Creato da odio_via_col_vento il 03/11/2005

Abbandonare Tara

abbandonare le sicurezze, i luoghi comuni, alla scoperta di cosa c'è fuori di qui

 

Messaggi di Dicembre 2015

Domani

Post n°861 pubblicato il 31 Dicembre 2015 da odio_via_col_vento
 
Tag: Natale

 

Silvia Ziche

 

Dove sta il futuro? Non certo dietro l'angolo di questa notte che arriva, tra nebbie e albe rosate, tra fumi di alcol e feste in piazza per esorcizzare paure moderne e paure antiche.

Dove stanno desideri inespressi, semplici come una vacanza fuori stagione o immensi come una nuova vita?

Dove sta la paura di aggiungere un anno sopra il mucchio che già ti porti sulle spalle, con le prospettive più o meno di quello passato? E quasi ci metteresti la firma, nei giorni bui, se andasse come i 365 giorni che sono già andati. Quasi ti augureresti di passare indenne tra inevitabili dipartite e improvvise malattie, tra qualche attentato terroristico in un paese che non è il tuo, da guardare dietro uno schermo televisivo, con paura, ma poca; soprattutto con un indicibile sollievo: quello della fiducia cieca nella statistica che ti fa pensare (tra la vergogna): "almeno non è successo qui".

Dove stanno gli auguri dolorosi, col cuore piccolo piccolo, a qualcuno che non sai, proprio non sai, se sarà qui fra un anno, per un nuovo augurio: auguri irresponsabili, sinceri ma bugiardi, affettuosi ma scaramantici. 

Dove sta la necessità di stilare bilanci, di chiudere e riaprire, di progettare per immaginare che il tempo possa essere diverso, che il calendario, cambiando giorno, possa portare la vita a cambiare?
Una nostra illusione di governare il tempo. di essere artefici del futuro. Un rito, apotropaico come molti, da affrontare e superare e poter poi dire: "anche per quest'anno è passata".

 

 
 
 

Ringraziare

Post n°860 pubblicato il 25 Dicembre 2015 da odio_via_col_vento
 
Tag: Natale

 

Douglass Crockwell, Christmas carolers

 

Ci si rende conto, ad un certo punto, che il Natale porta con sé, sí, molti rimpianti e desideri di chi non c'è più. Ma che forse per evitare anche di aggiungere rimpianti futuri ai rimpianti presenti, varrebbe la pena di ringraziare di quello che è il Natale di oggi:

di avere tutti e quattro i figli presenti (che non è mai una cosa scontata e chissà se questa sarà una volta fra tante o una delle ultime volte che accade);

di passarlo con mia sorella e la sua allegra brigata;

non solo, ma DA lei, il che implica che la stragrande maggioranza delle fatiche mi sono risparmiate;

della presenza di Nonna Bianca (89 anni) e Nonna Nera (93 anni): ogni commento è superfluo e potrebbe solo ingenerare tristezze preventive;

della voglia di addobbi, luci, presepi e alberi luccicanti; del cercare per tutti gli anfratti di casa le ghirlande di luce da mettere sul balcone e dispiacersi se non si trovano; della gioia di trovare un enorme market cinese straboccante di tutto quello che fa Natale, che aiuta a confezionare pacchi bellissimi, che un po' compensa delle cartolerie di una volta scomparse;

della gioia di immaginarsi la sorpresa di chi aprirà i regali, di donare un frammento di felicità, che è poi uno dei veri significati, uno dei veri spiriti del Natale;

del poter passare qualche mezz'ora a ricordare il passato, a ricostruirlo insieme a chi l'ha vissuto insieme con te, decine di anni fa: perché vuol dire che siamo ancora insieme.....e che ancora abbiamo memoria e amore;

del bellissimo presepe che cresce ogni anno, nella parrocchia dei miei figli bambini, quella in cui amo di più andare per queste feste: è una gioia perché, per tradizione, viene acquistata una statuetta in più ogni anno. Se le conto, se le riconosco, seguo a ritroso la crescita dei miei figli, gli anni buoni e gli anni difficili, tutti qui, adesso, riuniti in un bel mazzo che fa la gioia dell'oggi.

 

 
 
 

sconclusionatezze di Natale

Post n°859 pubblicato il 20 Dicembre 2015 da odio_via_col_vento
 
Tag: Natale

 

Gloria Nilssonthe, Stockings

 

1. Una valigie piena di regali comprati in anticipo, in giro per il mondo (il Nuovo Mondo, a dire il vero): così tanto in anticipo che sarò meglio vada a fare un inventario per non trovarmi arresa all'ultimo momento, con qualcuno dimenticato e qualcuno raddoppiato.

2. Vado a comprare un panettone artigianale e costa (tipo) 14 euro. Se lo vuoi confezionato con carta regalo e fiocchetti te lo mettono 20 euro. All'anima dello spirito di Natale! Altro che spirito: questa è materialità pura.
Il panettone è rimasto dal pasticcere (ah, la gioia sublime di saper dire di no: "No  grazie, ma ci prendete tutti per stupidi?").
E poi ho scoperto che la signora cui volevo portarlo era a dieta stretta.....EVVIVA!

3. La ricerca di scatole belle, colorate, per aumentare la gioia di chi riceve il regalo (o è solo la pigrizia di usare carta e scotch e nastri?). 

4. L'idea dell'ultimo momento che stenta a concretizzarsi: non sono mai indecisa come quando il tempo stringe, le scorte stanno per finire, le persone stanno per partire.

5. Cercare nuovi menu per il menu dei menu: quello di Natale. Pensare in grande, pensare in tono minore, pensare per stupire, pensare per accontentare. Tanto lo so che poi farò sempre le stesse, immancabili e desideratissime lasagne!

 

 
 
 

Rio: pollice verso

Post n°858 pubblicato il 14 Dicembre 2015 da odio_via_col_vento
 
Tag: Viaggi

 

 

Rio de Janeiro.
Tanto mito, ma poi, davvero, non mi è piaciuta.
Un panorama meraviglioso, una baia che doveva essere una meraviglia un centinaio di anni fa.
E oggi?
Una selva di grattacieli lungo le famose spiagge.
Un mare inquinato.
Confusione e sporcizia, pericoli ovunque, guardarsi continuamente intorno per evitare di finire nei guai, povertà che dilaga. 
Non so che dire, ma allora il panorama me lo vedo in video; la musica la ascolto altrove; il mare me lo cerco pulito e spiagge belle ne trovo a iosa.

Dei grattacieli sulla spiaggia ne faccio a meno volentieri. Per la stessa ragione non mi sono piaciute nemmeno Santa Monica, Malibù e tutto il mito californiano. Sto anche lontana da Rimini.

Figurarsi sciropparsi tutto quel viaggio e trovarsi poi, oltre al resto, in un clima (ovviamente) tropicale. Cioè nebbie e foschie, pioggerelline sparse, umidità.
Per me non vale la pena, in nessun senso.
Soprattutto non amo sentirmi in pericolo e aver paura della mia ombra.

 
 
 

B. A. per 10

Post n°857 pubblicato il 08 Dicembre 2015 da odio_via_col_vento
 
Tag: Viaggi

 

Proud to be a Man IV

Fabian Perez, Proud to be a man III

 

10 cose che mi porto via da una troppo breve visita a Buenos Aires:

1. I volti italiani e spagnoli lungo le strade, una mescolanza bella, meno orgogliosa e chiusa dello spagnolo, meno sufficiente e spocchiosa dell'italiano. Gente aperta, con quel che di trascurato e scivolato che fa tanto nuovo mondo; attaccata alle proprie radici, con tutto quello che significano, vicine e lontane, allungatissime e remote.

2. Il senso di sud del mondo che hanno certi nostri paesi mediterranei, Sicilia, Andalusia, Grecia, e che sempre mi innamora: vita per strada, parlare a voce alta, panni stesi, eleganza e bellezza innate e quasi non consapevoli di se stesse, odore di cibo ovunque, pigro strascicarsi dei passeggi, cielo azzurro.

3. I fiori di un indaco quasi viola della jacaranda, ovunque, in alberi lungo i viali e le strade dell'immensa città, che arredano anche lo squallore e la povertà del barrio di Boca.

4. I chioschi, uno dietro l'altro, ovunque, lungo tutte le strade, che vendono di tutto, caramelle, gelati, bibite, giochetti da bambini; un buco dietro l'altro, qualcuno con tavolini e cibo da strada, altri che sembrano antri della strega; che ti domandi a cosa servono, ma dopo un paio di giorni diventano parte del panorama e quasi ti chiedi come potrai farne a meno, una volta tornata a casa

5. Le architetture fantasiose, eclettiche, improbabili dei bei palazzi ottocenteschi del centro: volute, stucchi, pinnacoli, mascheroni grotteschi, scale a chiocciola esterne, colori. Che fanno delle lunghe avenidas una improbabile commistione della Parigi hausmanniana e della Praga barocca. Ma colorate: di rosa, di giallo, di verde, di azzurro, a mitigare lo sfarzo imperiale delle architetture da parata, quasi a prendere in giro ricchezza e vanagloria.

6. Lo spagnolo facile del porteño, cantilenante, un preludere al tango, sentito soprattutto dai tassisti. I tassisti di Buenos Aires, chiacchieroni e cordiali, che ti raccontano la città, ti spiegano il percorso, chiedono di te. Uno fra tutti, un tassista architetto che si è entusiasmato al nome di Firenze che non aveva mai visitato, ma di cui sapeva tutto, nomi di palazzi e nomi di architetti; che mi ha intrattenuta in una conversazione ai limiti dell'assurdo, su chi mi piacesse di più tra Bernini e Borromini,

7. E poi il tango, sì, per turisti, ma anche per la città: quello delle piazze e dei locali, quello che si sparano i tassisti a pieno volume, quello delle scuole di tango che fioriscono ovunque; quello per cui si vendono scarpe e abbigliamento speciale nelle vetrine del centro e delle periferie.

8. Il caffè Tortoni: boiserie di legno, lampade liberty, sembra quasi un tuffo in una vecchia brasserie francese. La saletta dove stava Borges, i vecchi vinili di Gardel, il caffè alla cannella.

9. I cani, i tantissimi cani che gli argentini evidentemente adorano: tutti a guinzaglio, anche a folti gruppi, portati in giro da affettuosi dog-sitter. Ma cani qualsiasi, quasi mai cani di razza, solo dei pelosoni grandi e un po' zuzzurelloni, che aspettano pazientemente di attraversare la strada, che affollano le aree-cani dei parchi. 

10. E poi, inevitabilmente, il peso della storia, soprattutto della storia recente, il dramma che non ti levi di mente. Non puoi passare per la Plaza de Mayo, oggi un grande giardino pieno di gente al sole, senza pensare al cupo dolore delle madri dei desaparecidos. Non puoi guardare la Casa Rosada senza pensare quanto sia assurdo quel colore da casa di pescatori liguri in confronto ai loschi delinquenti assassini che l'hanno abitata. Non puoi fare a meno di sentire quel passato, se ti dicono, ad ogni cena, che non c'è persona della nostra generazione che non ha avuto un parente o un amico o un conoscente vessato, torturato, imprigionato (o peggio) dal regime di Videla.


 

 
 
 

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