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Il coraggio di Scanderbeg

Post n°129 pubblicato il 27 Dicembre 2016 da Veritatis1973

http://www.palermoviva.it/wordpress/wp-content/uploads/2014/02/Castriota.jpg

Il coraggio di Scanderbeg

Il principe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg (1412?-1468) ha abbandonato un posto nell'esercito turco, dove aveva diritto al bottino di guerra e ai doni del sultano, per mettersi in una posizione decisamente meno favorevole: lottare contro lo stesso impero turco, cioè contro l'esercito più grande di allora, in grado di mobilitare decine di migliaia di guerrieri in poco tempo. Ha liberato l'Albania dai turchi e ne è diventato il capo; ha potuto praticare la sua fede cattolica e difenderla in Albania. Però da quel momento, ogni volta che usciva per combattere, sempre con un esercito più piccolo di quello nemico, sapeva che i turchi lo avrebbero trattato come un traditore se lo avessero preso: probabilmente lo avrebbero lentamente scuoiato vivo, sia per punirlo che per spaventare altri avversari dell'impero ottomano. I turchi erano famosi, tra l'altro, per la tattica di terrorizzare i popoli non ancora conquistati con scorrerie, violenze, impalamenti ecc. Inoltre, in quel periodo volevano a tutti i costi conquistare l'intera penisola balcanica. Il loro piano era quello di invadere tutta l'Europa e trasformarla nella casa dell'Islam. Non c'era trattato di pace che avesse valore per loro, quando ritenevano fosse il caso di attaccare. E l'albanese si era messo di traverso. Finché è vissuto lui, i turchi non sono riusciti a riprendersi l'Albania, anche se ci hanno provato dal 1444 al 1468, l'anno della sua morte, che è avvenuta per malattia. Questo ha contribuito a impedire loro, per alcuni decenni, di attaccare l'Italia.

Per resistere e contrattaccare, il principe si è circondato degli uomini migliori, più fidati e capaci che ha trovato; ha cercato tutte le alleanze e i mezzi possibili per prepararsi agli scontri col nemico.

Queste stesse alleanze, dopo la sua morte, hanno permesso a molti albanesi, durante i dieci anni in cui hanno dovuto resistere ai turchi senza di lui, di emigrare in Italia e conservare la loro fede.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/b/b0/Civita-chiesa-madre-innen-ikonostase-b.jpg/330px-Civita-chiesa-madre-innen-ikonostase-b.jpg

I loro discendenti sono gli Arbëreshë residenti oggi in sette regioni del nostro Sud.

http://www.ilsudchenontiaspetti.it/wp-content/uploads/2014/05/Costumi_barilesi.jpg

***

Scanderbeg aveva imparato dai turchi quanto valesse un esercito permanente. I turchi avevano i giannizzeri, il corpo di soldati più efficiente e temuto di quell'epoca. Soldati di professione, ma ciecamente devoti al sultano, che consideravano come un padre. Avevano la paga più alta e il meglio del bottino di guerra. Quasi sempre non avevano famiglia: non avevano radici. O erano di famiglie nobili che cercavano la gloria nelle armi.

La guardia personale di Scanderbeg riprendeva l'idea dei giannizzeri. Molti venivano dal principato di Scanderbeg: i 2.000 cavalieri erano della sua città; tra loro, i 600 più fedeli e migliori erano di antiche famiglie, ben conosciute dai Castriota. Tutti erano cattolici; giurarono di non sopravvivere a Scanderbeg, se questi fosse morto in battaglia. Erano i meglio armati, i meglio nutriti, i meglio pagati. Scanderbeg ne conosceva i nomi a memoria. Formavano una èlite alla quale tutti desideravano appartenere.

Il Castriota venne nominato comandante in capo dell'esercito della lega albanese appena formata. I principi gli giurarono fedeltà, promisero di mandargli più uomini che di norma se ne avesse avuto bisogno, e si impegnarono a pagargli un contributo di 200.000 ducati d'oro all'anno. Intanto, sembra che anche Napoli, Roma e Venezia abbiano offerto delle somme per aiutare gli albanesi. La lega ebbe la benedizione apostolica; dopo il Te Deum, Scanderbeg tornò a Kruja, dove lo aspettava Mosè di Dibra, che intanto aveva espugnato la fortezza di Sfetigrad.

Il Castriota organizzò una rete di sentinelle militari, distribuita in tutti i nodi di comunicazione tra l'Albania e Adrianopoli, capitale turca. Così riuscì sempre a sapere il numero dei nemici diretti verso di lui.

Il turco decise di attaccare. Il sultano Murad II mandò un esercito di 25.000 uomini, di cui 15.000 cavalieri, al comando di Alì pascià, il suo migliore generale. Entrarono nell'Albania dal Kossovo, cioè da nord est.

Dei 18.000 che poteva reclutare subito, Scanderbeg ne chiamò 15.000, di cui 7.000 cavalieri. Si accampò a Torvioll, vicino a Tirana, in una piccola valle di sette miglia per tre, circondata da monti coperti di foreste. Tra gli alberi fece nascondere metà dei suoi cavalieri, lasciò in campo aperto una piccola parte dei suoi guerrieri appiedati e, con la sua guardia personale, si mosse verso Alì pascià. Lo attirò con delle manovre nel piccolo campo dove aveva deciso di combattere. Il 28 giugno 1444, tornò appunto nella piccola valle e schierò l'esercito. Tanush Topia a destra, con i montanari di Dukagjini e i guerrieri di Arianit Comneno. Mosè di Dibra a sinistra, con guerrieri bulgari e montanari del suo feudo. Scanderbeg al centro, con la propria guardia. In riserva, dietro agli altri, Vrana Conti con 3.000 uomini. Tra i boschi c'era Hamza Castriota con 3000 guerrieri. La valle era troppo stretta per permettere ai turchi di circondare l'esercito di Scanderbeg. Era già buio.

http://www.albaniadestination.com/wp-content/uploads/2015/09/trekking_week_albania_05.jpg

Il mattino seguente, tra le file dei cavalieri, Scanderbeg aveva schierato gruppi di robusti guerrieri appiedati, con lunghe picche, lunghe spade e asce. Se i cavalieri turchi avessero colpito e superato i cavalieri albanesi della prima fila, sarebbero stati infilzati, uccisi o feriti dai guerrieri appiedati, montanari kossovari e krujani. L'ingorgo formato dai cavalieri turchi, bloccati anche solo per poco dai guerrieri appiedati, avrebbe dato il tempo a Hamza Castriota di uscire dai monti boscosi con i suoi cavalieri e di colpire con una veloce carica, ai lati e alle spalle, i turchi appiedati. Perché il piano riuscisse, i cavalieri turchi dovevano attaccare per primi. Scanderbeg se lo aspettava, perché conosceva personalmente Alì Pascià. Doveva però impedire ai suoi albanesi di lanciarsi per primi e a caso: dovevano restare compatti.

Fece fare loro colazione. Un'ora dopo, erano schierati in silenzio. Guardavano davanti a sé. I turchi suonarono tamburi e trombe. I 25.000 lanciarono il loro grido di guerra. I cavalieri iniziarono a correre verso gli albanesi per distruggerli.

https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/67/Skanderbeg_woodcut.jpg

Scanderbeg si fece il segno della croce e gridò: "Ah, valorosi, et fedelissimi miei soldati, et fratelli, seguitemi!". Fu il primo ad entrare in battaglia. Che durò fino alle tre del pomeriggio. Andò come lui aveva previsto. I cavalieri turchi furono bloccati. Thopia, a destra, fu messo in difficoltà, ma intervenne Hamza alle spalle dei turchi, i cui superstiti a sinistra furono cacciati. Dall'altro lato, Mosè di Dibra corse col suo cavallo in mezzo ai turchi che aveva di fronte e li mise in fuga. Scanderbeg, visto che le due ali dell'esercito albanese vincevano, caricò insieme alla sua guardia verso il cuore dell'esercito turco. Alì Pascià si diede alla fuga. La battaglia di Torvioll era vinta. I turchi morti furono 8.000, mentre 2.000 furono i prigionieri; 24 bandiere furono perse e l'accampamento finì nelle mani degli albanesi.

http://4.bp.blogspot.com/-FzC0ICyMD6w/UMeXysIgSTI/AAAAAAAAJP8/1KtP1B177Gg/s1600/skanderbeg+londra.jpg

I dati sulla vita di Scanderbeg sono tratti da:

http://cronologia.leonardo.it/storia/mondiale/alban005.htm

 
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