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Il Sole di Stagno - Romanzo
C'è qualcosa che accomuna questo racconto di Aiello al grandioso romanzo di Walter Siti, Troppi paradisi. Così lontani e tra di loro diversi, entrambi si sono proposti di tematizzare il tempo, fissandolo alla svolta del secolo e del millennio. Per narrare come storia la contemporaneità e la propria stessa esperienza, senza consegnarsi all'autobiografia, bisogna scegliere una lingua e giova inoltre (secondo me) una cornice esplicita di referenti cronologici. Che annunci subito il carattere del testo, di selettiva ricostruzione. Distante dal testo soggettivo della semplice memoria. È il problema che Aiello, nella sua prova d'esordio, ha in parte eluso, affidandosi ai soli dati interni. Quanto alla lingua invece, o meglio alla voce di scrittore, ha usato felicemente, la sua, che nella nuova generazione è una delle più personali.
Lidia De Federicis (L'Indice dei Libri)
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Messaggi del 11/11/2015
Post n°1226 pubblicato il 11 Novembre 2015 da VincenzoAiello68
E’ un vero scandalo che per riuscire a vedere “Non essere cattivo” il film postumo del defunto regista Claudio Caligari bisogna operare gimkane tra ricerche in Internet ed orari impossibili: ma questa è l’Italia del cinema dove le grandi sale – mentre quelle piccole chiudono - scelgono l’odierno che non dà nulla, alla qualità che fa pensare e dà vita . Al di là della candidatura all’Oscar - il film – prodotto e terminato dall’ottimo intellettuale-attore Valerio Mastandrea - già dai primi fotogrammi entra nella realtà – Ostia 1995 – come un bisturi nella ferita. Due ragazzi Cesare (Luca Marinelli) e Vittorio (Alessandro Borghi) sono fratelli siamesi nel vuoto spinto di un lungomare mai estivo – “non guardare troppo il mare che pensi troppo” - tra puncicature di siringhe malate di spade e riconcorse alle piotte. Droga, spaccio: divertimenti che non divertono figli della noia insopportabile perché figlia di dolori privati. Vittorio sembra non avere nessuno, Cesare ha una madre stanca che accudisce Deborah la figlia della sorella drammaticamente scomparsa. Cosa porta questa cognizione del dolore? Al nulla perché ad Ostia nel sottoproletariato - senza neanche figli, né lavoro - non si riesce a vedere al di là del proprio naso e si preferisce l’ottundimento chimico. La forza della vita ha la faccia di Viviana – Silvia D’Amico - giovane ragazza-madre senza marito che ha pochi soldi –“ma sentiamo molte cose” – che cerca di fare cambiare direzione a Vittorio, facendolo lavorare. Vittorio in questa proprietà transitiva del possesso amoroso cercherà di farla cambiare a Vittorio che ha il suo sogno in Linda (Roberta Mattei) la ex di Vittorio. Nessun finale glorioso, ma una vita che nonostante i responsi precari e finali urla di vivere: non essere cattivo... Vincenzo Aiello |
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