Tu e il Paradiso

Immagini sacre, preghiere e pensieri...dal Cielo

 

SE SIETE INFELICI NON RIMPROVERATELO A ME!

 

Io sono la Luce,

e voi non mi vedete.

  Io sono la Via,

e voi non mi seguite.

  Io sono la Verità,

e voi non mi credete.

 Io sono la Vita,

e voi non mi cercate.

 Io sono il Maestro,

e voi non mi ascoltate.

 Io sono il Capo,

e voi non mi obbedite.

 Io sono il vostro Dio,

e voi non mi pregate.

 Io sono il vostro grande Amico,

e voi non mi amate.

Hai ragione, o Gesù, troppo poco ti ricordiamo

e troppo poco ti amiamo, per questo siamo infelici.

Ma le tue braccia aperte ci invitano al tuo cuore

e ci assicurano il perdono.

Nel tuo cuore, fonte di luce,

ritroveremo la forza per seguirti Via, Verità e Vita;

la grazia per ascoltarti Capo e Maestro;

la gioia per amarti Dio di Amore,

Amico di quanti confidano in te. 

 

 

AREA PERSONALE

 

PREGHIERA A PADRE PIO

 

Tu povero nascesti, o Padre Pio 

come fu Cristo, il nostro Redentore,

compagna l'umiltà ti fu fedele,

 immensa la Tua fede nel Signore.

Simigliante a Gesù anche le piaghe, 

che Tu accettasti con rassegnazione

memore del penoso Suo Calvario e della tormentata Sua Passione.

Or che Tu godi dell'Eterna Luce, fulgente, radiosa ed infinita,

continuando a darci il Tuo aiuto 

mostrati a noi quel che Tu fosti in vita.

In questo mondo pieno di tristezza 

dona il sollievo a tutti i sofferenti,

infondi in noi l'amore in ogni cuore, 

la fratellanza tra le umane genti.

Noi affidiamo a Te le nostre pene, 

or che ormai sei più vicino a Dio,

fa quel che puoi per il nostro bene 

intercedi per Noi, o Padre Pio!

 

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Santa Caterina da Siena (mistica e Dottore della Chiesa)

Post n°82 pubblicato il 11 Febbraio 2013 da osservandoilparadiso

 

Santa Caterina nasce il 25 marzo 1347 a Siena. 

Ventiquattresima figlia del tintore Jocopo Benincasa e di Lapa de' Piagenti, Caterina all'età di sei anni ha la sua prima visione del Cristo in abiti pontificali, l'anno dopo nel suo cuore emette già il voto di verginità. Dopo aver superato eroicamente molti ostacoli frapposti dalla famiglia alla sua vocazione, a 16 anni ottiene di indossare l'abito del Terz'Ordine Domenicano.

Fino ai vent'anni vive una vita molto ritirata caratterizzata dalla continua preghiera e da una intensa penitenza. Gesù la favorisce di molte visioni e di ammaestramenti, ponendo le basi della sua ascesa spirituale, che si concentra nella conoscenza di sé, "colei che non è", per umiliarsi, e di Dio, "colui che è", per crescere nel suo amore. Il demonio invece la tormenta con numerose tentazioni. Questo periodo culmina con le nozze mistiche, ma anche con l'invito divino ad unire alla carità verso Dio un attivo amore del prossimo. Da allora Caterina inizia a soccorrere i poveri, ad assistere gli ammalati, soprattutto i più abbandonati, ingrati e ripugnanti, a consolare gli afflitti, a liberare gli ossessi, a rappacificare i contendenti, a convertire dei condannati a morte. Non si contano le grazie di carattere materiale e spirituale dovute alla sua caritatevole intercessione.

Attorno a lei si riunisce a poco a poco un gruppo sempre più vasto di persone di ogni età, ceto e condizione, i suoi "figli" spirituali, poi detti "caterinati". Inizia anche ad inviare le famose lettere, con cui si rivolgerà a re, papi, principi, capi di governo, frati, suore, ma anche a laici di ogni ceto e condizione. Dal 1374 iniziano i viaggi apostolici con l'intento di promuovere la Crociata, ma anche per pacificare le città o le fazioni in lotta tra di loro, prima in Toscana: a Firenze, Pisa, dove riceve le stigmate, sigillo nella carne del suo appassionato amore per Gesù Crocifisso, poi a Lucca, infine ad Avignone.

 Ebbe un’ intensa attività spirituale nella Val d'Orcia, durante il quale riceve la straordinaria illuminazione sulla verità, che costituirà la materia del "Dialogo". Chiamata a Roma, per conto del papa Urbano VI, per volontà divina dai primi di febbraio a metà marzo ella si reca ogni giorno a pregare a S. Pietro dalle nove del mattino fino al Vespro, nonostante le sue condizioni fisiche siano definite dalla Santa quelle di "una morta", qui un giorno ha la visione della Chiesa che viene appoggiata sulle sue spalle sotto figura di una navicella. Resa incapace di muoversi, trascorre gli ultimi quaranta giorni della sua vita sul suo lettuccio tra atroci sofferenze, offrendo la propria vita per la Chiesa, come lei stessa testimonierà sul letto di morte: "Tenete per certo, figlioli, che io ho offerto la mia vita per la santa Chiesa".

Spira dolcemente il 29 aprile 1380 pronunciando le parole: "Padre nelle tue mani affido il mio spirito". Il suo corpo, olezzante e flessibile, dopo cinque giorni viene sepolto nella basilica domenicana di S. Maria sopra Minerva, dove giace tuttora sotto l'altare maggiore. Viene canonizzata da Pio II nel 1460.

 

La Chiesa, tanto amata, nella persona dei pontefici, costantemente la invoca e la onora, affidandole i suoi tesori: Pio IX la nomina compatrona di Roma con i santi Pietro e Paolo, Pio X la elegge a patrona delle donne di Azione Cattolica, Pio XII la sceglie quale compatrona d'Italia con S. Francesco d'Assisi e la dona alle donne di Azione Cattolica quale loro patrona, Paolo VI la conferisce il titolo di Dottore della Chiesa ed infine Giovanni Paolo II la nomina compatrona d'Europa con S. Brigida di Svezia e S. Benedetta della Croce, additandola come esempio per le nuove generazioni del terzo millennio.

 

Alcuni scritti, dalle sue "Lettere":

 

 "E diceva parole tanto dolci, che è da scoppiare, della bontà di Dio" (dalla lettera A Frate Raimondo da Capua dell'Ordine de' Predicatori, nelle Lettere)

 

"Nella amaritudine gusterai la dolcezza, e nella guerra la pace" (dalla lettera A Stefano di Corrado Maconi, nelle Lettere)

"Oimè, dov'è la purità del cuore e la onestà perfetta; che con l'onestà loro l'incontinenti diventassero continenti? Ed egli è tutto il contrario; perocché spesse volte li continenti e li puri gustano la incontinenza per le immondizia loro" (dalla Lettera a Urbano VI)

"Orsù figliuoli dolcissimi, correte questo palio; e fate che solo sia uno quello che l'abbia" (dalla lettera A Sano di Maco, e agli altri figliuoli, nelle Lettere)

"Solo colui che è fondato in carità, è quello che si dispone a morire per amore di Dio e salute dell'anime, perocché è privato dell'amore proprio non si dispone a dare la vita" (dalla Lettera a Urbano VI)

(Le ultime parole) "Sangue, sangue, sangue"(citata in Lodovico Ferretti, Vita di S. Caterina da Siena, Ferrari)

 

 

E' interessante leggere l'articolo sottocitato: 

Anoressia e santità in S. Caterina da Siena

(pubblicato in: Informazione in psicologia, psicoterapia, psichiatria, n. 26, Roma, 1996, pp.3-10)

 Mario Reda

 Direttore dell'istituto di Psicologia generale e clinica dell'Università degli Studi di Siena

 Giuseppe Sacco

 Docente della Scuola di specializzazione in Psicologia clinica dell'Univ. degli Studi di Siena

 Caterina nasce nel 1347 nella numerosa famiglia (la madre Lapa avrà 25 gravidanze, di cui la metà portate a termine) di Jacopo Benincasa, tintore. La madre, donna di carattere molto deciso e pratico, atea, di grande forza fisica (morirà intorno ai 100 anni) ha da sempre con Caterina un rapporto fortemente competitivo e intrusivo. Il legame intenso con Caterina pare dovuto al fatto che fu l'unica figlia ad essere da lei allattata, dopo che la gemella di Caterina mori subito dopo il parto. Caterina accetta ben preso una sfida che durerà tutta la vita, col desiderio di essere capita e di farsi confermare dalla madre nelle sue scelte: "Ho desiderato di un desiderio grande di vedervi madre vera non solo del mio corpo ma anche della mia anima. Penso che se voi amaste la mia anima più del mio corpo, ogni esagerata tenerezza in voi morrebbe e non soffrireste tanto di essere privata della mia presenza corporea. Al contrario ne trarreste consolazione, poiché, pensando che si tratta dell'onore di Dio, vorreste sopportare questa pena".

 

 A sette anni, dopo la visione del Cristo, mentre ritornava a casa da una visita alla sorella Bonaventura "sposa infelice di un ricco tintore rozzo e brutale" (Uboldi, 1995) decide di "togliere a questa carne ogni altra carne, per quanto ne sia possibile". All'insistenza della madre per farla mangiare inizia a gettare di nascosto la carne sotto al tavolo. Come sostiene Bell (1987) questa conflittualità con la madre segnala come "Caterina, pur essendo ancora una bambina cominciava già a sviluppare la capacità di attingere la propria forza interiore soltanto dalla sua personale relazione con Dio" (pag. 44). Aggiungeremo che era sempre presente l'attesa che la madre Lapa le dimostrasse fiducia e una comprensione verso questa sua "scelta" religiosa che tuttavia non veniva minimamente considerata. A 12 anni infatti si verifica l'ennesimo intenso scontro tra Caterina e Lapa che la preparava all'esordio in pubblico come "signorina". Con l'aiuto della sorella Bonaventura, a cui Caterina era molto affezionata, riesce a farle lavare il viso e truccarla e a tingere e arricciare i capelli biondi. Caterina è combattuta tra [tessere una brava figlia e sorella o ribellarsi. Finge, come poi sosterrà, di accettare, conservando di nascosto all'interno i suoi voti e il suo progetto di verginità, sui quali organizza la sua adolescenza. A 15 anni troviamo una svolta significativa. La sorella Bonaventura muore di parto: Lapa, che come sempre si occupa della gestione della famiglia, discute apertamente della possibilità che Caterina sposi il vedovo della sorella che da ricco tintore poteva garantire l'economia di tutta la famiglia Benincasa. La conflittualità divenne estremamente intensa, aggravata dai sensi di colpa per la morte anche della sorella Nanna, più piccola di un anno, per cui Caterina viene ulteriormente proposta come "sostituta" di Bonaventura. E in questa circostanza che si verifica quello che verrebbe attualmente definito lo "scompenso anoressico". 

Perde metà del proprio peso e si oppone alle insistenze di Lapa con un digiuno che conferma la propria dedizione a Dio e la rinuncia alla propria "corporeità". Nemmeno l'intervento di Don Tommaso della Fonte, il parroco confessore da cui i genitori la inviarono, riesce a far desistere Caterina. Alle ingiunzioni in nome di Dio di riassumere cibo almeno una volta al giorno, di Don Tommaso, Caterina inizia a vomitare di fronte a qualsiasi tentativo: "Dio non mi fa mangiare per correggere il vizio della gola. Prego perché mi rifaccia mangiare ma così è la Sua volontà per la mia espiazione". Don Tommaso è incerto se definirla santa o matta. Il dubbio che si tratti di possessione demoniaca è alimentato dal fatto che all'impressionante dimagrimento corrisponde una iperattività e una grande forza fisica e mentale che fanno continuare Caterina nella sua determinazione: "Vi ho già dato sufficiente testimonianza delle ragioni che mi guidano, affinché voi le possiate comprendere, ma per rispetto nei confronti vostri non ne ho ancora parlato. Oggi, tuttavia, romperò il mio silenzio e intendo aprirvi il mio cuore e dichiararvi senza tema di smentite che la mia decisione è presa. Non data da ieri e l'ho rispettata finora senza cedimenti o rimpianti.... Oggi sarebbe più facile rendere una pietra molle come cera che strapparmi dal cuore questa determinazione. Perdete il vostro tempo a combatterla. Vi consiglio di abbandonare ogni maneggio riguardante il mio matrimonio terreno, perché su questo punto non avrete da me obbedienza alcuna, poiché è a Dio che debbo obbedienza piuttosto che agli uomini. Se poi vorrete consentirmi di continuare a vivere in questa casa, fate di me la vostra umile serva, sarò felice di prestarmi al mio meglio. Se invece mi allontanerete da voi a causa del mio voto, non cambierete per questo il mio intendimento. Il mio Sposo è sufficientemente ricco e potente da non privarmi di nulla, da provvedere alla mia persona". Dopo due anni di braccio di ferro con la famiglia è il padre Jacopo a prendere finalmente posizione (per la prima volta si definisce opponendosi alla moglie sempre dominante in famiglia). "Compi liberamente il tuo voto, e fai che lo Spirito Santo ti aiuti... Che nessuno più tormenti la nostra figlia amatissima. Che serva in pace il suo Sposo". Caterina si rinchiude nella sua piccola cella e inizia a flagellarsi, non si nutre e non dorme tra la rabbia e la disperazione della madre che pur non potendo opporsi più di tanto conferma la sua incomprensione. Anche gli amici di famiglia, influenzati da Lapa, la ritengono matta o stregata alimentando i dubbi sulla sua identità. Caterina continua la sua battaglia per essere riconosciuta all'interno della famiglia. Anziché rinchiudersi in convento riesce ad entrare, malgrado la sua giovane età, nell'ordine delle Mantellate. È un ordine militante per cui può avere un suo ruolo nell'assistere i malati presso l'Ospedale di S. Maria della Scala, pur restando in famiglia. 

Vi riesce attraverso uno "stratagemma" di "morte apparente" facendosi promettere l'ingresso nell'Ordine dei Priori Domenicani sul letto di morte. Il giorno dopo "guarisce" di colpo e si reca all'ospedale per assistere i bisognosi. A 21 anni Caterina perde il padre Jacopo che muore assistito costantemente dalla figlia. Anche le emozioni di dolore vengono lette come esterne a sé e come segno di Dio: "Jacopo Benincasa rende l'anima a Dio. In quello stesso istante, quasi ad esaudire la preghiera di Caterina, un dolore intenso, come di ferita l'assale al fianco laddove il Cristo è stato colpito dalla lancia del centurione romano. È in tal modo, convinta che il padre sia assunto alla gloria dei cieli, che Caterina riceve gli ospiti alla veglia funebre, con un sorriso sul volto, in contrasto con i pianti e i lamenti degli altri" (Uboldi, 1995). Dopo la morte di Jacopo la famiglia Benincasa si disgrega e Caterina è costretta temporaneamente ad allontanarsi da Siena. Ella allarga il suo campo di battaglia e si dedica alla Chiesa: Il suo obiettivo è il ritorno del Papa Gregorio XI da Avignone a Roma. Continua quindi a pensare "così tanto alla salvezza degli uomini che non ha tempo per pensare a se stessa o a toccare alcun nutrimento terreno". Assume tutti i giorni l'eucarestia continuando costantemente il digiuno: "Per non dare scandalo prendeva talvolta un poco d'insalata e un po'‚ di legumi crudi e di frutta e li masticava, poi si voltava per sputarli. E se per caso ne inghiottiva anche un solo minuzzolo, lo stomaco non le dava requie finché non l'avesse rigettato: e quei vomiti le davano tanta pena che le facevano gonfiare tutto il volto. In tali casi si appartava con una delle amiche e si stuzzicava la gola con uno stelo di finocchio o con una piuma d'oca, fino a che non si fosse sbarazzata di quanto avesse inghiottito. E questo chiamava "fare giustizia". "Andiamo a fare giustizia di questa miserrima peccatrice", soleva dire. Difende il nuovo Papa Urbano V contro lo scisma avignonese di Clemente VII sempre con una militanza energica e decisa contro chi vuole opporsi. Più penitenza e più digiuno sono la sua forza e le modalità per far valere le sue ragioni. Continuano però le resistenze a capire e condividere la sua lotta. Il ritorno e gli atteggiamenti del Papa e degli altri ecclesiastici sono per lei alternanza di speranza e fonte di profonda delusione. Aumentano in Caterina i dubbi e con essi il digiuno che si fa sempre più intenso. Decide di non alimentarsi più, implorando che le sia concesso di "Caricarsi sulle spalle gli errori e i mali della Chiesa e di coloro che la governano" e contemporaneamente si dichiara colpevole per non aver saputo rispondere sempre come doveva a ciò che il Cristo si aspettava da lei. Il pensiero di essere delusa dagli altri, o essere lei a deludere Dio aumenta i suoi conflitti e accentua l'anoressia. Per tre mesi si rinchiude in cella nutrendosi solo di qualche goccia d'acqua, col dubbio che la sua vita possa essere stata costellata da una serie di errori. Dubbio con cui muore (il 29 aprile 1380 a 33 anni!) nell'incertezza del senso del suo olocausto. Tant'è che alla presenza della madre Lapa accorsa da Siena a Roma per riconoscerla e benedirla, si rivolge a Dio "Tu mi chiami, o Signore, che io venga a te! E io vengo. Non per mio merito ma solo per tua misericordia".

 

 

 

 

 
 
 
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LA MADONNA CI ESORTA A RECITARE IL ROSARIO

 

A Fatima, a Lourdes e a Medjugorje la Madonna ha incitato insistentemente alla recita del Rosario

La Mamma celeste ci ha invitato a recitare il Rosario come arma potente contro il male.

Può sembrare una preghiera ripetitiva, invece è come due fidanzati che si dicono l'un l'altro tante volte "ti amo"... 

"Col Rosario si può ottenere tutto. 

Esso è come una lunga catena che lega il cielo alla terra; 

una delle estremità è nelle nostre mani e l'altra in quelle della S. Vergine. 

Finché il Rosario sarà recitato, Dio non potrà abbandonare il mondo, perché questa preghiera è potente sul suo cuore. 

La dolce Regina del Cielo non può dimenticare i suoi figli che, senza interruzione, ripetono le sue lodi. 

Il Rosario sale come incenso ai piedi dell'Onnipotente. 

Maria lo rinvia subito come una benefica rugiada, che viene a rigenerare i cuori. 

Non c'è preghiera che sia più gradita a Dio del Rosario". 

(S. Teresa )

" Durante un esorcismo, attraverso la persona posseduta, 

Satana mi ha detto : 

Ogni Ave Maria del Rosario, è per me una mazzata in testa ; 

se i cristiani conoscessero la potenza del Rosario, per me sarebbe finita ! " 

(Don Gabriele Amorh )

 

 
 

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