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Un blog creato da kaori_chan il 27/01/2011

Yume no Hime

So run, run, run and hate me, if it feels good I can't hear your screams anymore...

 
 

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« L'uovo d'oroLo specchio di Matsuyama... »

Lo specchio di Matsuyama (parte 2)

Post n°50 pubblicato il 23 Aprile 2012 da kaori_chan

http://t2.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcRhlazrzV85Y61S5xPGSHJxVOuNhkcQKD6tVfLkIkV8GQtNaagEMa quello che rende pericolosa una donna è il fatto di essere modesta e insignificante, e le matrigne lo sono tradizionalmente in modo particolare, e questa non era precisamente quanto di più delizioso.
Quando i giorni e le settimane diventarono mesi, la matrigna cominciò a trattare l’orfanella in modo poco gentile e cercò di interferire nei rapporti fra padre e figlia. A volte andava dal marito e si lamentava dell’atteggiamento della figliastra. Ma il padre se lo aspettava e non faceva caso a quelle lamentele snaturate. Il suo affetto per la figlia, invece di diminuire come la moglie avrebbe desiderato, cresceva più aumentavano i lamenti della donna.
Ben presto la donna si accorse che il marito era sempre più affezionato alla sua unica figlia. Questo la faceva decisamente infuriare, e cominciò a pensare al modo per riuscire, in un modo o nell’altro, a cacciare via di casa la figliastra. Il suo cuore era sempre più pieno di cattiveria.
Controllava la ragazza con la massima attenzione e un giorno, sbirciando nella sua camera, scoprì qualcosa che le sembrò abbastanza grave da parlarne al padre e accusarla di una colpa. Si sentiva molto spaventata da quello che aveva visto.
Allora andò dal marito e, piangendo lacrime finte, gli disse con una voce triste:
«Concedimi il permesso di lasciarti immediatamente».
Davanti a una richiesta così inaspettata, la sorpresa dell’uomo fu totale e chiese alla moglie il motivo:
«Cos’è che trovi tanto insopportabile da non voler più rimanere in questa casa?»
«Non ho nulla contro di te, non mi sono mai sognata di allontanarmi dal tuo fianco. Il fatto è che trovo meglio per tutti che tu mi permetta di tornarmene nella mia casa».
E ricominciò a piangere.
Il marito, che non voleva vederla così infelice e pensava di non riuscire più ad ascoltarla, disse:
«Svelami il tuo pensiero! Perché ritieni che la tua vita qui sia in pericolo?».
«Dato che me lo chiedi, te lo dirò. Tua figlia mi odia perché sono una matrigna. Per un bel po’ si è chiusa nella sua stanza al mattino e alla sera, e adesso sono arrivata alla convinzione che si sia procurata un mio ritratto e stia cercando di uccidermi con arti magiche, lanciandomi incantesimi ogni giorno. Non è più sicuro per me rimanere qui se le cose stanno in questo modo, e quindi... quindi devo andarmene, non posso continuare a vivere con lei sotto lo stesso tetto!»
L’uomo ascoltò questo spaventoso racconto, ma non poteva credere che la sua dolce figlia fosse capace di un atto così malvagio e terribile. Sapeva che per una superstizione popolare certa gente credeva possibile che si potesse far morire a poco a poco una persona creando un suo ritratto e mandando maledizioni alla immagine odiata un giorno dopo l’altro, ma... come aveva fatto quella ragazza a saperlo? Impossibile!
Allora si ricordò che gli avevano riferito che la figlia rimaneva molto in camera sua e si teneva lontano da tutti, anche se arrivavano ospiti in casa. Collegò questo fatto con l’avvertimento della moglie e pensò che in quella strana storia ci fosse qualcosa di vero. Il suo cuore era spezzato: credere a sua moglie o fidarsi della figlia? Non sapeva che fare.
Decise di andare prima di tutto dalla figlia per cercare di scoprire la verità. Consolò la moglie dicendole che i suoi timori erano infondati e andò tranquillamente nella camera della figlia.
Da tanto tempo la ragazza era molto infelice. Aveva provato a essere amabile e obbediente per mostrare la propria buona volontà e per rendere un po’ più dolce la nuova moglie, in modo da abbattere quel muro di pregiudizi e incomprensioni che sempre, ne era ben consapevole, si interpone fra patrigni, matrigne e figliastri. Ma si era accorta ben presto che i suoi sforzi erano inutili. La matrigna non le aveva mai dato confidenza, sembrava che interpretasse male tutte le sue azioni, e la povera ragazza sapeva bene che spesso raccontava al padre cose false e cattive. Ancor meno la aiutava confrontare la sua infelice condizione attuale con il tempo in cui sua mamma era viva, solo poco più di un anno prima... che cambiamento immenso in così poco tempo! Mattina e sera piangeva a quel ricordo. Appena poteva, andava in camera sua, chiudeva i pannelli, tirava fuori lo specchio e fissava lo sguardo – così lei credeva – sul viso della mamma. Era l’unica consolazione che aveva in quei giorni infelici.
Il padre la trovò mentre era intenta a questa occupazione. Quando spinse di lato i fusama, la vide piegata verso qualcosa con la massima concentrazione. Guardando sopra le sue spalle per vedere chi era entrato nella stanza, la ragazza fu sorpresa di vedere suo padre, perché di solito la mandava a chiamare quando voleva parlare con lei. Si sentiva anche imbarazzata per essere stata sorpresa a guardare nello specchio, in quanto non aveva mai detto a nessuno dell’ultima promessa che aveva fatto a sua madre, ma aveva tenuto chiuso nel suo cuore quel sacro segreto. E così, prima di girarsi verso il padre, fece scivolare lo specchio nella sua lunga manica. Il padre, accorgendosi che era confusa e che aveva nascosto qualcosa, disse con un tono severo:
«Figlia, che stai facendo? E cosa hai nascosto nella manica?»
La ragazza fu spaventata dalla severità del padre: non le aveva mai parlato con quel tono. La confusione divenne apprensione, il suo viso passò dal rosso al bianco. Se ne stava seduta muta e vergognosa, incapace di rispondere.
Le apparenze erano senza dubbio contro di lei. Aveva un aspetto colpevole, e il padre, pensando che tutto sommato quello che gli aveva detto la moglie poteva essere vero, disse con rabbia:
«Allora è vero che ogni giorno lanci maledizioni contro la tua matrigna e preghi perché muoia! Hai dimenticato quello che ti ho detto? Anche se è la tua matrigna, devi esserle fedele e obbediente! Quale spirito maligno si è impadronito del tuo cuore perché tu sia tanto malvagia? Come sei cambiata, figlia mia! Cos’è che ti ha fatto diventare disobbediente e infida fino a questo punto?»
E gli occhi del padre si riempirono improvvisamente di lacrime al pensiero di aver potuto rimproverare così sua figlia.
Lei per parte sua non capiva il significato delle parole del padre perché non aveva mai sentito parlare di quella superstizione secondo cui, pregando su un immagine, si può causare la morte di una persona odiata. Ma si rese conto che doveva parlare e giustificarsi in qualche modo. Stese la mano sul ginocchio e si lamentò:
«Padre, oh padre! Non dirmi queste cose così tremende! Sono ancora la tua bambina obbediente. Lo sono ancora, davvero. Per quanto pazza potessi essere, non sarei mai capace di maledire una persona che ti appartiene, e tanto meno pregare per la morte di qualcuno che ami. Certamente qualcuno ti ha raccontato delle bugie, e tu sei fuori di te e non sai quello che dici, o forse è del tuo cuore che si è impadronito uno spirito maligno. Quanto a me, ne so quanto una goccia di rugiada di quello spirito maligno di cui mi accusi».
Ma il padre ricordava che aveva nascosto qualcosa appena era entrato nella camera, e neppure le sue proteste accorate riuscivano a soddisfarlo. Voleva chiarire i suoi dubbi una volta per tutte.
«Allora perché in questi giorni te ne stai continuamente sola nella tua camera? E cosa hai nascosto nella manica? Fammelo vedere».
Allora la ragazza, anche se esitava un po’ a confessare al padre quanto aveva cara la memoria della madre, capì che doveva dirgli tutto per discolparsi. E così fece scivolare lo specchio fuori dalla manica e lo posò davanti a lui.
«È questo» disse «che mi hai visto guardare poco fa».
«Ma come» disse il padre al colmo della sorpresa. «Questo è lo specchio che portai in dono a tua madre tanti anni fa quando tornai dalla capitale! E lo hai tenuto con te per tutto questo tempo? Ma perché stai così a lungo davanti a questo specchio?»
Allora lei gli riferì le ultime parole della madre e della promessa che le aveva fatto di tornare a trovare la sua bambina tutte le volte che avesse guardato nello specchio.
Ma il padre non riusciva ancora a capire l’ingenuità del carattere della figlia e il fatto che lei non si rendeva conto che il volto riflesso nello specchio era il suo e non quello della madre.
«Che intendi dire?» chiese «Non capisco come fai a incontrare l’anima della tua povera mamma guardando in questo specchio?»
«Eppure è vero» disse la ragazza «e se non credi a quello che dico, guarda tu stesso». E si mise lo specchio davanti al viso. Dal lucido disco metallico il suo dolce viso la guardava. Indicò con aria seria l’immagine riflessa e chiese al padre:
«Dubiti ancora di me?»
Comprendendo improvvisamente tutto, il padre batté le mani.
«Quanto sono sciocco! Finalmente ho capito! Il tuo viso è uguale a quello di tua madre come le due metà di una mela, e così per tutto questo tempo hai guardato il tuo volto riflesso credendo di trovarti di fronte alla tua povera mamma! Sei veramente una figlia fedele. Sembra una cosa sciocca, ma non lo è. Anzi, dimostra quanto è profondo il tuo amore di figlia e quanto è innocente il tuo cuore. Vivere nel costante ricordo di tua madre ha fatto in modo che tu crescessi con un carattere uguale al suo. Com’è stato intelligente da parte sua dirti una cosa del genere! Ti ammiro e ti rispetto, figlia mia, e mi vergogno al pensiero di aver creduto anche per un solo istante alla storia piena di sospetti della tua matrigna, di avere pensato che tu fossi malvagia e di essere venuto da te con l’intenzione di rimproverarti duramente, mentre invece per tutto questo tempo sei stata così buona e onesta. Perdonami, ti prego».
E cominciò a piangere. Pensava a quanto doveva essersi sentita sola quella povera ragazza e a tutto quello che doveva aver subito dalla matrigna. Quella figlia che aveva mantenuto salda la propria fiducia e semplicità in mezzo a circostanze tanto avverse, sostenendo tutti i suoi turbamenti con tanta pazienza e dolcezza, gliela faceva paragonare al loto, che fa sbocciare i suoi fiori di splendente bellezza al di sopra del fango e della melma di fossi e paludi, portando alto l’emblema di un cuore che, pur camminando per il mondo, riesce a mantenersi incontaminato.
Nel frattempo la matrigna, ansiosa di sapere cosa stava succedendo, era rimasta per tutto quel tempo fuori della camera. Aveva ascoltato sempre più interessata e un po’ alla volta aveva fatto scorrere il pannello finché aveva potuto vedere quello che accadeva. In quel momento entrò all’improvviso nella stanza e lasciandosi cadere sulla stuoia, piegò il capo sopra le sue mani tese davanti alla figliastra.
«Mi vergogno! Mi vergogno!» gridò con voce spezzata. «Non sapevo che figlia affezionata tu fossi. Anche se non avevi nessuna colpa, ti ho disprezzata per tutto questo tempo con un cuore geloso di matrigna. E poiché ti detestavo tanto, mi è venuto spontaneo pensare che tu ricambiassi il mio sentimento, e così, quando ti vedevo ritirarti tanto spesso nella tua camera, ti seguivo e poiché ti vedevo guardare a lungo ogni giorno dentro lo specchio, sono arrivata alla conclusione che ti eri accorta di quanto ti detestavo e volevi vendicarti cercando di togliermi la vita con arti magiche. Finché vivrò non dimenticherò mai quanto sono stata ingiusta nel giudicarti male e nel far nascere in tuo padre dei sospetti verso di te. D’ora in avanti getterò via il mio vecchio cuore arido e al suo posto ne metterò uno nuovo, pulito e pieno di pentimento. Guarderò a te come a una figlia che ho dato alla luce io stessa. Ti amerò e adorerò con tutto il cuore, e in questo modo cercherò di ripagare tutta l’infelicità che ti ho procurato. Ma, ti prego, passa un colpo di spugna a tutto quello che c’è stato prima e concedimi almeno un poco di quell’amore di figlia che finora hai concesso alla tua madre perduta».
E fu così che quella sgarbata matrigna si umiliò e chiese perdono alla ragazza per averla trattata in modo tanto ingiusto.
L’atteggiamento della ragazza fu così dolce che perdonò di buon grado la matrigna e per tutto il tempo a venire non dimostrò mai un attimo di risentimento o di rancore nei suoi confronti. Il padre capì dall’espressione della moglie che era sinceramente addolorata per quello che era successo e si sentì molto sollevato nel vedere che nessuna delle due si sarebbe più ricordata di quel terribile malinteso.
D’allora in avanti i tre vissero insieme felici come pesci nell’acqua. Nessuna preoccupazione venne più a turbare quella casa, e la ragazza dimenticò un po’ alla volta quegli anni infelici, circondata dalla tenerezza e dalle attenzioni che la matrigna le dedicava.
Finalmente la sua pazienza e la sua bontà erano state premiate.

 
 
 
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