Creato da Massimiliano_UdD il 30/03/2012

L'uomo dei difetti

Le riflessioni di un Viandante fuori dai giochi...

ORMAI SIETE QUI E SIETE VENUTI SPONTANEAMENTE!

Credo ci sia un'effettiva possibilità voi siate approdati al mio umile desco per errore. Magari proprio mentre facevate click sul blog della procace biondona di turno. Un'emozione di troppo, la mano che trema, e il click che va a finire sul collegamento di fianco. Questo. Il mio ovvero de "L'uomo dei difetti". 
Il convivio ha già avuto inizio, quindi, vi avverto.
L'ospite è sacro, ma il padrone di casa va onorato. Allacciate le cinture, mettetevi comodi.
Il viaggio ha inizio...

 

QUESTA, È LA MIA

 

Questa è la mia.

 

 Difficoltà mi colse
quando spaiato volli,
col verbo,
plasmare il siffatto legame,
tra l'uomo normale
e la (D)onna sua regale.


Inebriante è il profumo,
ansante è il respiro,
di tanti momenti
è il mio taccuino.


Funesta la sete
mai paga la fonte
.
Tra i fuscelli,
rovente,  la via mi confonde.
Allorché  dotto in pazzia,
borioso sentenzio:
Questa,  è la mia.


M.
(L'uomo dei difetti...)

 

QUANTA STORIA DIETRO UN VECCHIO...

Ad ogni nuovo respiro...
Si fa la storia.

Immaginandomi al "capolinea", vorrei potermi voltare e abbandonarmi ad un'ultima illusione:  Aver fatto della buona storia.

Quella che state per leggere,  in particolare,  è una riflessione alla quale sono intimamente legato.
La scrissi qualche anno fa, a matita...  E la scrissi per me.
Davanti, avevo il camino.
Alle spalle,  i trentacinque anni che m'avevano veduto bambino, ragazzo, uomo.
Intorno, solo l'abbraccio dei ricordi.
Lo sguardo, solo in parvenza perduto a discernere tra le fiamme il punto angoloso dalla cuspide. Avrei voluto, forse dovuto, esser nudo per godere appieno della proiezione che, "al di qua" dei miei occhi, s'andava saggiando...

Ho provato ad immaginare "il Vecchio" che potrei diventare...

IL VECCHIO


Non conquisto nuove terre per recintarle.
Le conquisto per conoscerle.
A me non importa se l'Amore impazzisce ancora per il mio odore,
se ho gettato la spugna o se ho deposto le armi.
Quello che conta è averlo conosciuto.
Attraverserò la Primavera,
poi quella dopo, e un'altra ancora...
Avrò gli occhi zuppi d'acqua,
saprò tante cose più di oggi,
  altrettante le avrò dimenticate
e allora mi chiameranno "vecchio".
Non il saggio...
Il vecchio.
Quanta storia dietro un Vecchio...


M.
(L'uomo dei difetti...)

 

QUESTA NOTTE È GIÀ DOMANI

Chi davvero ti vuole Bene sceglie le parole quando ti parla...
Chi ti ritiene importante non ti offende...
Chi preferisce perdere il suo tempo piuttosto che trascorrerlo con te, potrà anche essere una brava persona, ma, certamente, non è quella giusta per te...
Se in cuor tuo credi di meritare qualcosa in più della pura elemosina, abbandona il carro vizioso e affinchè in te rimanga ancora traccia di uomo, dileguati nella notte, quando tutti dormono, senza far rumore... e l'unica ombra che ti porterai dietro sarà alla stregua di un brutto sogno.
Questa notte è già domani...

M.
(L'uomo dei difetti...)

 

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Messaggi di Maggio 2014

"Il rinvenimento del cadavere" tratto da DELITTO in GIACCA e CRAVATTA de L'uomo dei difetti.

Post n°152 pubblicato il 02 Maggio 2014 da Massimiliano_UdD
 

IL COMMISSARIO MASSIMO DEL MONACO  

 

   Il commissario parve pensieroso.
Estrasse da una tasca un paio di guanti in lattice. Chinatosi poi sul cadavere, se li infilò.
   Il corpo, vestito di tutto punto, giaceva supino. La carnagione, olivastra. Non presentava apparenti segni di colluttazione né di escoriazioni frontali, solo una modesta macchia ematica di forma semicircolare impregnava l'asfalto cocente tra la base del cranio e le spalle.
Lo sguardo del commissario, come il metallo dalla calamita, fu catturato dalla cravatta. Una sette pieghe di seta nera disseminata da rombi di colore argento resi ancor più luminosi dall'incidere del sole, e al collo, assicurata da un classico nodo pratt.
   L'ispettore Mariani bofonchiava qualcosa già da un po', ma il commissario gli fece gesto col palmo teso a mezz'aria di fare silenzio. Il sopralluogo era un momento cardine. Era qui che il temprato naso dello sbirro poteva offrirgli i primi spunti, abbozzare le prime ipotesi benché rudimentali. E gli piaceva farlo in liturgico silenzio. Era il suo modo, da sempre.
   Squadrò la camicia, il completo, le scarpe. Tastò il bavero della giacca. Poi si voltò verso l'ispettore abbozzando un mezzo sorriso intriso di stupore. Tornò in piedi.
   << Caraceni... caro il mio Mariani. >>
   << In che senso, dottore ? >>, domandò l'ispettore non capendo dove egli volesse andare a parare.
   << Il qui presente signor Impallara veste un abito di alta sartoria, e non una qualunque, un Caraceni. Mica il pizza-e-fichi che porto io. Vedi, se avessi fatto anche tu l'elettricista, a quest'ora avresti potuto indossare qualcosa di... Be', non dico proprio di aristocratico, ma certamente di più consono alla professione >> commentò sarcastico il commissario, << e invece ti sei messo in testa di fare il tutore della legge, e ti tocca vederlo indossato a piedi davanti, il Caraceni. >>, e concludendo aggiunse:
    << Ah, dimenticavo... visto che te ne vai sempre in giro senza orologio, se tra un servizio d'ordine e una retata di prostitute ti capitasse di vincere alla lotteria, ti consiglierei senz'altro il Rolex Daytona che il nostro amico indossa al polso, destro. >>
Sorrisero.

   Un particolare del biglietto da visita della vittima saltò agli occhi del commissario. Stava per dire qualcosa quando udì il suono stridente di una marcia innestata male provenire da dietro, pochi metri più in là. Sembrò non curarsene, ma le inarcate ciglia e il sogghigno sfuggito proprio come la gazzella tanto a lui cara, erano di per sé eloquenti:
   << Ispettore, venti euro che la macchina alle mie spalle la sta parcheggiando una donna ? >>
   << Neanche per sogno. Io non scommetto mai, dottore. >>
   << Paura... >> o forse tirchieria, pensò il commissario.
   << No. E' che sono onesto. Lei è mancato troppo da Latina e io ho assistito troppe volte a questo spettacolo... >>
Stava per fare il suo ingresso sulla scena il medico legale.
   Era ancora al telefono, la Dott.ssa Terzi, quando scese dalla sua Mercedes Classe A, passo lungo, bianca. Salutò telegraficamente il suo interlocutore e spedita si diresse verso l'ispettore Mariani, che le faceva segno con la mano.
Quando il rumore cadenzato dei tacchi ne annunciò tangibile la presenza, il commissario, ancora di spalle, si sfilò il guanto e voltandosi si trovò di fronte una figura leggiadra, slanciata, dai capelli di un rosso tiziano che folti, le scendevano a boccoli sulle spalle  e sinfonici, ondeggiavano a ogni suo movimento. Pareva schizzata fuori da una tela di Klimt.


 

IL MEDICO LEGALE

  
 

   << Salve, ispettore! >>, esordì la dottoressa salutando Mariani con cenno del capo. Incrociando poi lo sguardo del commissario, gli porse la mano presentandosi:
   << Buon pomeriggio, sono Cristina Terzi, il medico legale. >>
La stretta possente dell'uomo le fece istintivamente sgranare gli occhi evidenziando il taglio allungato e l'azzurro dell'iride.
Il commissario fece giusto in tempo ad accennarle un sorriso che l'ispettore Mariani, irruppe:
   << Dottoressa, mi permetta di presentarle il nostro commissario, è tornato a prestare servizio da noi da un paio di settimane. >>
   << Dodici giorni, per la precisione. Mi chiamo Massimo Del Monaco. Piacere mio, dottoressa. >>, poi venne subito al sodo: << Può cominciare il suo lavoro. La scientifica sarà qui a momenti. Io devo avvisare la Procura. >>, ed estraendo il cellulare dal taschino frontale, lo stesso cui era ancorata la fedele penna a sfera, s'allontanò.
   Aveva percorso già qualche metro in direzione della sua auto, quando s'accorse che gli occhi cerulei della dottoressa gli erano ancora addosso. Vispi, forse a voler gridare, impavidi, ciò che le labbra, ingenue, non avevano saputo proferire.
Forse avrebbe solo voluto dirgli di aver sentito molto parlare di lui, magari dal professor Intermite, direttore dell'Istituto di medicina legale, o forse ancora dal Questore Rinaldi. Magari.
Chiunque altro non ci avrebbe nemmeno fatto caso, ma lui sapeva che quell'atteggiamento celava qualcosa. E questo gli veniva naturale. Stabilire una connessione tra il suo istinto e i palpiti della gente che lui sceglieva.
Il trillo del telefono ruppe quell'incantesimo.
   La dottoressa lesse sul display il nominativo del chiamante e subito le gote le si riempirono d'aria. Premette sul tasto con l'icona della cornetta rossa e sbuffando negò la chiamata. Dopo averlo spento, ripose l’iPhone in una tasca interna della giacca. Si avvicinò al cadavere, poggiò la voluminosa borsa di pelle a terra e diede inizio alle operazioni preliminari.

 

   Il commissario aveva appena aperto il portabagagli posteriore della sua auto quando dalla procura gli comunicarono che il magistrato di turno rispondeva al nome di Ettore Fanti, e sarebbe arrivato a breve.
   Dalla ventiquattrore estrasse un blocchetto tipo moleskine formato A7, nuovo. E da un altro scompartimento un pacchetto di Chesterfield Blu.  Sfilò una sigaretta con le labbra, ma non l'accese. Tenerla tra le labbra turgide, sfilarla, fletterla di tanto in tanto, l'aiutava a pensare. Chiuse il portabagagli e s'avviò verso un cancelletto di ferro grezzo che probabilmente consentiva l'accesso allo stabile.
   Nel frattempo era arrivata la scientifica con le loro valigie pesanti e di concerto col medico legale avevano iniziato a scattare foto e fare riprese video.
   Il commissario richiuse il cancelletto alle sue spalle e si trovò a percorrere un lungo viottolo, che come aveva ipotizzato, ad un certo punto, sulla destra, consentiva l'accesso al massiccio portone principale nella cui struttura era stata stata ricavata, centralmente, un'ampia vetrata circolare protetta da grata. Attraverso l'inferriata si poteva intravedere la ripida scala per l'accesso ai piani. E la ringhiera di protezione, giallo canarino come le mura, in ferro, come il portone, come il cancelletto.
   In fondo al viottolo, un altro cancelletto, di poco conto, verde. Serrato con tanto di catenaccio e lucchetto, massicci entrambi. Una siepe artificiale lo ricopriva da sotto a sopra. La visibilità era scarsa, ma contava poco. Quelle zone il commissario le conosceva a menadito. Le aveva scoperte e bazzicate durante l'infanzia e l'adolescenza, anche gli anfratti più impervi, ai più ignoti, non rappresentavano per lui motivo di smarrimento.
Al di là della siepe, scorreva da ottant'anni spedito verso Rio Martino, il canale delle Acque Medie; e a meno di cinquanta metri, il ponte omonimo.
Da lì si potevano paventare ogni sorta di scenari. E con essi, le possibili vie di fuga. Si poteva andare agevolmente verso sud intercettando l'Appia, attraverso via Epitaffio. Raggiungere Roma e le autostrade percorrendo via Piave e imboccando la Pontina ovvero dirigersi in centro; Piazza Del Popolo è a un tiro di schioppo, meno di un chilometro in linea d'aria.
   Del morto non si sapeva ancora un bel niente, ma il cervello del commissario frullava già ovunque.  E poi c'era la storia della professione. Poteva un normale elettricista andarsene in giro indossando almeno ventimila euro di roba ? Magari si, magari era un elettricista, ma non normale. E se anche fosse restava comunque da spiegare cosa ci facesse ad oltre settecento chilomentri da casa sua.
Nulla andava trascurato, tutto al più che fino a quel momento la faccenda gli sapeva in qualche modo di marcio. Atipica, come suggerito da Mariani.

 

   Tornato nel perimetro delimitato dall'apposito nastro, notò il procuratore Fanti parlottare con la dottoressa Terzi mentre l'ispettore Mariani, scuotendo il capo con la cadenza di un vecchio quarantacinque giri incantato, annuiva.
Si unì al gruppo.
   << Procuratore... >>, pronunciò il commissario, porgendogli la mano.
   << Salve, commissario. La dottoressa mi stava dicendo che siamo in presenza di una probabile morte da precipitazione e possiamo in buona approssimazione farla risalire a non più di tre ore fa, infatti... >>, stava dicendo il magistrato quando fu interrotto e supportato dalla dottoressa: << Si, al mio arrivo la temperatura cadaverica era all'incirca di trentasei gradi, tenendo conto della temperatura ambientale e del tasso percentuale medio di umidità che ho rilevato, la morte dovrebbe essere avvenuta non più di due-quattro ore fa. Devo operare ulteriori accertamenti, ma propendo per le tre, forse addirittura due ore. >>
   << Perché crede che il decesso possa essere avvenuto prima delle quatto ore ? >>, domando secco il Commissario.
   << Le macchie ipostatiche sono appena comparse e l'articolazione temporo-mandibolare non presenta alcun segno di irrigidimento, quindi... >>, il Commissario la interruppe e azzardò per lei: << Quindi, il rigor mortis non è ancora cominciato. >>
   << Bingo, commissario! >>, esclamò Cristina Terzi sfoggiando un sorriso spontaneo, smagliante, garbato, come non se ne vedeva da un pezzo.
   << Ma allora è proprio vero quello che diceva Sterne, “Un sorriso può aggiungere un filo alla brevissima trama della vita...” >>, replicò di getto il commissario Del Monaco, il più sorpreso di tutti dalla stessa propria uscita.
   << I numeri di telefono fuori dall'orario di lavoro, prego... >>, esordì il procuratore, ironico solo in apparenza e con l'intento di riportare il tutto su un piano più serio.
   Le candide gote della dottoressa s'illuminarono d'un vermiglio che pareva velare le non poche efelidi che la bella stagione aveva di certo accentuato.

... to be continued.

M.
(L'uomo dei difetti...)

 

 

 

 
 
 

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LA MIA PICCOLA LUCE: L'ULTIMO VIAGGIO.

 La mia piccola Luce, 25 Agosto 2014


 Ciao piccola Luce,


ti scrivo queste poche righe perché… Ne ho bisogno.
Perché piangere davanti a questo schermo fa meno male che fissando il soffitto. Perché se sto qui mi tengo lontano dai balconi e dalle finestre che danno sul grande campo incolto sottocasa.
   E ti vedo scodinzolare lì in mezzo, felice, perché sapevi che non appena a casa ti avrebbe aspettato lo stecchino al salmone che adoravi. Come ogni mattima, come ogni sera. Come ieri mattina. Come mai più.
   In ufficio dormivi sempre. Tuttavia, bastava il minimo rumore perché tu abbaiassi a chiunque e non solo agli sconosciuti, come a voler per dire:
    << Anche questa è casa mia! >>, poi tornavi a ronfare sul tuo cuscinone, e sembravi una regina. Anzi: Eri la regina. E lo sarai sempre perché il vuoto che oggi m’appartiene non l’avevo messo in conto. 
  
Pensavo che dopo aver provato la più terribile delle perdite, il dolore per aver perduto un animale fosse qualcosa di gran lunga meno intenso, di blando addirittura.
E invece…
   Sono i ricordi a rendere lancinante un fendente o a far sì che certi lucciconi narrino gioia anziché dolore.
   Sei stata la prova che l’(A)more incondizionato, esiste. E che prima di averti io ero uno stolto e non capivo l’amore degli altri per gli animali e non capivo neanche perché talvolta piangessero, si disperassero, vedendoli star male. Tante cose non capivo.
Io ero cieco. Ma oggi vedo.

 

 
So che ti ritroverò un giorno.

Massimiliano 

 

AL VENTUR LERCIUME...


T
alvolta
 getti l'ancora e ti soffermi a riflettere sulle vicissitudini della vita, anche le meno tangibili...
Talvolta ti fai un'idea di una persona già il primo giorno, e dentro di te vorresti fosse sbagliata...
Tenterà di convincerti di essere diversa da come tu la vedi... E provi a crederle...
E' anche giusto farlo.

Tuttavia, a ogni piè, capita, fosse anche dall'imposta più tetra,  che la nuda verità s'affacci spavalda ad illuminar ragione... 

E ti rendi effettivamente conto di chi hai avuto davanti.
Però, stavolta, ironia della sorte, la delusione sarà tutt'altro che longeva, non ne rimarrai stupito...
In fin dei conti, lo sapevi già.
 

M.
(L'uomo dei difetti...)
 

[Post Scriptum]
Per i graditi ospiti al mio umile desco, ho sintetizzato, in un aforisma a mo' di promemoria, crudo e non meno illuminante, la digressione di cui sopra.
"Al ventur lerciume l'uomo fu forgiato da quel senno,  che poi,  fu il (P)rimo."

 

DALL'ALTO VEDI IL MONDO, DAL BASSO VEDI IL TUO.

Dal basso vedi il tuo, di mondo.

Ho sempre sceso le scale di corsa.
Le ho sempre viste come l'ostacolo ultimo tra me, i miei affetti, e la strada.
Un ostacolo blando. Un  connettivo pervio, da lasciarsi alla spalle il prima possibile.   E con la frenesia di chi,  alla stazione,  è sempre in ritardo.

Ma... Stamane no.
Ho percorso i gradini con la velocità dell'uomo, che dalla strada, non s'aspetta nulla di buono. 
E per questo la rimanda.
E per la prima volta ho ricavato del tempo da dedicare alla riflessione anche nell'unico luogo che da sempre avevo destinato al transito, alla zona franca, al canticchiar senza pretese.
Dall'alto vedi tante cose, ed io non lo nego.
Tuttavia, ciò che realmente vedi, è il mucchio.
Non riesci ad apprezzarne le differenze, a coglierne i dettagli.
E' dal basso che vedi ciò che accade intorno e ti rendi davvero conto della piccola grande verità.
Quando tu stai fermo, qualsiasi sia il tuo stato d'animo, il mondo intorno a te, si muove.
C'è chi non ti pensa proprio... E va veloce.
C'è chi apparentemente ti vuole bene... Eppur si muove.
In fin dei conti, quello che ha scelto di star fermo, sei tu.
Quando ti senti solo, sei solo.
Quando hai il minimo dubbio,  allora, non ci sono più dubbi.


M.
(L'uomo dei difetti...)

 
 
 

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