Creato da lab79 il 05/02/2010

TheNesT

a place called home

 

Messaggi di Giugno 2016

Finché non ritornerò

Post n°434 pubblicato il 23 Giugno 2016 da lab79

 

In marcia, dunque. Mi assenterò per qualche settimana, e non mi dispiacerà. Non ho piani, se non quello di partire e una volta arrivato, riposare. E un po' non vedo l'ora, lo ammetto: rivedere l'alba resuscitare alla mia sinistra, dopo ore di guida quieta e silenziosa, che la partenza sarà ancora una volta di notte. E già questi giorni si sono svegliati caldi e sereni, un invito a viaggiare, a sognare un po' di mare lontano da queste montagne, come se tutto quello che è accaduto qui, nell'arco dell'anno, non fosse successo mai.  Non vedo l'ora di riprovare quella fame stanca, e il profumo della terra che già so sarà diverso,  e infine il sonno solitario con cui premio le mie ossa quando viaggio la notte, e che sa di un sonno che potrebbe anche non finire mai.

Ma ad un certo punto finirà.

E mi ritroverà in un posto diverso, con desideri un po' più lenti, e una sete più antica, anche se solo per qualche giorno. Il sonno mi prenderà ogni notte, e sarà come non avere fatto altro per tutta la vita. Ma non potrò restare lì tutta la vita: solo quel che basta per riscoprire che non c'è solo l'ora, e il qui.

Finché non ritornerò.

 

 

 

 

 
 
 

Al-Kuhl

Post n°433 pubblicato il 20 Giugno 2016 da lab79
 

Alcol o alcool, dall'arabo al-kuhl, sinonimo alchemico di spirito,[1] ...

(Da Wikipedia)

All'alcol ho affidato sogni, speranze, parole che credevo sacrificabili. All'alcol ho affidato notti, ed ero ancora un ragazzo, e di molte di quelle notti neanche ricordo la fine. Oh, ma chi vogliamo ingannare: Anche a me è capitato di dare il peggio di me certe notti, con una bottiglia in mano. E di darlo alla persona sbagliata, che non sempre le mie lettere venivano lette, né le mie parole ascoltate, né le mie mani scaldate, o i baci accolti.

Di questi fallimenti sono pieni i ricordi degli ubriachi.

Ma ci sono ricordi ancora di notti di luna piena, come quella che appesa a testa in giù mi rende visita questa sera. E quelle sere in cui sentivi i cani abbaiare alla luna era facile cantare sottovoce canzoni troppo vecchie per la nostra età, con un sorriso sghembo stampato sul volto, e non ci rendeva ridicoli. Ci rendeva fratelli di altri disperati; alcuni d'amore, i più fortunati. Altri disperati dalla vita, ma questo noi non lo potevamo sapere, eravamo troppo felici, troppo innamorati, troppo stanchi di dare sempre il peggio di noi, incompresi da noi stessi, così tanto da crederci incompresi dal mondo. Invece eravamo semplici: alcuni di noi sarebbero diventati uomini di famiglia, padri, lavoratori, cittadini. Altri non eravamo che fallimenti, e per quanti ruoli avremo interpretato, avremmo fallito.

Ma a noi non importava.

Un ragazzo ci portava da bere, ancora un bicchiere. E non ricordavamo più il primo, come non ricordavamo la prima sigaretta. E intanto la musica tintinnava di bicchieri battuti l'uno contro l'altro, brindisi che neanche sapevamo sarebbero rimasti incompiuti, e le ore trascorrevano e sembravano così tante, che ti chiedevi come fosse possibile che ad un certo punto della notte arrivasse l'alba. E arrivata l'alba ti chiedevi come mai la gente fosse così sobria, e così infelice. 

Non sarebbe bastato il sonno di una domenica luminosa, come certe domeniche prima che si facesse estate, per risvegliarci davvero da quei sogni fatti di stelle cadenti, scie di scintille in un bicchiere e fondi di caffé, sigarette consumate fino al filtro e nient'altro, nient'altro che ci potesse fare del male.

Ci sarebbe voluta la vita, a farci del male.

 
 
 

Ho sognato

Post n°432 pubblicato il 10 Giugno 2016 da lab79

Ho sognato, oggi. Per la prima volta da qualche tempo a questa parte. Ho sognato e i miei sogni non mi hanno svegliato, e anche se il sole sfuggiva allo sguardo, restandosene sempre alle mie spalle, sono stati sogni sereni. Certo, incongrui e inconsistenti, ma sereni.

Ho sognato di nuovo.

E poco importa se sono stati brandelli di sonno, e chissà se poi ho sognato nel pomeriggio, oppure al mattino. Poco importa se prima di dormire il contorno delle cose riverbera nell'aria, ripetendo l'immagine di sé più e più volte. Poco importano le nausee da sonno, il desiderio di premere i pugni contro gli occhi fino a far uscire qualche lacrima. Le farfalle luminose che a volte volteggiano a mezz'aria, e che spariscono non appena i primi riflessi del sole attraversano il parabrezza sporco, mentre guido di ritorno a casa. Poco importano le dita che non obbediscono più come prima ai miei comandi, la palese demenza che piano piano prende possesso di me. I ricordi che svaniscono e si confondono. Il dolore al midollo delle ossa, il sapore metallico in bocca prima di fare colazione. Poco importa, perché ho sognato di nuovo.

Solo, non ricordo più di essermi svegliato.

 

 

 
 
 

Le parole degli sconfitti

Post n°431 pubblicato il 07 Giugno 2016 da lab79

Per probabile inclinazione naturale, rifuggo spesso dal cantar le lodi dei vincitori. Insomma, che basti loro la vittoria ed i suoi allori ad allietare il momento. Non sentiranno di certo la mancanza dei miei complimenti. A rileggermi, giungo alla stessa conclusione a cui chi mi legge è forse giunto da tempo: sono le parole di uno snob, un finto originale. Un bastian contrario.

Forse è vero.

Ma forse c'è di vero che nel mio accostarmi ai perdenti c'è identificazione. Chi di voi ha praticato sport agonistici, intuirà più velocemente quello di cui parlo. Il principio per il quale "Il secondo è il Primo degli sconfitti" ha lasciato solchi profondi, senza che neanche me ne accorgessi, dentro di me. Perché per essere sconfitti, non basta la sconfitta. Deve essere memorabile, e deve essere raggiunta con ostinazione ed esercizio. Sudore e sangue. Dolore, e umiliazione. Vergogna, ma mai e poi mai rassegnazione. Essere perdenti significa fare proprie le parole di Samuel Beckett: Ho provato, ho fallito. Non importa, riproverò. Fallirò meglio.  Significa accettare che c'è qualcuno che merita la gloria, e quel qualcuno non siamo noi. Che c'è qualcuno che merita l'applauso, e che dovrà affrontare la menomazione che ne consegue: diventare sordi e ciechi alle intenzioni di chi ci loda, incapaci di distinguere la gioia dall'invidia nelle strette di mano, nelle pacche sulle spalle, negli amici nuovi che si avvicinano, negli amici vecchi che ritornano cambiati. Essere sconfitti significa avere gli occhi limpidi, forse perché lavati dalle lacrime piante quando si spengono le luci della ribalta, per poter finalmente vedere il mondo nei suoi colori più veri. Essere sconfitti significa conoscere la propria forza, e sapere che in realtà non basta, non è mai bastata, né basterà mai.

Significa essere in grado di dire parole di una purezza assoluta, anche se nessuno le ascolterà:

Ali, Frazier & Foreman we were 1 guy. A part of me slipped away, "The greatest piece"

(Alì, Frazier e Foreman eravamo una persona sola. Una parte di mè è scivolata via. La più grande.)
George Foreman, il giorno della morte di Muhammed Alì

 
 
 

Legge del contrappasso

Post n°430 pubblicato il 03 Giugno 2016 da lab79

-”Io questi immigrati non li posso vedere: vengono qui e fanno come se fossero a casa loro, si prendono le nostre cose, noi diamo loro tutto quello che vogliono e si lamentano pure!”

-”A-ha. Capisco..”

Intanto è seduto nel mio salotto, con una delle mie birre in una mano, e una galletta senza glutine nell'altra, perché è celiaco e mi ha chiesto espressamente se poteva avere qualcosa senza glutine. Ed io sono pure immigrato.

 

 
 
 

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