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Il Sole di Stagno - Romanzo
C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.
Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri)
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Post n°1137 pubblicato il 28 Ottobre 2013 da VincenzoAiello68
Ha la forza del teatro di pensiero quest’ultimo “Il visitatore” la riduzione teatrale del romanzo omonimo di Éric Emmanuel Schmitt che la Goldenart della famiglia Placido ha presentato in prima assoluta – ed in un unico spettacolo con primo allestimento assoluto - in Italia, domenica 27 ottobre a Castellammare di Stabia al Supercinema. Nella Vienna del 1938 un vecchio e sentenzioso Sigmund Freud (Alessandro Haber) combatte con l’ottusità della Gestapo nazista cercando di proteggere sua figlia Anna (Nicoletta Robello Bracciforti). Dopo lo scontro con un caporalmaggiore dei gestapisti (Francesco Bonomo) la figlia di Freud viene portata nella loro sede. In scena si materializza un “visitatore” che si rivelerà un demente fuggito da un manicomio, Walter Obertstein (Alessio Boni), che si crede Dio e che potrebbe anche esserlo. In una regia-traduzione riuscita di Valerio Binasco si consuma in scena in un unico atto lo scontro-incontro dell’ateo Freud-Haber con l’incarnazione monoteista di Dio-Boni. Ne viene fuori un grande spaccato del secolo breve che ha visto contrapposto la fides et ratio. Haber tira fuori dal suo cappello a cilindro scenico un Freud nevrotico e dubbioso che però non rinuncia a scoperchiare quello che lui crede un impostore, essendo comunque attirato dalla tenerezza di un Dio che si fa ascoltatore ironico della disperazione dello scopritore della Psicoanalisi e quindi di ogni uomo che pensa: “pensare è rigraziare (“La stella della Redenzione” di Franz Rosenzweig). Boni-Oberstein-Dio gli tiene testa con un'interpretazione fisica e dottrinale all’altezza: portando sulla scena un Dio che ride e che manifesta a Freud la prigionia di Dio e la sua meraviglia di trovarsi nelle carni di un uomo, suo vero unico e libero miracolo. Gli altri due protagonisti completano l’organigramma di uno spettacolo che va al di là dell’ennesimo adattamento del fortunato, narrativamente e teatralmente, autore francese. Forse sarebbe piaciuto molto al Cardinale Martini questa narrativa “Cattedra dei non credenti” che fa pensare e soddisfa tra ironie e tragedia il bisogno dell’uomo di un assoluto che tocca il cuore, per persone che pensano che il dubbio aiuta la vera fede: quella che si sceglie sempre per curare le inquietudini dell’uomo odierno. Vincenzo Aiello |
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