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Messaggi di Ottobre 2015

Diabolus in Musica (4)

Post n°400 pubblicato il 27 Ottobre 2015 da lab79
 

 

Oh, ma adesso basta parlare di metafore, di diavolo come metafora del genio artistico, di fenomeni fisici battezzati con nomi di diavoletti impertinenti.

E se pensate che stia per parlare della musica satanica, dei miti e delle fandonie con cui il genere Metal (per fare un esempio) si è cosparso e lasciato cospargere, pur di vendersi meglio nel mercato, non è di questo che vi sto per parlare.

Parliamo del diavolo in musica, e chiamiamolo per nome.

Robert Johnson non ha la biografia di Giuseppe Tartini. Ad onor del vero, ne ha a malapena una, circondata più da leggende e dicerie, che non da fatti documentati. Ciononostante, il solco lasciato dai suoi passi nella storia della musica è profondo, tanto da arrivare ancora fino a noi. Se vi emozionate ad ascoltare i lenti arpeggi di Eric Clapton, o come me amate perdervi nella voce cavernosa e nei versi maledetti di Nick Cave o di Jim Morrison, è a Robert Johnson che state rendendo un tributo. L'uomo in questione è, di fatto, il fondatore del blues rock moderno, padre della forma canzone su cui sono campati per decenni i Rolling Stones, e migliaia di epigoni. E' l'archetipo dell'artista rock maledetto, l'origine di tutte le maledizioni che nell'iconografia della musica fanno il mito. Nato, si dice, nel 1911 e morto ventisette anni dopo, ha rappresentato nelle sue canzoni la perdizione della propria anima, data al diavolo in cambio del talento, come diceva la leggenda alimentata da se stesso. Era figlio di un secolo che non aveva ancora finito di finire, nonostante lo schiavismo fosse formalmente finito negli Stati Uniti, la condizione di quelli come lui non era cambiata granché. Afroamericano in quegli stati del sud degli Stati Uniti, dove i neri sembravano non avere altro posto se non quello di schiavi, nato da una relazione extraconiugale di sua madre, visse l'adolescenza come probabilmente molti dei suoi coetanei: nella povertà, e disperazione. Sposatosi a giovanissima età, perse la moglie appena sedicenne al momento del parto del loro primogenito, evento che cambio la sua vita, e la storia della musica. Perché è qui che comincia davvero la leggenda: praticamente analfabeta musicale, sparisce per circa un anno, tornando poi come musicista dal talento strabiliante ed inesplicabile. Se vogliamo credere che quella di aver fatto un patto con il diavolo ad un angolo di strada fosse stata solo una leggenda, più credibile (ma altrettanto indocumentata, e misteriosa) è l'ipotesi che abbia appreso la sua tecnica chitarristica da un tal Ike Zinneman, bluesman dal fascino demoniaco, di cui si dice che amasse suonare nei cimiteri, tra le ombre della luna. E questo è tutto quello che sappiamo di questo Zinneman, che per quanto ci riguarda poteva trattarsi tranquillamente della personificazione del diavolo. Da quel momento, Johnson visse una vita dissoluta, tra alcol, amori di una notte, e testi che non lasciavano spazio alcuno alla speranza.

"If I had the possession over judgment day 
If I had the possession over judgment day 
Then the woman I'm lovin' wouldn't have no right to pray" 

("Se fossi padrone del giorno del giudizio 
Se fossi padrone del giorno del giudizio 
Allora la donna che amo non avrebbe diritto di pregare")

Infine anche la sua morte rimase nel mistero. Morì, si disse, accoltellato. O forse avvelenato dal gestore del locale nel quale suonava, la cui moglie sembra avesse una relazione con Robert Johnson. Morì dissanguato, oppure piegato a quattro zampe, abbaiando come un cane. Forse fu la magia nera, forse soltanto il diavolo che venne a predersi quel che era suo. Lasciandoci però in cambio la scintillante bellezza della disperazione dipinta nelle sue canzoni, e di questo, a questo Diabolus in Musica, siamo debitori.

 

 

Crossroad Blues- Robert Johnson


"Sono arrivato al crocevia sono caduto in ginocchio.
Sono arrivato al crocevia e sono caduto in ginocchio.
Ho chiesto al Signore lassù «Abbi pietà, ora salva il povero Bob, per piacere».

Sììì, lì al crocevia mi sono sbracciato per un passaggio
oooo ooee eeee. Mi sono sbracciato per un passaggio.
Ma pare proprio che nessuno mi fili, cara, hanno tirato tutti dritto.

Lì al crocevia, baby, mentre il sole tramontava.
Lì al crocevia, baby, eee eee eee, mentre il sole tramontava.
Io sono pronto a giurare sull'anima mia che ora il povero Bob sta andando a fondo.

Puoi correre, puoi correre e dire al mio amico Willie Brown
che stamani ho quella malinconia che mi prende al crocevia,
Signore, cara, sto andando a fondo.

E sono arrivato al crocevia, cara,
ho guardato ad est e ad ovest.
Sono arrivato al crocevia, baby,
ho guardato ad est e ad ovest.
Signore, non ho nessuna dolce donna con me, ooh, beh, cara, nella mia angoscia."



 

 

 

 

 
 
 

Diabolus in Musica (3)

Post n°399 pubblicato il 19 Ottobre 2015 da lab79
 

 

Certo è che l'immagine del diavolo, almeno in quanto spirito ispiratore dell'arte, non è certo nuova. Forse l'idea che nella musica ci sia un qualcosa di ancora inesplorato, al di là di quanto le convenzioni dell'epoca in cui viviamo ci costringono. Anche qui, ci viene in soccorso il nostro pregiudizio: immaginiamo già l'artista tormentato, dilaniato dai propri demoni e che cerca una via di scampo sublimando il proprio talento, a beneficio esclusivo di chi verrà dopo di lui.

Non è un pregiudizio del tutto errato, ma non è detto che vada sempre così.

E' il caso di Giuseppe Tartini, violinista e compositore di prim'ordine, ed autore della celebre sonata "Il Trillo del Diavolo". Nonché maestro del più tardi celebre compositore Antonio Salieri. (E se, come me, avete visto il bello ed impreciso film, "Amadeus", sappiamo di chi stiamo parlando) Tanto mefistofelico il titolo della sua opera più famosa, quanto divertente la sua biografia, almeno riguardo agli anni di gioventù: Talentuoso studente di giurisprudenza, superbo  e dall'indole violenta, forse alimentata dal suo talento per la scherma, tanto da desiderare la carriera di maestro d'armi. Se non fosse stato, toh: l'amore. Ebbene si, il nostro protagonista è il soggetto perfetto per una commedia romantica hollywoodiana. Ora direte: ti stai inventando tutto. E invece no, il Tartini - ancora un ragazzino, per i nostri standard - si innamora della nipote del Cardinale, e in gran segreto la sposa. Segreto di pulcinella, suppongo, dato che i due innamorati vengono scoperti, e mentre lei viene rinchiusa in convento, lui deve fuggire ad Assisi. Qui dimora per un paio d'anni, in cui non solo si dedica allo studio del violino, ma grazie alla serenità del luogo cambia completamente carattere, diventando modesto e amabile.  Siete pronti per il colpo di scena? Eccolo: Un bel giorno, mentre suona nel coro della chiesa, un colpo di vento sposta la tenda che lo nasconde dai presenti e viene riconosciuto! Oh, il dramma! Il nostro protagonista si sente perduto, ma scopre con stupore che il Cardinale nel frattempo l'ha perdonato, e lo sta cercando per ricongiungerlo con la sua amata sposa.

Lo so, anche a me è scappato un sorriso, quando ho letto questa storiella. E' vera? Non lo so con certezza, ma onestamente mi dispiacerebbe se non lo fosse. Quindi abbiamo il nostro protagonista: scapestrato, passionale, e con una storia romantica dal lieto fine, condita da conversione alla bontà e generosità, tanto che alcune fonti raccontano di come aiutasse più famiglie indigenti e persino mantenesse a sue spese alcuni orfani. Vi pare il prototipo dell'artista maledetto e tormentato? A me, no.

Ora, perché ne sto parlando? Personalmente l'ho scoperto proprio per via del "Trillo del Diavolo". Sonata notevolissima, affatto facile dal punto di vista tecnico e anche quella circondata da una genesi niente male.  A detta di un astronomo francese, tal Jerome Lalande, Tartini gli raccontò di come una notte fece un sogno. Non voglio tediarvi con le mie parole, quindi ve lo faccio raccontare dal Tartini stesso:

« Una notte sognai che avevo fatto un patto e che il diavolo era al mio servizio. Tutto mi riusciva secondo i miei desideri e le mie volontà erano sempre esaudite dal mio nuovo domestico. Immaginai di dargli il mio violino per vedere se fosse arrivato a suonarmi qualche bella aria, ma quale fu il mio stupore quando ascoltai una sonata così singolare e bella, eseguita con tanta superiorità e intelligenza che non potevo concepire nulla che le stesse al paragone. Provai tanta sorpresa, rapimento e piacere, che mi si mozzò il respiro. Fui svegliato da questa violenta sensazione e presi all'istante il mio violino, nella speranza di ritrovare una parte della musica che avevo appena ascoltato, ma invano. Il brano che composi è, in verità il migliore che abbia mai scritto, ma è talmente al di sotto di quello che m'aveva così emozionato che avrei spaccato in due il mio violino e abbandonato per sempre la musica se mi fosse stato possibile privarmi delle gioie che mi procurava. »

Alzi la mano chi non vorrebbe fare sogni così. Quindi, o cambiate spacciatore, o imparate a suonare il violino. Che il nostro uomo non era un semplice gran talento delle quattro corde, ma un vero e proprio studioso e teorico, tale da aver evidenziato (eccolo, il diabolus in musica) una dei più famosi effetti acustici nella tecnica esecutiva del violino: il cosiddetto "Terzo suono di Tartini". Detto in modo semplice: quando si suona un accordo di due note, separate da un determinato intervallo, queste producono una terza nota, che non è prodotta dal tocco dell'archetto sulle corde del violino, bensì dalla consonanza tra le due note. In pratica, una nota "fantasma", uno spiritello musicale che prende vita dalla musica stessa. Anche questo, consentitemi l'utilizzo di una metafora: un Diabolus in Musica.

Il Trillo del Diavolo - Giuseppe Tartini

*Se volete passare direttamente alla parte più emozionante del brano, ascoltate il secondo e il quarto movimento, circa al terzo minuto il primo, e all'undicesimo minuto il secondo. Ma sappiate che il divertimento sta proprio nell'altalena di emozioni dei quattro movimenti.

 

 
 
 

Diabolus in musica (2)

Post n°398 pubblicato il 18 Ottobre 2015 da lab79
 

 

Diabolus in Musica, letteralmente: Diavolo in musica. Alle nostre orecchie, e specialmente alle orecchie di chi coniò la locuzione, durante il medioevo, un termine piuttosto sinistro. Non è altro però, che il nome dato a un "intervallo", ossia la distanza tra una nota e un'altra. Nel caso del "Diabolus in musica", questo intervallo è un Tritono, ossia un salto di tre toni. Ora, senza stare a scendere in tecnicismi che non sono in grado di spiegarvi a dovere, il motivo per cui questo intervallo ottenne questo nome è semplice: è una dissonanza. Se lo sentiamo riprodurre, l'effetto è che ci sia qualcosa di sbagliato, fuori posto. In grado forse di suggerire qualcosa di sinistro, tanto che durante il medioevo ne venne vietata la produzione all'interno delle composizioni sacre, che erano la maggiore occasione di ascoltare musica. Tutto questo può sembrare ridicolo, ai nostri occhi, abituati come siamo a considerare ogni rappresentazione artistica come emblema della libertà assoluta dello spirito umano dalle regole. Considerazione errata, ovviamente. E la prova sta proprio nelle straordinarie composizioni create in quel periodo intorno a questa ed altre regole e divieti: norme che la chiesa, maggior committente di musica a quel tempo, codificava rigorosamente. Ora, c'è da dire che questo divieto non portò mai a dimenticare l'esistenza di questo fenomeno acustico, tanto che venne studiato ed elaborato, finché il tempo non demolì il senso dei divieti e finalmente trovò spazio nella musica.

Un diavoletto perseverante, non c'è che dire.

Tanto che oggi non è affatto difficile ritrovarlo praticamente in qualsiasi genere musicale, dalla musica orchestrale a quella da camera, dal metal al jazz. Gli esempi sono numerosissimi.

Non mi inoltrerò oltre a raccontare e spiegare, che come ho già detto altrove, non ne ho la preparazione accademica né la formazione culturale per scriverne. Wikipedia spiega meglio di me il percorso di questo spiritello nella storia della musica, e se proprio volete sapere come suona, basta cercarlo su youtube, declinato in quasi ogni stile musicale ad oggi esistente. Il motivo per cui ne parlo è per utilizzarlo, semplicemente, come totem di questo mio banalissimo discorrere di musica. Forse affascinato dal suo nome, forse dall'idea che persino una dissonanza possa trovare un suo posto in un regno, quello della musica, dove ogni cosa sembra trovare un suo posto, un suo ordine naturale.

Questo fascino è, in fin dei conti, il mio diabolus in musica.

E il vostro? Qual è il vostro diabolus?

 

 

Danse Macabre Opus n° 40 di Camille Saint-Saens

(Una curiosità: l'inizio della composizione è fatta da dodici "rintocchi", a rappresentare lo scoccare della mezzanotte. Quello che segue, suonato sul violino, è proprio un "Diabolus in musica", ossia due note separate da un intervallo di tre toni)

 

 
 
 

Diabolus in musica (1)

Post n°397 pubblicato il 16 Ottobre 2015 da lab79
 

 

 

Ho un rapporto molto banale con la musica: mi piace. Non ho il minimo talento, né l'educazione musicale per suonarla. Ma mi piace ascoltarla, e nemmeno per ascoltarla ho la formazione che mi permetta di goderne davvero. Sono un ascoltatore salottiero, ed egoista. Se c'è musica nell'aria, e mi piace, è mia. Senza indugi. Non sono tipo da condividere la musica, non amo più parlarne come quando ero un ragazzo, né mi diletto a seguirne le correnti più innovative e originali, come mi piaceva pensare di fare allora. Quindi questa è un'eccezione.

Non ho preferenze di genere. Sono un ascoltatore onnivoro, incapace di fare una vera selezione filologica, con il risultato di essere dispersivo nelle scelte, e scarsamente fanatico di un artista in particolare. Certo, gli anni mi hanno portato ad avere delle preferenze tra gli artisti di cui possiedo i dischi, (perché io possiedo ancora cd, benché non per una questione di fanatismo tecnico -"Suonano meglio degli Mp3" (Cosa peraltro vera, ma non così determinante da farmi evitare l'ascolto di formati compressi)-, ma ho finito con lo scoprire che la scelta di ascoltare un disco piuttosto che un altro è più legato all'umore del momento. Non solo, a differenza di quanto spesso sento dire, io non ascolto musica "per tirarmi su", o per migliorare il mio stato d'animo, quanto per assecondarlo.

Musica come intrattenimento da sala d'attesa, insomma, da ascoltare superficialmente e distrattamente? Ecco, no. Associo, questo è vero, l'ascolto attento della musica alla lettura, alla stessa maniera e con le stesse intenzioni con cui associo un buon bicchiere di liquore ad un occasionale sigaro, oppure un bicchiere di buon vino ai piaceri della tavola. Tutti vizi, ad eccezione di quest'ultimo, di cui mi capita di godere in solitudine. Perché? L'ho già detto: sono egoista, condivido malvolentieri quel che mi procura piacere, nell'errata convinzione che il piacere una volta diviso mi venga sottratto, e quindi valga meno.

Ecco, l'ho detto.

Detto questo, resta il discorso: che musica ascolto? Come dicevo, dipende dal mio stato d'animo, dai miei sentimenti predominanti in quel dato momento, e non di rado, dal meteo. Ora, per esempio, ascolto Nick Drake. Forse perché sentire sussurrare la sua voce mentre la pioggia mormora i suoi versi contro l'asfalto bagnato mi permette di concedermi di assentarmi dal mio cuore. Non vedere, non sentire, non provare altro che malinconia. Una voce che è già un fantasma, come a consolare la mia stanchezza.

Ma chi era Nick Drake? Musicista folk dal talento cristallino, passato a suo tempo completamente inosservato. Schivo, timido, persino misterioso. Ma chi era davvero il ragazzo Nick Drake? Dopo averne letto la biografia, forse giungerete anche voi alla mia stessa conclusione. Non lo so. Un fantasma, appunto. Solo un ragazzo che amava la musica, una pelle troppo sottile per difendersi dal mondo, un animo che era un sospiro, niente più. E il tempo di un sospiro è durata la sua vita: ancor meno la sua carriera artistica, mai decollata davvero se non decenni dopo la sua morte. Ed ora il suo fantasma alleggia su chiunque metta mano sulle corde di una chitarra, e vi appenda la propria anima come stracci ad asciugare al vento umido dell'autunno.

Nick Drake - Essential songs

*Non siete tenuti ad ascoltarlo, ovviamente. Avrete notato che il player non è automatico, quindi sentitevi liberi di ascoltarlo o meno. Se volete un consiglio: ascoltatene qualcuna, distrattamente. Chissà che non parli anche al vostro, di cuore, il fantasma di Nick Drake.

 

 

 
 
 

Est

Post n°396 pubblicato il 06 Ottobre 2015 da lab79

Ho solo qualche minuto, qualche  minuto ancora e intanto in piedi, sulla linea di mezzerìa della statale abbandonata a se stessa, tanto profonda è la notte, guardo a est. Mi pongo domande, mi chiedo cosa accadda e cosa arrivi da quella direzione del mondo, se sarà un'alba come tutte le altre. So che il mio presente è qui, ai confini di questo occidente a cui appartengo, e nei cui vizi mi riconosco. Faccio un passo indietro, e giro i tacchi di cento ottanta gradi. Ora le mie spalle mi pongono al riparo dall'alba, il mio sguardo si perde oltre l'orizzonte, verso l'ovest lontano oltre l'oceano, dove si trovano ancora alcuni dei miei affetti, chiedendomi semmai ritorneranno da me, o io da loro.

I miei minuti sono passati, e non hanno lasciato traccia.

Facing East - Thievery Corporation (The Richest Man oi Babylon, 2002)

 
 
 

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