Un mondo nuovoCome creare un mondo nuovohttps://blog.libero.it/Unmondonuovo/2024-03-28T15:15:51+01:00Libero BlogBuona Pasqua2024-03-28T15:15:49+01:002024-03-28T15:15:49+01:00https://blog.libero.it/Unmondonuovo/16754509.htmlnamy0000DOMENICA DI PASQUA - 31 marzo 2024 - fra Ermes RonchiMaria di Màgdala si recò al sepol...<p><p class="text-left"><strong><em><span>DOMENICA DI PASQUA - 31 marzo 2024 - fra Ermes Ronchi</span></em></strong><strong><span></span></strong></p><p class="text-left"><strong><em><span>Maria di Màgdala si recò al sepolcro quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!» (...). Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo giunse per primo al sepolcro. Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, e il sudario. Allora entrò anche l’altro discepolo, e vide e credette.</span></em></strong><em><span> </span></em><em><span>Giovanni 20,1-9</span></em><span></span></p><p class="text-left"><em><span>commento di fra Ermes</span></em></p><p class="text-left"><strong><span>L'ODORE DELLA VITA</span></strong></p><p class="text-left"><span>Pasqua è il tema più arduo e bello di tutta la Bibbia. Arduo perché va contro ogni evidenza, bello perché rotola via i massi dall’imboccatura del cuore.</span></p><p class="text-left"><span>Pasqua non porta solo la salvezza che ci estrae dalle acque limacciose, ma la redenzione, che è molto di più, che trasforma la debolezza in forza, la maledizione in benedizione, il rinnegamento di Pietro in atto di fede, il mio difetto in energia nuova, la mia fuga in corsa intrepida.</span></p><p class="text-left"><span>Maria di Magdala esce di casa avvolta nel buio, del cielo e del cuore. Non ha niente tra le mani, non aromi come le altre donne, ma soltanto il suo amore impastato al dolore, che si ribella all'assenza di Gesù.</span></p><p class="text-left"><em><span>E vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro.</span></em><span></span></p><p class="text-left"><span>Nel fresco dell'alba il sepolcro è spalancato, vuoto e risplendente, affacciato sulla primavera. Un sepolcro aperto come il guscio di un seme, che prima di posarsi ha imparato a volare.</span></p><p class="text-left"><em><span>Maria corse da Simone e dall’altro discepolo, che Gesù amava... correvano insieme Pietro e Giovanni</span></em><span>.</span></p><p class="text-left"><span>Perché tutti corrono in quel mattino di Pasqua?</span></p><p class="text-left"><span>Perché tutto ciò che riguarda Gesù non sopporta mezze misure, e si merita tutta la fretta dell’amore, che è sempre in ritardo sulla fame di abbracci. Corrono perché hanno ansia di luce che sia vita.</span></p><p class="text-left"><span>L’altro discepolo, quello che Gesù amava, corse più veloce. Giovanni arriva prima di Pietro a capire il senso della risurrezione, e a crederci. Il discepolo amato ha «intelletto d’amore» (Dante), l’intelligenza del cuore. Chi ama capisce di più, capisce prima, capisce più a fondo. Infatti i sapienti camminano, i giusti corrono ma gli innamorati volano.</span></p><p class="text-left"><em><span>Vide i teli posati là.</span></em><span></span></p><p class="text-left"><span>Giovanni entrò, vide e credette. Anche di Pietro è detto che vide, ma non che credette. Giovanni crede perché i segni sono eloquenti solo per il cuore che sa leggerli, e il suo brucia la distanza tra Gerusalemme e il giardino, tra i segni e il loro significato, tra i teli posati là e il corpo assente.</span></p><p class="text-left"><span>È pronto alla fede perché si sa amato: «ti vedrò nell’amore avuto e dato./ Ma se altro è il tuo cielo/ non ti vedrò Signore» </span><span>(C. Cremonesi)</span><span>.</span></p><p class="text-left"><span>Il primo segno di Pasqua è il corpo assente. Nella storia umana manca un corpo, per pareggiare il conto degli uccisi. Ma Gesù non è semplicemente il Risorto, non è l'attore di un evento che si è consumato una volta per tutte nel giardino di fronte Gerusalemme.<strong> Pasqua non è conclusa. Se noi tutti formiamo il corpo di Cristo, allora come mi è contemporanea la croce, così lo è anche la Risurrezione. Chi vive in lui, è lui com-preso, cioè preso-dentro il suo risorgere.</strong></span></p><p class="text-left"><span>Pasqua solleva allora questo nostro pianeta di tombe verso un mondo dove il male non vince, dove il carnefice non ha ragione della sua vittima in eterno, dove le piaghe della vita possono distillare luce.</span></p><p class="text-left"><span>Pasqua: “Il buon profumo di Cristo è odore di vita per la vita” (2 Cor 2,16).</span></p></p>Il fioraio gentile2024-03-24T03:47:33+01:002024-03-24T03:47:33+01:00https://blog.libero.it/Unmondonuovo/16753630.htmlnamy00002023, Scarp de’ tenis, agostoAbramo. Il fioraio gentile che anima il TuscolanoUn chiosco di fi...<p><p class="MsoNormal"><span>2023, Scarp de’ tenis, agosto</span></p><p class="MsoNormal"><strong><span>Abramo</span></strong><strong><span>. Il fioraio gentile che anima il Tuscolano</span></strong></p><p class="MsoNormal"><span>Un chiosco di fiori caduto in disgrazia è divenuto un punto di riferimento per il quartiere romano del Tuscolano. Il merito è di Abramo, che è emigrato in Italia dall’Egitto nel 2007. «Avevo trent’anni quando sono arrivato qui a Roma e ho lavorato sempre in questo settore» racconta. Padre di tre figli, «il più grande studia in Russia per diventare dentista, mentre la femmina vuole diventare avvocatessa, e il più piccolo ha 12 anni. Loro due sono rimasti al Cairo, non li ho portati con me». </span></p><p class="MsoNormal"><span>Il chiosco si trova davanti alla Basilica di Santa Maria Ausiliatrice. «Quando l’ho rilevato nel 2016 era abbandonato e c’erano pochissimi fiori. Io l’ho rilanciato conquistandomi la fiducia di tanti e tante clienti». </span></p><p class="MsoNormal"><span>La pandemia è stata un momento difficile per molti negozi di vicinato, ma lui ha cercato di mantenere un rapporto con i clienti evitando di violare le restrizioni. «La sera prima del lockdown avevo lasciato dei fiori instrada davanti al banco. Ho scritto un cartello invitando a prenderli, altrimenti si sarebbero seccati. Il giorno dopo non c’erano più». </span></p><p class="MsoNormal"><span>Abramo è molto attivo sui social, e sul gruppo Facebook frequentato dai cittadini dell’Appio Latino ci sono messaggi che lo ringraziano ed elogiano per un bouquet di nozze o una corona d’alloro in occasione di una laurea. Lo scorso 24 maggio, proprio in occasione della festa di Santa Maria Ausiliatrice, lui stesso ha postato un video che lo ritrae mentre lancia dei petali di fiori verso la Madonna in processione; è un segno di come si sia integrato nella comunità e partecipi attivamente alla vita quotidiana della zona. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Ma oltre ai suoi fiori, Abramo si distingue anche per le opere di bene. «Lo scorso Natale ho donato un albero di due metri e mezzo alla scuola elementare don Giovanni Cagliero; qualche mese fa ho sistemato dei fiori nelle nuove aiuole del giardino della scuola per l’infanzia di Villa Lazzaroni. Davanti la scuola di via Amulio ho innestato delle nuove piante con un amico». </span></p><p class="MsoNormal"><span>Piccoli atti di gentilezza verso il quartiere che lo hanno portato ad essere scelto come testimonial del <em>Calendario della gente gentile 2022</em>, un’iniziativa promossa dal premio <em>Roma Best Practice Award</em> e il centro Civico 17. «Mi piace pensare di poter essere un esempio per tanti altri stranieri che arrivano a Roma e sono costretti a ricominciare la loro vita da zero».</span></p></p>Quel fiume africano2024-03-24T02:53:33+01:002024-03-24T02:53:33+01:00https://blog.libero.it/Unmondonuovo/16753627.htmlnamy00002024, Scarp de’ tenis agostoYvette Tetteh e quel fiume africanoPer sette mesi si è alle...<p><p class="MsoNormal"><span>2024, Scarp de’ tenis agosto</span></p><p class="MsoNormal"><strong><span>Yvette Tetteh e quel fiume africano</span></strong></p><p class="MsoNormal"><span>Per sette mesi si è allenata nuotando, con ferrea disciplina, per sei giorni alla settimana. Non doveva partecipare a una gara né stracciare un record: semplicemente, voleva portare all’attenzione del mondo l’inquinamento di un maestoso fiume africano, il Volta, avvelenato dai residui degli abiti usati inviati dall’Occidente. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Ce l’ha fatta. Nuotando per quaranta giorni, su 450 chilometri, lungo il fiume e nel lago artificiale omonimo, Yvette Tetteh, trent’anni, ghanese, imprenditrice agricola e ambientalista, ha conquistato le pagine dei giornali internazionali, ottenuto interviste su radio e tv e, naturalmente, espugnato i social. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Figlia di una famiglia con radici in Ghana e in Inghilterra, cresciuta da bambina in Sudafrica, laureata in California, all’università di Stanford, Yvette è tornata nel 2015 ad Accra, capitale del Ghana, con l’intenzione di mettere a frutto i molti privilegi che sapeva d’aver ottenuto con la sua educazione. Lì ha fondato un’azienda che lavora la frutta locale e commercializza il prodotto essiccato e ha aderito alla <em>The OR Foundation</em>, un’associazione non profit il cui slogan è “troppi abiti, poca giustizia”, impegnata a denunciare il traffico di abiti di seconda mano, lo scarto della fast fashion, la moda veloce, che da Europa e Nord America vengono spediti in Ghana. «Si tratta di 15 milioni di capi di abbigliamento alla settimana», ha scritto <em>L’Osservatore romano</em>, citando le stime di <em>The OR Foundation</em>: «Solo il 40% di questi prodotti è rivenduto, mentre la quota restante finisce nelle discariche o, sempre più spesso, in strada, nei fossati e sulle spiagge». </span></p><p class="MsoNormal"><span>Yvette Tetteh lo definisce «il colonialismo dei rifiuti del Nord globale», che finisce con l’avvelenare il Sud del mondo. Compreso, appunto, il fiume Volta, che nasce in Burkina Faso e, traversando il Ghana, sbocca nell’oceano Atlantico. Seguita da un catamarano a energia solare, dotato di un laboratorio per l’analisi delle acque, Yvette ha documentato nella sua lunga nuotata come il Volta, apparentemente limpido, sia in realtà contaminato dalle microfibre sintetiche rilasciate dai tessuti dispersi nel territorio. </span></p><p class="MsoNormal"><span>In un Paese di 32 milioni di abitanti, dove almeno un abitante su quattro vive sotto la soglia di povertà, l’invasione degli scarti d’abbigliamento sta producendo più di un disastro. Ha messo in difficoltà, per esempio, i produttori di cotone, che vengono spinti fuori mercato dalla concorrenza dei “vestiti dei bianchi morti”. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Una delegazione di commercianti di Kantamanto, il mercato di Accra, ha portato al Parlamento europeo la richiesta di una regolamentazione più rispettosa del traffico di abiti smessi. Ma è stata l’impresa di Yvette Tetteh a far accendere i riflettori sull’argomento. All’arrivo ad Ada, dove il Volta sbocca nell’oceano, Yvette ha dichiarato: «Ho sentito sulla mia pelle come i corsi d’acqua della regione sono rigonfi di microfibre accumulate negli anni». Poi è tornata alla sua azienda, che in cinque anni è passata da 3 a 18 dipendenti (14 sono donne), al di sotto dei 35 anni. Un’azienda che lavora i prodotti di un centinaio di agricoltori locali, col progetto di portarli fuori dalla povertà. Con la sua ostinazione, Yvette conta di farcela. Purché il Nord del mondo smetta di avvelenare il Pianeta.</span></p></p>Dalla parte di chi č debole2024-03-17T17:13:50+01:002024-03-17T17:13:50+01:00https://blog.libero.it/Unmondonuovo/16752412.htmlnamy0000 2024, FC n. 11 del 17 marzoPerché i conflitti tra i potenti gravano su chi è inn...<p><p class="MsoNormal"><span> </span></p><p class="MsoNormal"><span>2024, <em>FC</em> n. 11 del 17 marzo</span></p><p class="MsoNormal"><strong><span>Perché i conflitti tra i potenti gravano su chi è innocente? – Giovanni, 15 anni</span></strong></p><p class="MsoNormal"><span>Caro Giovanni, le scene che vediamo in Uraina, Medio Oriente e negli altri 57 conflitti “sporchi” nel mondo ci parla di gente innocente che paga con la vita per la guerra. Poco importa che le bombe vengano da terroristi o da eserciti regolari. Chi sono, allora, i potenti se non coloro che hanno il potere di decidere sulla vita degli altri? Politici, gruppi di pressione, multinazionali che controllano il mercato delle armi, l’economia mondiale e che sfruttano le risorse dei Paesi più poveri. Nella Bibbia il grido dell’uomo calpestato sale a Dio: «Fino a quando i malvagi, Signore, fino a quando i malvagi trionferanno? Calpestano il tuo popolo, opprimono la tua eredità. Uccidono la vedova e il forestiero, massacrano gli orfani» (Salmo 94). Noi, allora, cosa possiamo fare? Bob Dylan, nella canzone <em>Blowin’in the Wind</em> del 1962, manifesto pacifista dei giovani americani negli anni del Vietnam, cantava: «E quante orecchie deve avere un uomo prima che ascolti la gente piangere? E quanti morti ci dovranno essere affinché lui sappia che troppa gente è morta?». </span></p><p class="MsoNormal"><span>La risposta sembra amara e sfiduciata. «La risposta, amico mio, se ne va nel vento». Dovremmo allora chiederci perché lasciamo che pochi potenti decidano della sorte dei popoli. Non sarà che l’umanità impaurita cerchi sicurezza in leader forti, che promettono stabilità, <strong>salvo poi rivelarsi veri e propri tiranni?</strong> Non abituarti mai alle scene di violenza e sopruso: con la tua domanda dai voce a chi non può esprimersi attraverso le opportunità che si presentano nella tua quotidianità. E, se puoi, con la tua voce innalza una preghiera per tutti gli innocenti. C’è chi si schiera dalla parte dei potenti. Tu stai sempre dalla parte di chi è debole.</span></p></p>Padre di strada. Buona festa del papā2024-03-16T06:47:18+01:002024-03-16T06:47:18+01:00https://blog.libero.it/Unmondonuovo/16752109.htmlnamy0000 2024, Scarp de’ tenis, dicembre Caro Babbo. Se vieni a Natale, ti porto sulla 90Caro Bab...<p><p class="MsoNormal"><span> </span></p><p class="MsoNormal"><span>2024, Scarp de’ tenis, dicembre </span></p><p class="MsoNormal"><strong><span>Caro Babbo. Se vieni a Natale, ti porto sulla 90</span></strong></p><p class="MsoNormal"><span>Caro Babbo Natale, sono Franco. No, non il piccolo Franco, uno di quei bambini che ti aspettano per i regali davanti al caminetto di casa. Sono il Franco nato a Novara 62 anni fa, adottato a 9 mesi, cresciuto e sempre vissuto in una cittadina di provincia pedemontana, sposato, due figli, vita laboriosa da informatico con diploma da geometra e un curriculum di quattro pagine. Magari con tutte le richieste che ti arrivano per lettera e per mail hai bisogno di qualcuno che ti rimetta in ordine il pc. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Vita ordinaria fino al divorzio, caro Babbo, una dozzina di anni fa, troncando ho lasciato casa all’ex moglie, tanto a Milano avevo una compagna e riuscivo a dare una mano nella sua lavanderia, anche perché la ditta per cui lavoravo da sempre era fallita e il tentativo di provare ad aprire un negozio tutto mio non ha funzionato. Galleggiavo tra la sua casa e la lavanderia, ti dicevo, fino a che anche la nuova relazione si è interrotta. Niente più lavoro, né reddito, nessuna possibilità di pagare il nuovo affitto, inesorabile piano inclinato verso lo sfratto. Giunto puntuale a settembre, anno di disgrazia 2017. Casa amara casa. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Sono finito in strada, e non ne sapevo nulla. Non ero allenato a quel mondo nascosto che ancora oggi è il mio mondo, anche se sto provando a risalire, ma ne riparliamo prima dei saluti. Da settembre a novembre panchine, marciapiedi, androni, pernottavo senza metodo dove capitava. Cominciava a far umido e qualcuno mi disse del Rifugio Caritas di via Sammartini, nel suo genere un cinque stelle, peccato poterci rimanere solo qualche mese. Poi sono venute le notti a Ortles e siccome non mi sono mai abbattuto, di giorno mi facevo 12 chilometri a piedi ispezionando la città da misuratore di contatori d’acqua della MM, peccato che non mi abbiano rinnovato il contratto. E poi altri piccoli alloggi soprattutto durante il grande letargo da Covid, un anno e mezzo di sonni senza sogni sulla 90, sempre sia resa lode ai bus notturni, ci torno anche adesso, quando non posso di meglio. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Caro Babbo che vuoi che ti racconti della Milano di strada? Non c’è più la nebbia, l’avrai già notato slittandoci sopra negli ultimi anni, in compenso disorienta la coltre di indifferenza che ammanta i piani bassi, la gente di guarda con un altro occhio, quando sei reduce dagli scantinati della metropoli, e dico occhio al singolare perché quasi tutti voltano proprio la faccia, per evitare di guardarti. Forse ai tempi della mia esistenza benestante lo facevo anch’io con quelli che erano ruzzolati prima di me, ma adesso so che anche qui sotto, nei piani bassi, ci sono persone, siamo persone. E abbiamo fame e sete, anche di uno sguardo diverso. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Però non mi lamento, ormai conosco i posti caldi, le panchine giuste, le file turbolente alle mense generose. A Milano si può morire di gelo d’inverno o di afa d’estate, ma nessuno morrà mai di fame. Non mi lamento perché ho scoperto sulla mia pelle che parlando risolvi molte piccole questioni della tua giornata, e così mi sono fatto gli amici giusti, persone fidate che, come me, provano a darsi stimoli, a coltivare relazioni, a porsi minimi obiettivi per non mollare psicologicamente, sennò si precipita nel degrado di se stessi. Lo vedi, non ho vestiti firmati, ma riesco a tenermi in ordine. </span></p><p class="MsoNormal"><span>E allora se dovessi chiederti un regalo, caro Babbo, per Milano domanderei meno microviolenza e meno macroarroganza. Sulla 90 vedi gente malandata che si accapiglia per un niente, e dall’altro sedile ti squadra il <em>sciur</em> perbene disprezzandoti con lo sguardo nella convinzione che tu, cioè io, sia quello che sono oggi, il reietto. </span></p><p class="MsoNormal"><span>Per il mondo non ce la faccio a chiedere la pace, lo so che dovrei, sarà scritto in tutte o quasi le lettere che ti spediscono. Lo so che israeliani e palestinesi si stanno massacrando, ricevo una valanga di newsletter sul telefonino che è il mio ancoraggio al mondo e quando per due volte me l’hanno fregato mi sono sentito perso. Ma è un tema troppo lontano. Sì, mi piacerebbe che la pace fosse davvero per tutti, ma io anzitutto devo pensare a fare pace con il mio domani. E allora per me, Babbo, non voglio la luna, è troppo lontana. Mi basterebbero due cose: una casettina, ma proprio ina ina, un punto fermo dove possa dormire sicuro e caldo, e stare da solo se voglio stare da solo e invitare un amico se voglio invitare un amico. Certo, Milano ha prezzi folli, però io chiedo un angoletto. Perché la cosa che mi fa più male è quando incrocio uno per strada che si mette la mano in tasca, estrae un mazzo di chiavi, ne infila una nella toppa e apre il portone. E perché io no?</span></p><p class="MsoNormal"><span>E poi, amico Babbo, avrei ancora voglia di lavorare, quindi per ora ringrazio il cielo di avere <em>Scarp</em>, ecco l’altra faccenda di cui volevo parlarti, che mi occupa metà della settimana, qualche volta la vendita va bene, altre meno, ma vuol dire avere un impegno e uno stimolo, e qualche gruzzolo in tasca per alcune notti in ostello o per la pizza quando, due-tre volte l’anno incontro i miei figli che non sanno di avere un padre di strada.</span></p><p class="MsoNormal"><span>Avevo detto due cose, Babbo, ma ce ne sarebbe una terza. Ho sempre costruito modellini, con qualsiasi materiale, aerei,vascelli, l’ultimo una Ferrari in scala 1:8, cento fascicoli, ci ho messo due anni, è stata un’impresa avvincente, paziente, metodica. Sarebbe sì un bel regalo di Natale: ma torniamo al problema del posticino dove costruirlo e poi lasciarlo, il modellino. Alla fine, caro Babbo, permettimi una domanda irriverente. A te, che non so se è davvero così, ma ti disegnano così, con una cascata di peli bianchi lunga il quadruplo della mia, ti hanno mai detto barbone? A me in faccia no, ma sono sicuro che il sciurun della 90 dentro di lui mi apostrofa così. Magari se vieni a Milano a Natale ti fai un giro con me, sul notturno. E spargi per le strade di questa città la polverina fine, svolazzante e scintillante di un po’ di fraternità. Allora ti aspetto. Tuo Franco.</span></p></p>