Magari neppure questo lo sappiamo fare, magari anche questo lo facciamo a casaccio, come hai ben detto tu: siamo bambini e conosciamo solo un modo di essere, il nostro, agiamo di conseguenza come se fosse in assoluto quello giusto. Noi eravamo tre fratelli, abbiamo ricevuto la stessa educazione, eppure siamo così diversi... Io ero quella di mezzo, introversa, silenziosa; mi sembrava impossibile che i miei genitori non capissero. Non capissero cosa? Come avrebbero potuto capire quello che c'era nella mia testolina, nel mio cuore? Forse non l'hanno capito mai, se non in parte. Forse sono stati coloro che più mi hanno capita o forse sopprattutto accettata per com'ero, e così com'ero mi hanno apprezzata e amata. Certo sono loro grata per l'educazione e la cultura che mi hanno permesso di avere; ma la cosa fondamentale per me è stato questo loro avermi accettata per come sono e non avermi voluta trasformare, di essersi inseriti in ciò che sembravo essere già per camminarmi accanto.
 
 
lab79
lab79 il 01/07/15 alle 04:15 via WEB
Curioso. Hai colto, in un paio di letture, la genesi di questo post, che non voleva essere altro che un paragrafo divertente e forse ironico da postare su Fb, perché lo leggessero gli amici. Beh, è diventato altro, forse il riflesso di quella sensazione che ultimamente mi invade. Cioè che la vita capiti vicino, ma non tanto da poterla accarezzare, appena fuori dalla porta.
 
sagredo58
sagredo58 il 28/06/15 alle 09:02 via WEB
Che miricordi' sul kontiki continuo a navigare per i mari del sud, sin da quando bambino ho letto di quel l'impresa norvegese partita dal Perù. Quanto ai figli ho sempre detto che ci mettono tanto a crescere per lasciare ai genitori l'illusione di aver imparato a farlo. Potente suggestione.
 
 
lab79
lab79 il 01/07/15 alle 04:22 via WEB
Avevo quattro libri, da bambino. Quatto volumi di una qualche collezione enciclopedica, divisa per temi, credo. Uno, quasi intonso eppure interessante, riguardava la pubblicità (Ricordo ancora una citazione al suo interno, di cui non ho mai più trovato riscontro: "L'aria che respiriamo è composta da idrogeno, ossigeno e pubblicità"). Uno di astronomia, che stava a malapena insieme, tanto lo consultavo. Un altro le scienze naturali, e l'ultimo: storia della scienza. E di quel libro mi porto dentro quella storia del Kontiki, che io adoravo e che riscrivevo nella mia mente di bambino come fosse una favola. Tanto che ora, qualche volta quando so di non essere sentito da mia moglie, la racconto a mio figlio appena prima di addormentarlo.
 
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