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Messaggi di Febbraio 2017

De mendacium et de stercore (Breve e superficiale prima meditatio circa l'uso e l'abuso del falso nel discorso pubblico)

Post n°482 pubblicato il 24 Febbraio 2017 da lab79

« Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione. Tutti lo sanno. Ciascuno di noi dà il proprio contributo. Tendiamo però a dare per scontata questa situazione. Gran parte delle persone confidano nella propria capacità di riconoscere le stronzate ed evitare di farsi fregare. Così il fenomeno non ha attirato molto interesse, né ha suscitato indagini approfondite. Di conseguenza, non abbiamo una chiara consapevolezza di cosa sono le stronzate, del perché ce ne siano così tante in giro »
(Harry G. Frankfurt)

Qualche anno fa avevo acquistato, per il puro gusto della provocazione, un simpatico libretto di un tale Harry g. Frankfurt. In una mano reggevo una cinquina di volumetti dei Peanuts, il "Manuale di investigazione" di Jebediah Berry (non preoccupatevi, è un romanzo) e il bellissimo "Una ballata del mare salato" al cui protagonista sognavo di somigliare nei brevi sonni che facevo sui sedili del treno di ritorno a casa. Non si può mica fare sempre gli intellettuali.

-"Arriverai alla cassa e penseranno che compri solo stronzate" mi disse chi in quel momento mi faceva compagnia negli acquisti.

-"Allora vediamo di dar loro ragione!"

Allungai la mano sul librettino nero, dal titolo appropriato di "Stronzate" e lo posai in cima alla pila dei miei acquisti. La combinazione, aiutata da una mia breve battuta di supporto, fece l'effetto voluto sulla cassiera.

Ma questa è un'altra storia.

Il punto è che una volta sfogliato, il libro si è rivelato un piccolo e divertente scrigno di ragionamenti sulle bugie, i bugiardi, e la sottile differenza che li distingue dalle stronzate e da chi le professa. Sottigliezze, apparentemente. Ma mica tanto, il che è curioso trattandosi di un argomento che la saggezza popolare vuole abbia le gambe corte. Il punto è che le menzogne sono uno strumento particolarmente duttile da poter essere usato con i più svariati scopi, e abbastanza ambiguo da poter essere spacciato per verità, mezza verità o persino bugia detta a fin di bene. Rispetto alla semplice verità, un utensile che si addatta alla realtà con molta più facilità. Dimostrazione ne è il fatto che delle bugie in generale facciamo uso costante, il più delle volte innocuo (almeno nelle intenzioni), non esimendoci di tanto in tanto dall'arrivare a cercare di raggiungere i frutti maturati dalle menzongne.

Ma perché ci comportiamo così? Senza voler tirare in ballo una generica genetica malvagità, o una mistica genesi delle pene dell'umanità, il punto è che dalle menzogne è possibile ottenere un vantaggio, che in termini evoluzionistici può significare sopravvivenza e maggiori possibilità di prosecuzione del nostro personale corredo genetico. In un modo o in un altro, una bugia può farci ottenere il frutto più dolce dall'albero della vita, fosse anche sottraendolo al nostro prossimo. Ma c'è bugia, fine meccanismo in grado di inserirsi nella realtà in vece della verità, svolgerne le funzioni logiche e guidare la realtà verso la direzione voluta dal bugiardo. E ci sono le stronzate, non necessariamente false ma di certo finte, e a differenza delle menzogne propriamente dette, totalmente incuranti della verità. Per rendere più chiaro il discorso, mi affido alle parole stesse del libro:

[...]Il bugiardo non può non preoccuparsi della verità. Per inventare qualunque bugia, deve credere di sapere che cosa è vero. E per inventare una bugia efficace, deve progettare la sua falsità lasciandosi guidare da quella verità. D'altra parte, una persona che sceglie di cavarsela a forza di stronzate ha molta più libertà. La sua prospettiva è panoramica invece che particolare. Non si limita a inserire una certa falsittà in un punto specifico, e così non è costretta a obbedire alle verità che circondano o intersecano quel punto. E' disposto, se necessario, a contraffare il contesto[...]

La bugia è meticolosa, progettata per sostituire la realtà. La stronzata non ne ha bisogno, inquina e contraffà la realtà, e non ha di certo bisogno di essere prodotta con lo stesso rigore di una bugia. Caratteristica delle stronzate è infatti che, sempre secondo Frankfurt, [...]"l'essenza delle stronzate non sta nell'essere false, ma nell'essere finte[...]ciò che non va in una contraffazione non è il suo aspetto, ma il modo in cui è stata prodotta".  Il vantaggio è palese in termini di semplicità di produzione. Ma non solo: per qualche motivo, la bugia che sostituisce un frammento di verità, costruita e introdotta col preciso proposito di nascondere i fatti e determinare un diverso risultato della realtà, ai nostri occhi corrisponde a colpa gravissima e difficilmente giustificabile. Con le stronzate siamo molto più indulgenti: forse perché spesso non sono vere e proprie bugie, dette con vaghezza tale da poter sempre mettere in piedi una giustificazione molle ma sufficientemente elastica da restare in piedi ad ogni argomentazione. Inoltre, ingrassa il terreno per altre future stronzate, crea un ambiente mefitico in cui si finisce per il non curarsi dell'eventuale falsità di una stronzata detta ieri o l'altro ieri, e nel quale l'infima parvenza di verità delle stronzate passate finisce col fare da supporto alle stronzate future.

Insomma, raccontare stronzate paga, specialmente in campi dove l'autorevolezza e la coerenza con i propri principi hanno lasciato spazio ad altre qualità. La politica, ne è un chiaro esempio. L'attuale amministrazione americana, e l'illustre precedente europeo (non sono io a dirlo, beninteso. Ecco qui1, e qui2.) non si sono mai preoccupate dell'accuratezza di quel che dichiaravano, se questo poteva portare qualche vantaggio al raggiungimento dei propri scopi. L'insistenza di questo meccanismo ha prodotto assuefazione nelle nostre menti: le stronzate sono diventate "non punibili" anche se dimostrate false, e il loro autore è ormai autorizzato ad andarsene beffardo con il bottino ottenuto sotto il braccio. I danni sono enormi. Non solo provoca una coazione a ripetere anche da parte di altri soggetti politici, consci ormai che l'uso e l'abuso delle stronzate sia parte integrante della grammatica politica, bensi finisce col percolare fino al raggiungere la vita quotidiana delle persone, permeando una società in cui la verità non ha più peso alcuno nei nostri processi decisionali.

E prendere decisioni a discapito della verità dei fatti è potenzialmente disastroso.

Le conseguenza vanno dai danni personali fatti a noi stessi e a chi ci circonda (La banale idea per la quale il semaforo rosso non sia così importante da rispettare può portare alla morte propria e di altri innocenti), fino alla rinuncia al diritto di ragionare per conto proprio, manipolati come siamo dall'idea che il maggiore consenso delle stronzate cui ormai siamo abituati a non confutare, certifichi la loro validità. Per questo l'esercizio di smascheramento delle bugie che ci vengono proposte, che siano menzogne o banali stronzate, dovrebbe essere rigore quotidiano, per non dover passare dal saltare la stronzata abbandonata sul marciapiede da un cittadino distratto, al dover camminare per le strade con gli stivali di gomma.

 

 

1 https://www.theguardian.com/world/2016/nov/21/if-berlusconi-is-like-trump-what-can-italy-teach-america

2 https://www.nytimes.com/2016/03/15/opinion/the-trump-berlusconi-syndrome.html

 
 
 

Qualcuno spenga il sole

Post n°481 pubblicato il 21 Febbraio 2017 da lab79

Qualcuno spenga il sole.

Qualcuno faccia tacere il mondo, qualcuno lo fermi. Non lo sentite? L'assordante rombo del pianeta che ruota su se stesso, e le voci: ah, le voci stridenti nella corrente continua della radio che gracchia, non le sentite anche voi? Mi rigiro nel letto disfatto dal sonno e la mia mente non ha pace. Afferro con i denti il lembo del cuscino e stringo forte, e per un momento le mie orecchie spingono fuori i rumori del mondo. Da qui sotto vi sento tutti, e distintamente uno per uno: un cane abbaia furioso al gatto grigio della villa in fondo alla strada, che svogliatamente si strofina contro il pilastro di cemento che sostiene il cancello d'ingresso. Più in là, un giardiniere svogliato affila le cesoie, un bambino piange nella sua culla, sua madre soffoca un pensiero stanco che non vuole ammettere a se stessa, e con le unghie sfiora la superficie del tavolo della cucina, talmente piano che a malapena riesco a sopportarla. Un refolo di vento avvicina il mezzogiorno di un passo a questo momento, e la mia notte (la mia notte striminzita che dormo di nascosto dal vostro mondo, come i ratti negli anfratti delle vostre fogne) lentamente muore.

E allora scrivo queste parole per non sentire il mio sonno svanire in un sibilo furioso, ingoiato dal giorno che non aspetta chi come me è rimasto indietro a imbandire il vostro risveglio.

Ma non riesco a trattenere l'onda enorme della presenza dell'umanità che sembra trascinare i piedi, gli occhi negli schermi multicolore e la coscienza altrove. Solo i suoi rumori s'intrufolano sotto la porta bianca che a malapena trattiene il sole fuori dalla mia stanza da letto.

(Ed è allora che qualcuno piange una lacrima sfinita, e allora apro gli occhi e mi accorgo che i miei sogni hanno finito di respirare, e giaciono accanto a me tra le lenzuola tiepide, senza più vita. Li ripiego piano e li nascondo sotto il cuscino, nella speranza di trovare più tardi, quando sarà buio, abbastanza fantasmi nel mio cuore per donare loro la vita di nuovo, e lasciarli andare lontano, in un posto oltre le mie palpebre chiuse, e che anelo come i naufraghi la terra ferma, come gli annegati la vita. Come chi veglia, un sonno profondo come l'eternità.)

 
 
 

Il penultimo dei miei pensieri

Post n°480 pubblicato il 18 Febbraio 2017 da lab79

Riprendo queste pagine troppo di rado, ripasso di sera in sera e le lascio in attesa di trovare un minuto per pensarci su, e un altro per scrivere qualcosa. Ma quel minuto mi sfugge tra le dita, tra un impegno e un altro, e il suo ticchettìo risuona inascoltato. Un momento più tardi è troppo tardi: si affastellano i preparativi del giorno che inizia, e che io preparo perché sia pronto per quando apparirà l'alba da dietro il sipario della notte, e i più mattinieri si guarderanno allo specchio spostando dagli occhi i resti dei fantasmi dei sogni passati e ormai svaniti. Un momento ancora e non sarà più ora per pensieri così vaghi: il giorno incombe e con lui i suoi rumori, l'implacabile luce che innonda il mondo.

Ma ora per una volta afferro il culmine della notte con le dita, e chiudendo gli occhi sento ansimare sotto la coltre del buio i sogni di chi è rimasto sveglio fino ad ora. Fra poco anche gli ultimi cederanno al sonno, svuotati da ogni desiderio capace di tenerli svegli, sdraiati fra le lenzuola sfatte.

E a chi respira ora piano, mentre inconsapevole della mia esistenza si immerge nel mare dell'oblìo dolcissimo che chiamate sonno, va il penultimo dei miei pensieri, e che suona più o meno così.

 
 
 

Farsi del male

Post n°479 pubblicato il 09 Febbraio 2017 da lab79

Certe volte sostieni discussioni che neanche sai da dove inizino. Ci si ritrova a sostenere la propria posizione, persino con un pizzico di cattiveria di troppo. Per cosa, poi? Per segnare un confine, forse. Un limite di compressione massima: se superi questo confine mi farai del male. Alla fine forse non è che questo, una richiesta di gentilezza, che non ci venga fatto del male.

Ma quando si è in due a fare la stessa richiesta, la distanza si fa siderale.

 
 
 

Una piccola convalescenza

Post n°478 pubblicato il 07 Febbraio 2017 da lab79

Riemergo ora da un episodio influenzale che mi ha lasciato stanco, sordo a un orecchio e con i pensieri ancora tappati e confusi. Quindi niente elucubrazioni mentali, per oggi. Solo il battito delle mie dita sulla tastiera per provare a me stesso di riuscire a tenermi sopra un certo numero di battute al minuto. Intanto faccio le pulizie ( Le fa il Roomba per me, in realtà) e forse concederò a me stesso una mezz'ora di sonno pomeridiano, prima di andare a riprendere mio figlio all'asilo. Insomma, una giornata fatta di piccole banalità, qualche fantasticherìa intanto che mi perdo via in piccole incombenze. I vantaggi della malattia, forse. 

Faccio risuonare Pachelbel nello stereo, intanto. Ma a basso volume, per godermi il silenzio della collina che entra dalla finestra socchiusa. Ma che bugie, poi: certo che c'è silenzio. Sento solo dall'orecchio sinistro. Ma in questo ironico autoinganno forse nascondo solo quella sottile indolenza che resta addosso dopo la febbre. La voglia di fantasticare a occhi semichiusi, sdraiati sul divano, per il tempo necessario a riempire la propria clessidra con granelli di sabbia nuovi, prima di riprendere a camminare.

 
 
 

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