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Fumo

Post n°395 pubblicato il 30 Settembre 2015 da lab79
 

Sono stato un po' assente, ultimamente. Non è ovviamente vero. Ho avuto solamente meno occasioni per sedermi e dedicarmi a uno dei miei passatempi preferiti: perdere tempo. Ognuno di noi ha i suoi, vizi. Beh, questo è il mio.

Le forme che scelgo per esercitare questo mio talento (perché mi piace pensare di avere del talento, fosse anche solo nel perdere tempo) assumono varie forme: alla pari di molte delle vostre nonne, alcuni di questi passatempi hanno a che fare col sedersi comodamente e far lavorare le mani, svuotando contemporaneamente la testa da ogni pensiero complesso. A differenza delle vostre nonne, io non ricamo centrini: scrivo post. Ma il risultato è simile. Leggerete questo post con quel misto di ammirazione per il tempo dedicato, l'impegno profuso, e disgusto per il risultato raggiunto. Dopo di che lo metterete da parte in uno dei cassetti della credenza di legno compensato nel vostro salotto mentale, quello dove riponete le tovaglie, e cercherete di dimenticarvene.

Non sentitevi in colpa: dimenticare è una delle funzioni più importanti della mente, e serve a riordinare le informazioni in modo da mettere a immediata disposizione solo quelle indispensabili alla sopravvivenza. In altre parole, quello che state leggendo NON sarà utile alla vostra sopravvivenza in caso di apocalisse nucleare, di un attacco di morti viventi oppure di un pranzo domenicale con i parenti stretti.

Forse, almeno per quest'ultimo caso, devo ricredermi.

Infatti sto per parlare di fumo. Nello specifico, di sigari: notoriamente uno dei modi più antichi di scacciare dai dintorni stress, zanzare e suocere. Ora, una postilla. Ho fatto tutta questa introduzione perchè voglio che sia chiaro che sto per parlare di un argomento di cui so poco o nulla, quindi siete tranquillamente autorizzati a non prendermi sul serio. Il fatto è che, tra i miei passatempi preferiti non figura il fumo. Io non sono un fumatore, anche se lo sono stato da una discretamente rispettabile giovane età, e per un buon lasso di tempo. Cose ormai lasciate alle spalle, ragione per cui indugio senza il minimo senso di colpa nell'acquisto e nel consumo occasionale dei sigari. (La logica di questo discorso probabilmente vi sfugge. Se è così, significa che non vi è mai capitato tra le mani quel capolavoro del film di Jim Jarmusch "Coffee and sigarettes": guardate tranquillamente questi dieci minuti, e capirete di cosa sto parlando. Mi ringrazierete più tardi.)

Ecco il punto: qualche settimana fa mi sono ritrovato a fare una gita domenicale nei dintorni, che casualmente confinano con la svizzera. Una lunga storia di cui non vi sto a tediare. Quella della svizzera, dico. (Gèrard de Villiers ne diceva: "Gli svizzeri, dopo aver inventato l'orologio a cucù, si sono presi tre secoli di riposo." Chi sono io per contraddirlo?). Al nostro ritorno lungo la strada che costeggia il lago, all'ora in cui d'autunno il sole lascia il posto ad un buio a tratti inquietante ma non per questo meno affascinante, ci siamo fermati a Brissago. Brissago è, come molte delle cittadine sue sorelle sulle sponde del Lago Maggiore, una cittadina serena e apparentemente appagata, senza nulla da raccontare a parte piccole storie di contrabbandieri di sigarette ai tempi di "Addio alle armi". Alla nostra ripartenza, dopo un caffé e l'illuminante realizzazione che non avremmo fatto in tempo a cenare a casa, siamo risaliti in macchina, momento in cui mio suocero mi ha allungato, con la consumata indifferenza del uomo che conosce le conseguenze dei suoi gesti, questo:

 

I "Brissago" sono dei sigari sottili, lunghi una ventina di centimetri e forniti di un bocchino sulla coda, attraverso il quale viene infilata una paglietta che attraversa il sigaro in tutta la sua lunghezza, e la cui funzione mi resta ancora inspiegata. Hanno un aspetto piuttosto "femminile", se mi passate il termine, in contrasto con la stereotipata immagine del sigaro cubano, largo e ingombrante, oppure del toscanello, più grezzo nella forma. Non fraintendete - i Brissago non sono certo dei campioni nel mondo del Sigaro di alto livello - si tratta di sigari comunque piuttosto semplici, in cui una foglia di tabacco intera avvolge del tabacco macinato, alla maniera delle sigarette. Però sono insoliti, e se la cosa vi interessa: delicati nel gusto, di un fumo leggero che attraversa il tabacco senza sforzo, forse proprio per merito della cavità lasciata dalla paglietta di cui vi parlavo. Tanto insoliti che, nella mia ignoranza, mi sono rivolto a Google, per cercare di capirci qualcosa. Non ho trovato molte informazioni, purtroppo, ma pare che forma e tecnica di confezionamento siano di origine austriaca, diffusa nella seconda metà dell'ottocento e poi caduta in disuso, ma mai del tutto scomparsa, tanto da rimanere come caratteristica peculiare in questi prodotti della sponda svizzera del Lago Maggiore.

Ma qual è la morale di questa storia? Nessuna, ovviamente, tranne la rinnovata consapevolezza di poter trovare delle piccole, inaspettate sorprese anche nelle storie minime, di posti che dovrei banalmente conoscere come le mie tasche, e che invece rivelano avere sempre un piccolo tesoro nascosto tra le pieghe della propria supposta ordinarietà. Ed è una rivelazione piacevole da fare, acquattati nel fondo della notte con un "Brissago" in mano, mentre tutti dormono e qualcuno persino sogna, e nella mia memoria risuona quel vecchio disco di Tom Waits, che fa più o meno così:

Closing Time - Tom Waits, 1973

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Commenti al Post:
sagredo58
sagredo58 il 01/10/15 alle 00:12 via WEB
Diversamente da te fumo la pipa da quando avevo 16 anni ed i sigari da quando ne ho 18. Ho incontrato i Brissago nel 1996 quando in svizzera ho fatto un corso per diventare quality manager (quella robaccia iso9001 per capirci). Li ho trovati intriganti, ed unici per il bocchino di canna. A roma è difficile approvvigionarsene e negli ultimi anni le occasioni d'andare in svizzera mi sono mancate. Ho tenuto per qualche anno una rubrica dedicata ai sigari su una rivista di pipe, in cui ho elogiato anche i brissago. Buona fumata.
 
 
lab79
lab79 il 06/10/15 alle 04:37 via WEB
Il mio rapporto con il fumo è rimasto quello adolescenziale, per molti anni. Una trasgressione da sabato sera, che non ha mai piantato troppo le radici tra le mie abitudini. Insomma, ho vizi più perniciosi. Ma negli ultimi anni, libero dalla costrizione della dipendenza, mi sono ritrovato ad apprezzare il "momentum", quell'insieme di elementi legati all'atto del fumare e a cui, una volta, non avrei dato peso. Mi riferisco al tempo che mi prendo per fumare, solitamente da solo, senza la fretta della sigaretta, che appena accesa ha già i suoi minuti contati. Il sigaro si lascia spegnere, indulgente con l'indole del fumatore, e si accorda in modo onesto e sempre diverso ad altri vizi, come quello di un bicchiere di whisky lasciato intiepidire sul tavolo. Oppure, più banalmente ancora, quello sacro del caffè.
 
   
sagredo58
sagredo58 il 06/10/15 alle 11:51 via WEB
Questo che hai descritto è il mio modo d'intendere e godere il vizio fuggendo la dipendenza
 
     
lab79
lab79 il 10/10/15 alle 05:17 via WEB
Che sarebbe poi l'essenza del vizio: una piacevole variazione all'interno del quotidiano.
 
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