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Messaggi di Gennaio 2017

Il ballo delle debutanti

Post n°477 pubblicato il 31 Gennaio 2017 da lab79

Qual'è il mondo che vi aspettate?

Le danze hanno appena avuto inizio. Le elezioni che seguiranno daranno il via alle danze, ristabiliranno equilibri e riscriveranno frontiere laddove sembravano non essercene più. Il ritorno delle nazioni, lo ha chiamato qualcuno. E a prima vista è così: il fallimento o comunque l'insoddisfacente risolutezza delle entità sopranazionali sembra lasciare il passo a quelle forze che nel passato hanno contestato la globalizzazione. Fenomeno curioso, la globalizzazione: inteso troppo spesso come l'omologazione del mondo in un modello unico, ne è in realtà il prodotto. L'omologazione dei sistemi produttivi è ben anteriore alla fine del secolo appena concluso, e non si fermerà certo ora al rinascere dei nazionalismi. Perché questi ultimi sono espressione e sentimento che giustifica l'esistenza delle nazioni, pur senza esserne l'unica radice, ma le nazioni vivono all'interno di un ecosistema nel quale ormai si muovono più a loro agio altre entità sovranazionali, che rispondono a logiche differenti. Sono le multinazionali, che lontano dall'essere il moloch tante volte paventato dai nostri timori, sono giustamente temute per l'incrementato potere d'influire (pur raramente essendo in grado di controllare davvero) le decisioni degli stati.

Il naufragio delle trattative per i trattati commerciali tra Stati Uniti ed Europa è la naturale conseguenza di un punto di equilibrio superato, e che ora si muove svelto e ingovernato in direzioni che nessuno sa prevedere, o vuole auspicare. I cambiamenti in atto sono più grandi di quanto vogliamo spesso ammettere: toccano la sfera economica e politica delle singole nazioni, ma anche la struttura economica e sociale dell'ambiente in cui viviamo, fino a toccarci nel privato. Nel modo in cui vediamo i nostri vicini, in cui giudichiamo le loro abitudini e il modo in cui loro giudicano le nostre. E' questo entrare dei problemi nel mondo nel nostro intimo a spiegare la virulenza delle azioni e reazioni ad eventi che spesso non ci riguardano in modo immediato, ma che intuiamo avranno un peso dopodomani: un peso che non è detto ci piacerà portare.

(Qui intanto la notte corre su un nastro trasportatore senza fine, trascinando i sogni e gli incubi di chi guarda quelli come me con sospetto, quando arriva l'ora di tornare a casa. Io li guardo inosservato, li conto e di tanto in tanto ne prendo uno in mano: nella materia opalescente che li circonda vedo le stesse ambizioni di sempre, le stesse debolezze. Le stesse paure che hanno infettato i nostri nonni, i nostri padri. Le stesse necessità. I sintomi delle stesse infezioni. E mi chiedo se tanto veleno nella macchina del mondo sia sempre esistito, se la nostra esistenza non sia giustificata solamente dalla necessità del male di perpetuare se stesso, e usa noi e il nostro patrimonio genetico per attraversare il mondo e il tempo, con l'unico obiettivo di raggiungere l'eternità)

 

 
 
 

(Fra parentesi, niente)

Post n°476 pubblicato il 25 Gennaio 2017 da lab79

(Scrivo fra parentesi quando scrivo sottovoce, come ora che siedo a gambe incrociate sul tappetto del salotto, a metà di un pomeriggio la cui requie volge verso la fine. Ho il sole alle mie spalle, che quieto e cauto mi scalda le ossa. Non scrivo di niente, vacuo e solipsistico come solo le autobiografie sanno essere. Ma le finestre sono aperte, soffia un vento che non è di questo inverno, e sotto le suola sento l'assordante rombo del mondo che ruota. Non sono disconnesso dal mondo, soltanto lo guardo passare distratto dalle incombenze della mia vita quotidiana, come se non mi riguardasse. 

Non ne parlo mai con nessuno.

Ma paiaono in tanti a prepararsi a scendere in campo e scegliere un nemico. E intanto i secondi che ci separano dal tramonto si accartocciano su se stessi, e le persone camminano con passo affrettato, e non capisco se per non vedere o per non essere viste. Io attraverso le strade a testa alta e con mio figlio in braccio. Gli insegno a guardare ora a destra, ora a sinistra. Gli insegno quel poco che so di questo mondo.

Mi dicono che sono uno stupido, a crescerlo qui.

Come se arrivata la notte finisse il mondo, e non ci fosse salvezza. Ma io so che non è così. Io che la notte l'attraverso ogni notte a passo leggero. Io so che attraversato il mare (ah, e come se lo so) c'è un alba che nasce da un continente nuovo. Non è, né sarà mai, la terra promessa. Solo la spiaggia da cui salpare per attraversare un nuovo mare, una nuova notte.)

Ma questi sono solo pensieri fatti fra parentesi.

 

 
 
 

Fine di un'era Pop

Post n°475 pubblicato il 21 Gennaio 2017 da lab79
 

 

Si è conclusa oggi, di fatto, un'era. D'altronde, non si può definire diversamente la conclusione di un mandato (Un doppio mandato, in effetti) durato ben otto anni, sulla poltrona più influente tra le democrazie del mondo. Non è soltanto un bagno di retorica: anche questa fa parte dei riti sociali a cui attinge la nostra società (E ne parlo al singolare perché, de facto, la nostra è una singola società più volte declinata geograficamente), ma in questo caso l'utilizzo sfacciato del termine "Era" va al di là di eventuali intenzioni liriche. La linea di demarcazione fra quello che è stato e quello che sarà è troppo netta per passare inosservata, e sto a malapena parlando di politica.

Quello a cui mi riferisco è il modo in cui i riti della più stabile delle grandi democrazie siano specchio di come va il mondo. Le tendenze populiste, isolazioniste e reazionarie sono, a quanto pare, la naturale risposta alla globalizzazione che ormai da una ventina d'anni sta ridefinendo il mondo in cui viviamo.  Che queste tendenze ne siano la soluzione, è tutto da dimostrare.  Così come da dimostrare è anche la totale  estraneità di questi nuovi leader rispetto agli "influencer" che fin qui hanno fatto sentire il loro peso nel momento in cui c'era da definire la direzione in cui far marciare il mondo. Niente complottismi. Queste "forze" sono alla luce del giorno, spesso abbastanza chiare da poter essere distinte ad occhio nudo anche da chi, come me, vi getta un'occhiata distratta di tanto in tanto.  I gruppi macroeconomici sono quelli la cui influenza è più facile da distinguere: gruppi finanziari, produttori di beni, fornitori energetici e non per ultimi, corporazioni di gestione del traffico di informazioni. Se state pensando a banche, aziende industriali, energetiche e a giganti come Google e Facebook, pensate bene. Ma nei gruppi che ho nominato vanno inclusi soprattutto entità nazionali e sovranazionali che agiscono nei mercati alla pari dei privati, condizionandone scelte di consumo e quindi modalità di produzione e distribuzione. Fondi di investimento nazionali, oligopoli di produzione (come quella petrolifera), grandi società informatiche: tutti loro funzionano e ragionano come singoli privati, ma non sono esenti dalle ambizioni delle nazioni in cui hanno sede o a cui devono risposte. Se il XX° secolo è stato il secolo delle nazioni, il XXI° non segna di certo la loro fine: semmai è emblema di come queste si siano evolute in entità che sanno superare senza difficoltà l'ostacolo basso delle frontiere.

Ed è curioso come sia proprio "frontiere" uno dei termini che più sembra aver acquisito attualità, dopo decenni in cui, almeno in Europa, sembravano destinate a svanire. La verità è che proprio contro l'ostacolo delle frontiere va a cozzare il secondo gruppo di forze che determinano l'andamento della Storia del mondo, troppo "concrete" per immaginare di superare le frontiere con un balzo. Queste sono le forze sociali, che siano divise per questioni etniche, religiose, demografiche. L'immigrazione economica e più drammaticamente quella forzata dalle guerre conoscono il dolore del proprio impatto contro i muri e i fossati delle frontiere, che cercano di superare in virtù dei loro numeri. Ed il fatto che questi eventi abbiano meno forza di abbattere confini rispetto alle forze economiche ci dice molto della struttura e del funzionamento del nostro mondo.

E le entità politiche che iniziano questa nuova era avranno da guidare (o farsi condizionare da) queste forze.  E lo faranno nel solco che esse stesse hanno scavato per raggiungere la predominanza: un solco che divide i corpi sociali di cui sono espressione in modo netto tra amici e nemici, e sigilla questi sottogruppi rendendoli poco permeabili, statisticamente stabili e omogenei, e forse per questo più "domabili". Esempio ne sia, per restare negli Stati Uniti, la profonda divisione fra repubblicani e democratici: poco inclini i rispettivi elettori a cambiare casacca, ingessando di fatto le possibilità di cambiamento. Divisioni similari le si trova anche in Italia: basta leggere gli slogan e i modi di comunicazioni dei diversi gruppi politici, passati ormai dall'evidenziare le differenze fra i vari movimenti, all'evidenziare le differenze fra i propri elettori e quelli degli altri. Il risultato è la polarizzazione delle posizioni, il loro irrigidimento statistico e la conseguente impossibilità di spostare equilibri consolidati e spesso paralizzanti. Non sono poche infatti le tornate elettorali che dividono gli elettori in due macrogruppi quasi equivalenti, divisi da pochi punti percentuali, rendendo allettante l'idea di strutture di governo più rigide che garantiscano stabilità, come se si avesse timore di non essere in grado di affrontare e gestire le instabilità naturali della storia.

Non voglio dilungarmi in analisi che non solo non sono in grado di argomentare adeguatamente, ma di cui non saprei nemmeno dimostrare la validità. La mia è più una sensazione, vaga come un presagio che però riguarda più il presente, che il futuro. Il ritratto dello Zeitgeist, se mi passate la similitudine.

Resta il fatto che oggi è finita un'era: fondamentalmente pop, legata più all'immagine di un sogno realizzato, che non alla sua vera realizzazione. Chi sia stato per la storia degli Stati Uniti e del mondo il presidente Obama, è presto per dirlo. Ben otto anni di mandato non sono bastati a definirlo: e questo dice forse qualcosa della sua capacità di far sembrare le cose diverse, piuttosto che di averle davvero cambiate. Il segno di un personaggio (o dell'evento della sua esistenza) nella storia sta nella resistenza dei suoi atti al logorìo del tempo. Come degli imperatori romani abbiamo memoria nei bianchi monumenti che ancora oggi definiscono i nostri paesaggi, o di più ancora nelle nostre abitudini, altrettanto si deve dire di chi siede sulla poltrona più pesante di questo nostro mondo odierno, o almeno di quello che ne resta.

 

 
 
 

In fuga dall'alba

Post n°474 pubblicato il 15 Gennaio 2017 da lab79

La neve ghiaccia sui bordi delle strade, al riparo dagli sguardi della gente. Oggi sarà domenica. Non circola nessuno sulle strade deserte, e gli ampere di cui si nutrono le lampade che illuminano  il selciato paiono sprecati. Attendo le ultime decine di minuti che mi separano dalla fine del mio turno, sperando di riuscire a nascondermi dal mondo prima che faccia giorno.

Ma dovrò prima o poi uscire dalla tana.

Tornare a scrivere e ad affrontare il mondo, rompere gli schemi che mi hanno costretto a restare al mio posto.

Non ho altri pensieri se non questi.

 

 
 
 

Sottovoce

Post n°473 pubblicato il 13 Gennaio 2017 da lab79

Questa notte ha nevicato sottovoce. Ha iniziato il suo monologo con una pioggia gelata, fini cristalli di ghiaccio che parevano sussurrare contro le foglie secche del bosco. Un coro sommesso di voci da bambini, che divertiti si dicevano l'un l'altro di fare silenzio. Ho chiuso le imposte, spento le luci. Mi sono concesso qualche minuto ancora davanti all'ultima finestra aperta sul prato, che diventava bianco lentamente. Ho cominciato a sognare ancora sveglio, soltanto voci che mi hanno chiamato nel letto, come sirene. Ho ceduto, perché ieri notte mi era concesso, e ho affondato questo scafo fra le lenzuola morbide di flanella. La luce soffusa dell'abat-jour, un libro sul comodino, e il sereno abbandono di chi potrebbe anche non risvegliarsi più, e sarebbe felice lo stesso. E nei miei sogni ho navigato su una piroga di legno chiaro, sulla corrente del fiume che separa i mondi dei miei sogni dal mondo della mia veglia, e da questa sottile piroga vedevo me stesso vivere le vite che nei miei sogni sono ancora possibili. Uno, due, tre risvegli nel cuore della notte: pause ristoratrici dalla fatica di viver sognando, e poi ecco reimmergermi là, in quel mondo che mi accoglie sempre senza domande. 

Il mattino ci ha ritrovato ricoperti da una coltre di silenzio e neve, che nella notte si è posata copiosa. 

 

 
 
 

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