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Tutti i figli di Adamo
Post n°2221 pubblicato il 03 Giugno 2017 da namy0000
(da) Che cosa ci fa umani.
«Tutti i figli di Adamo formano un solo corpo, / sono della stessa essenza. / Quando il tempo affligge con il dolore / una parte del corpo / le altre parti soffrono. / Se tu non senti la pena degli altri / non meriti di essere chiamato uomo». Versi bellissimi. Semplici e potenti. Sono di un poeta persiano e stanno all’entrata del Palazzo dell’Onu, a New York. L’umanità è composta di miliardi di uomini, la morte di un nemico la diminuisce come la morte di un amico. A rigore, se il nemico è uomo come me, non posso chiamarlo nemico. La caduta dei nostri è una tragedia. La caduta degli altri è una vittoria. Tutti puntano sulla vittoria. Le stragi, anche le stragi, contano non in proporzione alla loro vastità, ma in proporzione alla loro capacità di suscitare emozione in noi occidentali. Noi non siamo umanità, cioè un unico corpo collettivo, che comprenda tutti gli uomini, come sognava il poeta persiano. Se lo fossimo, una strage sarebbe un’amputazione del nostro corpo, e una strage di queste dimensioni sarebbe un’amputazione invalidante, non potremmo più vivere come prima. Dovremmo bloccarci. E se invece non ci blocchiamo, ma rimuoviamo la strage dalla nostra informazione, vuol dire che non formiamo un corpo unico, siamo tanti corpi separati, e il dolore degli altri non tracima nel nostro. Il poeta persiano dice: «Non meritiamo di essere chiamati uomini ». Fermiamoci su questo verso. Qui c’è una nuova idea di uomo, e vale la pena di tirarla fuori: uomo è chi soffre se vede che gli altri soffrono. E, in un certo senso, muore se vede gli altri morire. No, non siamo umani. Il nostro compito è lavorare per diventarlo. |
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