Un po' di noi...

Libri, articoli e altro di Andrea e Daniela

 

I LIBRI DI ANDREA

- 35 borghi imperdibili a due passi da Milano (2019)

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- 35 borghi montani imperdibili della Lombardia (2019)

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- Il patrimonio immateriale dell'Unesco (2019)

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- L'arte della botanica nei secoli (2018)

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- 35 borghi imperdibili della Lombardia (2018)

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- I grandi delitti italiani risolti o irrisolti (2013, nuova edizione aggiornata)

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- Bande criminali (2009, esaurito)

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- La sanguinosa storia dei serial killer (2003, esaurito)

 

I NOSTRI LIBRI

- Itinerari imperdibili - Laghi della Lombardia (2018)

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- Caro amico ti ho ucciso (2016)

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- Milano criminale (2015, II edizione)

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- I 100 delitti di Milano (2014)

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- I personaggi più malvagi della storia di Milano (2013)

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- Milano giallo e nera (2013)

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- Gli attentati e le stragi che hanno sconvolto l'Italia (2013)

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- Le famiglie più malvagie della storia (2011, II edizione)

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- 101 personaggi che hanno fatto grande Milano (2010)

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- Il grande libro dei misteri di Milano risolti e irrisolti (2006, III edizione)

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- Milano criminale (2005,  esaurito)

 

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I LIBRI DI DANIELA

- Josephine Baker Tra palcoscenico e spionaggio (2017)

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- La vita che non c'è ancora (2015)

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- Le grandi donne di Milano (2007, II edizione)

  

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- L'eterno ritorno, un pensiero tra "visione ed enigma" (2005)

 

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Messaggi di Settembre 2012

MARONI: SULL’EURO GRILLO COPIA LE IDEE DELLA LEGA

Post n°1355 pubblicato il 29 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Il Segretario federale del Carroccio: «Il referendum sulla moneta unica l’ho proposto io ad agosto»

Beppe Grillo copia la Lega. «Io non sono contro l’Europa, contro l’euro - spiega mentre passeggia per le vie del centro di Parma -, dico che devono essere i cittadini a decidere e questo lo possono fare con strumenti nuovi che noi vogliamo, come i referendum proposti senza quorum». E ribadisce: «Io non ho mai detto di uscire dall’euro, voglio però che siano tutti i cittadini a prendere questa decisione». Dove l’abbiamo già sentita? Ma certo: dal Segretario federale del Carroccio, Roberto Maroni. E mica ieri, ma già da tempo.
«Grillo vuole un referendum sull’euro - ha “twittato” nel pomeriggio Maroni sui suoi account Twitter e Facebook -. Anche lui copia le idee della Lega: la proposta di referendum sull’euro - gli rinfresca la memoria il Segretario del Carroccio - l’ho fatta io in agosto». Ma il comico (o come dice lui, «ex comico») genovese non se ne dà per inteso. E insiste nel promuovere un referendum popolare in cui gli italiani possano dire una buona volta che cosa pensano dell’euro, a dieci anni dalla sua entrata in vigore. Un referendum che la Lega ha annunciato per prima diverse settimane fa, e per il quale sta già raccogliendo le firme.
«Povero Grillo - lo compatisce il senatore Fabio Rizzi -. Nella baraonda delle sue critiche interne non sa più che pesci pigliare e scopiazza goffamente la Lega proponendo un referendum sull’uscita dall’euro. Anziché dare fiato alle corde vocali senza sapere nemmeno di cosa parla, per una volta la smetta di fare il clown e proponga una cosa seria: inviti tutti i suoi adepti virtuali on line a materializzarsi e venire ai gazebo della Lega a firmare i referendum».
Gli fa eco l’on. Fabio Rainieri, Segretario nazionale della Lega Nord Emilia: «Ancora una volta dobbiamo constatare che Beppe Grillo altro non fa che copiare le proposte della Lega Nord. Quello che fa specie -aggiunge Rainieri - è che a Parma, in quella che avrebbe dovuto essere la città esempio dell’amministrazione del Movimento 5 Stelle, Grillo non ha saputo dire nulla di diverso da quello che dice la Lega. A dimostrazione che l’unico movimento rinnovatore è il nostro. Al di là delle promesse elettorali, non mantenute, Grillo e i suoi non sono stati capaci di fare altro. Comunque, visto che al Movimento 5 Stelle è servito un secolo per mettere insieme la Giunta, aspettiamo ancora qualche tempo. Ma certo Grillo dovrebbe iniziare a fare qualcosa oltre che a parlare». «Ormai il politico Grillo - chiosa l’on. Pierguido Vanalli, è a corto di buone idee e sta copiando le nostre, come quella sul referendum sull’euro. È un cuculo che depone le sue uova nel nido degli altri. Se poi il comico Grillo copierà pure le battute divertenti degli altri comici, allora magari incomincerà anche a far ridere».

A. A.

dalla "Padania" del 23.9.12

 
 
 

Intitolato ad Anna Accorsi reparto dell'Istituto Monti di Saronno (Va)

Post n°1354 pubblicato il 28 Settembre 2012 da accorsiferro
Foto di accorsiferro

Sabato 29 settembre l’Editrice Monti e l’Istituto Padre Monti di Saronno (Va) presentano “IN MEMORIA DI ANNA”.  Ore 16.30-18, salone dei Convegni: presentazione del libro di Anna Accorsi I pensieri della vita (nella foto, la copertina). Interverranno Adriano Lincio, padre Fausto Lincio e Gabriella Arcobello. Modererà Sergio Slavazza. L’attrice Cristina Negrisolo interpreterà alcuni brani del libro accompagnata dal flautista Alberto Gaetano. Ore 18-19, Poliambulatorio: intitolazione del reparto di Neuropsichiatria Infantile in memoria di Anna Accorsi. Interverranno: padre Aurelio Mozzetta, Carla Borroni, Gianluca Palermo, Antonella Raffaele Addamo. Il writer Fabio illustrerà il murale da lui realizzato in memoria di Anna Accorsi. Al termine: rinfresco offerto dal Poliambulatorio Medico Chirurgico e Cure Fisiche ed Affini dell’Istituto Padre Monti. Per informazioni e acquisti: www.editricemonti.it, info@editricemonti.it, tel. 02.9670.8107.

 
 
 

Non Fiori(to)ma opere di bene

Post n°1353 pubblicato il 28 Settembre 2012 da accorsiferro
 

Mentre a Roma continua il magna-magna, varato dal Carroccio un nuovo modello di gestione

di Andrea Accorsi

I soldi della Lega? Al territorio. Di regola, a chi è il vero “tesoro” del Movimento, ovvero i suoi militanti, attraverso le sezioni. Ma in caso di calamità, alla gente che ne è direttamente colpita, com’è avvenuto per le popolazioni terremotate dell’Emilia. La svolta intrapresa dal Carroccio sull’impiego dei suoi fondi, rimborsi elettorali compresi, sta tutta qui.
Mentre a Roma sulle altre forze politiche si scoperchia un tombino dopo l’altro, e gli stessi partiti del magna-magna fanno argine a difesa dei privilegi e delle poltrone, la Lega ha preso un’altra direzione. All’insegna della trasparenza e della virtuosità. L’ha deciso da tempo il Consiglio Federale: i soldi del Movimento sono dei militanti, appartengono a loro e quindi a loro devono essere destinati, per finanziare i presìdi e le iniziative promosse sul territorio. «L’importante è stato reagire subito e noi lo abbiamo fatto - ha detto in proposito Roberto Maroni -. Si poteva reagire in due modi: o facendo finta di niente o aprendo le finestre e cambiare aria».
Lo stesso Consiglio Federale, ha ricordato sempre Maroni, ha stanziato 3 milioni di euro recuperati da alcuni fondi «sparsi in giro» da mettere a disposizione delle sezioni e dei militanti, e in parte per continuare il rimborso di chi è stato vittima del fallimento della banca Credieuronord. Ancora ieri, sulla sua pagina Facebook il Segretario Federale ha postato: «I magistrati di Milano hanno restituito alla Lega 350.000 euro e i diamanti che qualcuno aveva comprato con i soldi nostri. Ho già dato disposizione perché sia tutto devoluto alle Sezioni che hanno bisogno di aiuto. I NOSTRI DIAMANTI SONO I MILITANTI».
È un concetto caro a Maroni, che non manca di ribadirlo ad ogni uscita pubblica tra la gente della “base”, nei comizi e nelle feste della Lega. L’unico, vero, inossidabile patrimonio del Carroccio è la sua gente, quel seguito popolare di ogni età, ceto sociale e provincia del Nord che tutti gli altri partiti si sognano e gli invidiano. Giusto quindi che ad essi, ai militanti e ai sostenitori organizzati nelle sezioni locali, vadano tutte le risorse di cui hanno bisogno.
Ma non solo. Dalla “cassa” del Carroccio trarrà beneficio anche chi è in difficoltà. Perché la Lega ha deciso di devolvere interamente i rimborsi elettorali in beneficenza e ad associazioni di volontariato che operano nelle regioni del Nord. Quest’anno prenderanno questa direzione ben 7 milioni di euro. Mentre un altro milione è stato donato al comune di Bondeno, nel Ferrarese, uno dei centri emiliani più colpiti dal terremoto della scorsa primavera.
«È questo che marca la nostra differenza - ha sottolineato il capogruppo in Regione Emilia-Romagna, Mauro Manfredini, replicando alle strumentalizzazioni del Pd -. Il giorno che Bersani annuncerà lo stanziamento dei rimborsi elettorali del Pd, ben superiori a quelli della Lega, a favore dei comuni colpiti dal sisma, saremo i primi a riconoscerne il merito». Chissà se mai accadrà. I segnali arrivati finora non lasciano speranze: no, non accadrà.
La Lega ha chiesto in via ufficiale di cancellare il finanziamento pubblico, ai partiti, di aprire a quello privato e volontario, e di destinare l’ultima tranche del finanziamento interamente ai terremotati emiliani. Risposta: Pd, Pdl e Udc hanno detto no. I soldi se li tengono stretti, nonostante i proclami e le buone intenzioni di facciata. «Un’occasione persa - ha commentato uno sconsolato Sergio Divina, senatore del Carroccio -. Il Parlamento non ha fatto una bella figura: il Paese si aspettava un cambio di rotta che non c’è stato».
E ancora: i bilanci del Movimento sono affidati alla verifica di una società esterna (la Price Water House Coopers) per certificarne la correttezza, come ribadito pochi giorni fa dall’amministratore federale, Stefano Stefani. «Mentre gli altri parlano - ha rimarcato Stefani - la Lega ha già imboccato la strada concreta della trasparenza».
Conti trasparenti. Bilanci certificati. Investimenti “virtuosi”. Beneficenza. Quanto sono lontani gli intrallazzi romani a colpi di ostriche e festini.

dalla Padania del 22.9.12

 
 
 

Polverini non molla «Si dimetta Bersani»

Post n°1352 pubblicato il 22 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

La presidente del Lazio: il Consiglio è con me

ROMA - «Il Consiglio ha votato all’unanimità. Tutto questo mi ha fatto riflettere a lungo. C’erano tutte le condizioni per poter andare avanti». Lo ha dichiarato nel suo intervento al Consiglio regionale del Lazio il presidente della Regione, Renata Polverini. E ha confessato: «Lo sconforto c’è stato e si è anche visto. Poi dal ruolo che mi hanno dato i cittadini con un milione e mezzo di voti ho voluto dare un messaggio alla Giunta, ed è quello di non abbandonare la nave».
Niente dimissioni, dunque, dopo lo scandalo sulla gestione dei fondi pubblici destinati al Pdl. Gli investigatori puntano a chiarire come siano stati utilizzati gli 8 milioni assegnati per legge come rimborso elettorale. La governatrice del Lazio incassa anche l’auspicato taglio delle commissioni, portate da sedici a otto, oltre all’abolizione delle tre commissioni speciali (su Federalismo fiscale e Roma Capitale, Sicurezza e integrazione sociale, Sicurezza e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro). «Porteremo a casa - ha detto - un risparmio di 20 milioni per quest’anno e di 26 milioni per i prossimi due anni».
A chi le chiedeva se è vero che «non poteva non sapere» del sistema e le quantità di finanziamento ai gruppi, Polverini ha ribattuto: «I 35 milioni che venivano erogati al Consiglio regionale nel bilancio figurano come “spese di funzionamento” del Consiglio. Dopodiché c’è una attività autonoma dei gruppi. Non è che il mio gruppo, per il fatto che porta il mio nome, è guidato da me». E rimanda al mittente l’invito a dimettersi che le ha rivolto il leader Pd, Bersani: «Ho sempre affrontato il toro per le corna, come dice il segretario del Partito democratico. Ma mi piacerebbe porgli una domanda: perché dopo il caso Fiorito io dovrei dimettermi? Perché lui non l’ha fatto con Lusi? Questo un giorno dovrà poi spiegarmelo».
La presidente della Regione ha quindi ringraziato «di cuore» la maggioranza «per avermi sostenuto emotivamente e psicologicamnte. Ma il mio ringraziamento va anche all’opposizione. Oggi siamo stati in grado di ribaltare una sitauzione, di uscire da questi provvedimenti con voto unanime». Un grazie anche a Berlusconi, che «ha confermato quanto già aveva detto nei giorni scorsi», cioè di andare avanti nel mandato. «Ma la cosa che mi ha fatto più piacere - ha tenuto a dire la Polverini - è che me lo hanno detto tanti cittadini».
Il principale “accusato” dello scandalo, intanto, mette le mani avanti. «Io pietra dello scandalo? Pensavo che le pietre dello scandalo fossero altre - ha detto l’ex capogruppo Pdl Franco Fiorito a Tgcom24 -. Io sono il responsabile di un mancato controllo e di una gestione molto ampia del patrimonio. Non credo di essere la pietra dello scandalo ma un capro espiatorio». Per Fiorito «questo sistema, questa organizzazione della distribuzione dei fondi ha fatto il suo tempo e va cambiata per essere più coerenti con la società odierna che chiede una riduzione dei costi --. Però - ha continuato - non è attribuibile a me questo meccanismo, io l’ho trovato così e ho rispettato le leggi. Parlare di ladrocinio è troppo. Mi vengono attribuite frasi, anche sulla Polverini, che non so da dove siano state tratte. Io non so se la Polverini avesse letto o meno quella famigerata lettera, era tra i destinatari, ma poi non ne abbiamo più parlato. Di certo non sono andato in Procura a denunciare un sistema o addirittura a denunciare la presidente».
Spiega Fiorito: «Non ho fatto nomi, ma ho portato la documentazione dei 17 consiglieri del gruppo. Non si tratta di dossier contro qualcuno. La documentazione che è stata data ai magistrati spiega che c’è una gestione improntata alla legalità. Quando si analizzerà quell’attività contabile si scoprirà che gran parte delle cose che si stanno dicendo sono inesistenti. Accusatemi di quello che ho fatto, se c’è una cosa di cui posso essere colpevole è di aver gestito con leggerezza una grande quantità di denaro ma nessuno può dire che ho utilizzato in maniera impropria quel denaro. Ho letto di spese assurde, c’è una culpa in vigilando da parte mia - ha concluso - ma non sono stato io ad andare a mangiare le ostriche e a fare i festini vestito da maiale».

A. A.

dalla "Padania" del 22.9.12

 
 
 

«Democrazia a rischio, pronti a gesti clamorosi»

Post n°1351 pubblicato il 21 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

SINDACI GUERRIERI / Fabrizio Turba (Canzo): il Governo fa pagare chi amministra bene

di Andrea Accorsi

Sindaco Turba, ma che cos’ha combinato il Governo al Comune di Canzo?
«Guardi, sono sempre gli stessi a pagare. E i Comuni sono i più massacrati. Non ce la facciamo più, se non ci danno retta faremo qualche azione clamorosa, come in Meridione: quando bloccano un’autostrada, gli concedono tutto».
Andiamo con ordine. Cos’è questa storia dei nuovi tagli a sorpresa?
«A giugno, quando abbiamo fatto il bilancio, sul sito del ministero c’erano determinate cifre. Ora siamo andati a rivederle per il riequilibrio di bilancio e le cifre sono cambiate. Mi stanno rubando i soldi».
Come, rubando?
«Sono soldi nostri, e continuano a tagliarci i fondi. In più, col patto di stabilità, ho 1,2 milioni di avanzo, ma non posso spenderli per pagare le imprese fornitrici. Chi ha fatto i debiti se li deve pagare, chi ha risparmiato deve poter spendere. Basta, se non mi ridanno i soldi di cui ho diritto entro il 28, dopo mi concentrerò soltanto sulle forme di protesta da adottare».
Eppure il vostro Comune vanta bilanci modello...
«Abbiamo centrato tutti i dieci parametri di virtuosità. Abbiamo tagliato tutte le spese all’osso, cosa che il Governo centrale non ha ancora fatto. Abbiamo incassato 3 milioni di oneri di urbanizzazione con una severa politica in materia. Non abbiamo più nessuna spesa di rappresentanza. Le consulenze sono passate da 10 mila a 2.500 euro l’anno: nulla. Quindi se ne ho bisogno devo trovare un escamotage altrimenti non posso ricorrervi. Uso il mio telefono personale, la mia auto, se devo incontrare qualcuno a cena me la pago di tasca mia. Non chiedo rimborsi su nulla, prendo solo l’indennità. Se mi tolgono altri fondi perché hanno cambiato le cifre, non siamo più in uno stato di diritto».
Ma il ministero come si è giustificato?
«Non ci si riesce neanche a parlare! È il colmo che debba arrivare un parlamentare a fare una interrogazione per avere una risposta. Ma noi siamo ancora fortunati...».
Fortunati? E perché?
«Perché abbiamo un avanzo di amministrazione e possiamo far fronte agli stipendi, alle spese di riscaldamento eccetera. Abbiamo soldi in banca. Altri Comuni dovranno chiedere prestiti alle banche perché ì fondi non sono ancora arrivati. Ma come fanno quei sindaci a stare zitti davanti alla distruzione in corso degli Enti locali? E poi in prima linea ci siamo noi. La gente mi ferma per strada, continuano a mettere tasse, il potere d’acquisto è diminuito, tante famiglie faticano ad arrivare a fine mese. Ma Monti cosa fa, non vede queste cose?».
Già, che cosa fa Monti?
«Solo tagli ai Comuni. Ma così distruggono l’ordinamento democratico. I tecnici vogliono solo tecnocrati e burocrati. Dietro c’è un preciso disegno politico: eliminare la democrazia, di cui il Comune è il primo baluardo».
Ma così non ci rimetteranno anche i cittadini?
«Certo: ci rimetteranno i servizi. È un effetto cascata: il Governo taglia i fondi agli Enti locali, che taglieranno sul sociale, come la scuola, gli asili... Finirò col sentirmi inutile, tra un po’ non ci sarà più nulla da pianificare perché quel poco che resta andrà tutto a pagare gli stipendi ai dipendenti. E allora io come sindaco cosa faccio?».
E il Pdl non dice nulla?
«Sono responsabili anche loro. Anche se si nascondono dietro un dito, è già più da di un anno che sostengono questo governo».
Che cosa resta da fare, allora?
«Con la mia Giunta sto meditando qualche gesto eclatante. Sono disposto anche a bloccare la Como-Chiasso insieme a tutti i sindaci. Se mi vogliono arrestare, lo facciano. Ma se saremo in tanti avremo successo, come accade in Meridione».

dalla Padania del 21.9.12

 
 
 

Quando i gangster costruirono un impero

Post n°1350 pubblicato il 20 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Un viaggio indimenticabile in un’epoca unica nella storia: l’”era secca” del proibizionismo, quella che per la prima e (per fortuna) unica volta vietò tout court le bevande alcoliche nel Paese più alcolico (e fra i più alcolizzati) del mondo. Con esiti paragonabili alla legge italiana che cancellò i bordelli. Cioè spazzò via gli onesti e lasciò campo libero ai delinquenti, senza affatto eliminare il vizio ma offrendolo su un piatto d’argento, anzi d’oro, alla criminalità organizzata, che ne fece il proprio più grandioso affare.
Torna in libreria per Odoya l’America dei vizi e delle violenze viste mille volte al cinema ma sceneggiata, pardon raccontata con perizia e passione senza pari da un inglese, il giornalista e scrittore Kenneth Allsop in L’impero dei Gangster. L’era del proibizionismo da Al Capone a Frank Nitti (pp. 426, euro 20). Nel suo stile misurato e godibilissimo Allsop racconta le centinaia di omicidi, quasi tutti impuniti, che insanguinarono Chicago in quegli anni affascinanti e terribili, comunque irripetibili. Un’America che terra di sogni e opportunità si rivelò soltanto per chi non conosceva la legge. Dove a farla da padrone era lui, “Scarface” Al Capone: il criminale più famoso d’America e del mondo, che dal proibizionismo seppe trarre profitto come nessun altro mafioso trapiantato al Nord Italia per legge (un’altra scellerata creatura italiana, la legge sul confino dei boss nelle regioni padane).
Se nelle prime quattro parti del libro se ne raccontano le gesta e l’ambiente (con valide introspezioni sul piano economico, politico e sociale), l’ultima è tutta dedicata a lui, con vita morte vizi pubblici e privati di Al. A supporto, un florilegio di citazioni, opinioni, interviste e un eccezionale apporto iconografico. Un classico del genere: utile per tutti, imperdibile per gli appassionati.

 

A. A.

 

 
 
 

Nuovo colpo contro le ’ndrine al Nord: 37 arresti

Post n°1349 pubblicato il 13 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Accertate estorsioni con minacce e intimidazioni a danno di imprenditori della Brianza

Nuovo colpo delle forze dell’ordine contro le ’ndrine al Nord. I carabinieri del Comando provinciale di Milano hanno eseguito 37 ordinanze di custodia cautelare nell’ambito di un’operazione disposta dalla Procura distrettuale antimafia di Milano contro clan della ’ndrangheta in Lombardia. Gli indagati sono accusati a vario titolo di associazione per delinquere, porto e detenzione illegale di armi, usura ed estorsione. Tutti i reati ipotizzati sono aggravati dalla finalità mafiosa. Le indagini hanno consentito di documentare le dinamiche criminali delle proiezioni extraregionali della ’ndrangheta in Lombardia, il loro solido legame con le cosche d’origine e il pervasivo controllo delle aree d’influenza, anche mediante il sistematico ricorso alla violenza e all’intimidazione. Nel corso dell’operazione, denominata “Ulisse” dal nome di Ulisse Panetta, presunto boss della “locale” di Giussano (Monza-Brianza), i carabinieri hanno scoperto un bunker in un’abitazione in via Boito 23 a Giussano. Si tratta dell’abitazione di Antonio Stagno, 44 anni, che si trova detenuto per altra causa nel carcere di Opera. «Un vero e proprio bunker con una parete mobile che si aziona con un telecomando - lo ha descritto il pm della Dda di Milano Alessandra Dolci - come quelli che siamo soliti trovare in realtà come San Luca o Platì». L’inchiesta ha poi fatto emergere che alcuni imprenditori hanno pagato all’organizzazione criminale “mazzette” anche di 400-500 mila euro, anche se in dibattimento gli stessi imprenditori avevano negato di essere taglieggiati dalle ’ndrine. «Senza la collaborazione dei cittadini - ha tenuto a rimarcare il pm Dolci - queste indagini diventano difficoltose». Dall’indagine sono emersi diversi atti intimidatori ai danni degli imprenditori, fra cui l’estorsione ai danni di una concessionaria di auto a Giussano con telefonate minatorie, attentati incendiari e l’esplosione di colpi di pistola contro le vetrine. Determinanti per l’operazione, coordinata dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini e dai pm Dolci e Cecilia Vassena, sono state le rivelazioni del pentito della ’ndrangheta in Lombardia Michael Panaja, che era stato arrestato assieme a un altro pentito, Antonino Belnome, perché ritenuto uno dei responsabili dell’omicidio di Carmelo Novella. Quest'ultimo, “capo dei capi”' delle cosche dalla ’ndrangheta in Lombardia, venne ucciso in un bar nel Milanese nel luglio 2008 perché voleva rendere autonome le “locali” lombarde dalla casa madre calabrese. Panaja avrebbe svelato le attività delle cosche lombarde dal luglio 2010 in poi, dopo il maxi-blitz che portò ad oltre 170 arresti e a 110 condanne con rito abbreviato. Oltre al traffico di droga e alla detenzione di armi, l’organizzazione si occupava di usura ed estorsioni nei confronti di imprenditori locali, soprattutto di origini calabresi.

A. A.

dalla "Padania" del 12.9.12

 
 
 

Milano, Mohamed vince la corsa alle nuove imprese

Post n°1348 pubblicato il 11 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Per la prima volta il nome più diffuso fra i titolari è straniero. Ma fra tutte quelle attive Giuseppe regna ancora incontrastato

MILANO - Per la prima volta a Milano il nome più diffuso fra i nuovi imprenditori è straniero. Con 230 imprese (il 4,5 per cento del totale: quasi un nome ogni venti imprese), Mohamed rappresenta infatti il nome di titolare che appare con maggiore frequenza fra le imprese milanesi (ditte individuali) nate nel 2011. Staccatissimi Marco (94), Alessandro (87), Giuseppe (87), Antonio (81). Al sesto posto ecco il primo nome di donna (Maria) con 80 nuove imprese.
Fra i primi venti nomi di imprenditori per il 2011, sei sono chiaramente stranieri: oltre a Mohamed, Ahmed, Hu, Ibrahim, Chen e Abdel. La Milano multietnica si conferma anche per i nomi di imprenditori donna. Fra i primi quindici, quattro sono evidentemente stranieri, e tutti cinesi: Chen, Hu, Li e Zhang.
Se però si considerano tutte le imprese attive, Giuseppe, con 1.438 imprese (il 2,8% del totale) continua a regnare incontrastato. Ma al secondo posto ecco di nuovo Mohamed, che sale quest’anno a 1.320 imprese, scavalcando Maria con 1.136, l’unico nome di donna presente fra i primi venti, e Marco con 1.121 imprese.
Fra i soli nomi di donna, oltre a Maria (il nome più diffuso fra le imprenditrici milanesi: lo porta quasi una su dieci), ecco Anna e Laura. Mentre fra i cognomi italiani, al primo posto c’è il “classico” signor Rossi con 155 imprese, seguito da Colombo (113), Russo (106) e Bianchi (97). L’altro “classico” meneghino, il signor Brambilla, è al decimo posto con 49 imprese, ma nel corso del 2011 nessuna  piccola nuova impresa lo ha avuto come titolare.
Nel 2011 invece boom di Napolitano: con 8 nuove imprese, è il quinto cognome più in crescita. Primo Russo con 18 nuove imprese, seguito da Bianchi.
I dati emergono da un’elaborazione del Lab MiM della Camera di Commercio di Milano sul Registro imprese relativa alle ditte individuali nate nel 2011 e ancora in attività a febbraio di quest’anno.
Giusto un anno fa, la stessa fonte indicava come nel comune di Milano ci sono 76 vie in cui le imprese con un titolare italiano rappresentano una minoranza (considerando solo le ditte individuali). In due anni, sono più che raddoppiate: erano 32 nel 2009 (+138%) e 51 nel 2010 (+49%). Fra tutte, spicca via Pietro Crespi con una densità di imprese straniere pari al 91,4% del totale, seguita da via Arquà (85,7%). Superano una densità dell’80% anche le vie Busseto, Fusinato, Torelli, Tracia, Conegliano, Bramante e Bassano del Grappa.
In tutto il numero di ditte individuali straniere sul totale cittadino ha raggiunto nel 2011 il 25,8% rispetto al 24% dell’anno precedente: si tratta di quasi 14 mila imprese, di cui l’86% ha come titolare un cittadino extracomunitario, in prevalenza egiziani (24%), cinesi (20%) e marocchini (7%). Via Padova è la via che presenta il maggior numero di imprese straniere (336, pari al 2,4% del totale), seguita da viale Monza (223 imprese) e da via Imbonati (150). Fra le prime dieci vie “etniche” due della “Chinatown” milanese: via Paolo Sarpi (115 imprese) e via Bramante (102 imprese).

A. A.

dalla "Padania" del 25.8.12

 
 
 

MA... CHE LADRATA EUROPEA

Post n°1347 pubblicato il 10 Settembre 2012 da accorsiferro
 
Foto di accorsiferro

Se guardiamo alrapporto dare/avere con Roma, c’è da piangere. Ma con Bruxelles non va meglio. L'assessore Giulio De Capitani, ex presidente del Consiglio regionale della Lombardia: «Alla Ue contribuiamo con il 14% del budget, mentre riceviamo il 10%. “Persi” 5 miliardi all’anno»

di Andrea Accorsi

Rinegoziare i termini del “contratto” che ci lega all’Europa. Quei termini in base ai quali l’Italia contribuisce al bilancio europeo nella misura del 14 per cento, per ricevere indietro il 10. Una differenza che da sempre, da quando è nata l’Ue, penalizza il nostro Paese a favore degli “ultimi arrivati” e dei Paesi economicamente più deboli. Ma che non ha più senso nel momento in cui a Bruxelles anche la nostra economia viene giudicata in difficoltà rispetto a quella dei Paesi “forti”.
A farne le spese sono diversi settori di investimenti, a cominciare da quello primario. Che soffre ancora di più in una situazione di profonda crisi come quella che stiamo vivendo. Ecco quindi che il discrimine tra dare/avere nei passaggi di denaro tra Roma e Bruxelles, che ci costa in media 5 miliardi di euro all’anno, pesa. E non è più tollerabile.
Ci sta pensando - almeno così dice - il ministro per le Politiche agricole, alimentari e forestali Mario Catania, secondo il quale «usciamo da una fase assai lunga in cui abbiamo sostanzialmente delegato tutte le scelte in materia di politica agricola all’Unione europea. Noi dobbiamo prendere atto che non è sufficiente applicare i regolamenti comunitari in materia agricola». Ma per arrivare a questo è indispensabile ridiscutere i termini della redistribuzione delle risorse europee, a partire dalla Pac (la Politica agricola comunitaria) in scadenza nel 2013. Ne è fermamente convinto l’assessore all’Agricoltura della Regione Lombardia, Giulio De Capitani, che guida un settore sotto diversi aspetti da primato nazionale e non solo.
Assessore De Capitani, qual è l’attuale quota di partecipazione dell’agricoltura lombarda ai fondi europei?
«La Lombardia, come tutte le regioni, ha una quota del Psr (Piano di sviluppo rurale) destinato dall’Europa all’Italia, che è uno dei contribuenti più penalizzati della Ue. Mediamente, nell’attuale politica agricola comunitaria per il settennato 2007-2013, come Paese abbiamo contribuito per il 14% del budget europeo e ricevuto indietro il 10%. In questa quota sono compresi gli investimenti per la Pac, oggi inferiori al passato e pari al 40% del bilancio europeo. In soldi, mediamente l’Italia dà 5 miliardi in più di quello che riceve, ma nel 2011 la differenza è salita a 7 miliardi».
È solo l’Italia a essere penalizzata?
«La nostra situazione è la stessa dei Paesi comunitari cosiddetti forti. Il disavanzo negativo vale per chi sta bene come Francia, Gran Bretagna, Germania, Olanda. Ma su altri settori siamo considerati un Paese debole. Quindi siamo forti solo per i contributi da dare e per il modo in cui avviene la loro distribuzione».
Quali sono le ricadute sulla nostra agricoltura?
«L’attuale meccanismo, che non è stato mai messo in discussione, ha un peso importante anche per la disponibilità di fondi europei per l’agricoltura. Come Regione Lombardia, in questi sette anni abbiamo ottenuto circa 4 miliardi del budget complessivo; perdendone 5 all’anno, perdiamo ogni anno diverse centinaia di milioni. E pensare che l’Italia è fra i maggiori contribuenti netti sui 27 membri della Ue».
Chi è favorito dall’attuale meccanismo di ripartizione delle risorse?
«Gli ultimi arrivati. Ma anche la Polonia, che in percentuale prende più di tutti, il Portogallo e la Spagna, che pure fino a tre-quattro anni fa era in miracolo economico ma incassava più di quello che versava».
Quali richieste avanzerete in sede di discussione per la Pac 2014-2020?
«Contro questo panorama penalizzante, da due anni stiamo facendo un’azione di pressing sulle prospettive della prossima Pac. Pare che sarà ancora più penalizzante, e per questo il ministro Catania vuole ridiscutere alcuni parametri della redistribuzione dei fondi. Intanto però tutto continua come prima. Ma se c’è un Paese che sta meno bene degli altri, e il nostro è fra questi, bisogna permettergli di utilizzare tutti i soldi dei suoi contributi all’Ue».
Ciononostante, Regione Lombardia mantiene i suoi primati...
«Tutto questo non ci ha impedito di continuare a dare ai nostri agricoltori - circa 50 mila aziende nella regione - il contributo del Pac con 6 mesi di anticipo, come facciamo da tre anni. Più di 30 mila aziende ricevono in acconto anticipato circa 200 milioni di euro, pari al 50% della Pac. In tempo di bilanci risicati come quello attuale, non è roba da poco. E col terremoto - nel Mantovano contiamo 6 mila aziende agricole - abbiamo anticipato addirittura il 90% della Pac, con largo anticipo rispetto alle altre Regioni. Anche se questo non elimina l’equivoco di fondo».
Quale equivoco?
«Si continua a leggere dei “fondi europei per l’agricoltura italiana”. Noi dall’Europa non riceviamo assolutamente niente. L’Europa gestisce fondi con regole pesanti, che dobbiamo rispettare a tutti i costi, ma sono soldi nostri, addirittura molti meno di quelli che versiamo».
Un andazzo che i padani conoscono bene...
«Se guardiamo le cose a livello nazionale dovremmo metterci a piangere. Perfino sulle zone terremotate, Monti afferma che rispetto alla richiesta di maggiori fondi, il Governo ha messo a disposizione altri 2,5 miliardi. È una balla: quest’anno saranno 500 milioni, di cui in Lombardia ne arriveranno 20, quanto basta a coprire un cinquantesimo dei danni. Ma gli altri 2 miliardi sono spending review di 2013 e 2014, quindi dovranno essere risparmiati da qualche parte, cioè tolti come sempre alle regioni del Nord. Ogni giorno la Lombardia perde nella differenza fiscale con lo Stato 120-130 milioni, coi quali potremmo ricostruire tutto in pochi giorni. Purtroppo è quanto succede anche nel rapporto dare/avere con l’Europa».

dalla Padania del 26.8.12

 
 
 
 
 

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