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L'indomita

Post n°2492 pubblicato il 16 Gennaio 2018 da namy0000
 

Nadija Savčenko, l’indomita. Nasce a Kiev, in Ucraina nel 1981. Figlia di una sarta e di un meccanico di Kiev. Nel 1997 entra nell’esercito. 6 mesi in Iraq nel 2003, dove aveva prestato servizio con l’esercito ucraino. 2 anni in una prigione russa, condannata per omicidio dopo essere stata arrestata, nell’est dell’Ucraina, dai separatisti in guerra contro Kiev, nel giugno 2014. Quando è stata catturata, Savčenko aveva preso un’aspettativa dall’esercito per andare nel Donbass con il battaglione paramilitare Aidar. Ha sempre rimpianto di non aver avuto con sé una granata per farsi esplodere. Nei due anni passati in Russia, ha resistito alle pressioni degli inquirenti che volevano farle ammettere la sua responsabilità nella morte di 2 giornalisti russi, uccisi da un colpo di mortaio nel Donbass. Ha reagito con scioperi della fame a ripetizione, che l’hanno fatta scendere sotto i 50 chili di peso. Dal banco degli imputati è riuscita a rovesciare i ruoli, trasformandosi in accusatrice dei crimini di Mosca. Davanti ai suoi gesti di sfida, i giudici hanno abbassato lo sguardo. In Savčenko si mescolano una sincera umiltà e una sicurezza fuori dal comune. Fin da piccola si dedica al teatro. Savčenko aveva già la reputazione di essere molto testarda, da quando era diventata la prima donna pilota dell’aviazione ucraina. Già a scuola era soprannominata “Xena la principessa guerriera”. Ha sempre respinto seccamente le domande sulla sua vita privata. Solo una volta ha detto di non aver ancora incontrato nessuno capace d’addolcirla. Secondo i sondaggi, è di gran lunga il personaggio più popolare del Paese. ‹‹Ora tutti sono felici di vedermi e mi lanciano dei fiori, ma non durerà. Sicuramente dirò e farò cose che non piaceranno a tutti. Potrei commettere degli errori. Solo quelli che non fanno niente sono amati per sempre››, sorride. Il 25 maggio 2016 viene graziata dal presidente russo Vladimir Putin e torna in Ucraina, e comincia a viaggiare e a scoprire il “mondo civile”. Il 20 giugno è stata a Strasburgo, ospite dell’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Il giorno del suo rientro, ha rifiutato il mazzo di fiori che le tendeva Timošenko – incarnazione del vecchio e screditato sistema – con un secco ‹‹io e lei non ci conosciamo ancora abbastanza››. Savčenko vuole fare politica. ‹‹Dopo la rivoluzione del 2014 e la guerra che ne è seguita››, spiega ‹‹il popolo ucraino si è rafforzato moralmente e spiritualmente. Ha fatto enormi sacrifici. E la classe politica attuale, per quanto migliore della precedente, non è ancora degna di questo popolo. Voglio mettere la mia popolarità al servizio degli ucraini, per evitare che il Paese ricada nei vecchi errori››. Subito dopo il suo ritorno, si è detta pronta a diventare presidente, ‹‹se il popolo ucraino lo vorrà, e se smetterà di vendere il suo voto››. (...) Molti dubitano che Savčenko abbia l’esperienza, il cinismo e i contatti necessari per imporsi nello spietato mondo della politica ucraina. (...) Nazionalista fino l midollo, indurita dalla guerra e dalla prigione, aveva tutte le caratteristiche per mettersi a capo di un movimento populista radicale. Di certo al Cremlino non è dispiaciuto rispedire a casa l’incontrollabile Savčenko come un dono avvelenato. ‹‹Se fossi tornata urlando slogan semplicistici, sarebbe stata una cosa pericolosa per l’Ucraina. La politica è l’arte del compromesso. Non basta alzare la voce, bisogna ottenere dei risultati››, afferma. Dice di voler collaborare in parlamento con i giovani progressisti filoeuropei, aiutandoli nella lotta alla corruzione. Savčenko vuole diventare tutto fuorché una “politicante”: ‹‹Se capirò di essere inutile o che vogliono fare di me un trofeo da esibire, tornerò al fronte e morirò per l’Ucraina››. Secondo il deputato Sergei Lešenko, ‹‹ Savčenko ha la forza e la legittimità per scardinare il sistema oligarchico. Ma deve innanzitutto proteggersi da chi vuole strumentalizzarla. Altrimenti rischia di aggiungersi alla lunga lista degli ex combattenti che sono entrati in politica e poi sono scomparsi››. ‹‹Sono pronta a parlare con il diavolo in persona pur di riportare a casa tutti i nostri››, ha detto il 27 maggio scorso Savčenko, affermando che Kiev dovrebbe trattare direttamente con i leader separatisti del Donbass e irritando così le frange più nazionaliste e guerrafondaie sia le autorità. (...) Se potesse prendersi una pausa, le piacerebbe tornare a volare, la sua vera passione. ‹‹Ho sempre amato l’odore del cherosene più di quello dello smalto per le unghie››, spiega”. (Benoît Vitkine, Le Monde, Francia, Internazionale n. 1161 dell’8 luglio 2016). 

 
 
 

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