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Un blog creato da kekerex il 25/03/2011

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Sangue Italiano Per L'euro, già 620 miliardi rubati

Fin dal 1992, spariscono dalla circolazione circa 30 miliardi di euro all'anno per sostenere gli impegni di Maastricht. Miliardi che sono andati alle banche, straniere e italiane: negli ultimi vent'anni, gli italiani hanno versato 620 miliardi di tasse superiori all'ammontare della spesa dello Stato. 620 miliardi di "avanzo primario", benedetto da tutti gli economisti e dai loro politici di riferimento, i gestori della crisi e della catastrofe nazionale che si va spalancando giorno per giorno, davanti ai nostri occhi: paura, disoccupazione, precarietà, aziende che chiudono, licenziamenti, servizi vitali tagliati. L'obiettivo di tanto sadismo? Entrare nei parametri di Maastricht e stare dentro l'Eurozona, ma, nonostante l'immane sforzo, il debito pubblico non ha fatto che crescere, passando da 958 milioni a 2 miliardi di euro.

Pier Paolo Flammini afferma che tutto questo serve perché «lo scopo del debito pubblico non è di garantire la spesa pubblica, ma di fornire investimenti sicuri per i finanzieri. Sul "Financial Times", la Bank of International Settlements, cioè la super-banca delle banche centrali lo conferma, l'obiettivo dello Stato non è più il benessere della comunità nazionale, ma l'impegno a fornire titoli sicuri ai grandi investitori.

Mario Monti, Olli Rehn e Angela Merkel, continua Flammini, hanno esibito la stessa identica ricetta per vincere la sfida col debito pubblico: e cioè meno spesa, tasse invariate o aumentate, riduzione di salari e stipendi, esportazioni privilegiate e riduzione dei consumi interni. «L'evidenza li ha sconfitti, ma non molleranno». Anche perché, permanendo l'euro e i suoi drammatici vincoli, non esiste alternativa.
Nel 1980, nonostante l'inflazione indotta dal prezzo del petrolio (quadruplicato), l'italiano medio risparmiava il 25% del proprio reddito, e così fino al 1991. Gli operai compravano case anche per i figli, le famiglie facevano vacanze di un mese.
Oggi, osserva Flammini, con le regole dell'austerità, abbiamo un'inflazione del 3% ma gli stipendi salgono solo dell'1,5%, il mercato immobiliare è fermo, il risparmio è crollato al 6% e le famiglie, in appena dieci anni, hanno aumentato i loro debiti del 140%. «Quasi tutti ormai intaccano i risparmi di una vita, o sono sul punto di giocarsi i 9.000 miliardi di euro di risparmio privato nazionale, la ricchezza sulla quale sono puntate le fauci delle corporation internazionali che tengono in pugno i finti leader politici italiani».

Quei 620 miliardi "rubati" ai contribuenti sono andati per il 43% all'estero, 250 miliardi finiti in banche straniere. Solo il 3,7% è andato a Bankitalia, mentre il 26,8% ad istituzioni finanziarie italiane, banche e assicurazioni, e infine il 13%, circa 80 miliardi, sono tornati direttamente nella disponibilità di privati cittadini italiani, ovviamente per lo più delle classi medio-alte.

Siamo abituati ad ascoltare parole come "la corruzione ci costa 60 miliardi", "l'evasione fiscale ci costa 120 miliardi" ( tutti da verificare ) mentre i 620 miliardi di avanzo di bilancio 1992-2012 sono frutto di una precisa scelta politica: Sono soldi sottratti veramente ai cittadini e scomparsi dalla circolazione dell'economia vera per garantire la grande finanza. Aver trasformato il debito pubblico da puro dato contabile a cappio reale attorno al collo della società italiana, aggiunge Flammini, è la più grande responsabilità della classe politica dell'ultimo trentennio. «Nessuno, però, sta chiedendo scusa».

Ma il peggio deve ancora venire, grazie agli impegni micidiali sottoscritti dal governo Monti a beneficio di Draghi, «garante del pagamento degli interessi degli italiani». Col pareggio di bilancio inserito addirittura nella Costituzione, i circa 30 miliardi annui fin qui pagati dagli italiani saliranno a circa 90, per coprire del tutto la spesa per gli interessi. Mentre con il Fiscal Compact, il salasso salirà ancora, dal 2015, fino a 140 miliardi, sempre per abbattere il debito. Come farcela? «Con l'Iva al 23%, l'inflazione al 2%, una trentina di miliardi di tagli e altrettanti di dismissioni del patrimonio pubblico. Se poi si è poveri, chi se ne frega non è di sicuro un problema del mercato e dei finanzieri».

 

 
 
 
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