2 passi tra le righe

Frasi rubate qua e là... di VILMA REMONDETTO

Creato da Vilma66 il 16/09/2012

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"Donne che non perdonano" di Camilla Läckberg

Post n°51 pubblicato il 26 Aprile 2020 da Vilma66
 
Foto di Vilma66

Ingrid

Una parte di lei voleva solo andare avanti. Centinaia di migliaia, se non milioni di donne vivevano con un compagno infedele. Sapeva che Tommy l'aveva già tradita una volta, e allora l'aveva perdonato. Cosa sarebbe successo se non l'avesse fatto? Lovisa sarebbe stata costretta a crescere con due genitori che non vivevano insieme... aprì il browser e scrisse nella casella su Google:"Marito infedele cosa fare?"

La sua pagina Facebook era piena di donne che si ribellavano, che alzavano la voce e raccontavano. Di stupri, di molestie sessuali, tecniche di prevaricazione. Tutte avevano qualcosa da raccontare, tutte. Era ipnotico. Ripensò alla sua vita, all'adolescenza a Västeras, dove non si era mai stupita di sentirsi dare della troia se rifiutava le avance di qualcuno al pub. Alle notti in cui si era ubriacata a qualche festa e si era risvegliata senza mutandine e con ricordi frammentari di mani che la tastavano. Erano molestie, certo. I colleghi maschi che ridevano e cercavano di minimizzare quando qualcuno beveva troppo a una festa e si metteva a pizzicare sederi, seni e fianchi.

Chiedere il divorzio e ricominciare a lavorare come giornalista? Con la digitalizzazione non era più molto attraente sul mercato del lavoro. Ma in un modo o nell'altro sarebbe stata costretta a trovarsi un lavoro. L'accordo prematrimoniale era chiaro in proposito: in caso di divorzio non avrebbe visto un "ore" dei soldi di Tommy. No, il divorzio non era una strada  percorribile. Per quanto girasse e rigirasse la faccenda, la soluzione era una sola: suo marito doveva morire.

Tommy russava al suo fianco. Era la loro ultima notte insieme. Per strano che fosse, Ingrid si sentiva indifferente. Niente rabbia, niente scrupoli di coscienza. Forse c'era una spiegazione biologica: l'uomo con cui aveva scelto di riprodursi, perchè difendesse lei e i loro discendenti, l'aveva tradita. Il giorno dopo sarebbe morto per mano di un'altra donna. Ma non bastava: la sua fama di giornalista serio e impegnato sarebbe stata distrutta. Presto l'intera Svezia avrebbe saputo che patetico relitto guidava il principale tabloid del Paese.

Victoria

Fino a tre anni prima di cognome faceva Volkova. Parlava svedese con un forte accento russo e non aveva nè amici nè un lavoro. La principessa dei gangster, era così chiamata dai suoi amici per prenderla in giro. Ma a lei piaceva. Adorava i diamanti, le droghe, le cene, i vestiti e l'appartamento in cui viveva con Jurij. Cose che aveva perso il giorno in cui Jurij era stato ucciso. Victoria aveva ubbidito a sua madre, come faceva quasi sempre. Aveva caricato sul sito un paio di fotografie e nel giro di due giorni aveva ricevuto centinaia di messaggi. Tra tutti i candidati, aveva scelto Malte: nelle foto sembrava gentile, una specie di bambinone dagli occhi buoni, in sovrappeso e con l'aria timida.

Malte la teneva isolata. Le aveva dato un telefono suo, con una carta ricaricabile, ma le cento corone di credito che le caricava ogni mese non bastavano per chiamare in Russia, e non aveva una connessione internet. L'unico modo per restare in contatto era usare quello di Malte come router. Malte all'inizio era gentile. Noioso, ma gentile. Le comprava dei fiori semiavvizziti, le faceva i complimenti per i piatti che preparava, la chiamava "la mia mogliettina". Certo andare a letto con lui, averlo vicino, sentirsi addosso le sue mani goffe non era una passeggiata, ma almeno la trattava da essere umano. Ma dopo sei mesi le cose avevano inziato a cambiare. Era diventato cattivo. Aveva smesso di lavarsi e puzzava sempre di più. Invece di fare l'amore, gridava"pompino" per poi sedersi sul divano con i pantaloni abbassati. Aveva paura di lui. Anche se non era mai stato fisicamente violento, Malte avrebbe potuto rendere la sua vita  molto peggio di quello che era.. Victoria era nelle sue mani, la fattoria era la sua prigione.

Aveva fatto la sua parte, ora toccava all'altra donna, che avrebbe già dovuto essere nei dintorni. Aveva segnato l'albero giusto con discrezione. Di lì a poco Malte avrebbe finito il suo turno al distributore, si sarebbe infilato il casco e avrebbe inforcato la moto. Se tutto andava come doveva, avrebbe preso la solita scorciatoia attraverso il bosco. Spuntò mentalmente tutte le voci della lista, una dopo l'altra. Se la sua salvatrice sconosciuta avesse fatto la sua parte, e se Malte si fosse comportato come sempre, non lo avrebbe visto mai più.

Birgitta

Sapeva di dover morire. Guardò i tre uomini attorno a cui aveva ruotato tutta la sua vita negli ultimi vent'anni. I gemelli avrebbero potuto continuare a contare l'uno sull'altro. Lei sperava che si sarebbero presi cura di Jacob. Era un uomo freddo e duro che non le aveva mai dimostrato la tenerezza che lei avrebbe desiderato, ma il suo amore per i figli era assoluto.

Birgitta fissava la mano destra del marito: le dita gli tremavano, come se non avesse ancora deciso se andare avanti o no. Lei però lo sapeva, lo conosceva abbastanza bene per sapere che lo avrebbe fatto. Lo sapeva fin dal mattino. Si era svegliato cupo, silenzioso, ed era quando Jacob non le strillava contro che doveva stare più attenta. Il colpo successivo le fece buttar fuori tutta l'aria dal corpo. 

Il male che le invadeva il corpo stava peggiorando, la stanchezza era ormai una condizione cronica. Eppure continuava a ignorare le convocazioni in ospedale. Non voleva mettere in imbarazzo i gemelli, non voleva scoprissero che il padre era uno che picchiava la moglie. Negli ultimi tempi Jacob era diventato sempre più feroce, più raffinato nella sua crudeltà. Non la picchiava per farle male, ma per far del bene a se stesso. Sferrava i colpi in modo quasi meccanico senza mostrare sentimenti. E con la stessa meccanicità e apparente mancanza di sentimenti, Birgitta li incassava. Forse era proprio quello che lo provocava ulteriormente, che lo spingeva a picchiarla ancora.

La casa era immersa nel silenzio, Jacob respirava profondamente al suo fianco. A periodi prendeva dei sonniferi, non era stato difficile per Birgitta  scioglierne qualcuno nel cicchetto che si faceva dopo cena. Jacob stava per morire, e lei avrebbe mantenuto la promessa di stargli vicino fino alla morte. L'assicurazione sulla vita  che aveva stipulato sarebbe stata più che sufficiente per i gemelli. Birgitta scese al piano di sotto e aprì la serratura della porta d'ingresso. Prese il candelabro e lo posò in cima a una pila di carte sulla scrivania ingombra di jacob. La donna che doveva accendere la candela e assicurarsi che le carte prendessero fuoco sarebbe dovuta arrivare da un momento all'altro. Anzi, forse era già in casa.

 

 
 
 
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