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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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PROGRAMMA Facciamo il tagliando al Governo

Post n°1142 pubblicato il 11 Giugno 2011 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Luci e ombre dell’azione dell’Esecutivo nell’analisi del vicepresidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama, Massimo Garavaglia

di Andrea Accorsi

Senatore Garavaglia, a che punto è l’attuazione delle sette “missioni” che costituivano il programma di governo del Pdl?
«Ci sono luci e ombre - risponde Massimo Garavaglia (nella foto), vicepresidente della commissione Bilancio di Palazzo Madama -. Su alcune siamo a buon punto e si è fatto un buon lavoro. Su altre invece manca un po’ di spinta… e anche un po’ di coraggio».
Cominciamo dalla prima “missione”: rilanciare lo sviluppo.
«È la più importante, ma la crisi ha avuto un effetto negativo perché ha complicato l’azione del Governo. Alcune cose sono state fatte: la detassazione alla componente di lavoro legata alla produttività, l’Iva versata all’incasso (anche se solo per le aziende più piccole), i numerosi interventi di semplificazione. E nel decreto in discussione alla Camera ce ne sono altre molto rilevanti. Quindi, sul fisco fin qui tutto ok».
Che cosa invece non è stato ancora fatto in materia fiscale?
«Un intervento sull’Irap, almeno sulla componente lavoro, per le aziende in perdita e per quelle più piccole. I vincoli di bilancio finora non hanno consentito di intervenire. Ma è evidente che le attese di chi fa il Pil, e i padani fanno il 60% del Pil, sono molto forti. Altro tema sul quale si potrebbe fare molto meglio sono i pagamenti. Una direttiva europea li impone a trenta giorni: per la pubblica amministrazione non ci siamo. Ma bisognerebbe agire anche sui ritardi di pagamento della grande distribuzione e della grande impresa. È assurdo che le nostre piccole e medie imprese finanzino la cassa ad esempio della grande distribuzione, che in larga parte è straniera».
Capitolo infrastrutture: anche qui, luci e ombre...
«Molto bene l’avvio di BreBeMi e Pedemontana. Non ci siamo invece sulle procedure che ancora bloccano infrastrutture strategiche quali i rigassificatori di Brindisi e di Porto Empedocle e soprattutto la centrale di Porto Tolle».
Qual è il primo passo da fare per agevolare le imprese?
«Gli appalti alle piccole e medie imprese, che sono fra i punti qualificanti del Governo. Lo Small Business Act prevede addirittura una percentuale di appalti pubblici dedicata alle Pmi. Questa sarebbe una norma da attivare».
E per il lavoro?
«Qui la crisi ha dispiegato gli effetti peggiori. Positivo l’allargamento della cassa integrazione alle imprese più piccole, come la rivitalizzazione dell’istituto dell’apprendistato avviata da Sacconi. Resta aperto il tema della precarietà che purtroppo limita fortemente i consumi e gli investimenti di tanti giovani. Su questo sarebbe interessante l’ipotesi del senatore del Pd Ichino, che prevede sempre contratti a tempo indeterminato, controbilanciati da regole certe sui licenziamenti.
«Per quanto riguarda il Made in Italy molto si è fatto, soprattutto grazie alla Lega, per la tutela delle nostre produzioni manifatturiere e del nostro design da un lato e delle tipicità del settore agroalimentare dall’altro. Linea da estendere a tutti i settori.
«Infine, la digitalizzazione della pubblica amministrazione ha visto buoni passi avanti: pensiamo alle ricette on line dei medici di base. Ma ci sono stati anche interventi sconclusionati e controproducenti, quali il velleitario Sistri (Sistema di controllo della tracciabilità dei rifiuti, nda) esteso a tutte le tipologie di rifiuti e non solo a quelli veramente pericolosi. Risultato: una proroga sine die».
Saltiamo all’ultima missione: un piano straordinario di finanza pubblica, ovvero rimettere in senso i conti pubblici. Missione possibile?
«Si è operato più che bene. Le misure sono diventate ancora più straordinarie per via della crisi che ha colpito l’euro. Ne siamo usciti molto meglio di altri. Non c’è ancora la consapevolezza del rischio che si è corso e che tuttora si sta correndo se non si rimane nello stretto percorso di rientro. Tuttavia, anche in questo campo si può e si deve fare di più. Il programma prevedeva forti dismissioni e privatizzazioni del patrimonio pubblico non valorizzato a dovere, come potrebbe esserlo con una gestione privata, e stimato nell’ordine dei 700 miliardi. Si è fatto un buon passo avanti con il Federalismo demaniale, ma resta ancora molto da fare. Così come ampi margini di manovra di riduzione della spesa pubblica possono derivare dalla semplificazione del quadro istituzionale, abolendo Enti inutili e sovrapposizioni di competenze, e inserendo i costi standard anche per le articolazioni periferiche dei ministeri: pensiamo alle motorizzazioni civili, alle agenzie del demanio, alle agenzie delle dogane…
«Infine, va affrontata alla radice la piaga delle società pubbliche inefficienti, i “carrozzoni”. Su questi, si è intervenuto ottimamente con due norme: la prima sul divieto di ripiano delle perdite e la seconda, di stretta attualità perché approvata questa settimana con il decreto del Federalismo fiscale sull’armonizzazione dei bilanci, che prevede il consolidamento dei bilanci pubblici delle aziende controllate e partecipate. L’abbinamento di queste due norme porterà alla chiusura di centinaia di aziende parassitarie».
Non le pare che la missione per sostenere la famiglia sia rimasta lettera morta?
«C’erano molte aspettative, in particolare riguardo al quoziente familiare. In realtà, alla voce sgravi per le famiglie l’unico vero intervento significativo è stata l’introduzione della cedolare secca sugli affitti, che comporta per gli inquilini affitti bloccati, senza l’adeguamento Istat, e per i proprietari una forte riduzione dell’Irpef sull’affitto percepito. L’abolizione dell’Ici è stata fatta, ma ha riguardato i redditi medio-alti e quindi ha avuto effetti non così significativi sul potere d’acquisto delle famiglie».
Di chi sono meriti e demeriti dei traguardi raggiunti e di quelli falliti?
«È evidente che in particolare i ministri della Lega hanno lavorato molto bene. Ricordo tra l’altro l’immane lavoro di Maroni nel contrasto alla criminalità organizzata. Sul lato economico, si è lavorato bene per la tenuta dei conti pubblici. Quello che è mancato è stata un’azione organica di sostegno al mondo produttivo: su questo punto dobbiamo lavorare di più e meglio».
In che modo, senatore?
«È assolutamente prioritario dare un segnale di vicinanza forte e concreto al variegato mondo delle Pmi, anche perché basta vedere i dati del Veneto che è cresciuto come e più della Germania, oppure i dati Istat che hanno visto proprio le aziende più piccole più attive nel recuperare quote di mercato all’estero. La Lega nel Decreto Sviluppo ha fatto numerose proposte che vanno in questa direzione. Ci aspettiamo nella riforma del fisco un segnale positivo sia per le imprese sia per le famiglie con redditi più bassi al fine di recuperare potere d’acquisto e domanda interna. In generale, dovremo concentrarci sulla riduzione del perimetro dello Stato, quindi della spesa pubblica improduttiva, a favore di chi produce Pil».
Lei ha citato i recenti dati Istat sul Pil nazionale: come li ha letti?
«È impossibile trovare una sintesi, perché la parte produttiva del Paese continua ad avere bisogno di meno Stato mentre il Centro-Sud vive troppo di pubblico e vede larghe fasce dell’attività artigianale e commerciale fuori dai circuiti di una fiscalità corretta. Il Federalismo fiscale è l’unica soluzione nel medio periodo. Il problema è che la crisi non ci consente di aspettare, per cui vanno accelerati i tagli alla spesa improduttiva da un lato e dall’altro sgravi fiscali e semplificazioni a chi invece produce il Pil».
E per i Comuni?
«È ineludibile un premio concreto a quelli virtuosi che ormai da cinque anni riducono le proprie spese e sono giunti al limite di sopravvivenza. Anche perché è ridicolo che Comuni che hanno in cassa milioni di euro debbano chiedere alle proprie piccole e medie imprese fornitrici di aspettare l’incasso delle fatture».

dalla Padania dell'11.6.11

 
 
 
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