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Il mistero del beluga

Post n°3007 pubblicato il 30 Aprile 2019 da namy0000
 

2019, Il Post 29 aprile. Il mistero del beluga con l’imbracatura, in Norvegia

È una storia strana e qualche studioso ha ipotizzato che l'animale facesse parte di un piano di addestramento della marina russa

Giovedì scorso, nel mare tra le isole Rolvsøya e Ingøya nel nord della Norvegia, tre pescatori si sono imbattuti in un beluga che indossava una strana imbracatura: dopo aver avvisato le autorità e aver ricevuto l’aiuto di un biologo marino, l’animale è stato liberato e si è infine allontanato. Non si sa chi fosse stato a mettergli addosso l’imbracatura, ma per via di un marchio su di essa e sulla base delle dichiarazioni di un professore dell’Università di Tromsø è stata avanzata l’ipotesi che l’animale facesse parte di un programma di addestramento della marina russa.

I beluga (Delphinapterus leucas) sono mammiferi marini con la pelle tutta bianca, che fanno parte della stessa famiglia di orche e delfini, anche se la specie a cui sono più vicini è Monodon monoceros, i narvali. L’esemplare che lunedì scorso si è avvicinato ai pescatori Joar, Håvard ed Erlend Hesten era ancora giovane e probabilmente era stato addestrato, dato che è rimasto vicino al peschereccio degli Hesten molto a lungo, si è lasciato toccare da chi lo ha liberato dall’imbracatura ed era evidentemente abituato a ricevere pesce da mangiare dalle persone.

Dopo essersi accorti dell’imbracatura i pescatori avevano fatto delle foto e dei video all’animale per mandarle al biologo marino e docente dell’Università di Tromsø Audun Rikardsen. A sua volta Rikardesn le aveva mandate al Fiskeridirektoratet, l’agenzia governativa norvegese che si occupa delle cose che riguardano la pesca e della liberazione dei mammiferi marini che restano impigliati nelle reti: l’agenzia aveva poi mandato il biologo Jørgen Wiig ad aiutare i pescatori. Nel frattempo era passato un giorno, ma il beluga nuotava ancora vicino al peschereccio degli Hesten. Dopo averlo attirato con dei filetti di pesce, Wiig e un suo collaboratore hanno provato a slacciare l’imbracatura indosso all’animale, che secondo Wiig stava chiaramente «chiedendo aiuto». Il beluga però si allontanava mentre i biologi cercavano di liberarlo: alla fine Wiig ha quindi indossato una muta e si è immerso per togliere l’imbracatura all’animale.

Sull’imbracatura c’era un sistema per attaccare una piccola telecamera subacquea, tipo una GoPro, e un marchio che diceva «attrezzatura di San Pietroburgo». Rikardsen ha detto alla Norsk rikskringkasting (NRK) – la radiotelevisione norvegese, il primo media a raccontare la storia del beluga – che né i ricercatori norvegesi né quelli russi metterebbero mai un’imbracatura a un mammifero marino, ma che alcuni studiosi russi con cui è in contatto gli hanno detto che potrebbe essere stato qualcuno alla base della marina russa a Murmansk, nel nord-ovest della Russia.

Per quanto si sa, la Russia non ha mai usato balene e beluga per scopi militari ma l’Unione Sovietica aveva un programma di addestramento per delfini nella base di Sebastopoli, in Crimea, durante la Guerra Fredda: gli animali venivano addestrati a cercare mine o altri oggetti. Con la fine dell’Unione Sovietica la base era passata all’Ucraina, ma dal 2014 è di nuovo in mano alla marina russa. Intervistato dall’emittente russa Govorit Moskva sulla storia del beluga in Norvegia, il colonnello russo Viktor Baranets, esperto di addestramento di mammiferi marini, ha escluso che il beluga fosse legato ai militari russi ma non ha negato che la marina abbia un programma di addestramento per questo tipo di mammiferi marini.

Nel 2016 il ministero della Difesa russo aveva pubblicato un annuncio per l’acquisto di cinque delfini per un programma di addestramento: l’annuncio non diceva quale fosse il fine del programma ma diceva che i delfini dovevano avere denti in salute. Poco dopo essere stato pubblicato comunque l’annuncio era stato rimosso da internet. Baranets ha detto che la marina russa usa i delfini per analizzare i fondali marini, proteggere una zona subacquea, uccidere sommozzatori stranieri o attaccare mine sugli scafi di navi nemiche. Durante la Guerra Fredda anche gli Stati Uniti avevano un programma di addestramento per delfini e leoni marini in California: gli animali venivano usati per localizzare mine e altri oggetti pericolosi sul fondale. Nel 2003 alcuni delfini furono usati nel golfo Persico durante la guerra in Iraq.

Sia Rikardsen che Wiig hanno parlato con i giornali della loro preoccupazione che il beluga non sia in grado di procurarsi il cibo da sé dato che è abituato a riceverlo dalle persone: molti mammiferi marini cresciuti in cattività (come l’orca Keiko) non sono stati in grado di cacciare da soli una volta rimessi in libertà.

 
 
 
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