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Stanotte.
Sei entrato nel mio letto.
Io mi scosto d'istinto... quasi offesa. Ma in fondo, vorrei baciarti.
Non posso fare altrimenti: ai piedi del letto, seduta su una sedia, davanti ai miei occhi, c'è mia madre: immobile, con le spalle dritte, lo sguardo deciso. Sembra una sfinge, non una persona. E' fredda, gelida. Come i miei ricordi di lei... Oramai misti a pena... I suoi occhi mi dicono "come si permette ad entrare nel tuo letto? E tu, glielo permetti...". Non posso trattenermi dall' interrompere immediatamente questo gioco: la guardo e le dico che lui sta scherzando... che stà giocando, che non significa nulla. Che è una persona seria... Mi alzo per dimostrarle "chi sono ", per dimostrarle che "quei giochi non si fanno".
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Io lo so. Tu non sei tu, ma rappresenti tutte le trasgressioni alla mia educazione perbenista del cazzo.
L'AMAZZONE
“Non mi seccate.
Sono un uomo libero. Ho bisogno della libertà, ho bisogno di star solo;
ho bisogno di rimuginare fra me e me le mie vergogne e le mie tristezze, di godermi il sole e i sassi della strada senza compagnia e senza discorsi, con la sola musica del mio cuore.
Cosa volete da me?
Quel che io voglio dire lo stampo; quel che voglio dare lo dò.
La vostra curiosità mi fa stomaco; i vostri complimenti mi umiliano; il vostro tè mi avvelena.
Non debbo nulla a nessuno e ho da fare i miei conti solo con Dio, se esiste”.
Henry Miller, Tropico del cancro.
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