Creato da velatadallabrina il 07/01/2007
saltare e dare aria alla mente
 

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Jorge Luis Borges - il guardiano dei libri


Là sono i giardini, i templi e la giustificazione dei templi,
la retta musica e le rette parole,
i sessantaquattro esagrammi,
i riti che son l'unica sapienza
che agli uomini concede il Firmamento,
la dignità di quell'imperatore
la cui serenità venne riflessa dal mondo, specchio suo,
così che i campi davano i loro frutti
e i torrenti rispettavano le sponde,
l'unicorno ferito che ritorna per indicare la fine,
le segrete leggi eterne,
il concerto dell'orbe;
tali cose o la loro memoria sono nei libri che custodisco nella torre.
I tartari vennero dal Nord su piccoli criniti puledri;
annientarono gli eserciti
che il Figlio del Cielo aveva inviati per punire la loro
eressero piramidi di fuoco e tagliarono gole,    [empietà,
uccisero il malvagio con il giusto,
uccisero lo schiavo incatenato che vigila la porta,
conobbero le donne, le scordarono
e andarono oltre, al Sud,
innocenti come animali da preda,
crudeli come coltelli.
Nell'alba dubitosa
il padre di mio padre salvò i libri.
Sono qui nella torre dove giaccio
e ricordano i giorni stati d'altri,
gli stranieri, gli antichi.
Mancano i giorni ai miei occhi. I palchetti son alti, non ci arrivano i miei anni.
Leghe di polvere e sonno cingono la torre.
A che ingannarmi?
La verità è che non seppi mai leggere,
ma mi consolo pensando
che immaginato e passato sono tutt'uno
per un uomo che è stato
e contempla quel che fu la città
e toma ora ad essere deserto.
Che cosa m'impedisce di sognare
che decifrai un tempo la sapienza
e tracciai con attenta mano i simboli?
Il mio nome è Hsiang. Sono il custode dei libri,
che sono forse gli ultimi
giacché nulla sappiamo dell'Impero
e del Figlio del Cielo.
Sono là nei loro alti palchetti,
remoti e prossimi a un tempo,
visibili e segreti come gli astri.
Là sono i templi, là sono i giardini.

 

 

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Con la coda dell'occhio

 Un mosaico sfaccettato e variegato della donna attraverso una rassegna di immagini e testi, cortometraggi e incontri letterari, versato a raccontare la donna nell'Italia che cambia, uno spaccato inedito, dunque, della realtà femminile Un dialogo intenso e profondo con le donne e il loro mondo fatto di lavoro, vita familiare e relazionale, ma anche di valori, ricchezza interiore, poesia e memoria, il tutto colto con lo sguardo e narrato con l'immediatezza del linguaggio dell’arte. Un composito di stili e creatività, dalla fotografia al video, dalla pittura alla scultura, alla parola. Una visione corale e collettiva della realtà della donna (A. Biscuso)

 

Elogio dell'ombra- L.J. Borges

La vecchiaia (è questo il nome che gli altri le danno)
può essere il tempo della nostra felicità.
l'animale è morto o è quasi morto.
nimangono l'uomo e la sua anima.
Vivo tra forme luminose e vaghe
che non sono ancora le tenebre.
Buenos Aires,
che prima si lacerava in suburbi
verso la pianura incessante,
è diventata di nuovo la Recoleta, il Retiro,
le sfocate case dell'Once
e le precarie e vecchie case
che chiamiamo ancora il Sur.
Nella mia vita sono sempre state troppe le cose;
Democrito di Abdera si strappò gli occhi per pensare;
il tempo è stato il mio Democrito.
Questa penembra è lenta e non fa male;
scorre per un mite pendio
e assomiglia all'eternità.
I miei amici non hanno volto,
le donne sono quel che erano molti anni fa,
gli incroci delle strade potrebbero essere altri,
non ci sono lettere sulle pagine dei libri.
Tutto questo dovrebbe intimorirmi,
ma è una dolcezza, un ritomo.
Delle generazioni di testi che ci sono sulla terra
ne avrò letti solo alcuni,
quelli che continuo a leggere nella memoria,
a leggere e a trasformare.
Dal Sud, dall'Est, dall'Ovest, dal Nord,
convergono i cammini che mi hanno portato
nel mio segreto centro.
Quei cammini furono echi e passi,
donne, uomini, agonie, resurrezioni,
giorni e notti,
dormiveglia e sogni,
ogni infimo istante dello ieri
e di tutti gli ieri del mondo,
la ferma spada del danese e la luna del persiano,
gli atti dei morti, il condiviso amore, le parole,
Emerson e la neve e tante cose.
Adesso posso dimenticarle. Arrivo al mio centro,
alla mia algebra, alla mia chiave,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.

 

 

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fobie

ho paura delle onde e mi aggrappo alla terra crogiolandomi nella mia miseria.

Luce pallida e consumata, figlia stracciona del sole.

Luce tenue, vagabonda barbona senza dignità.

Afferra, e afferra… e dai cazzo afferra!

Le palpebre calano su un globo a tutto tondo in cerca di paradiso.

Il gioco…

Bel bambino vuoi giocare con me?

Anzi no, non ne ho più voglia.

 

 

demenza slacciata

Solo, con la gola secca a furia di gocciolare parole insensate cerco sensate opinioni per infilarmi in ansanti opzioni dove le azioni abbiano un senso…senso, dissenso, ripenso e il cielo mi cade addosso. Lo spingo di lato e vomito nel tombino, mi pulisco con il dorso della manica la bocca che sa di rancido e barcollando mi sposto a sinistra. Mi appoggio al muro alzo la testa e vedo scarafaggi che scialano saziando la loro sete di birra e rissa. Li guardo con disgusto e quando mi capitano a tiro di piede li mando a pancia all’aria e li guardo carezzare l’aria con le loro zampette rugose. Rido della loro agonia ma ecco...cazzo ecco che il caso gli fa un dono: qualcuno li calcia e sono nuovamente in piedi e riprendono a zampettare da pub in pub…ah la memoria degli insetti! Sette secondi e dimenticano il dolore, l’agonia, la morte. Aspetto l’imprevisto, ma arriva il visto e rivisto e rovisto. Rovisto tra le onde del mare e scanso i liquami della mia anima: Dio che puzza! I miei piedi sono pesanti, sono molto pesanti…ed il mare mi vuole leggero. Allora gli grido: Non so ballare cazzo!

 

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Hot to survive in the ghetto

Got to survive

People don’t fret no

 

 

 

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Aspettando la luce

Post n°115 pubblicato il 27 Ottobre 2008 da velatadallabrina
 

17/09/2008

Ci sono giorni azzurri e notti viola. Giornate rigate di grigio e notti fruttate di stelle.

Ci sono giorni in cui scivoli su scialli di seta e giornate in cui cammini su strade ciottolose e attraversi ponti di terracotta.

Ci sono giorni in cui il ritmo del tuo tamburo ti svuota le tempie, allora esci fuori dal coma e inspiri fragranze, in attesa del tuo turno.

Sedia N° 6 a partire da destra. Ho in mano un cartoncino con il numero 12, in blu. Ancora sei visite prima del mio turno.

Ho gli occhi socchiusi. Cerco di scorgere le mie parole, le ripasso e mi racconto una storia, la mia storia.

Vivo malata. Anoressia di sentimenti. Ho aspettato anni per sentire una frase, quella frase. È arrivata, ma ero già andata via. Non guardo il colore delle parole, non mi appartengono più i duelli muti tra pupille fisse. Non raccolgo più nemmeno il presente, tanto meno la memoria del passato e la previsione del futuro.

Ho il canestro vuoto, viaggio leggera. Ho riassunto troppe volte gli accadimenti e come disse Maria Corti: riassumere è dire addio.

È tutto finito, svanito, non c’è differenza tra ricordare il passato ricordare i sogni. Non sogno da tanto.

È così faticoso stare dietro la realtà ma ancora più faticoso dare corpo ai sogni.

A volte ho paura delle parole che potrei dire. Allora rimango in silenzio.

Mi nutro di sospetto, e vedo più mostri di quanti, forse, non ce ne siano.

Le parole non hanno casa, passano come il vento, le parole. È così che mi alleggerisco oltre che del passato e del presente, che è già passato, anche delle parole che potrei dire nel futuro. È così che spero di attraversare il ponte di terracotta. Libera dal passato e con pochissime scaglie di presente.

Mi muovo a piccoli passi, cammino su strade ciottolose e ho davanti ponti di terracotta che intendo varcare. Vedo il buio avvolgermi e graffio e urlo. Chiedono i miei occhi in dono. Salgo sul ponte di terracotta, sento un crick sotto i piedi, mi fermo, è il punto più fragile. La paura fa diventare rauchi. Mi tremano le dita. Aspetto chi mi renderà leggera. Un attimo, ancora un attimo. Muovo l’ultimo passo, abbasso le palpebre, le ciglia come applausi, il buio. 

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Commenti al Post:
falco58dgl
falco58dgl il 28/10/08 alle 17:48 via WEB
Se mi consenti una battuta poco carina, questo testo pare descrivere bene la tua condizione attuale... :) Scherzi a parte, ho trovato il tuo testo dolente e gonfio di sentimenti che sembri trattenere sulla punta della penna o delle dita: malinconia, rinuncia, nostalgia e desiderio di liberarsi del passato. Mi è piaciuto molto. Un abbraccio. W.
 
 
velatadallabrina
velatadallabrina il 29/10/08 alle 06:44 via WEB
non è un testo, è vissuto. non sono una scrittrice non ragiono in termini tecnici e regole grammaticali, ma con la pancia. comunque grazie. un abbraccio a te. A.
 
   
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 29/10/08 alle 13:57 via WEB
E' un vissuto che si fa testo, Ambra, come tutti i vissuti messi per iscritto. Ti mando un forte abbraccio, fatti viva. Writer.
 
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