Creato da lab79 il 05/02/2010

TheNesT

a place called home

 

Messaggi di Ottobre 2016

Della vita

Post n°457 pubblicato il 24 Ottobre 2016 da lab79

 

 

- "Non è nient'altro, la vita?" mi chiede.

- "No", gli rispondo. "E' solo orrore, e meraviglia"

 

 

 


 
 
 

Al diavolo

Post n°456 pubblicato il 23 Ottobre 2016 da lab79

Al diavolo il mondo che brucia.

Al diavolo le mie male premesse di un futuro incerto, e le meschinità di un presente che non mi regala che frustrazioni.

Al diavolo.

Che a volte si ha voglia di scrivere con la leggerezza che non si è mai avuto, di ricordare senza nostalgia e di rivedere le proprie foto con un sorriso beota stampato in volto. Certo che non ci si riesce: ho a che fare con il peso di essere me stesso, avvolto delle mie fragilità, del mio istintivo cercare rifugio in un passato che non rimpiango. Troppo corta la coperta per coprire i piedi ai miei sogni d'adolescente, che crescevano e si scontravano con l'impossibilità di diventare veri.

Al diavolo anche i miei rimpianti.

E la notte là fuori si fa profonda e finalmente fredda, e di me là fuori a nessuno importa. Io distendo i piedi in un gesto che non ho mai compiuto, troppo ligio ad un'immagine di me che non ha ricevuto premi di sorta. E allora per un momento al diavolo anche quella, sorrido e chiudo gli occhi e quasi per un istante e mezzo l'ansia si scioglie in disincanto, nel sottile desiderio di un caffé e per una volta non per restare sveglio, bensì soltanto per sentire il gusto di un caffé distendersi rotondo sul fondo della lingua e contro il palato. Ozio, per cinque minuti e forse cinque ancora, che i corridoi sono vuoti e silenziosi, le luci spente e nel giardino il gatto che a metà della notte attraversa il giardino di corsa per una volta siede sul prato, non visto e non sentito se non da me, che dietro il vetro respiro profondo sprofondato in una poltrona dal colore disgustoso davanti al tavolino di vetro, sui cui giace un libro che si prende troppo sul serio.

Al diavolo la notte, ed i suoi incanti.

(Mi rannicchio non visto nell'angolo più buio del salone, come un bambino con la febbre. Ma la giacca e la cravatta mi sono d'impaccio, a ricordarmi severe che sono un uomo e che non mi è dato cercare rifugio dal mondo. Allungo una mano e prendo in mano il libro, e ricomincio a leggere nel tentativo di capire, intanto che fisso l'orologio con la coda dell'occhio. Sono quasi le tre.)

 

 

 

 
 
 

Pensiero magico

Post n°455 pubblicato il 19 Ottobre 2016 da lab79

Mi perdo a leggere i giornali, con crescente disagio. E con lo stesso stato d'animo ascolto la televisione, e le persone che camminano per la strada, in mezzo ai negozi. Registro e annoto, pasticcio le mie note mentali, le accartoccio, le scarto e ne scrivo di nuove. Nulla è definitivo nella mia mente, eppure chi mi circonda pare avere tali certezze.

Non hanno dubbi, né domande.

E di notte quando avanza tempo perdo ore preziose con l'occhio in questo meraviglioso periscopio del mondo che è internet. Le cose che non si vedono: complottismi, teorie strampalate (Vi ho mai parlato dei "terrapiattisti"? Cioè persone che all'alba dell'autunno 2016 sono convinte che la terra sia piatta, e che l'idea di un mondo a forma di palla sia una copertura della Nasa?) e un senso di persecuzione che non trova appiglio in nessuna evidenza. Curiose convinzioni secondo le quali i grandi eventi che agitano la terra in questi giorni non solo influenzino le loro vite, ma sono stati specificatamenti concepiti per farlo. Titaniche migrazioni, guerre la cui portata non vediamo, crisi economiche dalle dimensioni e complessità raramente viste nell'arco di una generazione: il tutto architettato da una mente malevola che vuole danneggare noi, e solamente noi. E non ha altro pensiero: qualsiasi mezzo per quanto sproporzionato ha questo singolo scopo, anche se non se ne capisce il vantaggio che trarrebbe. E poi, chi sarebbe questa mente? Non ha nome, oppure ne ha mille ma nessuno ha una corrispondenza nel reale. "E' così perché io penso che sia così", e questa giustificazione deve bastare a dare credibilità a quel che dico.

Ed io ci immagino tutti quanti come i naufraghi della Medusa in quel dipinto di Géricault. Le vesti strappate al vento, e così tanta acqua in ogni dove, e neanche una goccia da bere. E il cielo nero che ascolta le nostre voci che si alzano e maledicono, ma non sanno chi, e nemmeno perché; persi nel delirio della sete, della fame che ci rende cannibali, e intanto i giorni passano e la zattera si disfa.

Ma è davvero così?

Oppure come mi suggerisce un pensiero incerto, è la paura. Intuiamo la verità e la neghiamo, e chiudendole la porta in faccia la chiudiamo anche alla razionalità. Ci rifugiamo nel pensiero magico, quello che ci spiegava il mondo quando eravamo bambini, e che sembrava ci potesse bastare. Nessuna correlazione tra causa ed effetto, tra il nostro stile di vita e le nostre prospettive per il futuro, nessun nessso tra le nostre parole e le nostre azioni, e tra le nostre azioni e le conseguenze. Le cose sono vere perché le diciamo vere, le nostre opinioni insindacabili perché sono nostre, gli altri tutti nemici perché non ci apportano personali benefici.

Io ho solo scampoli di tempo, nella mia vita quotidiana. E lo so che non dovrei sprecarli a farmi domande: ho già abbastanza problemi da risolvere, decisioni da prendere, doveri da assolvere. Potrei scegliere dal mazzo e recitare il numero della mia carta ad alta voce. Eppure un dubbio, portato forse in grembo dalla paura di chi mi circonda, di tanto in tanto mi parla.

 
 
 

Cedere all'incanto

Post n°454 pubblicato il 15 Ottobre 2016 da lab79

Lascio la pioggia fuori dalla finestra, le delusioni depositarsi in polvere sulla superficie liscia delle cose, le gioie sedimentare in fondo al cuore.

Afferro gli scampoli di tempo che mi restano, e li ripongo nel cassetto.

Lascio che l'autunno faccia il suo lavoro. Che demolisca piano quel che l'estate ha incrinato, che prepari il terreno al riposo dell'inverno.

Siedo per la prima volta sulla poltrona, in un angolo buio del salone vicino alla finestra, e da lì guardo la pioggia cadere sul mondo, e la nebbia nascere subito dopo dalla terra bagnata. E come in un sogno mi lascio cullare dai più neri pensieri che ho.

 
 
 

Mens sana...

Post n°453 pubblicato il 04 Ottobre 2016 da lab79

In una delle peggiori mattinate delle ultime settimane (già di per sé pessime), decido di evitare di fare danni a chi mi circonda, e scelgo invece di fare male a me stesso.

Vado a correre.

Ci sono 12C° al sole, là fuori, quindi mi vesto di conseguenza. 

-Vecchia felpa nera di cotone con cappuccio. (Per vecchia intendo: vecchia di circa 18 anni.)

-Vecchie scarpe tennis. (Per vecchie intendo: vecchie di non meno di 7 anni. Come potete notare, in questo blog gli aggettivi non si usano tanto per usarli. )

-Pantaloncini corti con interno felpato. Comprati da Decathlon l'inverno di due anni fa. Mai usati.

A questo punto realizzo due cose. Il mio armadio è vecchio da far pena, e quando compro qualcosa, quella non solo non mi serve (pantaloncini mai usati), ma in più è un ossimoro: a che accidenti servono dei calzoncini felpati CORTI? Se fa freddo mi copro, se fa caldo mi scopro. Vestirsi pesante ma corto è di un'idiozia senza pari. Infatti eccomi qua. Fatta questa considerazione che mi rivitalizza il morale, afferro le chiavi di casa, e il mio vecchio (sigh) lettore mp3, che prontamente accendo. Scaldo i muscoli camminando a passo veloce, ed inizio a corricchiare cercando di tenere il passo della musica. Che è "So what", primo brano di jazz modale scritto da Miles Davis per il mitico Kind of Blue. Album bellissimo, ma correre cercando di tenere il tempo di jazz è come rientrare a casa la domenica mattina con una sbronza fina. Insomma, perfetto per il passo sghembo che non ricordavo di avere quando corro. Da questo momento, seguono una sequenza di eventi e pensieri che saprei descrivere soltanto in modo di elenco, eccolo qua:

-Per prima cosa incrocio il camion della pulizia delle strade, nell'unico tratto di strada che consente il passaggio contemporaneo di un camion della pulizia delle strade e nient'altro. Chapeau. Mi arrampico al muro di pietra della villa che confina con la strada, nel cui giardino dimora un coso il cui padrone si ostina a chiamare cane, e che a me sembra la discendenza di uno Xenomorpho. L'alieno in questione fa un verso che sembra un grugnito, intanto che sbava acido dalla bocca sulle mie dita, con cui mi artiglio al muro in attesa che il camion passi. 

-Superato brillantemente il primo ostacolo, si presenta subito il secondo: Io.  Le mie gambe scoprono di portarsi dietro una zavorra fastidiosa ed inutile, che risponde al nome di me. Zavorra che non solo non contribuisce alla corsa, ma di tanto in tanto pare si dimentichi di respirare, facendo così diminuire l'apporto di ossigeno così necessario a questa tortura. 

-Dopo qualche minuto, le gambe girano. Il prezzo è ovviamente quello di prendersi tutto il sangue ossigenato che ho in corpo. Protestano in sequenza la milza, i polmoni, il cervello. Il cuore fa la parte del krumiro e invece di fermarsi in sciopero, da stakanovista qual'è continua a faticare per tutti gli altri. Io lo ringrazio sentitamente.

-Le prime avvisaglie di cedimento fisico si fanno evidenti: il fiato è corto, i battiti veloci, la sudorazione fredda e copiosa, la pelle fredda, le pupille probabilmente non rispondono più agli stimoli luminosi. Devo aver percorso si e no 200 metri.

-A questo punto il cervello decide di staccarsi dal resto e fare qualcosa per conto proprio. Lo sento distintamente sedersi sul divano e accendere la tv, intanto che mi suggerisce di chiamare il mio avvocato. -"Perché devo chiamare l'avvocato?" -"Per fare testamento."

-La strada è in discesa, ora. I miei piedi poggiano agili sul pavimento, le mie gambe spingono. Le braccia hanno trovato il ritmo, i polmoni sembra si siano allargati, tanta l'aria che entra nel mio corpo. Il mio respiro è forte e pieno.

-Mi viene il sospetto che in realtà i polmoni siano bucati.

-L'evidente carenza di ossigeno spinge la mia mente ai confini dell'esistenza: trovo per un momento la quadratura del cerchio, riesco a visualizzare il senso del moto di un iperottaedro, nonché le procedure della sua costruzione geometrica e con questa intuisco la possibilità di utilizzarlo per un viaggio nello spazio-tempo in assenza di navicelle spaziali. Intanto che Miles Davis soffia il suo assolo cosmico la mia mente spiega le ali: intuisco e sfioro per un istante la rivelazione del senso della vita, l'inestricabile sentiero che ha condotto l'uomo fino a qui, l'inesplicabile significato dell'amore, l'inenarrabile patto che ci lega tutti insieme e al nostro destino, la stringa che dovrebbe stringere la scarpa al piede, e che ora svolazza ad ogni passo.

-Paf!

-Mi rialzo cercando di mantenere una certa dignità, intanto che mi tolgo i ciuffi d'erba dalle ginocchia. Tiro su dal naso e cerco i fazzoletti. Non li trovo.

-Ding! Ricevo un sms dal mio cervello: "Non solo hai dimenticato i fazzoletti. Anche il telefono è rimasto sulla credenza all'ingresso. Fossi in te controllerei se hai le chiavi di casa."

-A parte il fatto che non sapevo che il mio cervello avesse un numero tutto suo, controllo le tasche e confermo che le chiavi sono nella tasca destra della felpa. Tié.

-Invece per il telefono ha ragione. L'ho dimenticato a casa.

-Decido quindi di ritornare a casa. Miles Davis non ha ancora finito il suo primo brano, ed io mi sono già arreso. Ma ho iniziato, e come dico sempre: "Una mezza vittoria è pur sempre una vittoria"

-Riprendo il cammino verso casa, e ad esclusione dell'episodio del cane, ripeto tutti gli eventi che fin qui ho riportato. Incluso quello del camion della pulizia delle strade, che sta facendo il percorso a ritroso. 

-Al mio rientro a casa ho la malaugurata idea di darmi un'occhiata allo specchio: sembro Frodo al suo arrivo a Mordor, consumato dalla stanchezza e dal potere dell'Unico Anello. Solo più vecchio e con la barba inspiegabilmente lunga, dato che l'ho fatta ieri sera prima di dormire.

Insomma, sono giunto alla conclusione che la prossima volta che vorrò fare una cosa del genere, probabilmente opterò per l'automutilazione, che come metodo di suicidio mi pare meno doloroso.

 

 
 
 

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