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Creato da valesaber il 11/02/2010

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(Gortoz a ran - Genez Prigent feat. Lisa Gerrard)

'Aspetto'
(traduzione a cura di Leonardo Venturi)

Aspettavo, aspettavo da tanto tempo
nell'ombra scura delle torri grigie
nell'ombra scura delle torri grigie

Nell'ombra scura delle torri di pioggia
mi vedrai aspettare per sempre
mi vedrai aspettare per sempre

Un giorno tornerà
sulle terre, sui mari
sulle terre, sui mari

A portarmi sui sentieri
tornerà carico di spruzzi di mare
nell'ombra scura delle torri nere

Tornerà il vento azzurro
e porterà con sé il mio cuore ferito

Sarò spinto via dal suo respiro
lontano nella corrente, in un altro paese

Sarò spinto via dal suo respiro
lontano nella corrente, ovunque voglia

Ovunque voglia, lontano da questo mondo
tra il mare e le stelle.

 

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Quando la terra trema (parte 1)...

Post n°95 pubblicato il 31 Gennaio 2013 da valesaber
 
Foto di valesaber

E’ tanto che non scrivo nel mio blog…  ma non credo sia solo per semplice mancanza di tempo.
Credo piuttosto sia stata la difficoltà nel ritrovare in me stesso e nell’ambiente che mi circonda quella serenità e obiettività che sono assolutamente necessarie per affrontare quell’argomento con cui avrei dovuto necessariamente confrontarmi, per poter tornare nuovamente a scrivere in libertà come facevo prima…
Qualcosa che mi ha coinvolto personalmente e pesantemente, come uomo e come cittadino : il  terremoto che ha sconvolto la mia Emilia nel maggio dello scorso anno.
Tanto se ne è scritto e parlato… ma a volte tutte le parole del vocabolario davvero non bastano per rappresentare, anche solo parzialmente, l’enormità di certe tragedie.
Sono nato e vivo nel territorio maggiormente colpito dal sisma, quello di Finale Emilia e quella notte del 20 maggio ero in casa.
La prima scossa, l’avvertimento dell’una, ci ha colto subito dopo essere andati a dormire. La casa ha tremato ma è stata troppo breve per averne paura. Il nostro unico commento, svegliandoci di soprassalto, è stato pensare che visto quanto l’avevamo avvertita, ovunque avesse colpito, di certo lo aveva fatto pesantemente… Non potevamo ancora sapere che si trattava del preludio di un disastro locale.
E non potevamo sospettarlo perché siamo cresciuti, e credo di poterlo dire a nome di tutti gli abitanti della mia zona, nella convinzione popolare che dalle nostre parti i terremoti, quelli seri, di grandi proporzioni, disastrosi... non potessero mai verificarsi. I nostri vecchi ripetevano sempre (e lo ricordo anche nelle parole di mio padre e prima di lui, di mio nonno) che il nostro era un territorio ingrato come clima, freddissimo d’inverno e caldissimo d’estate, con un’umidità tale da portare bestie e uomini all'esasperazione, ma che per la sua conformazione, un sottosuolo fatto di sabbia e una pianura piatta come una tavola, ci teneva al sicuro da tutti quei cataclismi gravi che affliggevano altre zone d’Italia, come inondazioni, frane e soprattutto terremoti.
In verità dalle nostre parti lievi scosse di terremoto ci sono sempre state, ma sempre deboli, appena accennate. Ricordo un anno in cui hanno insistito per tutta un’estate e più volte al giorno... Ma proprio questa sabbia, che nel territorio di Finale affiora letteralmente (la "sabbionara"), rendendo la terra meno fertile di altre aree della nostra pianura, permette di assorbire, ammortizzare i colpi più duri, lasciandone avvertire sì il tremore, ma solo sottoforma di una lieve vibrazione… Almeno questo credevamo fino al 20 maggio 2012.
In ogni modo, ritornando a quella notte, dopo la prima scossa, forte ma breve, siamo rimasti a letto e ci siamo riaddormentati, senza pensarci troppo e soprattutto senza alcun timore residuo. Si era verificato 
sicuramente altrove... Egoistico di sicuro come pensiero, ma certamente pratico e tranquillizzante.
Così quando la fortissima scossa delle 4:15 ha colpito, ne siamo stati presi completamente di sorpresa.
Il letto sobbalzava come fosse stregato, la stessa stanza sembrava essersi animata e avere vita propria. Il rumore di vetro che cozzava, di oggetti e porte che sbattevano era fortissimo e terrorizzante.
Ma ancora più forte era il cupo boato del terremoto. Un rumore che non scorderò mai più.
E cosa ancora peggiore, è stata la sua durata. Sembrava non finire mai. Abbiamo avuto il tempo di alzarci, fuggire dalla camera da letto, aprire le porte (interna e esterna) comprese le serrature di sicurezza ed uscire in giardino, con la terra che ancora tremava.  Sono stati secondi lunghi come minuti…
Una volta usciti la mia compagna è collassata dalla paura mentre le urla dei nostri vicini mi riportavano lentamente alla realtà… Sì perché la scossa, vissuta nell’intorpidimento del sonno, ci aveva lasciato come intontiti, quasi fossimo in catalessi. Siamo scappati meccanicamente, senza renderci conto di cosa stava succedendo davvero… per puro e semplice istinto di sopravvivenza.
Eppure, nonostante la gravità dell’evento, della sua evidente potenza… nessuno voleva ancora credere che ne fossimo stati colpiti in prima persona. Siamo rientrati in casa per vestirci, nonostante le continue forti scosse che avvertivamo (attorno alle 5 una più forte delle altre ci ha davvero spaventato… gli alberi del giardino hanno ondeggiato come capelli al vento) e siamo rimasti lì fuori, al freddo, impotenti testimoni di una natura impazzita come nessuno aveva mai visto prima, se non alla televisione.
Ma è stato solo quando abbiamo letto i primi resoconti del sisma su internet, che abbiamo iniziato a comprendere la reale portata di quanto era successo.
E apprendendo che l’epicentro era stato a Finale Emilia, a meno di 7/8km in linea d’aria da noi, nel paese dove abitano i miei genitori, dove ho tanti amici e che conosco così bene per avervi passato la gioventù…  la nostra paura è divenuta panico. Ci siamo messi subito in viaggio per raggiungerli.
Entrando in Finale ci siamo resi maggiormente conto, se mai ce ne fosse stato ancora il bisogno, della gravità dell’evento. Tutto attorno era un suono di sirene, un saettare di lampeggianti che squarciavano le ombre di una notte da incubo che finalmente stava finendo, per lasciare spazio a un giorno di tragedia come non avevamo mai visto prima.
La cosa più impressionante era la polvere dei crolli che ancora si muoveva nell’aria e la gente che si muoveva come tanti zombi in mezzo ad essa.
Arrivato a casa dai miei, li ho trovati tutti in cortile. Mio fratello sconvolto, con in braccio il figlio di pochi mesi, la sua compagnia che piangeva a dirotto… Tutto attorno il bailamme degli animali selvatici, con sopra a tutti i fagiani che facevano un rumore d'inferno (in seguito abbiamo imparato ad ascoltare proprio i versi dei fagiani per prevedere, di pochi secondi, l'arrivo di una scossa).
Solo mia madre manteneva il controllo e la lucidità. Il suo personale terremoto l’aveva già vissuto un anno prima… e niente poteva scuoterla maggiormente.
Ci hanno raccontato la nostra stessa esperienza, peggiorata dal fatto di essere quasi nell’esatto epicentro del sisma e dal fatto che le loro camere da letto sono al primo piano della casa, che ha ondeggiato come fosse fatta di paglia.
Al chiarore delle prime luci la casa sembrava a posto e l’agriturismo pure quindi, si è deciso di andare a in paese per capire meglio la situazione.
Abbiamo trovato ancora scene di panico devastanti. La gente era tutta in strada allo stesso modo in cui ci si era precipitata alcune ore prima. Pochi avevano avuto il coraggio di rientrare per cambiarsi… danni alla casa permettendo.
La cittadina risuonava di un'unica voce rotta dall’emozione per un’esperienza incredibile, difficile se non impossibile da descrivere a chi non l’ha vissuta… Ci si raccontava l’un l’altro le proprie sensazioni come se non fossero state identiche per tutti, ma con l’intima convinzione che raccontarla, ripeterla, forse più a se stessi che all’interlocutore, potesse in qualche modo esorcizzarne la paura e allontanarla.
Ho visto la Torre dei Modenesi spezzata in due nella sua lunghezza… un’immagine tragica e evocativa di quanto era stato, che si è impressa a fuoco nella nostra mente… Poi, poco più in là il nostro antico castello in ginocchio, con un torrione rovinato sulla strada… e ancora le chiese crollate, per primo il duomo, circondate dal fumo dei calcinacci, dai pezzi delle loro stesse antiche facciate.
E insieme allo sfregio portato alle nostre antiche vestigia, la terribile visione dei palazzi abitativi danneggiati o parzialmente crollati. palazzo Veneziani, rimasto uno dei più antichi del paese insieme a palazzo Rossi, era collassato sul suo ingresso, bloccandovi all’interno i condomini.
E muri crollati, calcinacci rovinati ovunque sulle strade e marciapiedi…  
E quella polvere nell’aria, un odore di cemento e di vecchio che ristagnava tutto attorno, creando uno scenario surreale e ancor più doloroso, se possibile…
E in questo scenario da incubo per un paese solitamente tranquillo e sereno, era già iniziata la frenetica attività dei soccorritori. Prima improvvisati, vicini e amici che si preoccupavano di soccorre chi era in difficoltà, anche solo con il conforto di una parola, poi con l’apporto dei professionisti del settore, vigili del fuoco e forze dell’ordine che in attesa dell’arrivo dei rinforzi della protezione civile, si erano messi a scavare nelle macerie a mani nude. E in un clima di isteria generale era iniziata la peregrinazione della ricerca dei parenti, amici o anche semplici conoscenti, la cui vista riempiva gli animi di una gioia insperata… specie per le persone più anziane, ancora scioccati dal tradimento di una terra dura ma in cui avevano sempre confidato e di cui si erano fidati, fino ad allora… “E’ una terra dura ma almeno non ci mette in pericolo”…
Quando anche la certezza ti abbandona, quando ti senti tradito da un punto di riferimento così importante, da quello che ha guidato tutta la tua vita… cosa ti resta dopo?
E in queste storie semplici di uomini si sono prodotti quegli atti spontaneo eroismo che elevano l'uomo nelle situazioni di pericolo...  E ci si è trovati a scavare a mani nude tra le macerie della torre crollata, per cercare una bambina travolta dal crollo nella sua cameretta. E si scavava per liberare le persone rimaste ostaggi del loro palazzo ferito mortalmente e si entrava nei palazzi colpiti profondamente e pericolanti per portare fuori gli anziani rimasti in casa o gli infermi boccati a letto…  E questo incuranti delle continue scosse, del loro rombo cupo… dei suoni agghiaccianti e assordanti delle sirene, incuranti delle urla di isteria tutto attorno e di quell’odore di gas che con un odore di zolfo evocava immagini diaboliche perse nel tempo e nel nostro subconscio di bimbi della bassa…
E alle storie di ordinario eroismo, si sono mescolate quella dettate da una paura cieca, mai pensata, che ha portato molti a fuggire dal paese con ogni mezzo, per rifugiarsi in aperta campagna dove il rischio del collassare dei palazzi non faceva più paura, ma dove il cupo rombo delle scosse di assestamento era ancora più terrorizzante. Reazioni naturali e umane che fanno ugualmente parte della stessa natura umana e che ci ricordano, se mai ce ne fosse il bisogno, che siamo uomini, fatti di carne, ossa e emozioni e non macchine…
La domenica l’abbiamo poi passata dai miei, all’agriturismo, rifugiati sotto ad un gazebo, vista la pioggia e il vento freddo, di fronte all’agriturismo che abbiamo scoperto poi aver subito dei danni anche se, per fortuna, non troppo gravi.
Ma le scosse, anche forti (attorno alle 13 ce ne stata una particolarmente forte e lunga), che si sono alternate per tutta la giornata ci hanno fatto pensare il peggio. Vedere quel “mostro” (perché è una costruzione di una volta, imponente e per fortuna ben fatta) tremare come un fuscello sotto la spinta della terra è stato qualcosa di incredibile.
A ogni rombo i nostri occhi fissavano le sue mura, quasi a volerlo sostenere con lo sguardo per proteggerlo. Siamo riusciti a puntellare la zona più danneggiata grazie alla falegnameria della zona, che nonostante fosse anch’essa pesantemente danneggiata ha tenuto aperto per offrire supporto ai suoi concittadini, fornendo le travi necessarie a puntellare le loro case, i loro fienili, il loro lavoro…
Per tutta la giornata siamo rimasti all’aperto, al freddo… mentre a Finale iniziava ad arrivare la macchina dei soccorsi nazionali e le strade iniziavano a vuotarsi dalla gente che veniva orientata verso i primi campi di raccolta…
Quando la torre è crollata completamente è stato come perdere qualcosa di più. Il suo sostenersi, quasi al limite della gravità era come un simbolo della nostra resistenza, della volontà di non arrendersi. E tra la sua polvere tutto è sembrato ancora più tragico.
Poi le notizie arrivate dagli altri comuni, quelle dei primi morti. Il sapere che uno di questi era il marito di una mia amica d’infanzia ha gettato il mio animo in uno sconforto ancora peggiore, disperato. E non è bastato il pensare che sarebbe potuto andare molto peggio. Che quella domenica era giorno di comunioni e visti i crolli subiti da tutte le chiese del nostro territorio, se il sisma avesse colpito solo alcune ore più tardi, dopo le 9, il bilancio sarebbe stato molto più grave e ancora più triste…
Qualcuno parla di fatalità, di destino. Ci si può credere o meno…
Certo ascoltando la cronaca dei fatti successi non si può non pensare a come è stato beffardo questo destino. Ha mietuto le sue vittime tra chi era al lavoro, tra chi quel sabato notte c'era andato per scelta o per sostituire un amico… Altrimenti non ci sarebbero state morti, nonostante i danni enormi al territorio, alle vestigia del passato, alle strutture private e pubbliche... e la disperazione per quanto perso sarebbe stata, per certi versi, più sopportabile…
La mia azienda ha avuto lo stabile parzialmente danneggiato, ma ci siamo subito attivati per risolvere la situazione, cercando immediatamente delle tensostrutture in cui spostare le aree di produzione che non erano più agibili. E nonostante i danni in una sola settimana eravamo nuovamente operativi al cento per cento, come nulla fosse accaduto e questo per tante altre imprese che come la nostra avevano subito danni gravi ma non mortali…
Non dobbiamo dimenticare che questo grande terremoto ha colpito una zona altamente industriale: Mirandola è il più importante centro biomedicale d’Italia, un eccellenza nel settore. A Finale ci sono alcune delle ceramiche più importanti e così nelle altre aree colpite. E non dimentichiamo che siamo nel centro della produzione del parmigiano reggiano e del grana padano, oltre che della produzione di salumi famosi in tutto il mondo…
Il giorno successivo al terremoto è stato il tempo dei calcoli dei danni, della loro verifica effettiva con un animo meno provato, non certo riposato (e chi ha dormito?) ma almeno meno agitato del giorno prima.…
Fortunatamente la mia casa non ha avuto alcun danno, nonostante, nell’immediatezza della scossa, al risveglio dal sonno, ero convinto di aver visto cadere calcinacci o cose simili… Non abbiamo trovato la benché minima crepa e neppure un soprammobile rotto. Tutto spostato ma integro.
A casa dai miei invece l’agriturismo ha subito danni a una colonna portante e ha richiesto decisi lavori di ripristino e di messa in sicurezza.  E un nostro fienile, con 20kw di fotovoltaico sul tetto, è crollato come un castello di carte, causando, oltre al danno dell’impianto distrutto, altri notevoli alle attrezzature agricole di mio fratello che vi trovavano riparo.
Ma questo è niente in confronto al danno subito da di chi ha perso la casa, da chi ha perso il lavoro perché l’azienda in cui lavorava era stata distrutta.  Molti si sono visti spazzare via in un minuto il traguardo di una vita, la casa e un lavoro per sostentare la propria famiglia.
Ho visto vecchi piangere come bambini di fronte alle loro case inagibili… persone  sconvolte ancora vestite come la notte del terremoto, per non essere potute rientrare nelle loro case inagibili, che facevano la fila davanti alle tende della protezione civile con lo sguardo perso nel vuoto… increduli e impotenti.
Ma su tutto… l’unico pensiero che poteva aiutare era che nonostante tutto, eravamo ancora qui.
Che ormai il peggio era passato…
Tutti, nonostante la paura per le continue scosse di assestamento e la disperazione per la situazione che stavamo vivendo, con la casa danneggiata o crollata e con il presupposto di dover vivere in una tenda per chi sa quanto tempo, ci sentivamo ancora vivi e padroni del nostro destino…
Sì, nonostante tutto quello che era successo, nessuno poteva davvero pensare che il peggio dovesse ancora venire…

 
 
 
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