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Un mondo nuovo

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Messaggi del 02/03/2017

Una storia indimenticabile

Post n°2064 pubblicato il 02 Marzo 2017 da namy0000
 

25 dicembre 2014, notte, ore 23,41, a bordo della nave Etna, Serena Petricciuolo e la sua équipe hanno aiutato una profuga nigeriana a far nascere il suo quarto bimbo Testimony Salvatore: ‹‹Stavamo lavorando da giorni incessantemente per l’assistenza ai naufraghi, ed eravamo sfibrati. Quella notte c’era un mare forza 4. Avevamo appena terminato le operazioni di trasbordo di un gruppo di profughi che aveva lottato per giorni contro il freddo. Avevamo offerto loro coperte e bevande. Eravamo sfiniti››. ‹‹È stato tutto molto veloce. Alle 23,41 il bimbo è nato. Un’emozione... Un’emozione che si fa fatica a raccontare››, racconta Maita Sartori, ginecologa, toscana di origine calabrese, nel suo ambulatorio dell’Asl di Collegno (TO), rievoca quei giorni frenetici trascorsi sulla nave Etna come medico volontario della Fondazione Rava. Ha un passato di volontaria in Africa e in America latina. ‹‹Ma questa storia, be’ questa storia è davvero indimenticabile››, conclude Maita Sartori. ‹‹La nascita di quel bambino è stata come un ricostituente, perché una gioia del genere ripaga tutti gli sforzi. Quella notte sono andata a letto alle 3, ma alle 5 ero già in piedi per l’eccitazione. Sono stata io la madrina di Battesimo, insieme con l’infermiera volontaria della Croce Rossa Teresa Arena, l’infermiere Diego Di Netto Tempesta e il comandante Fabio Farina››, conclude Serena.

 
 
 

Da Dostoevskij a Sturzo

Post n°2063 pubblicato il 02 Marzo 2017 da namy0000
 

2017, Tempi Febbraio 28,  Gennaro Sangiuliano Populismo. Da Dostoevskij a Sturzo, da Ortega y Gasset a Del Noce. La gente chiede legami, non formule. Lezioni di emergenza per democrazie scricchiolanti.

Nel delineare le ragioni del nichilismo europeo Martin Heidegger fa ricorso a due giganti russi, in particolare riprende il discorso di Dostoevskij su Pusˇkin del 1880, laddove lo scrittore cita il poeta nell’analisi del rapporto fra élite oligarchica e popolo. Pusˇkin identifica quello che chiama ceto dell’intelligencija, che «crede di stare di gran lunga al di sopra del popolo», responsabile di aver alimentato una «società sradicata, senza terreno», e ne censura il comportamento «svincolato dalla terra del nostro popolo». Leggendo quel testo Dostoevskij appare come un simpatizzante del populismo, che infatti è un movimento che si palesa per la prima volta in Russia nella seconda metà del XIX secolo (narodnicˇestvo).

Oggi populismo è una parola “malfamata” che sui giornali e nel lessico politico sta diventando un’etichetta dietro la quale vengono connotati fenomeni politici molto diversi fra loro. La crisi economica dell’Occidente, la perdita di quelle certezze che hanno accompagnato oltre mezzo secolo di benessere economico e sociale, hanno fatto di nuovo del populismo un protagonista, un attore in campo della politica europea, e non solo se pensiamo al fenomeno Trump. Un fantasma che riappare come la risposta, piaccia o no, alle angosce della globalizzazione. Nella pubblicistica italiana il termine populismo esprime tout court un connotato negativo, assimilato all’estremismo e alla demagogia. A priori c’è un giudizio di valore che ne coglie il tratto qualunquistico, sottolineandone quella prassi che punta alla banalizzazione estrema delle questioni al fine di riscuotere facili approvazioni. C’è un populismo di destra, in Francia, in Gran Bretagna, nell’Est europeo, c’è un populismo di sinistra, in Spagna e Grecia. Un atteggiamento che si traduce sul terreno politico nella pura protesta, nel risentimento più viscerale, nell’aggressività. Oggi, il populismo sembra aver trovato un nuovo fertile terreno nella piazza telematica, un moltiplicatore nella rete, dove la sintesi estrema riassume i concetti in nette parole d’ordine.

Tuttavia, la liquidazione del populismo secondo quest’accezione prevalente non appare esauriente, non risulta capace di afferrare il senso delle dinamiche in atto, soprattutto i suoi detrattori spesso si muovono con un atteggiamento di spocchiosa sufficienza non meno faziosa di quella dei populisti. Se i populisti possono risultare grossolani, gli antipopulisti – si pensi alla gauche caviar, radical chic – oltre la coltre di abusate convenzioni culturali, sono privi di un bagaglio di conoscenze adeguate e procedono per categorie di pensiero ipocrite e consunte mai sottoposte ad alcun vaglio critico.

 

C’è uniformità ideologica tra il tipo umano che abita nell’Upper West Side di Manhattan, ai Parioli a Roma, a via Montenapoleone o via della Spiga a Milano, nei primi arrondissement di Parigi, a Kensington e Chelsea nel West End di Londra, meglio noto come royal district, nel centro di Berlino. Il tipo che ha votato per Hillary Clinton alle presidenziali americane, che si è dichiarato per il Remain e contro la Brexit, che ha votato “sì” al referendum costituzionale italiano. Dispone di un reddito elevato, lavora quasi sempre nell’economia dei servizi, non produce nulla, alcun oggetto, disprezza chi lavora con manualità, utilizza con maestria la leva finanziaria. Usa termini inglesi anche quando non è necessario, mangia il sushi, spesso è vegano, si dice ecologista, salvo inquinare le periferie, mondialista e demolitore del passato. Soprattutto è intollerante verso chi ha idee diverse dalle sue perché il “politicamente corretto” è un totem che non ammette eresie.........

 
 
 

Troppi anni lontano dalla moglie

Post n°2062 pubblicato il 02 Marzo 2017 da namy0000
 

“È stato uno dei più famosi corrispondenti di guerra degli ultimi anni e ha seguito per il New York Times i conflitti in Iraq, Afganistan, Libia e Siria. Finché una partita a carte con suo figlio ha cambiato tutto. Da settimane le forze del presidente libico Muammar Gheddafi bombardavano la città di Misurata con cannoni, lanciarazzi e mortai. Tra le munizioni usate c’erano anche proiettili da mortaio da 120 millimetri di fabbricazione spagnola, che nessuno aveva mai visto in combattimento. Era un problema serio, perché erano bombe a grappolo, e oggi sappiamo che gli spagnoli avevano venduto quelle munizioni al governo libico proprio mentre la Spagna stava per firmare l’accordo internazionale che le avrebbe bandite. Lo sappiamo grazie al lavoro di C.J. Chivers, giornalista del New York Times e collaboratore di Esquire, che grazie alle sue competenze militari e alla sua esperienza è diventato il più importante corrispondente di guerra del suo tempo. Chivers sospettava che Gheddafi stesse usando le munizioni spagnole, ma mentre cercava di dimostrarlo, un aereo della Nato ha tentato di farlo fuori. Nell’aprile del 2011, quando la Libia sprofondava nella guerra civile, Chivers era in guerra già da dieci anni. Nel novembre 2001 era andato in Afghanistan, subito dopo l’inizio dei bombardamenti. Nel marzo 2003 era in Iraq per seguire l’invasione statunitense. La mattina dell’11 settembre 2001 si trovava a Manhattan. Troppe missioni per ricordarle tutte, troppi anni lontano dalla moglie e dai 5 figli piccoli, quattro maschi e una femmina. Chivers era entrato al New York Times nel 1999, a 34 anni. Lo avevano scelto perché era un ex ufficiale dei marines e sapeva come muoversi nelle zone di guerra. Ma non sospettavano che avrebbe creato un nuovo genere di giornalismo, basato sullo studio delle armi. Dopo uno scontro a fuoco, Chivers aveva l’abitudine di cercare i bossoli e i frammenti dei proiettili. Se viaggiava al seguito dei soldati statunitensi, chiedeva di dare un’occhiata a quello che trovavano, e di fotografare i numeri di serie e i marchi sulle munizioni. In questo modo è riuscito a fare luce su un mondo di traffici di armi di cui nessun altro giornalista era a conoscenza.(Mark Warren, C.J. Chivers, Addio alle armi, Esquire, Stati Uniti, Internazionale n. 1129 del 20 nov. 2015).
 

 

 
 
 

I sardex

Post n°2061 pubblicato il 02 Marzo 2017 da namy0000
 

“In Sardegna ci sono più di 7.000 antiche costruzioni fatte con grossi blocchi di una pietra locale. Si chiamano “nuraghi”... Non si sa molto dei nuraghi. Dell’età del bronzo. ‹‹La cosa incredibile è che da ogni nuraghe si vede un altro nuraghe››, dice Carlo M., 34 anni. ‹‹Immaginate un sistema di comunicazioni con il fuoco, la luce o gli specchi. Penso che facessero parte di una rete››. Questo sistema, reale o immaginario, ha suggerito a M. e ad alcuni suoi amici d’infanzia l’idea di introdurre la prima valuta locale: il “sardex”. Hanno creato la valuta dal nulla nella loro cittadina di Serramanna, nella regione agricola del Medio Campidano, una delle più povere d’Italia, quando la crisi economica cominciava a farsi sentire sull’isola. I fondatori hanno poco più di trent’anni. Speravano che quel progetto potesse permettergli di lavorare nel posto in cui erano cresciuti. Ma a 6 anni di distanza è diventato il simbolo della reazione dell’isola alla crisi e ha dato vita a una rete di migliaia di piccole imprese che quest’anno hanno effettuato scambi per 31,3 milioni di sardex. Quando questi ragazzi discutono accanitamente di politica e di crisi economica, sembrano un gruppo piuttosto eterogeneo. Giuseppe parla rapidamente, passando dall’italiano all’inglese. Suo fratello minore, Gabriele, è più controllato e sceglie accuratamente le parole. Poi c’è Mancosu, il più ottimista dei quattro. E Piero, un pragmatico commerciante in oro, all’inizio il più esperto del gruppo in economia.

 

(Edward Posnett, Finalcial Times, Regno Unito, Internazionale “da La moneta locale che aiuta la Sardegna”, n. 1121 del 25 sett. 2015). 

 
 
 

La vita dell'uomo

Post n°2060 pubblicato il 02 Marzo 2017 da namy0000
 

"La vita dell’uomo non è solo una cronaca asettica di avvenimenti, ma è storia, una storia che attende di essere raccontata attraverso la scelta di una chiave interpretativa in grado di selezionare e raccogliere i dati più importanti. La realtà, in sé stessa, non ha un significato univoco. Tutto dipende dallo sguardo con cui viene colta, dagli “occhiali” con cui scegliamo di guardarla: cambiando le lenti, anche la realtà appare diversa. Da dove dunque possiamo partire per leggere la realtà con “occhiali” giusti?"

 
 
 

Il carisma

Post n°2059 pubblicato il 02 Marzo 2017 da namy0000
 

“Il carisma non si conserva tenendolo da parte; bisogna aprirlo e lasciare che esca, affinché entri in contatto con la realtà, con le persone, con le loro inquietudini e i loro problemi. E così, in questo incontro fecondo con la realtà, il carisma cresce, si rinnova e anche la realtà si trasforma, si trasfigura attraverso la forza spirituale che tale carisma porta con séIl carisma non va conservato come una bottiglia di acqua distillata, va fatto fruttificare con coraggio, mettendolo a confronto con la realtà”

 

 

 
 
 

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