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Messaggi di Novembre 2014

Il freezer dei ricordi

Post n°412 pubblicato il 22 Novembre 2014 da viburnorosso

La mia memoria viaggia da sola. Con una ventiquattrore di ricordi essenziali. 
Dei rimpianti e della piastra per i capelli ha deciso che può farne a meno. 
Quando passa lungo il ciglio del bosco, osserva affascinata l’intrigo di rami e foglie, ma tira dritto per il sentiero battuto. Ha imparato a scansare i sassi dalla strada e ad aggirare le pozzanghere delle malinconie, che là dove non si vede il fondo, c’è sempre il rischio annegarci dentro.

La mia memoria aggiusta i passati, mette discese al posto di salite, aggiunge ponti sugli ostacoli che l’hanno inciampata e pianta alberi per far ombra alle fatiche sudate.
La trovo cambiata, ultimamente. È diventata adulta, credo, lascia stare il contorno e punta dritto alla sostanza.

A volte però senza accorgersene rimane impigliata a qualche dettaglio.
Non lo fa apposta, ma le viene così.
Se ne rende conto tanto tempo dopo, quando le capita di aprire cassetti di ricordi oramai del tutto sbiaditi mescolati a particolari tanto insignificanti quanto inspiegabilmente nitidi. 

Per dire, del primo giorno di scuola ricordo che portavo i capelli raccolti in due codine e mi tremavano le gambe a salire i tre gradini dell’ingresso. In classe eravamo 18. E Marco Panzini sapeva a memoria tutta la sigla di “Furia cavallo del west, che beve solo caffè”, e a me sembrava che il testo di quella canzone avesse molto senso.
Il resto però l’ho completamente rimosso, chi avessi per compagno di banco, cosa ci disse la maestra Mariantonietta la prima volta che ci vide o come fu che io capii che ero timida e detestavo la scuola, perché la scuola è un posto infernale se capisci che sei timido.
Nulla, la memoria non mi restituisce nulla di nulla, a parte Marco Panzini che canta a squarciagola.

Vabbè, è passato tanto di quel tempo, direte. Ci sta che la memoria ricomponga il puzzle con i pezzi di cui dispone. Ma il punto è che mi succede anche con cose molto più recenti.

Quella volta che ci siamo incontrate e abbiamo fatto le tre davanti ad un bicchiere di vino, che abbiamo riso tantissimo e abbiamo capito senza essercelo mai dette che oramai eravamo amiche … già … dove è stato? Sicuramente uno dei solito convegni dove di solito  ci incrociamo, ma non riesco più a ricordare quale. E comunque non più di sette, otto anni fa.

E la mostra di Chagall, il quadro con gli sposi che volano sulla città, era a Francoforte nel 1991 o a Parigi nel 2008? O forse l’ho visto all’Ermitage? Ma che gli sposi cavalcano un gallo bianco, quello me lo ricordo esattamente come se ce l’avessi davanti, la tela.

E tempo fa, che abbiamo cenato insieme a casa tua, forse l’anno scorso, o forse prima dell’estate, ora non ricordo esattamente, quella volta che poi abbiamo discusso come sempre di politica, o forse era di lavoro, o dei colleghi che sono stronzi, insomma, quella volta che hai preparato il pollo al curry, lo zenzero, ti ricordi che ti ho detto che potevi conservarlo nel surgelatore avvolto nella pellicola trasparente?

Ecco, se guardi bene, secondo me lo trovi ancora nello scomparto dove tieni gli spinaci. 
E già che ci sei, vedi se per caso sono finite lì anche le ragioni della mia timidezza alle scuole elementari. 
Che io non ricordo più cosa ne ho fatto.

 
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Prefissi inaffidabili

Post n°411 pubblicato il 16 Novembre 2014 da viburnorosso

Se un in-competente è uno a cui mancano le competenze, e im-possibile è il contrario di possibile, cos’è un’in-salata?
Una lattuga scondita?

E un im-piegato
Uno che non china mai la testa davanti al capo?
Probabilmente l’in-fermo è finito così perché non stava mai fermo. 
Però per superare la delusione provocata da un in-successo, si può sempre dire che in fondo non è successo niente.

Certe parole mistificano la realtà che raccontano.
Esattamente come talune persone.

Eppure, in entrambi i casi, si continua a dar loro credito.

È in-spiegabile!  

 
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Meteorologia prenatale

Post n°410 pubblicato il 06 Novembre 2014 da viburnorosso

Quando ero incinta del Gufetto la mia ginecologa, per sostenere l’inattendibilità di esami prenatali probabilistici, tipo il tritest, era solita ripetermi che per lei valevano come le previsioni del tempo. 
E siccome le previsioni del tempo in effetti non ci prendono mai, decisi di affidarmi ad esami diagnostici.

Questo avveniva dodici anni fa.
Nel frattempo le tecniche di diagnosi prenatale sono migliorate, mentre le previsioni del tempo sono rimaste inattendibili.

E questo un prefetto dovrebbe saperlo.

Pertanto quando decide di chiudermi le scuole di ogni ordine e grado in previsione di temporali, bufere e allagamenti, se non vuole attirarsi i miei strali di madre lavoratrice costretta a casa con prole preadolescente e malmostosa, deve garantirmi come minimo un diluvio di proporzioni bibliche. 

Un nubifragio degno di Noè!  
O almeno l’esondazione dell’Aniene e l’allagamento della Collatina.
Non il solito temporale autunnale che provoca la consueta chiusura di alcune stazioni della Metro o rinforza le quotidiane file sul raccordo. 
Questa infatti è normale amministrazione, non roba da scomodarci né meteorologi né prefetti.
E manco da chiuderci le scuole.

In compenso, probabilmente per placare la mia delusione, le previsioni del meteo preannunciano per le due e mezza l’arrivo di una bomba d’acqua. 
Peraltro giusto in tempo per quella visita medica che ho prenotato circa tre mesi fa e che mi è stata rimandata già una volta.

Ma ci sarà da fidarsi? 
Forse è il caso che senta cosa dice la mia ginecologa.

 
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Assolutamente sì

Post n°409 pubblicato il 01 Novembre 2014 da viburnorosso
 

Le mode sono cose effimere, hanno però il vantaggio di spostare dall’ombra qualcosa e piazzarla sotto i riflettori, magari per lo spazio di una stagione.
Ci sono mode nell’abbigliamento, mode nell’acconciatura, ci sono anche mode alimentari. Chi non ricorda l’imbevibile Lancers che spopolava sulle tavole anni ’80, insieme alle pennette al salmone e all’accoppiata rucola e stracchino?
Generalmente le mode vanno e vengono, ma alcune rimangono.
Succede soprattutto con le mode linguistiche. Perché già, esistono anche quelle.

Vi sarà capitato di sentire almeno una volta quant’altro a chiudere con noncurante eleganza una lista di cose.
Tipo: Mi occupo di ambiente, politiche giovanili e quant’altro
Oramai è così onnipresente e pervasivo da non richiedere neanche più una lista per essere giustificato; la frase appena citata infatti può tranquillamente ridursi a:  
Mi occupo di ambiente e quant’altro.
Conciso ed elegante, vero? Fa nulla poi se non vuol dire un cazzo!

Per non parlare del devastante uso di piuttosto che in funzione disgiuntiva (= o, oppure) PIUTTOSTO CHE avversativa (= invece).
Non mi ci soffermerò perché esiste già a riguardo una ricchissima letteratura, comprensiva addirittura di un’intera pagina uichipidia in cui si spiega chiaramente che si tratta di un vezzo linguistico con ambizioni snobistiche di origine settentrionale.
Del resto Milano è o non è la capitale della moda?
Pertanto è giusto che dia il suo contributo anche in termini di abbigliamento linguistico.

Quello invece di cui vorrei parlarvi oggi è l’uso inspiegabilmente dilagante di assolutamente (o no) al posto del semplice (da scriversi, per cortesia con accento grave sulla I) o del semplice no.
Proprio ieri sentivo un’intervista alla radio. Il giornalista chiedeva:

      - Può illustrarci quale è la sua posizione riguardo a blablablabla?

E l’intervistato rispondeva esordendo con un:

      - Assolutamente!

Assolutamente sì, intendeva. Ovvio.
Solo che mi chiedo: perché?
Assolutamente in effetti è un avverbio, e come tale ha la funzione di rafforzare e no quando sono usati in funzione olofrastica, cioè nelle risposte.
Perciò, direte voi: Assolutamente sì è una risposta corretta, e quindi, per ellissi, anche Assolutamente e basta.
Manco per niente!
Assolutamente ha, come dicevamo, funzione intensiva, pertanto può essere accettabile (non dico gradevole, ma logicamente accettabile) laddove la risposta voglia rinforzare il contenuto della domanda.
Per dire, se io ti chiedo:

      - Ti piace la Nutella?

ha senso che tu mi risponda

      - Assolutamente (sì)

perchè mi stai dicendo che ti piace tanto. E mi stupirei piuttosto del contrario.
Ma se ti domando:

      - Vai al mare domani?

la tua risposta può solo essere o no, perché diversamente dalla domanda precedente, la domanda con andare è di tipo polare, ovvero non ammette gradazione nella risposta, tipo che al mare ci vai poco, abbastanza o così così. Al mare o ci vai, o non ci vai!
Pertanto anche rispondere

      - Assolutamente (sì)

è fuori luogo, perché rinforza qualcosa che non può essere rinforzato.

E invece oggi è tutto un dilagare di assolutamente.
Come l'intervistato di cui sopra, che poteva limitarsi ad illustrare la sua posizione riguardo a blablabla invece che illustrarla assolutamente.
Ma del resto siamo gente a cui piace pensare di avere posizioni estreme su chicchessia. Ci piace perché ci restistuisce un'immagine ben definita di noi, in un'epoca in cui tutto è così sfocato ed incerto.
Il linguaggio del resto offre interessanti spunti speculativi per lo studio della psicologia di massa, ma non mi addentrerò adesso in questo discorso.

Quello che invece noto è che questa moda dell'assolutamente contraddice il principio di economia dei mezzi linguistici, che è uno dei primi obiettivi a cui il parlante punta, come dimostra oggi l’uso dilagante su chat e messaggeria dei vari grz, cmq, nn.
Sono orribili, lo so, ma si giustificano perché sono brevi e permettono di risparmiare tempo.

Assolutamente invece è senza dubbio meno economico del semplice o no, richiede un maggiore sforzo articolatorio per essere pronunciato e più tempo per essere digitato. 
Eppure spopola.

Sarà perché è di moda.
E si sa che la moda se ne frega della praticità e del buon gusto.

Sennò come ci spiegheremmo le giacche con le spalline degli anni ’80, le pettinature cotonate e le scarpe con le zeppe?

 
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